N. 220 ORDINANZA 4 - 21 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Responsabilita' amministrativa e contabile  -  Danno  all'immagine  -
  Esercizio dell'azione di risarcimento da parte delle procure  della
  Corte dei conti in esito a sentenze penali irrevocabili di condanna
  nei confronti di dipendenti di amministrazioni o di  enti  pubblici
  ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,  limitatamente
  a specifici delitti contro la pubblica amministrazione  -  Prevista
  nullita' di qualunque atto istruttorio o processuale compiuto dalla
  procura contabile in violazione delle disposizioni del d.l.  n.  78
  del 2009 prima dell'entrata  in  vigore  della  relativa  legge  di
  conversione - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza,
  di uguaglianza e del legittimo affidamento della procura  contabile
  -   Inadeguata   motivazione   sulla    rilevanza    -    Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- D.l. 1° luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 30-ter (convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), come  modificato
  dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, del d.l. 3  agosto  2009,  n.
  103 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009,  n.
  141). 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 103. 
(GU n.32 del 27-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,
comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,  n.  102,  come  modificato
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  decreto-legge  3
agosto  2009,  n.  103  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge
3 ottobre 2009, n. 141,  promosso  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale per la Regione Puglia, nel procedimento vertente  tra
O.L. e il Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale per
la Regione Puglia, con ordinanza del 27 aprile 2010, iscritta  al  n.
322 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  O.L.  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Udito nella camera di consiglio del 22  giugno  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta. 
    Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione Puglia, ha sollevato, in relazione  agli  articoli  3,  primo
comma,  24  e  103  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  17,  comma  30-ter,  del  decreto-legge  1°
luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga  di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3  agosto  2009,
n. 102, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c),  numero
1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103  (Disposizioni  correttive
del  decreto-legge  anticrisi  n.  78  del  2009),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141; 
    che il giudice a quo premette  che  la  Procura  contabile  aveva
chiesto la condanna di  un  dirigente  comunale  per  danno  erariale
conseguente, da un lato, alla  distrazione  di  somme  stanziate  dal
Ministero delle attivita' produttive  a  favore  di  una  determinata
societa', dall'altro per il  pregiudizio  arrecato  all'immagine  del
Ministero stesso; 
    che, essendo stato prosciolto in sede penale,  il  ricorrente  ha
chiesto alla Corte remittente di dichiarare nulli gli atti istruttori
e processuali posti in essere dalla Procura; 
    che il giudice  a  quo  assume  che  il  censurato  comma  30-ter
dell'art. 17 - nella parte in cui sancisce  la  nullita'  degli  atti
istruttori e  processuali  salvo  il  caso  in  cui  sia  stata  gia'
pronunciata sentenza anche non definitiva alla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione - si applica a tutti i procedimenti
pendenti, con la conseguenza  che  sarebbe  necessario  declinare  la
giurisdizione e dichiarare la nullita' degli atti compiuti; 
    che, con riferimento alla non manifesta infondatezza,  si  assume
che il principio generale valevole in materia di successione di leggi
processuali e' quello della irretroattivita'; 
    che, con riguardo alla giurisdizione e alla competenza, l'art.  5
del codice di procedura civile prevede che esse  si  determinano  con
riguardo alla legge vigente  e  allo  stato  di  fatto  esistente  al
momento della proposizione della domanda; 
    che rientra nella discrezionalita'  del  legislatore  regolare  i
rapporti pendenti e stabilire che la legge sopravvenuta si applica ad
essi, purche' cio' non vada a ledere  il  legittimo  affidamento  del
cittadino; 
    che tale lesione non si ha soltanto nel caso  in  cui  la  scelta
legislativa sia ragionevole e sorretta da una esigenza inderogabile; 
    che, nella specie, la  norma  censurata  lederebbe  il  legittimo
affidamento della Procura contabile che «non puo' ricevere danno  dal
cambiamento delle regole  del  processo»  che  inibiscono  «poteri  e
garanzie processuali» che spetterebbero alla Procura stessa  in  base
alla legge abrogata; 
    che tale  compromissione  di  «posizioni  soggettive  processuali
acquisite  e  consolidate»,  si  aggiunge,  non  troverebbe   «alcuna
giustificazione  in   relazione   ad   altre   esigenze   di   ordine
costituzionale»; 
    che tale  conclusione  sarebbe  contraddetta  dal  fatto  che  un
affidamento qualificato potrebbe sorgere soltanto in presenza di  una
sentenza anche non definitiva; 
    che venendo in rilievo atti «che si compiono in modo  istantaneo,
l'affidamento nasce, e si consolida,  nello  stesso  istante  in  cui
l'atto viene ad esistenza»; 
    che, sotto altro aspetto, la norma censurata violerebbe l'art.  3
Cost., se si assume come tertium comparationis l'art. 59 della  legge
18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile); 
    che,  infatti,  la   disposizione   in   esame   impedirebbe   il
funzionamento dei meccanismi propri della traslatio  iudicii,  atteso
che  «la  nullita'  dell'atto  di  citazione   importa   la   mancata
conservazione degli effetti processuali della domanda»  (si  cita  la
sentenza n. 77 del 2007 di questa Corte); 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  eccependo,  in  via  preliminare,  l'inammissibilita'   della
questione di legittimita' costituzionale  sollevata  con  riferimento
agli artt. 24 e 103 Cost. per mancata indicazione delle ragioni della
loro violazione; 
    che, sempre in via preliminare,  si  assume  la  inammissibilita'
della questione per irrilevanza, atteso che «quale che sia  la  sorte
degli atti processuali compiuti prima dell'entrata  in  vigore  della
norma della cui costituzionalita' si dubita», resta fermo  che,  alla
luce di quanto previsto dall'articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n.
97  (Norme  sul  rapporto  tra  procedimento  penale  e  procedimento
disciplinare ed  effetti  del  giudicato  penale  nei  confronti  dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche), non oggetto di  censura,
«non  e'  comunque  possibile  pervenire  alla  condanna  per   danno
all'immagine dell'amministrazione laddove, come nel caso in esame, e'
pacifico, che il dipendente sia stato prosciolto da ogni addebito  in
sede penale»; 
    che, in definitiva, si sottolinea come una eventuale pronuncia di
incostituzionalita' non potrebbe avere alcun riflesso sul processo in
corso; 
    che, nel merito, si precisa, innanzitutto, come la  nullita'  non
colpirebbe tutto il procedimento ma soltanto gli atti  relativi  alla
contestazione del danno all'immagine; 
    che, secondo la difesa statale, cio'  che  in  astratto  potrebbe
ritenersi  lesivo  delle  prerogative  della  parte  pubblica  e'  la
limitazione della  risarcibilita'  di  determinati  danni  e  non  la
nullita' degli atti che «ne e' inevitabile conseguenza»; 
    che, infatti, anche  se  l'atto  non  fosse  nullo  non  potrebbe
comunque intervenire una condanna; 
    che,  nell'ultima  parte  dell'atto  difensivo,  si  richiama  la
sentenza  n.  371  del  1998  con  cui  questa   Corte   ha   escluso
l'illegittimita' della previsione di limiti alla configurazione della
responsabilita' contabile sotto il profilo soggettivo; 
    che si conclude affermando  che  «l'intervento  del  legislatore,
tutt'altro che illogico attese le peculiari caratteristiche del danno
di cui si chiede il risarcimento, non comporta (...) una  limitazione
del diritto di difesa  ovvero  una  limitazione  della  giurisdizione
(...). Le norme censurate non escludono la astratta azionabilita'  di
un'azione di risarcimento del danno all'immagine, ma  ne  individuano
l'area regolamentando in maniera equilibrata i tempi e  le  modalita'
attraverso le quali puo' giungersi al risarcimento»; 
    che si e' costituita in giudizio la parte attrice del giudizio  a
quo chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata. 
    Considerato che la Corte di conti, sezione giurisdizionale per la
Regione Puglia, con  ordinanza  del  27  aprile  2010,  ha  sollevato
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,  comma
30-ter, del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,  n.  102,  come  modificato
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  decreto-legge  3
agosto  2009,  n.  103  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge
3 ottobre 2009, n. 141, per asserita violazione degli articoli 3,  24
e 103 della Costituzione; 
    che la questione e' manifestamente inammissibile; 
    che la norma censurata prevede che  le  Procure  regionali  della
Corte dei conti possono esercitare l'azione per il  risarcimento  del
danno all'immagine nei soli casi  e  modi  previsti  dall'articolo  7
della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti  del  giudicato  penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche); 
    che il richiamato art. 7 della legge n. 97 del 2001, a sua volta,
allo   scopo   di   delimitare   l'ambito   applicativo   dell'azione
risarcitoria, fa riferimento alle sentenze irrevocabili  di  condanna
pronunciate nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o di enti
pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione  pubblica  per  i
delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal  capo  I  del
titolo II del libro II del codice penale; 
    che la norma in esame  -  al  fine  di  disciplinare  il  periodo
transitorio di passaggio dal previgente sistema al nuovo - prevede la
nullita' di  ogni  atto  istruttorio  e  processuale  compiuto  dalla
Procura contabile, al di fuori dei casi previsti dal citato  art.  7,
prima dell'entrata in vigore della legge di conversione; 
    che il giudice a quo censura la disposizione in esame nella parte
in cui e' sancita tale nullita', in quanto sarebbe  leso,  senza  una
ragionevole  giustificazione,   l'affidamento   della   Procura   «al
mantenimento  di  posizioni  soggettive   processuali   acquisite   e
consolidate»; 
    che il remittente,  nella  prospettazione  della  questione,  non
motiva adeguatamente in ordine alla rilevanza della questione stessa; 
    che,  infatti,  pur  risultando  esplicitamente   dal   contenuto
dell'ordinanza che il dipendente e'  stato  prosciolto  con  sentenza
definitiva, sia dal reato di corruzione per atto contrario ai  doveri
d'ufficio, sia dal reato di concorso  in  falso  ideologico,  non  si
indicano  in  alcun  modo  le  ragioni  per  le   quali   l'eventuale
accoglimento della questione, con consequenziale salvezza degli  atti
processuali e istruttori posti in essere  nel  corso  delle  indagini
contabili, possa  incidere  sulla  fattispecie  concreta  oggetto  di
giudizio; 
    che,  in  altri  termini,  il  giudice  a  quo   avrebbe   dovuto
esplicitare le motivazioni per le quali la prosecuzione eventuale del
giudizio - in ragione della conservazione della  valenza  processuale
dell'attivita' realizzata  dalla  Procura,  quale  conseguenza  della
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  -  avrebbe   potuto
condurre, nonostante l'intervenuta adozione di una sentenza penale di
proscioglimento   per   i    fatti    contestati    al    dipendente,
all'accertamento della responsabilita' amministrativa del  dipendente
stesso per lesione dell'immagine della pubblica amministrazione; 
    che tale difetto  motivazionale  impedisce  a  questa  Corte  una
valutazione nel merito della questione sollevata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,  comma  30-ter,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  3
agosto 2009, n.  102,  come  modificato  dall'articolo  1,  comma  1,
lettera c), numero  1,  del  decreto-legge  3  agosto  2009,  n.  103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre  2009,  n.  141,
sollevata,  in  riferimento  agli  articoli  3,  24   e   103   della
Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione Puglia, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011. 
 
                 Il Presidente e redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere:  Melatti  
 
    Depositato in cancelleria il 21 luglio 2011.  
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti