N. 227 SENTENZA 19 - 22 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Disposizioni
  in materia di energia - Reiterazione delle domande  di  concessione
  idraulica di piccola derivazione  finalizzate  alla  produzione  di
  energia idroelettrica - Ipotesi di esenzione dalla procedura di VIA
  -  Modalita'  di  presentazione  e  di  pubblicita'  dei   progetti
  sottoposti allo studio di  impatto  ambientale  -  Disposizioni  in
  materia di caccia -  Provvedimenti  di  deroga  per  talune  specie
  cacciabili, rilasciati direttamente dalla Regione senza  la  previa
  acquisizione del preventivo parere dell'ISPRA - Ricorso del Governo
  - Lamentato contrasto con direttive europee - Denunciata violazione
  del vincolo di osservanza della normativa comunitaria -  Omissione,
  nella  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  di   autorizzazione
  all'impugnazione, di qualsiasi  riferimento  a  dette  doglianze  -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010,  n.  17,
  artt. 108, comma 1, 113, 115, commi 1, 2 e 3, e 151. 
- Costituzione, art. 117, primo comma; direttiva  2001/42/CE  del  27
  giugno 2001; direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985. 
Ambiente - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia -  Realizzazione
  di un'opera o di un intervento ai sensi dell'art. 5, comma 2, della
  legge regionale n. 43/1990 - Presentazione  del  progetto  e  dello
  studio di impatto ambientale - Mancata previsione che  al  progetto
  sia  allegato  anche  «l'elenco   delle   autorizzazioni,   intese,
  concessioni,  licenze,  pareri,  nulla  osta  ed  assensi  comunque
  denominati,  gia'  acquisiti  o  da   acquisire   ai   fini   della
  realizzazione e dell'esercizio dell'opera o intervento» - Contrasto
  con il codice dell'ambiente, che prevede l'obbligatorieta' di detta
  allegazione  -  Violazione  della  competenza  legislativa  statale
  esclusiva in materia di ambiente - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010,  n.  17,
  art. 113, che sostituisce  l'art.  10  della  legge  della  Regione
  Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1990, n. 43. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  s);  Statuto  della
  Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, 5  e  6;  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, art. 23, comma 2. 
Ambiente - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia -  Realizzazione
  di un'opera o di un intervento ai sensi dell'art. 5, comma 2, della
  legge regionale n. 43/1990  -  Pubblicita'  del  progetto  e  dello
  studio di impatto ambientale -  Modalita'  di  pubblicazioni  sulla
  stampa e sul  sito  web  della  Regione,  nonche'  comunicazioni  a
  strutture ed alle autorita'  interessate,  a  carico  del  soggetto
  proponente - Contrasto con il  codice  dell'ambiente  che  assicura
  termini piu' favorevoli per la  partecipazione  al  procedimento  -
  Violazione  della  competenza  legislativa  statale  esclusiva   in
  materia di ambiente - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010,  n.  17,
  art. 115, che sostituisce l'art. 14, commi 1,  2,  3,  della  legge
  della Regione Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1990, n. 43. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  s);  Statuto  della
  Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, 5  e  6;  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, art. 23, comma 1. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Annotazioni  sul
  tesserino regionale di caccia relative ai capi abbattuti - Prevista
  compilazione al termine della  giornata  venatoria  -  Ricorso  del
  Governo - Lamentata introduzione di una disciplina sulle  modalita'
  di utilizzo del tesserino  venatorio  tale  da  non  consentire  il
  necessario controllo durante l'azione di caccia - Contrasto con  la
  disciplina  statale  in  materia  -  Denunciata  violazione   della
  competenza legislativa statale esclusiva in materia di  ambiente  -
  Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010,  n.  17,
  art. 145, comma 11, lett. c), che aggiunge il comma 3-bis  all'art.
  30 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n.
  6. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  s);  Statuto  della
  Regione Friuli-Venezia  Giulia,  art.  4,  primo  comma;  legge  11
  febbraio 1992, n. 157, artt. 18, comma 4 e 19, comma  2  e  19-bis,
  comma 3. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Annotazioni  sul
  tesserino regionale di caccia relative ai capi abbattuti - Prevista
  compilazione al termine della  giornata  venatoria  -  Ricorso  del
  Governo - Lamentata introduzione di una disciplina sulle  modalita'
  di utilizzo del tesserino  venatorio  tale  da  non  consentire  il
  necessario controllo durante l'azione di  caccia  -  Contrasto  con
  l'accordo internazionale AEWA per la  conservazione  degli  uccelli
  acquatici migratori e con norme comunitarie - Denunciata violazione
  dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
  internazionali  -  Difetto  di  puntuale  indicazione  delle  norme
  internazionali che si assumono  violate  -  Inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010,  n.  17,
  art. 145, comma 11, lett. c), che aggiunge il comma 3-bis  all'art.
  30 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n.
  6. 
- Costituzione, art. 117, primo comma; legge 6 febbraio 2006, n.  66,
  art. 2; Convenzione di Berna, resa esecutiva  con  legge  5  agosto
  1981, n. 503; direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009; direttiva
  70/409/CEE del 2 aprile 1979. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Provvedimenti di
  deroga per talune specie cacciabili, rilasciati direttamente  dalla
  Regione,  in  relazione  alla  salvaguardia  di  urgenti  interessi
  unitari di carattere sovraprovinciale - Acquisizione del preventivo
  parere dell'ISPRA - Mancata previsione  -  Ricorso  del  Governo  -
  Lamentato  contrasto  con  la   normativa   statale   che   prevede
  l'obbligatorieta' di siffatto parere - Denunciata violazione  della
  competenza legislativa statale esclusiva in materia di  ambiente  -
  Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010,  n.  17,
  art. 151, che modifica il comma  1-ter  dell'art.  11  della  legge
  della Regione Friuli-Venezia Giulia 14 giugno 2007, n. 14. 
- Costituzione, art. 117, secondo  comma,  lett.  s);  Statuto  della
  Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4; legge 11 febbraio  1992,  n.
  157, artt. 19, comma 2, e 19-bis, comma 3. 
(GU n.32 del 27-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA , Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO  ,  Alessandro  CRISCUOLO,
  Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 108, comma
1, 113, 115, commi 1, 2 e 3, 145, comma 11,  punto  c)  e  151  della
legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 21 ottobre 2010, n.  17
(Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale 2010), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-27
dicembre 2010, depositato in  cancelleria  il  28  dicembre  2010  ed
iscritto al n. 121 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  21  giugno  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    uditi l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 22-27 dicembre 2010 e depositato  il  28  dicembre,  ha
proposto questione di legittimita' costituzionale in  via  principale
degli articoli 108, comma 1, 113, 115, commi 1, 2 e 3, 145, comma 11,
punto c) e 151 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 21
ottobre 2010, n. 17 (Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale
2010), in riferimento all'art. 117, primo e  secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione; agli artt. 4,  5  e  6  dello  Statuto  della
Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia); alle direttive 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo
e  del  Consiglio  concernente   la   conservazione   degli   uccelli
selvatici),  2001/42/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio concernente la valutazione  degli  effetti  di  determinati
piani  e  programmi  sull'ambiente)  e  85/337/CEE   (Direttiva   del
Consiglio  concernente  la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati); agli artt. da 13 a 18 e 23,
commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in
materia ambientale), agli artt. 1, comma 7-bis, 7, 10, 12, 18,  comma
4, e 19-bis, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio) e all'art. 2 della legge 6 febbraio 2006, n. 66  (Adesione
della  Repubblica  italiana  all'Accordo  sulla  conservazione  degli
uccelli acquatici migratori dell'Africa - EURASIA). 
    1.1. - Il ricorrente censura in primo luogo l'art. 108, comma  1,
della leg. reg. n. 17 del 2010, in relazione agli  artt.  4,  5  e  6
dello Statuto regionale; all'art. 117, primo e secondo comma, lettera
s),  Cost.  ed  alle  direttive  2001/42/CE  del  27  giugno  2001  e
85/337/CEE del 27 giugno 1985 e successive modificazioni. 
    La norma censurata inserisce nella legge  regionale  7  settembre
1990, n. 43 (Ordinamento nella Regione  Friuli-Venezia  Giulia  della
valutazione di impatto ambientale), l'art. 5-ter, disponendo  che  le
domande di concessioni  idrauliche  di  piccola  derivazione  per  la
produzione di energia idroelettrica di potenza media installata  fino
a 500 Kw medi, non ricadenti in area SIC e in zone parco, «presentate
antecedentemente al  31  dicembre  1995  e  il  cui  procedimento  di
rilascio si sia concluso ovvero sia tuttora pendente, possono  essere
reiterate dai richiedenti senza che le stesse siano assoggettate alla
procedura  di  VIA  di  cui  alla  presente  legge»,  alle   seguenti
condizioni:  «a)  compatibilita'  con  le  previsioni   dei   vigenti
strumenti  urbanistici  dei  Comuni  interessati;   b)   espletamento
dell'attivita' istruttoria da parte dei competenti uffici  regionali;
c)  mantenimento  del  minimo  deflusso  vitale  di  cui  al  decreto
legislativo n. 152 del 2006». 
    A  giudizio  del  ricorrente  tale  previsione  si  porrebbe   in
contrasto con quanto  previsto  dal  d.lgs.  n.  152  del  2006,  che
nell'allegato IV alla parte II del codice dell'ambiente, al punto  2,
lettera m), prevede espressamente che devono essere  sottoposti  alla
verifica di assoggettabilita' anche i progetti relativi  ad  impianti
di competenza regionale con potenza superiore a 100 KW. La previsione
censurata,  invece,  integrerebbe  un'arbitraria  ed   ingiustificata
esclusione  di  tali  opere  dalla  verifica  di   assoggettabilita',
sottraendole  al   giudizio   tecnico   circa   la   sussistenza   di
significativi impatti ambientali di cui agli artt. da  13  a  18  del
citato d.lgs., integrando quindi un'arbitraria diminuzione di tutela. 
    Non  solo,  ma  tale   disposizione   violerebbe   la   normativa
comunitaria ed in particolare l'art. 3, comma 2,  lettera  a),  della
direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE, e  l'allegato  II,  punto  3
della  direttiva   85/337/CEE   e   successive   modificazioni,   che
imporrebbero di sottoporre a valutazione ambientale tutti i  progetti
del  settore  energetico,  salvo  quelli  relativi  a  piccole  aree,
compresi gli  impianti  industriali  per  la  produzione  di  energia
elettrica. 
    1.2. - Viene, poi, censurato l'art. 113 della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2010, in riferimento agli artt. 4, 5,
6 dello Statuto regionale,  all'art.  117,  primo  e  secondo  comma,
lettera s), Cost. ed agli artt. 3, 4  e  5  della  direttiva  europea
2001/42/CE. 
    La norma impugnata, nel sostituire l'art. 10  della  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 7  settembre  1990,  n.  43  del  1990,
relativo alla presentazione del progetto e dello  studio  di  impatto
ambientale, non prevedrebbe piu' che  al  progetto  proposto  per  la
realizzazione di un'opera o di un intervento - da sottoporre a VIA ai
sensi dell'art. 5, comma 2, della  legge  regionale  medesima  -  sia
allegato anche «l'elenco delle  autorizzazioni  intese,  concessioni,
licenze, pareri, n.o. ed assensi comunque denominati, gia'  acquisiti
o  da  acquisire  ai  fini  della  realizzazione   e   dell'esercizio
dell'opera o intervento», come invece prescritto dall'art. 23,  comma
2, del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione anche  agli  obblighi  di
cui al precedente art. 12. 
    Tale  disciplina  comporterebbe  un'arbitraria   diminuzione   di
tutela, per impianti industriali di significativo impatto ambientale,
in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  che
riserva allo Stato la tutela dell'ambiente, nonche' con  l'art.  117,
primo  comma,  Cost.  che  impone   il   rispetto   della   normativa
comunitaria, la quale, con  la  direttiva  2001/42/CE,  demanda  agli
Stati l'obbligo di accertare preventivamente se i  piani  e  progetti
del  settore   energetico   possano   avere   effetti   significativi
sull'ambiente (art. 3, commi 2  e  5;  art.  4,  comma  1;  art.  5),
prescrivendo all'uopo precisi  «criteri  per  la  determinazione  dei
possibili effetti  significativi»,  che  necessitano  dunque  di  una
conoscenza di quegli elementi, eliminati nella disposizione impugnata
(all. II della direttiva). 
    1.3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri censura,  ancora,
l'art. 115, commi 1, 2 e 3, della  leg.  reg.  n.  17  del  2010,  in
relazione agli artt. 4, 5, 6 dello Statuto regionale;  all'art.  117,
primo e secondo comma, lettera s), Cost. ed agli artt. 3, 4 e 5 della
direttiva europea 2001/42/CE. 
    La norma, sostituendo l'art. 14 della citata leg. reg. n. 43  del
1990, relativo alla  pubblicita'  del  progetto  e  dello  studio  di
impatto ambientale, dispone, fra l'altro, che le pubblicazioni  sulla
stampa imposte al soggetto proponente siano effettuate «entro  cinque
giorni dal ricevimento della comunicazione di  cui  all'articolo  10,
comma 2»  e  che  il  medesimo  soggetto  dia  notizia  dell'avvenuta
pubblicazione alla struttura regionale competente  e  alle  autorita'
interessate. Siffatta disciplina differirebbe  da  quanto  prescritto
dall'art. 23, comma  1,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  il  quale,
diversamente dalla normativa impugnata, prevede che la  pubblicazione
degli  avvisi-stampa  avvenga  contestualmente   alla   presentazione
dell'istanza, cui deve essere allegata copia, e  non  successivamente
entro 5  giorni,  e  che  tutti  i  termini  per  l'informazione,  la
partecipazione, la valutazione e la decisione decorrano dalla data di
presentazione e non invece da quella  di  pubblicazione.  Una  simile
"discrasia  temporale",  ritardando  la  partecipazione  e  decisione
informata del procedimento,  renderebbe  meno  efficiente  la  tutela
dell'ambiente, in violazione dunque sia degli artt. 4, 5  e  6  dello
Statuto regionale, che non consentirebbero di  discostarsi  in  peius
dalla normativa  statale  ambientale,  sia  dell'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettera s), Cost., sia con la piu' rigorosa  normativa
comunitaria,  dettata  dalla  direttiva  2001/42/CE,  ritardando  una
partecipazione e decisione informata da parte delle Amministrazioni e
dei controinteressati. 
    1.4. - Il ricorrente assume, inoltre, che l'art. 145,  comma  11,
lettera c), della legge regionale in esame,  aggiungendo  all'art.  3
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo  2008,  n.  6
(Disposizioni per la  programmazione  faunistica  e  per  l'esercizio
dell'attivita' venatoria), l'art. 3-bis e disponendo con esso che «le
annotazioni sul  tesserino  regionale  di  caccia  relative  ai  capi
abbattuti  devono  essere  compilate  al   termine   della   giornata
venatoria», non  terrebbe  conto  della  necessita'  di  adeguare  la
normativa regionale alla legge  n.  66  del  2006,  finalizzata  alla
conservazione degli uccelli acquatici migratori. 
    Tale accordo, imporrebbe agli Stati contraenti  una  raccolta  di
informazioni  sui  carnieri  effettuati,  nel  mentre   la   prevista
annotazione al termine della giornata di caccia  comprometterebbe  la
possibilita' di realizzare forme di controllo efficaci da parte degli
organi di vigilanza, in relazione a tutte  le  specie,  anche  quelle
stanziali,  per  le  quali  esiste  un  contingentamento  giornaliero
stagionale. 
    La disposizione censurata  violerebbe,  quindi  l'art.  4,  primo
comma, dello Statuto, l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.  e
gli artt. 18, comma 4, 19, comma 2, e 19-bis, comma 3, della legge n.
157 del 1992, che prevedono l'indicazione  nel  calendario  regionale
«del numero massimo dei capi da abbattere  in  ciascuna  giornata  di
attivita' venatoria», da qualificare norme fondamentali delle riforme
economico sociali, oltre che gli obblighi internazionali gia' citati,
fra i quali la Convenzione di Berna, resa  esecutiva  in  Italia  con
legge 5 agosto 1981, n. 503 (Ratifica ed esecuzione della convenzione
relativa alla conservazione  della  vita  selvatica  e  dell'ambiente
naturale in Europa, con allegati, adottata a Berna  il  19  settembre
1979), e  comunitari,  di  cui  alle  direttive  2009/147/CE  del  30
novembre 2009 e 79/409/CEE del 2 aprile 1979 (Direttiva del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici) ed  alla  Guida
alla disciplina della caccia, redatta dalla Commissione  europea  nel
2004 e aggiornata nel 2008 (punto 2.4.16). 
    1.5.  -  Infine   il   ricorrente   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 151 della leg.  reg.  n.  17  del  2010,  in
riferimento all'art. 4 dello Statuto regionale; all'art. 117, primo e
secondo comma, Cost.; agli artt. 19 e 19-bis, comma 3, della legge n.
157  del  1992  ed  alla  normativa  comunitaria  (art.  9  dir.   n.
2009/147/CE e Guida alla disciplina della  caccia  della  Commissione
Europea). 
    La norma aggiunge, al comma 1-ter dell'articolo  11  della  legge
regionale 14 giugno 2007, n. 14 (Legge comunitaria 2006), la seguente
disposizione:  «L'Amministrazione  regionale,   in   relazione   alla
salvaguardia   di   urgenti   interessi    unitari    di    carattere
sovraprovinciale, puo' rilasciare  direttamente  i  provvedimenti  di
deroga relativi a tali specie per le finalita' di cui all'articolo 5,
comma 1, lettere a), b), d) ed e), sentite  le  Province  interessate
che forniscono l'assistenza e la collaborazione necessarie». 
    Siffatta  disciplina,  escludendo  l'obbligo  di   acquisire   il
preventivo parere dell'ISPRA, obbligatoriamente previsto dagli  artt.
19, comma 2, e 19-bis, comma 3, della legge n. 157  del  1992,  oltre
che dall'art. 9, comma 2, lettera d), della direttiva n.  2009/147/CE
(e della precedente n. 409/1979/CEE) avrebbe violato i  limiti  posti
dall'art. 4, primo comma, dello Statuto alla  competenza  legislativa
della Regione in materia di caccia, invadendo la  competenza  statale
in materia di tutela dell'ambiente, riservata  allo  Stato  dall'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. e la disciplina comunitaria, il
cui rispetto e' imposto dall'art. 117, primo comma, Cost. 
    2. - Si e' costituita  nel  giudizio  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, con atto depositato il 4 febbraio 2011, eccependo per  alcune
censure l'inammissibilita' e deducendo l'infondatezza di altre. 
    2.1. - Con riferimento all'art. 108, la resistente in primo luogo
assume che la censura sarebbe inammissibile, in quanto la  violazione
degli artt. da 13 a 18 del codice dell'ambiente e delle direttive non
risulterebbe indicata nella delibera del Consiglio dei  ministri  che
ha deciso l'impugnazione. 
    Ulteriore   motivo   di   inammissibilita'   deriverebbe,    poi,
dall'inconferenza del parametro evocato, dal momento che  il  ricorso
richiama  norme  sulla  verifica  di  assoggettabilita',  laddove  la
disposizione censurata riguarderebbe la VIA. 
    Analogamente, il richiamo all'art. 3 della  direttiva  2001/421CE
non sarebbe pertinente, poiche' essa sarebbe attinente alla VAS. 
    Nel merito, poi, la difesa regionale  assume  che  la  disciplina
impugnata sarebbe coerente con il  codice  dell'ambiente  di  cui  al
citato  d.lgs.  n.  152  del  2006,  sia  quanto  alla  verifica   di
assoggettabilita', sia quanto alla VIA  poiche'  le  condizioni  alle
quali  e'  subordinata  la  conclusione  senza  VIA  di  procedimenti
risalenti  nel  tempo  «assicurano   la   compatibilita'   ambientale
dell'intervento,  e  danno  luogo  in  sostanza  ad  una  valutazione
preventiva operata dallo stesso legislatore». 
    2.2. - Con riguardo all'art. 113, la censura  sarebbe  del  tutto
infondata per inidoneita' delle norme statali invocate a  fungere  da
parametro di legittimita'. In base all'art. 7, comma 7, del d.lgs. n.
152 del 2006,  sarebbero  infatti  le  regioni  a  disciplinare  «con
proprie leggi e  regolamenti...  e)  le  regole  procedurali  per  il
rilascio dei provvedimenti di VIA ed AlA e  dei  pareri  motivati  in
sede di VAS», esercitando la  propria  competenza  nel  rispetto  dei
principi fondamentali dettati. 
    A giudizio della resistente, invece,  l'art.  23,  comma  2,  del
citato codice sarebbe «una norma di dettaglio, auto  applicativa»  ed
esso  non  potrebbe  quindi  «fungere  da  parametro  interposto  nel
presente giudizio». 
    Nel  merito,  poi,  la  Regione  ritiene  che  le  censure  mosse
sarebbero il frutto di  «una  mera  interpretazione»,  in  quanto  la
mancata riproduzione della norma statale non implicherebbe affatto la
volonta' di escluderne l'applicazione, che dovrebbe invece  ritenersi
dovuta ove la disposizione esprimesse  un  principio  vincolante  nei
confronti della Regione. 
    Inammissibili sarebbero,  poi,  le  altre  censure  avanzate  nel
presente motivo, in quanto fondate su parametri non richiamati  nella
delibera del Consiglio dei ministri o su norme non pertinenti,  quali
l'art. 12 e l'allegato I del  codice  dell'ambiente  e  la  direttiva
2001/42/CE, che riguardano la disciplina della VAS. 
    2.3. - Anche quanto all'art. 115, commi 1,  2  e  3,  la  Regione
assume  in  primo  luogo  che  la  censura  fondata  sulla  direttiva
2001/42/CE sarebbe inammissibile in  quanto  essa,  oltre  ad  essere
generica e non richiamata nella delibera del Consiglio dei  ministri,
riguarderebbe la VAS e non la VIA. 
    Nel merito, parimenti si sostiene che gli artt. 23,  comma  1,  e
24, comma  1,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  non  costituirebbero
espressione di un principio fondamentale invocabile  quale  parametro
di  legittimita'.  Il  principio  espresso  dal  legislatore  statale
consisterebbe piuttosto nella necessita' di una «pubblicizzazione del
progetto, per consentire la presentazione di osservazioni» e la legge
regionale rispetterebbe  un  simile  principio,  differenziandosi  da
quella  statale  solo  perche',  in  modo  del   tutto   ragionevole,
prevedrebbe una verifica di completezza  della  documentazione  prima
della pubblicazione, evitando adempimenti inutili, possibile fonte di
confusione. 
    2.4. - Quanto all'art. 145, comma 1, lettera c), la resistente ne
deduce l'inammissibilita', poiche' il ricorrente non avrebbe indicato
quale specifica disposizione dell'Accordo sarebbe violata. 
    Sarebbe  poi  del  tutto  arbitrario  il  richiamo  a  specifiche
disposizioni della legge statale n. 157 del 1992 sulla  caccia  (art.
18, comma 4; art. 19, comma 2, e art. 19-bis,  comma  3),  in  quanto
tali norme non si occuperebbero affatto di disciplinare le  modalita'
di compilazione del tesserino di caccia.  Tale  assunto  sarebbe  del
resto confermato dalla sentenza di questa Corte n. 332 del 2006  che,
in un caso analogo, definisce  questi  aspetti  della  materia,  come
«strettamente attinenti all'attivita'  venatoria,  espressione  della
potesta' legislativa residuale della regione». 
    Inoltre, sarebbero del tutto inammissibili le censure relative  a
presunte violazioni di obblighi internazionali e comunitari in quanto
prive di supporto argomentativo. 
    2.5. - Infine, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con  riferimento
alla censura relativa all'art. 151 ed  alla  mancata  previsione  del
preventivo parere dell'ISPRA, assume che essa sarebbe  frutto  di  un
equivoco. Il ricorrente, infatti,  interpreterebbe  tale  norma  come
elusiva del prescritto parere, laddove  sarebbe  pacifico  che  anche
nell'ipotesi di cui  alla  disposizione  censurata  troverebbe  piena
applicazione l'art. 6, comma 7, della medesima leg. reg.  n.  14  del
2007 il quale - nel disciplinare la procedura di deroga - prevede che
«l'Amministrazione regionale verifica  l'esistenza  delle  condizioni
generali per l'esercizio delle deroghe e rilascia i provvedimenti  di
deroga, previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna  selvatica
(INFS)». 
    La disposizione censurata non disciplinerebbe il procedimento, ma
si limiterebbe piuttosto  ad  attribuire  la  competenza  al  livello
regionale anziche' a quello provinciale. Tale intervento, del  resto,
sarebbe stato stimolato da un'epidemia di rabbia che  ha  interessato
il territorio regionale a partire dall'anno  2009,  e  sarebbe  stato
finalizzato  ad  evitare,  come  accaduto  in  passato,  che  plurimi
provvedimenti  di  deroga  adottati  su  base  provinciale  potessero
generare  «un  imperfetto  coordinamento  dei   tempi   e   modi   di
effettuazione dei prelievi in deroga fra le varie Province». 
    3.  -  In  data  31  maggio  2011  l'Avvocatura  dello  Stato  ha
depositato una memoria, nella quale ha in primo luogo  contestato  le
eccezioni di inammissibilita' della difesa regionale, sostenendo  che
quanto affermato in via preliminare nel ricorso circa  la  competenza
statale in materia di ambiente  sarebbe  in  grado  di  elidere  ogni
dubbio al riguardo. 
    Sulle singole  questioni  sono,  poi,  sviluppate  argomentazioni
varie, che in larga parte ripercorrono il  tenore  del  ricorso,  sia
quanto alla sottrazione  dei  rinnovi  di  piccola  derivazione  alla
procedura di VIA, sia quanto alla  documentazione  da  allegare  alla
presentazione del progetto ed alla pubblicazione degli avvisi stampa.
Inoltre, la  difesa  dello  Stato  ribadisce  che  l'annotazione  nel
tesserino venatorio a fine giornata  impedirebbe  efficaci  controlli
sui capi abbattuti, consentendo al cacciatore di eludere gli obblighi
imposti al riguardo. Da ultimo, quanto alla  mancata  previsione  del
parere  dell'ISPRA  per  le  deroghe  alla  disciplina  del  prelievo
venatorio,  l'Avvocatura  osserva  che  la  diversa   interpretazione
sostenuta  dalla  Regione  necessiterebbe  comunque   dell'autorevole
avallo della Corte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale degli articoli 108, comma  1,  113,  115,
commi 1, 2 e 3, 145, comma 11, punto  c)  e  151  della  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia del 21 ottobre 2010, n.  17  (Legge  di
manutenzione dell'ordinamento  regionale  2010),  per  contrasto  con
l'art. 117, primo e secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione;
con gli artt. 4, 5 e 6 dello  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, approvato con legge costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  1
(Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia),  con  le
direttive  2009/147/CE  del  Parlamento  europeo  e   del   Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, 2001/42/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente la  valutazione  degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente  e  85/337/CEE
del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati; con gli artt. da 13 a  18  e
23, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in materia ambientale), con gli artt. 1, comma 7-bis, 7, 10, 12,  18,
comma 4, e 19-bis, comma 2 della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157
(Norme per la protezione della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il
prelievo venatorio) e l'art. 2 della legge 6  febbraio  2006,  n.  66
(Adesione della Repubblica italiana all'Accordo  sulla  conservazione
degli uccelli acquatici migratori dell'Africa - EURASIA). 
    2. - In via preliminare,  rispetto  all'esame  nel  merito  delle
singole censure, occorre ribadire la  consolidata  giurisprudenza  di
questa  Corte,  secondo  la  quale  la  questione   di   legittimita'
costituzionale  e'  inammissibile,  allorche'  sia  omesso  qualsiasi
accenno alla stessa nella delibera di  impugnazione  e  nell'allegata
relazione del Ministro per i rapporti  con  le  Regioni,  dovendo  in
questo  caso  «escludersi  la  volonta'  dello  Stato  ricorrente  di
promuoverle» (ex pluribus, sentenze n. 365 e n. 275 del 2007). 
    Nel caso in esame, dalla delibera del Consiglio dei  ministri  di
autorizzazione all'impugnazione risulta evidente  come  i  motivi  di
impugnazione relativi agli artt. 108, comma 1, 113; 115, commi 1, 2 e
3 e 151, della leg. reg. n. 17 del 21 ottobre 2010, siano  diretti  a
denunziare esclusivamente il contrasto di tali disposizioni con leggi
statali, senza alcun accenno a violazioni di norme comunitarie ovvero
di parametri costituzionali riferibili a queste ultime. 
    Conseguentemente,  devono  essere  dichiarate  inammissibili   le
censure sollevate con riferimento a tali disposizioni e,  in  specie,
con riferimento all'art. 117,  primo  comma,  Cost.  ed  alle  citate
direttive europee n. 2001/42/CE e n. 85/337/CEE. 
    3. - Cio' posto, possono essere scrutinate le  restanti  censure,
secondo l'ordine ad esse attribuito dal ricorrente. 
    4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  assume,  in  primo
luogo,  che  l'art.  108,  comma  1   della   legge   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2010, disponendo che  le  domande  di
concessioni idraulica di piccola derivazione  per  la  produzione  di
energia idroelettrica di potenza media installata fino a 500 Kw medi,
non  ricadenti  in  area   SIC   e   in   zone   parco,   «presentate
antecedentemente al  31  dicembre  1995  e  il  cui  procedimento  di
rilascio si sia concluso ovvero sia tuttora pendente, possono  essere
reiterate dai richiedenti senza che le stesse siano assoggettate alla
procedura di  VIA  di  cui  alla  presente  legge»,  violerebbe,  fra
l'altro, l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt.  4,
5 e  6  dello  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia.  Tale
disciplina si porrebbe in contrasto con quanto previsto dal d.lgs. n.
152 del 2006, che nell'allegato IV alla parte II, al punto 2, lettera
m), prevede espressamente che devono essere sottoposti alla  verifica
di assoggettabilita' i progetti relativi ad  impianti  di  competenza
regionale con potenza superiore a 100 KW, sottraendo  tali  opere  al
giudizio  tecnico  circa  la  sussistenza  di  significativi  impatti
ambientali  di  cui  agli  artt.  da  13  a  18  del  citato   codice
dell'ambiente. 
    4.1. - La questione non e' fondata. 
    4.2. - La disposizione  impugnata  consente  che  le  domande  di
concessione idraulica di piccola derivazione  per  la  produzione  di
energia idroelettrica fino a 500 Kw, presentate  antecedentemente  al
31 dicembre 1995, possano, alle condizioni indicate, essere reiterate
dai richiedenti senza che le stesse siano assoggettate alla procedura
di VIA. 
    A giudizio del ricorrente, tuttavia, tale disciplina  sarebbe  in
contrasto con gli artt. da 13 a 18 del d.lgs. n. 152 del 2006  e  con
il punto 2 dell'allegato IV alla parte II,  i  quali  si  riferiscono
alla verifica di  assoggettabilita'  e  alla  disciplina  della  VAS.
Risulta evidente quindi come, sia nell'indicazione dei parametri, sia
nella descrizione della disciplina statale, la difesa dello Stato  si
sia riferita al diverso procedimento della VAS e non  a  quello,  che
avrebbe potuto essere coinvolto, della VIA.  Del  resto,  la  VIA  e'
istituto che si differenzia dalla VAS  non  solo  normativamente,  ma
anche concettualmente, avendo ad oggetto, la  prima,  la  valutazione
degli impatti generati da opere specifiche, la seconda,  gli  effetti
indotti sull'ambiente dall'attuazione delle previsioni  contenute  in
determinati strumenti di pianificazione e programmazione. A  conferma
di tale conclusione, ovvero che la difesa dello  Stato  abbia  inteso
riferirsi proprio alla verifica di assoggettabilita' a VAS, depone il
fatto  che  pure  la  disciplina  comunitaria  indicata  in   ricorso
(Direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE), sia pure non evocata dalla
delibera di impugnazione, riguarda anch'essa non la VIA, ma  la  VAS,
essendo dedicata alla «valutazione degli effetti di determinati piani
e programmi sull'ambiente». 
    Pertanto e' palese l'inconferenza delle  norme  statali  evocate,
con conseguente infondatezza delle censure. 
    5. - Riguardo all'art. 113 della legge regionale n. 17 del  2010,
il ricorrente assume che tale norma, la quale sostituisce  l'art.  10
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1990,  n.
43 (Ordinamento nella Regione Friuli-Venezia Giulia della valutazione
di impatto ambientale), relativo alla presentazione  del  progetto  e
dello studio di impatto ambientale, non prevedendo  che  al  progetto
proposto per la realizzazione di un'opera o di  un  intervento  -  da
sottoporre a VIA ai sensi dell'art. 5, comma 2 della leg. reg. -  sia
allegato anche «l'elenco delle autorizzazioni,  intese,  concessioni,
licenze, pareri, n.o. ed assensi comunque denominati, gia'  acquisiti
o  da  acquisire  ai  fini  della  realizzazione   e   dell'esercizio
dell'opera o  intervento»,  violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. e gli artt. 4, 5 e 6 dello  Statuto  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia, ponendosi in contrasto con quanto previsto dal
d.lgs. n. 152 del 2006, che all'art. 23, comma 2, in relazione  anche
agli obblighi  di  cui  al  precedente  art.  12,  prevede  che  tale
documentazione debba essere allegata. 
    5.1. - La questione e' fondata. 
    5.2.  -  La  disposizione  in  esame  prevede  che  il   soggetto
proponente presenti alla struttura regionale competente in materia di
VIA il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale  redatto
conformemente all'art. 11, senza  tuttavia  prevedere,  come  imposto
dall'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 152 del  2006,  che  all'istanza
sia  «altresi'  allegato  l'elenco  delle   autorizzazioni,   intese,
concessioni,  licenze,  pareri,  nulla  osta   e   assensi   comunque
denominati, gia' acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione
e dell'esercizio dell'opera o intervento». 
    In proposito la Corte ha precisato piu' volte  che  la  normativa
sulla  valutazione  d'impatto  ambientale  attiene  a  procedure  che
accertano  in   concreto   e   preventivamente   la   «sostenibilita'
ambientale» e rientrano nella  materia  della  tutela  dell'ambiente,
sicche',  «seppure  possono  essere  presenti  ambiti  materiali   di
spettanza regionale [...] deve ritenersi prevalente, in ragione della
precipua funzione cui assolve il procedimento  in  esame,  il  citato
titolo di legittimazione statale» (sentenza n. 186 del 2010,  n.  234
del 2009). Le Regioni sono dunque tenute, per un verso, a  rispettare
i livelli uniformi di tutela apprestati in materia;  per  l'altro,  a
mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza  fissati
dal c.d. codice dell'ambiente di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, nella
specie, quanto al procedimento di VIA, con riferimento al citato art.
23, comma 2. 
    Conseguentemente la disposizione censurata  risulta  adottata  in
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  e  dello
Statuto speciale, trattandosi della disciplina di un procedimento che
incide sulla materia «tutela dell'ambiente», di competenza  esclusiva
statale, non compresa tra le materie specificamente  enumerate  dallo
Statuto speciale come di competenza regionale. 
    6. - Il ricorrente deduce, altresi', che l'art. 115, commi 1, 2 e
3 della leg. reg. n. 17 del 2010, sostituendo l'art.  14  della  leg.
reg. n. 43 del 1990, relativo alla pubblicita' del progetto  e  dello
studio  di  impatto  ambientale,  disponendo,  fra  l'altro,  che  le
pubblicazioni sulla  stampa  imposte  al  soggetto  proponente  siano
effettuate «entro cinque giorni dal ricevimento  della  comunicazione
di cui all'articolo 10, comma 2»  e  che  il  medesimo  soggetto  dia
notizia  dell'avvenuta   pubblicazione   alla   struttura   regionale
competente e alle autorita' interessate, si porrebbe in contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt.  4,  5  e  6
dello Statuto  della  Regione,  disponendo  difformemente  da  quanto
prescritto dall'art. 23, comma 1, del d.lgs.  n.  152  del  2006,  il
quale prevede  che  la  pubblicazione  degli  avvisi  stampa  avvenga
contestualmente alla  presentazione  dell'istanza,  alla  quale  deve
essere allegata copia. 
    6.1. - La questione e' fondata. 
    6.2. - La norma censurata dispone che il proponente del  progetto
e dello  studio  di  impatto  ambientale  «entro  cinque  giorni  dal
ricevimento della comunicazione di  cui  all'articolo  10,  comma  2,
....fa[ccia] pubblicare sul quotidiano  locale  maggiormente  diffuso
nell'ambito   provinciale   interessato,   l'annuncio   dell'avvenuta
presentazione ...»; dia «notizia dell'avvenuta pubblicazione ai sensi
del comma 1 alla struttura  regionale  competente  e  alle  autorita'
interessate » e che «contestualmente alla  pubblicazione  di  cui  al
comma 1, la documentazione presentata [sia] messa a disposizione  del
pubblico, anche mediante pubblicazione nel  sito  web  della  Regione
..., per un periodo di sessanta giorni, affinche' chiunque  ne  possa
prendere visione». 
    Una simile disciplina e' difforme da quella  stabilita  dall'art.
23, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale impone, invece, che
all'istanza presentata sia allegata copia dell'avviso a mezzo stampa.
Tale difformita', non determinando una miglior tutela ambientale,  ed
anzi ritardando la pubblica conoscenza del procedimento iniziato,  e'
suscettibile  di  ritardare  per  cio'  stesso  la  possibilita'   di
partecipazione e decisione informata  del  procedimento  medesimo  e,
quindi, di tutelare con minore efficacia il bene  dell'ecosistema,  a
presidio del quale il legislatore statale, nell'ambito della  propria
competenza, ha dettato la menzionata disciplina. 
    7.  -  Viene  poi   sottoposto   a   giudizio   di   legittimita'
costituzionale l'art. 145, comma 11, lettera  c),  della  piu'  volte
citata leg. reg. n. 17 del 2010, il quale dispone che le  annotazioni
sul tesserino regionale di caccia relative ai capi abbattuti  debbano
essere compilate «al termine della giornata  venatoria».  Secondo  il
ricorrente, detta disposizione, non consentendo i necessari controlli
«durante l'azione di caccia», violerebbe l'art. 4, primo comma, dello
Statuto e l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ponendosi  in
contrasto con gli artt. 18, comma 4, 19, comma 2, e 19-bis, comma  3,
della  legge  n.  157  del  1992,  che  prevedono  l'indicazione  nel
calendario regionale «del numero massimo dei  capi  da  abbattere  in
ciascuna giornata di  attivita'  venatoria»,  i  quali  costituiscono
norme fondamentali delle riforme economico sociali. 
    7.1. - Inoltre, siffatta norma violerebbe pure l'art. 117,  primo
comma, Cost., per difformita' dalla legge n.  66  del  2006,  con  la
quale la  Repubblica  italiana  ha  formalmente  aderito  all'accordo
internazionale denominato AEWA (African-Eurasian Waterbird Agreement)
finalizzato alla conservazione degli uccelli acquatici  migratori,  e
gli obblighi internazionali,  fra  i  quali  quelli  derivanti  dalla
Convenzione di Berna, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n.  503
(Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione
della  vita  selvatica  e  dell'ambiente  naturale  in  Europa,   con
allegati, adottata a Berna il 19 settembre 1979),  e  comunitari,  di
cui alle direttive 2009/147/CE del 30 novembre 2009 e 79/409/CEE  del
2 aprile 1979 (Direttiva del Consiglio concernente  la  conservazione
degli uccelli selvatici)  nonche'  la  Guida  alla  disciplina  della
caccia, redatta dalla Commissione europea nel 2004 e  aggiornata  nel
2008 (punto 2.4.16). 
    7.2. - La questione non e' fondata per quanto  attiene  al  primo
profilo. 
    7.3. - L'argomentazione sottesa alla censura,  secondo  cui  tale
disposizione contrasterebbe  con  l'obbligo  di  indicare  il  numero
massimo dei capi da abbattere e con  la  necessita'  dei  conseguenti
controlli, non evidenzia una difformita'  della  disciplina  tale  da
integrare il vizio prospettato. Infatti, la  necessita'  che  a  fine
giornata il cacciatore debba indicare il numero di capi abbattuti non
puo' essere  ritenuta  previsione  che  impedisca,  da  un  lato,  il
rispetto del limite dei capi da abbattere, dall'altro, lo svolgimento
di efficaci controlli. Va in proposito ricordato quanto affermato  da
questa Corte,  con  la  sentenza  n.  332  del  2006,  che  cioe'  il
legislatore statale si e' limitato ad indicare all'art. 12, comma 12,
della legge n. 157 del 1992, la necessita',  ai  fini  dell'esercizio
dell'attivita' venatoria,  del  possesso  di  un  apposito  tesserino
rilasciato dalla Regione di residenza, nel  quale  sono  indicate  le
specifiche norme inerenti al calendario regionale, nonche' le forme e
gli ambiti territoriali  di  caccia  ove  e'  consentita  l'attivita'
venatoria,  senza  dettare  alcuna   prescrizione   sulle   modalita'
dell'annotazione del capo abbattuto. La norma regionale, pertanto, si
limita «a disciplinare aspetti strettamente  attinenti  all'attivita'
venatoria, espressione della  potesta'  legislativa  residuale  della
regione». 
    7.4. - La censura riferita all'art. 117, primo comma,  Cost.,  e'
inammissibile. 
    Il ricorrente, infatti, si limita genericamente ad  indicare  una
serie di fonti internazionali e comunitarie, senza specificare ne' le
disposizioni che in particolare sarebbero violate, ne' in quale  modo
la necessita' di efficaci controlli  sul  rispetto  di  esse  sarebbe
inficiata  dalla  disposizione  impugnata.  Pertanto,  poiche'   «nel
giudizio di legittimita' costituzionale in via principale  l'esigenza
di una adeguata motivazione  dell'impugnazione  si  pone  in  termini
anche piu' pregnanti che in quello in via incidentale» (ex  plurimis:
sentenza n. 88 del 2011), al difetto di una precisa indicazione delle
norme   internazionali   che   si    assumono    violate,    consegue
necessariamente una pronuncia di inammissibilita' (sentenza n. 32 del
2011, nonche', sentenze n. 251 del 2009; n. 250 del 2009; n. 232  del
2009; n. 38 del 2007). 
    8. - Infine, il ricorrente  ha  censurato  l'articolo  151  della
legge regionale in  esame,  in  quanto  tale  norma,  disponendo  che
l'Amministrazione  regionale,  in  relazione  alla  salvaguardia   di
urgenti  interessi  unitari  di  carattere  sovraprovinciale,   possa
rilasciare direttamente i provvedimenti di  deroga  relativi  a  tali
specie per le finalita' di cui all'articolo 5, comma 1,  lettere  a),
b), d) ed e), ed escludendo  l'obbligo  di  acquisire  il  preventivo
parere dell'ISPRA, violerebbe l'art. 4, primo comma, dello Statuto  e
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ponendosi in  contrasto
con gli artt. 19, comma 2, e 19-bis, comma 3, della legge n. 157  del
1992, che prevedono invece come obbligatorio siffatto parere. 
    8.1. - La questione non e' fondata. 
    8.2. - Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma
in questione, nel disciplinare il procedimento  per  il  rilascio  da
parte dell'amministrazione  regionale  dei  provvedimenti  di  deroga
relativi alla cacciabilita' di cinghiali, volpi  e  corvidi  compresi
nell'elenco  di  cui   all'art.   3   della   legge   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia 17 luglio 1996, n.  24  (Norme  in  materia  di
specie cacciabili e periodi di attivita' venatoria ed ulteriori norme
modificative ed integrative  in  materia  venatoria  e  di  pesca  di
mestiere), non prevedrebbe il necessario parere dell'ISPRA. 
    Tuttavia, la norma in questione, che  modifica  l'art.  11  della
leg. reg. n. 14 del 2007, si limita a dettare le condizioni  in  base
alle quali tali provvedimenti possono essere  adottati  non  su  base
provinciale, ma su base regionale. Non puo', infatti,  ritenersi  che
la disposizione in esame sia sufficiente a sottrarre  tale  procedura
al  rispetto  dell'art.  6,  comma  7,  pure  contenuto  nella  legge
regionale 14 del 2007, che - nel disciplinare la procedura di  deroga
- prevede che «l'Amministrazione regionale verifica l'esistenza delle
condizioni generali  per  l'esercizio  delle  deroghe  e  rilascia  i
provvedimenti di deroga, previo parere dell'Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS)» (oggi ISPRA). 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  113  e
dell'articolo 115,  commi  1,  2  e  3,  della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010, n. 17 (Legge  di  manutenzione
dell'ordinamento regionale 2010); 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale degli articoli 108, comma 1, 113; 115, commi 1, 2 e  3
e 151, della legge della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.  17  del
2010,  proposte  in  relazione  all'art.  117,  primo  comma,   della
Costituzione  ed  alle  direttive  2001/42/CE  del  27  giugno   2001
(Direttiva del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  concernente  la
valutazione  degli  effetti  di   determinati   piani   e   programmi
sull'ambiente)  e  85/337/CEE  del  27  giugno  1985  (Direttiva  del
Consiglio  concernente  la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati); 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'articolo 145, comma 11, lettera c),  della  legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia  n.  17  del  2010,  proposta  in
relazione all'art. 117,  primo  comma,  della  Costituzione  ed  alla
Convenzione di Berna, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n.  503
(Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione
della  vita  selvatica  e  dell'ambiente  naturale  in  Europa,   con
allegati, adottata a  Berna  il  19  settembre  1979),  nonche'  alle
direttive 2009/147/CE del 30 novembre 2009 (Direttiva del  Parlamento
europeo e del Consiglio concernente la  conservazione  degli  uccelli
selvatici) e 79/409/CEE del 2 aprile 1979  (Direttiva  del  Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici); 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 145, comma 11, lettera c), della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia  n.  17  del  2010,  sollevata  in  riferimento
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione  ed
all'art. 4, primo comma, dello Statuto della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, approvato con legge costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia); 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 151, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n.
17 del 2010, sollevata in riferimento all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione ed  all'art.  4,  primo  comma,  dello
Statuto della Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  approvato  con  legge
costituzionale n. 1 del 1963. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                        Il redattore: Tesauro 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti