N. 228 SENTENZA 19 - 22 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione  Abruzzo  -  Incarichi  di
  direttore amministrativo e di  direttore  sanitario  nelle  Aziende
  sanitarie, non conferiti dai direttori generali in carica alla data
  di entrata in vigore della legge censurata - Cessazione automatica,
  senza compenso o indennizzo, se non confermati entro tre mesi dalla
  data di insediamento del nuovo direttore generale - Violazione  dei
  principi  di  buon   andamento   e   di   continuita'   dell'azione
  amministrativa - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20, art. 4, comma 1. 
- Costituzione, artt. 97, primo comma, e 98, primo comma. 
(GU n.32 del 27-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO , Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Sabino   CASSESE,   Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  1,
della legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20  (Misure  per
il  settore  sanita'  relative  al  funzionamento   delle   strutture
sanitarie ed all'utilizzo appropriato dei  regimi  assistenziali  del
macrolivello ospedaliero e territoriale e per la  loro  regolazione),
promosso dalla Corte d'appello di L'Aquila nel procedimento  vertente
tra D. S. F. e l'Azienda USL di Pescara, con ordinanza del  6  maggio
2010, iscritta al n. 347 del registro  ordinanze  2010  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di costituzione di D. S. F. e dell'Azienda USL  di
Pescara; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    uditi gli avvocati Franco Di Teodoro  per  D.  S.  F.  e  Tommaso
Marchese per l'Azienda USL di Pescara. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del  6  maggio  2010,  la  Corte  d'appello  di
L'Aquila, sezione lavoro e  previdenza,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, della  legge  della
Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20 (Misure per il settore  sanita'
relative al funzionamento delle strutture sanitarie  ed  all'utilizzo
appropriato dei regimi assistenziali del macrolivello  ospedaliero  e
territoriale e per la loro regolazione), in  riferimento  agli  artt.
97, primo comma, e 98, primo comma, della Costituzione. 
    La  disposizione  censurata  stabilisce  che  «Gli  incarichi  di
direttore amministrativo, direttore sanitario in corso nelle  Aziende
Sanitarie d'Abruzzo non conferiti dai direttori  generali  in  carica
alla data della presente legge cessano, se non confermati, entro  tre
mesi dalla data di insediamento del nuovo direttore generale.  Nessun
compenso e indennizzo e' corrisposto al  direttore  amministrativo  o
direttore sanitario in caso di mancata conferma». 
    1.1.- La questione e' stata sollevata nel corso  di  un  giudizio
civile in grado di appello, promosso dall'appellante  D.  S.  F.,  ex
direttore sanitario dell'Azienda U.S.L.  di  Pescara,  contro  questa
ultima, avverso la sentenza n. 2035 del 6-27 novembre 2008, resa  dal
Giudice del lavoro del Tribunale di Pescara. 
    La citata sentenza - come riferisce  il  rimettente  -  aveva  ad
oggetto  la  richiesta  di  risarcimento,  da  parte  dell'appellante
(lavoratore subordinato a tempo determinato), per la risoluzione  del
rapporto di  lavoro  prima  del  decorso  del  termine  quinquennale,
contrattualmente  stabilito,  su  iniziativa  dell'AUSL,  che   aveva
receduto in forza dell'art. 4, comma 1, della citata legge  regionale
n. 20 del 2006. 
    Sotto il profilo della rilevanza, la Corte d'appello osserva che,
se la disposizione sospettata venisse  espunta  dall'ordinamento,  la
risoluzione del contratto di lavoro sarebbe illegittima, perche'  non
prevista e consentita da norma alcuna, e, pertanto, la pretesa  fatta
valere in giudizio sarebbe fondata. 
    In punto di  non  manifesta  infondatezza,  la  Corte  rimettente
ritiene che la norma regionale censurata sarebbe incompatibile con  i
principi costituzionali che regolano il buon andamento della Pubblica
Amministrazione, secondo quanto previsto dagli artt. 97, primo comma,
e 98, primo comma, Cost., in quanto la  stessa,  prevede  un  «potere
discrezionale, incondizionato ed assoluto, del soggetto che  subentri
nella carica di Direttore Generale di una AUSL,  di  espellere  dalle
loro   cariche   il   Direttore   Sanitario   ovvero   il   Direttore
Amministrativo o entrambi» in contrasto anche con quanto ritenuto  in
merito dalla giurisprudenza costituzionale piu' recente. 
    Infatti, se e' pur vero - prosegue il rimettente - che  la  Corte
costituzionale, con la sentenza n. 233 del 2006, ha ritenuto che tale
potere concerne l'organizzazione amministrativa regionale in  materia
sanitaria, in quanto volto  a  garantire  «all'interno  di  essa,  la
consonanza di impostazione gestionale tra il direttore generale  e  i
direttori amministrativi e  sanitari  delle  stesse  aziende  da  lui
nominati», tuttavia, e' da ricordare come la  stessa  Corte,  con  le
successive sentenze n. 81 del 2010 e n. 103 del 2007, abbia precisato
che  la  «cessazione  automatica,  ex  lege  e  generalizzata,  degli
incarichi  dirigenziali  "interni"  di  livello  generale  viola,  in
carenza di idonee garanzie procedimentali, i principi  costituzionali
di buon andamento e di imparzialita' e, in particolare, il  principio
di  continuita'  dell'azione  amministrativa,  che  e'   strettamente
correlato a quello di buon andamento dell'azione stessa». 
    Nell'ordinanza di rimessione vengono altresi' ricordate ulteriori
decisioni con  cui  questa  Corte  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittime norme sia statali che regionali, in  quanto  tali  norme,
come quella  oggetto  del  presente  scrutinio,  non  garantivano  la
continuita' dell'azione amministrativa e una  distinzione  funzionale
tra i compiti  di  indirizzo  politico  amministrativo  e  quelli  di
gestione (cfr. sentenze n 81 del 2010, n. 161 del 2008 e n.  103  del
2007), ledendo, in  carenza  di  idonee  garanzie  procedimentali,  i
principi costituzionali di buon andamento e imparzialita'. 
    Pertanto, a giudizio del rimettente, le  predette  considerazioni
portano a concludere che il giudizio a quo non possa essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale, questione non  manifestamente  infondata  per  quanto
attiene al prospettato contrasto tra la norma regionale  censurata  e
gli evocati parametri costituzionali. 
    2.- Nel giudizio innanzi alla Corte si  e'  costituita  la  parte
ricorrente   nel   giudizio   a   quo,   premettendo    un'articolata
ricostruzione degli atti di causa che hanno portato alla pronuncia in
primo grado del Giudice del lavoro del  Tribunale  di  Pescara  e  al
successivo appello avverso la medesima. 
    In particolare, la parte ricorrente ricorda che la fattispecie di
cui trattasi investe un rapporto di lavoro con incarico di  direttore
sanitario della ASL di Pescara, iniziato il 2 maggio 2005, a  seguito
di deliberazione n. 663 del 2005 del direttore generale, all'epoca in
carica, dell'azienda ospedaliera di Pescara, che correlava la  durata
dell'incarico stesso a quella del direttore generale, la cui scadenza
era fissata al 15 gennaio 2007. 
    La durata del rapporto veniva, poi,  modificata,  con  successiva
deliberazione n. 80 del 3 febbraio 2006,  che  stabiliva  un  termine
finale quinquennale, ferma la decorrenza del rapporto  dal  2  maggio
2005, in ragione dell'affermata necessita' di conformare il  rapporto
di  diritto  privato  alla   normativa   vigente.   Tale   contratto,
modificativo del precedente quanto alla durata,  veniva  sottoscritto
dall'interessato il 7 febbraio 2006. 
    Successivamente, in forza dell'art. 4, comma 1, della legge della
Regione  Abruzzo  n.  20  del  2006,  il  nuovo  direttore  generale,
subentrato al precedente nel gennaio 2007, con nota n.  6347  del  23
marzo 2007, comunicava al D. S. F. che non intendeva confermarlo  nel
ruolo ricoperto e lo invitava a voler manifestare la sua volonta'  di
recedere dal contratto in essere con l'azienda sanitaria. 
    A seguito, poi, del mancato  recesso  da  parte  dell'interessato
dall'incarico ricoperto, il direttore generale, con lettera prot.  n.
7236 del 6 aprile 2007, comunicava allo  stesso  la  risoluzione  del
contratto  con  decorrenza  dal  9  aprile   2007,   richiamando,   a
motivazione di essa, in particolare, l'art. 4, comma 1,  della  legge
della Regione Abruzzo n. 20 del 2006. 
    2.1.- Cio' premesso  e  riportata  integralmente  l'ordinanza  di
rimessione, l'interessato ricostruisce  il  percorso  compiuto  dalla
giurisprudenza  costituzionale  relativamente  al  cosiddetto  spoils
system, richiamando i principi  da  essa  affermati  in  merito,  con
particolare  riguardo  al  rapporto  tra  organi  politici  e  organi
dirigenziali, nonche' alla compatibilita' delle disposizioni  oggetto
delle citate  pronunce  con  i  principi  costituzionali  di  cui  ai
parametri 97 e 98 Cost. (sentenze n. 34 del 2010; n. 390, n. 351 e n.
161 del 2008; n. 104 e n. 103 del 2007; n. 233 del 2006). 
    Secondo la difesa del ricorrente nel giudizio  a  quo,  la  Corte
costituzionale, con le riportate decisioni, avrebbe pertanto  escluso
che il meccanismo del cosiddetto spoils system sia compatibile con  i
principi costituzionali affermati dall'art. 97 Cost. qualora riferiti
a figure dirigenziali «non apicali», quale quella di specie,  essendo
il ricorrente un direttore sanitario. 
    2.2.-  Del  resto,  prosegue  la   difesa   di   parte   privata,
nell'ordinamento regionale abruzzese,  cosi'  come  in  quello  della
Regione Calabria, censurato dalla Corte nella citata sentenza  n.  34
del 2010, i rapporti fra il direttore generale della AUSL (e, quindi,
ancor di piu' quello con il direttore sanitario) e l'organo  politico
risultano «mediati da strutture dipendenti dalla Giunta»  (si  vedano
gli artt. 3 e 4 della legge della Regione Abruzzo 24  dicembre  1996,
n. 146, recante «Norme in materia  di  programmazione,  contabilita',
gestione e controllo delle Aziende del servizio sanitario  regionale,
in attuazione del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.  502  -
Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo
1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421»,  cosi'  come  modificato  dal
decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517). 
    Inoltre, la norma regionale impugnata, prevedendo una  cessazione
automatica da un incarico conferito con durata certa  (quinquennale),
contrattualmente  stabilita,  violerebbe  anche  il   principio   del
legittimo affidamento (art. 3  Cost.),  che  i  dirigenti  dichiarati
decaduti avevano «riposto nella possibilita' di  portare  a  termine,
nel termine stabilito dalla legge,  le  funzioni  loro  conferite  e,
quindi, nella stabilita' della  posizione  giuridica  acquisita»  (e'
citata la sentenza n. 236 del 2009). 
    2.3.-  Viene  altresi'  ricordata,  in   quanto   particolarmente
significativa,  la  sentenza  n.  81  del  2010  che  ha   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.   2,   comma   161,   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge
24 novembre 2006, n. 286. 
    Infatti, anche in quel caso - che riguardava, peraltro, incarichi
conferiti a persone non dipendenti dalla pubblica amministrazione, ma
di provata qualificazione professionale (ex art.  19,  comma  6,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165  recante  «Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche») - la Corte ha riaffermato il principio secondo  il  quale
il  rapporto  di  lavoro  instaurato  con  la   amministrazione   che
attribuisce la relativa funzione deve essere «connotato da specifiche
garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in  modo  tale
da assicurare la tendenziale continuita' dell'azione amministrativa e
una  chiara  distinzione  funzionale  tra  i  compiti  di   indirizzo
politico-amministrativo e quelli di gestione [...]». 
    Conclusivamente - sulla base di quanto affermato dalla  ricordata
giurisprudenza  costituzionale  -   una   immediata   ed   anticipata
cessazione del rapporto  dirigenziale,  in  assenza  di  una  provata
responsabilita' del dirigente, viola, secondo la  difesa  privata,  i
principi  costituzionali  di  buon  andamento  e  di   imparzialita',
impedendo anche che l'attivita' del dirigente possa svolgersi secondo
il nuovo modello di azione della  pubblica  amministrazione  previsto
dalle recenti leggi di riforma in materia. 
    3.- Si e' costituita in giudizio anche l'Azienda USL  di  Pescara
chiedendo alla Corte che la questione di legittimita'  costituzionale
venga dichiarata inammissibile e/o infondata. 
    Dopo aver sinteticamente esposto le circostanze di fatto,  l'AUSL
ritiene  che  i  richiami  giurisprudenziali   sottesi   all'impianto
motivazionale  dell'ordinanza  di  rimessione  (in   particolare,   i
richiami alle sentenze n. 81 del 2010, n. 161 del 2008 e n.  103  del
2007) siano inconferenti, in quanto la  norma  censurata  in  realta'
fissa  una  disciplina  diversa  da  quella  prevista   dalle   norme
dichiarate   illegittime,   oggetto   dei   precedenti   giudizi   di
costituzionalita'. 
    Infatti, il rapporto  tra  il  direttore  sanitario  e  l'Azienda
sanitaria locale  non  e'  assimilabile  alla  dirigenza  statale  e,
dunque,  i  principi  affermati   dalla   Corte   non   sembrerebbero
applicabili alla questione in esame. Tra l'altro, la norma  impugnata
non  prevede  alcun  automatismo   nel   meccanismo   di   cessazione
dell'incarico,  dal  momento  che  esso  e'  subordinato   alla   non
riconferma, alla scadenza dei tre mesi  dall'insediamento  dei  nuovi
organi di amministrazione. 
    Conseguentemente, non vi sarebbe alcuna violazione  dei  principi
generali di imparzialita' e di  buon  andamento  dell'amministrazione
pubblica ex art. 97 Cost. dal momento che la permanenza del direttore
sanitario nell'AUSL non viene esclusa  dalla  legge,  ma  viene  solo
subordinata al potere confermativo  da  esercitarsi  entro  tre  mesi
dalla nomina da parte del nuovo direttore generale. Questo potere  di
conferma, quindi, garantirebbe la posizione del  direttore  sanitario
(oltre che di quello amministrativo), poiche'  i  tre  mesi  previsti
assicurerebbero al lavoratore un congruo periodo di «preavviso», e al
nuovo direttore generale la possibilita'  di  verificare  l'effettiva
sussistenza dell'intuitus personae. 
    Di qui la legittimita' della citata  previsione  normativa,  che,
lungi  dall'aver  ridotto  al  minimo  i  tempi   del   procedimento,
azzerandoli di fatto in una  comunicazione  istantanea  di  rimozione
fatta al dirigente sanitario, ha invece garantito l'instaurazione del
contraddittorio tra le parti, prevedendo altresi' un termine  congruo
per valutare  correttamente  l'operato  del  dirigente  medesimo.  La
legittimita' costituzionale sarebbe  confermata,  secondo  l'AUSL  di
Pescara, anche  dalla  conformita'  del  dettato  della  disposizione
regionale a quello della disciplina statale, in particolare a  quanto
stabilito dall'art. 3-bis, comma 8, sempre  del  d.lgs.  n.  502  del
1992. La disposizione regionale abruzzese, infatti, stabilirebbe  una
disciplina coerente con i principi costituzionali  e  con  il  quadro
normativo statale di  riferimento,  disciplina  basata  sull'intento,
identico per il legislatore statale come  per  quello  regionale,  di
assicurare la permanenza del rapporto  fiduciario  fra  il  direttore
generale delle AUSL  ed  i  suoi  piu'  importanti  collaboratori  e,
pertanto, la presente questione sarebbe manifestamente infondata,  in
quanto non saremmo in un'ipotesi di spoils system in senso tecnico. 
    3.1.- La disposizione regionale censurata,  poi,  non  violerebbe
gli  artt.  97  e  98  Cost.   neanche   sotto   il   profilo   della
«fiduciarieta'» del rapporto contrattuale tra il direttore generale e
i direttori amministrativo e sanitario, poiche' riconosce al primo la
facolta' di confermare o meno coloro che trova in carica, in  ragione
del programma gestionale che intende realizzare  durante  il  proprio
mandato (a supporto dell'argomentazione viene richiamata la  sentenza
n. 233 del 2006, che ha ritenuto non illegittima analoga norma  della
Regione Calabria - precisamente l'art. 14, comma 3, della legge della
Regione Calabria  17  agosto  2005,  n.  13,  recante  «Provvedimento
generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario. Collegato
alla manovra di assestamento di bilancio per  l'anno  2005  ai  sensi
dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8»  -
nonche', relativamente all'art. 2 della legge regionale abruzzese  12
agosto 2005, n. 27, recante «Nuove norme sulle nomine  di  competenza
degli  organi  di  direzione  politica  della  Regione  Abruzzo»,  ha
ritenuto  che  le  nomine  degli  enti  dell'ordinamento   regionale,
effettuate  dagli  organi  rappresentativi   della   Regione,   siano
caratterizzate dall'intuitus personae). 
    I principi di distinzione tra indirizzo e controllo, da un  lato,
ed attuazione e gestione, dall'altro, si  traducono  in  un  rapporto
piu' stretto - rispetto alle Amministrazioni dello Stato - in termini
funzionali, dell'organo di vertice rispetto alla sua dirigenza  (art.
3-bis, comma 5 e seguenti, del d.lgs. n. 502 del 1992). Ed e' proprio
in questa prospettiva, prosegue la AUSL, che  il  direttore  generale
nomina i direttori amministrativo e sanitario. 
    Il rapporto tra l'organo di governo e la dirigenza e'  di  natura
spiccatamente   fiduciaria,   essendo   la   seconda   preposta    al
conseguimento, in posizione di autonomia, di  risultati  prestabiliti
dall'indicato organo. Conseguentemente, tale  tipo  di  rapporto  non
puo' consistere in  un'irrilevante  affinita'  di  idee  personali  o
politiche, ma deve  basarsi  su  obiettivi  comuni  per  un  ottimale
svolgimento   delle   mansioni,    finalizzati    al    perseguimento
dell'interesse pubblico. Pertanto, l'azione coordinata dei  direttori
sanitario e amministrativo, di concerto con  il  direttore  generale,
da'  luogo  alla  cosiddetta  «direzione  strategica»,  orientata  al
raggiungimento degli obiettivi aziendali, che si realizza  attraverso
un articolato sistema di deleghe, con le quali il direttore  generale
assegna le funzioni di gestione, mantenendo per se' compiti e  poteri
piu' strettamente inerenti al governo e al controllo. 
    3.2.- Infondata, oltre che irrilevante, sarebbe anche la presente
questione sotto l'ulteriore e connesso profilo afferente la  prevista
non spettanza del compenso e indennizzo al direttore amministrativo o
al direttore sanitario in caso di mancata conferma. Come, difatti, e'
stato chiarito dalla sentenza n. 351 del 2008, l'espressa  previsione
di  un  risarcimento  economico  da  riconoscere  al   soggetto   non
confermato nell'incarico precedentemente  rivestito  risulterebbe  in
contrasto con i principi regolatori dell'attivita' amministrativa. 
    4.-  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica,  l'appellante   nel
giudizio a quo ha depositato una memoria con la quale ha confutato le
argomentazioni della difesa dell'Azienda  USL  di  Pescara,  in  base
anche  alle  piu'  recenti  sentenze  della   Corte   costituzionale,
insistendo  per  l'accoglimento  della  questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    In particolare, nella memoria si contesta il  tentativo  volto  a
sostenere che l'art. 4, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n.
20  del  2006  non  preveda  «alcun  automatismo  nel  meccanismo  di
cessazione dall'incarico», sottolineando come la previsione normativa
sia analoga a quella contenuta nelle norme statali e regionali che la
giurisprudenza costituzionale ha ritenuto illegittime, proprio per la
carenza di un procedimento  idoneo  a  garantire  che  la  cessazione
anticipata dell'incarico  fosse  motivata  da  specifiche  violazioni
delle  direttive  ricevute  ovvero  da   risultati   negativi   nello
svolgimento delle funzioni affidate. 
    Al riguardo, si richiama, in particolare, la sentenza n. 224  del
2010 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di  una  norma
ritenuta  «identica»  a  quella  della  legge   regionale   abruzzese
sospettata di incostituzionalita', e, precisamente, l'art. 15,  comma
6, della legge della Regione Lazio 6 giugno 1994, n. 18 (Disposizioni
per il riordino del servizio sanitario regionale ai sensi del  D.Lgs.
30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni  e  integrazioni.
Istituzione delle aziende unita' sanitarie  locali  e  delle  aziende
ospedaliere), che stabiliva, cosi' come la  disposizione  legislativa
censurata, meccanismi  automatici  di  cessazione  dall'incarico  per
cause estranee alle vicende del rapporto. 
    5.- Anche l'Azienda USL di Pescara, in prossimita'  dell'udienza,
ha depositato memoria nella quale  ribadisce  l'inammissibilita'  e/o
l'infondatezza della questione di legittimita'  costituzionale  della
norma regionale censurata  con  argomentazioni  in  gran  parte  gia'
svolte nell'atto di costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di L'Aquila, sezione lavoro e  previdenza,
con ordinanza del 6 maggio 2010, ha sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 97,  primo  comma,  e  98,  primo  comma,  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1,  della
legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006,  n.  20  (Misure  per  il
settore sanita' relative al funzionamento delle  strutture  sanitarie
ed all'utilizzo appropriato dei regimi assistenziali del macrolivello
ospedaliero e territoriale e per la loro regolazione). 
    La disposizione regionale censurata statuisce  che  il  direttore
amministrativo e il direttore sanitario  cessano  dall'incarico,  non
conferito dal direttore generale in carica alla data  della  presente
legge, se questo non e' confermato  entro  tre  mesi  dalla  data  di
insediamento del nuovo direttore generale. Inoltre,  la  disposizione
regionale impugnata  prevede  anche,  in  caso  di  mancata  conferma
dell'incarico, che nessun compenso e  indennizzo  e'  corrisposto  ai
suddetti dirigenti. 
    Secondo  il  Collegio  rimettente,  la  disposizione  legislativa
violerebbe gli artt. 97, primo comma, e 98, primo  comma,  Cost.,  in
quanto -  prevedendo  il  potere  «discrezionale,  incondizionato  ed
assoluto del direttore generale di una Azienda USL di  rimuovere  sia
il direttore sanitario che quello amministrativo (o  entrambi)  dalle
loro cariche» - si porrebbe in  contrasto  con  i  principi  espressi
dalle predette  disposizioni  costituzionali,  secondo  le  quali  «I
pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni  di  legge,  in
modo che siano assicurati il buon andamento e  l'imparzialita'  della
amministrazione» e «I pubblici impiegati sono al  servizio  esclusivo
della Nazione». 
    2.-   La   questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione censurata e' fondata. 
    La norma censurata stabilisce che il direttore  amministrativo  e
il direttore sanitario cessano dall'incarico  entro  tre  mesi  dalla
data di nomina del nuovo direttore generale se non  confermati  entro
tale periodo e che nessuna forma  di  compenso  e  di  indennizzo  e'
previsto nel caso di mancata conferma. 
    Si  tratta  di  una  disposizione,  quindi,  che  determina   una
decadenza  automatica  e   generalizzata   di   tutti   i   direttori
amministrativi e sanitari entro tre mesi dalla  data  di  nomina  del
nuovo  direttore  generale,  in  quanto  il  potere  a   quest'ultimo
attribuito  di  far  cessare  il  rapporto  di  lavoro  dei  suddetti
dirigenti, non riconfermandoli, non e' sottoposto ne' a vincoli,  ne'
ad obblighi di motivazione. 
    Tale sostanziale decadenza automatica - come piu' volte affermato
da questa Corte - lede il principio  di  buon  andamento  dell'azione
amministrativa e il correlato principio  di  continuita'  dell'azione
stessa (art. 97 Cost.), poiche' consente l'interruzione del  rapporto
di ufficio in corso senza che siano riscontrabili  ragioni  oggettive
"interne", legate al comportamento del dirigente, idonee a recare  un
vulnus ai predetti principi. 
    3.- Rilevato che la  giurisprudenza  costituzionale  e'  posta  a
fondamento  sia  delle  censure  prospettate  dalla  Corte  d'appello
rimettente, sia dalla difesa privata, sia ancora, ma con lettura  del
tutto  diversa,  dalla  difesa  della  azienda  USL  di  Pescara,  e'
necessario svolgere il percorso  argomentativo  partendo  proprio  da
quanto da essa affermato, in particolare dalla sentenza  n.  233  del
2006. 
    Questa sentenza - richiamata  sia  dallo  stesso  rimettente  sia
dall'appellante  nel  giudizio  principale,  nonche',   con   diversa
lettura,  dalla  difesa  della  azienda  USL  di  Pescara  a  riprova
dell'infondatezza  della  presente  questione  -  ha  dichiarato  non
fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Calabria  3  giugno  2005,  n.  12
(Norme in materia di nomine e di personale della  Regione  Calabria),
che prevedeva la decadenza automatica, alla data della  proclamazione
del presidente della Giunta regionale, di un ampio numero di titolari
di organi o enti regionali, nominati nei  nove  mesi  antecedenti  la
data delle elezioni per il rinnovo degli organi di indirizzo politico
della Regione. 
    In  proposito,  le   motivazioni   poste   a   fondamento   della
dichiarazione di non fondatezza di cui  alla  sopra  citata  sentenza
possono  sintetizzarsi  nell'affermazione  del   principio   che   le
disposizioni legislative  che  prevedono  l'automatica  decadenza  di
titolari di uffici amministrativi a seguito del  rinnovo  dell'organo
politico possono essere non incompatibili con l'art.  97  Cost.  solo
quando esse  si  riferiscano  a  titolari  di  «organi  di  vertice»,
necessariamente  nominati  sulla  base  di   «valutazioni   personali
coerenti all'indirizzo politico regionale». 
    Quanto poi all'applicazione concreta di  tale  principio  -  come
puntualizzato dalla successiva decisone di questa Corte (sentenza  n.
34 del 2010) - lo stesso,  stante  l'ampiezza  della  fattispecie  di
riferimento, e' stato  ritenuto  riferibile  alle  «molte  e  diverse
categorie di  soggetti,  comprese  nell'ampia  elencazione  contenuta
nella disposizione regionale censurata» (art. 1, comma 1, legge della
Regione Calabria n. 12 del 2005), «considerate  nel  loro  insieme  e
senza una valutazione specifica riferita a ciascuna figura» (sentenza
n. 34 del 2010). 
    3.1.-    Conseguentemente,    la    successiva     giurisprudenza
costituzionale ne ha puntualizzato e precisato la portata. 
    In  particolare,  questa  Corte,  nel  ricondurre  a  sistema  il
rapporto tra indirizzo politico ed azione amministrativa, ha chiarito
che i meccanismi di decadenza automatica, cioe' del cosiddetto spoils
system, si pongono in contrasto con l'art. 97 Cost. quando essi siano
riferiti a figure dirigenziali  non  apicali  ovvero  a  titolari  di
uffici  amministrativi  per  i  quali  non  assuma  rilievo,  in  via
esclusiva o prevalente, il criterio  «della  personale  adesione  del
nominato agli orientamenti  politici  del  titolare  dell'organo  che
nomina» (sentenza  n.  34  del  2010),  cio'  in  quanto  i  predetti
meccanismi pregiudicano il buon andamento dell'azione amministrativa,
incidendo  sulla  sua  continuita'  ed   introducendo   elementi   di
parzialita', nonche' sottraggono all'interessato,  con  la  decadenza
automatica e/o discrezionale dell'incarico, la valutazione  oggettiva
dei risultati conseguiti (sentenze n. 224 e n. 34 del 2010;  n.  390,
n. 351 e n. 161 del 2008; n. 104 e n. 103 del 2007). 
    La Corte ha pertanto  ritenuto  che  i  meccanismi  di  decadenza
automatica, nei quali debbono essere  inclusi  anche  quelli  che  si
manifestano nel senso  della  cessazione  del  rapporto  in  caso  di
mancata  conferma  entro  un  ridotto  periodo  temporale  -  mancata
conferma che e' decisa sulla base di  una  determinazione  del  tutto
discrezionale,  e  come  tale  non  sottoposta  ne'  sottoponibile  a
controllo giurisdizionale - «si pongono in contrasto  con  l'art.  97
Cost. - sotto  il  duplice  profilo  dell'imparzialita'  e  del  buon
andamento  -  in  quanto  pregiudicano  la  continuita'   dell'azione
amministrativa,  introducono   in   quest'ultima   un   elemento   di
parzialita',   sottraggono   al    soggetto    dichiarato    decaduto
dall'incarico le garanzie del giusto  procedimento  e  svincolano  la
rimozione del dirigente  dall'accertamento  oggettivo  dei  risultati
conseguiti».  Conseguentemente,  e'  stata  piu'   volte   dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale  di  meccanismi  di  spoils   system
relativi ad incarichi dirigenziali comportanti l'esercizio di compiti
di gestione (da ultimo, sentenze n. 124 del 2011, n. 224 e n. 34  del
2010, n. 104 del 2007). 
    3.2.-  Con  la  sentenza  n.  104  del  2007,  quindi,  e'  stato
affermato, con riferimento alla legislazione della Regione  Lazio  in
tema, che  il  direttore  generale  di  aziende  sanitarie  locali  -
nominato,  con  ampio  potere  discrezionale,  dal  Presidente  della
Regione  per   un   periodo   determinato   -   non   puo'   decadere
automaticamente in connessione con l'insediamento del nuovo Consiglio
regionale. E' stata ritenuta, infatti, in  contrasto  con  l'art.  97
della Cost. la previsione della  cessazione  del  soggetto,  cui  sia
stata affidata tale funzione, dal rapporto di ufficio e di lavoro con
la Regione «per una causa estranea alle vicende del rapporto  stesso,
e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati  aziendali  o
il raggiungimento  degli  obiettivi  di  tutela  della  salute  e  di
funzionamento dei servizi, o - ancora - per una delle altre cause che
legittimerebbero la risoluzione per inadempimento del rapporto». 
    Anche recentemente, proprio con riferimento ad  una  norma  della
Regione Lazio analoga a quella della Regione Abruzzo  qui  censurata,
la Corte (sentenza n. 224 del 2010) ha riaffermato tale orientamento,
ritenendo costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 97
Cost., l'art. 15, comma 6, della legge della Regione Lazio 16  giugno
1994, n. 18 (Disposizioni per  il  riordino  del  servizio  sanitario
regionale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e
successive modificazioni e integrazioni,  Istituzione  delle  aziende
unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere), secondo cui  il
direttore amministrativo  e  il  direttore  sanitario  delle  aziende
unita' sanitarie locali o ospedaliere cessano dall'incarico entro tre
mesi dalla data di nomina del  nuovo  direttore  generale  e  possono
essere riconfermati, poiche' tale  disposizione  aveva  previsto  «un
meccanismo di decadenza automatica  e  generalizzata  dalle  suddette
funzioni  dirigenziali»   lesivo   del   principio   di   continuita'
dell'azione amministrativa che rinviene il suo  fondamento  nell'art.
97  Cost.  La  scelta  fiduciaria   del   direttore   amministrativo,
effettuata con provvedimento ampiamente discrezionale  del  direttore
generale, non implica che l'interruzione del conseguente rapporto  di
lavoro possa  avvenire  con  il  medesimo  margine  di  apprezzamento
discrezionale, poiche', una volta «instaurato il rapporto di  lavoro,
con la predeterminazione contrattuale della sua  durata,  vengono  in
rilievo altri profili, connessi, in particolare,  da  un  lato,  alle
esigenze dell'Amministrazione ospedaliera concernenti  l'espletamento
con continuita' delle funzioni  dirigenziali  proprie  del  direttore
amministrativo,  e,  dall'altro  lato,   alla   tutela   giudiziaria,
costituzionalmente    protetta,    delle    situazioni     soggettive
dell'interessato, inerenti alla carica. [...] La valutazione di  tali
esigenze determina il contrasto della disposizione impugnata  con  il
principio di buon andamento sancito dall'art. 97 Cost., in quanto  la
disposizione stessa non ancora l'interruzione del rapporto di ufficio
in corso a ragioni "interne" a  tale  rapporto,  che  -  legate  alle
modalita' di svolgimento delle funzioni del direttore  amministrativo
- siano idonee ad arrecare  un  vulnus  ai  principi  di  efficienza,
efficacia e continuita' dell'azione amministrativa». 
    Tale interruzione automatica del rapporto  prima  della  scadenza
contrattualmente prevista,  -  prosegue  la  Corte  -  non  consente,
inoltre, la possibilita' di una valutazione qualitativa  dell'operato
del direttore amministrativo, che sia effettuata con le garanzie  del
giusto procedimento, nel cui ambito il dirigente potrebbe far  valere
il suo diritto di difesa,  sulla  base  eventualmente  dei  risultati
delle proprie prestazioni e delle competenze esercitate  in  concreto
nella gestione dei servizi amministrativi a lui affidati, e il  nuovo
direttore generale sarebbe tenuto a specificare le ragioni,  connesse
alle pregresse modalita' di svolgimento delle  funzioni  dirigenziali
da  parte  dell'interessato,  idonee  a  fare  ritenere   sussistenti
comportamenti di quest'ultimo suscettibili di integrare la violazione
delle direttive ricevute o  di  determinare  risultati  negativi  nei
servizi di competenza e giustificare, dunque,  il  venir  meno  della
necessaria  consonanza  di  impostazione  gestionale  tra   direttore
generale e direttore amministrativo. 
    3.3.- Ne', infine - a differenza di quanto sostenuto dalla difesa
della azienda USL di Pescara - sarebbe sufficiente a far ritenere  la
disposizione regionale qui  censurata  non  lesiva  dei  principi  di
imparzialita' e di buon andamento della pubblica  amministrazione  ex
art. 97 Cost. la considerazione che essa preveda la  possibilita'  di
riconferma del direttore sanitario o di quello amministrativo,  entro
tre mesi dalla data di insediamento del nuovo direttore generale,  in
quanto, come gia' affermato da questa Corte al riguardo, nella  sopra
citata sentenza, «il potere del direttore generale di conferma  [...]
non attribuisce, infatti,  al  rapporto  dirigenziale  in  corso  con
l'interessato alcuna significativa garanzia, atteso che  dal  mancato
esercizio del predetto potere  la  norma  censurata  fa  derivare  la
decadenza  automatica  senza   alcuna   possibilita'   di   controllo
giurisdizionale» (sentenza n. 224 del 2010). 
    4.- In ordine, poi, all'altro evocato  parametro  costituzionale,
non e' necessaria, da parte  del  funzionario  o  del  dirigente  non
apicale, «la condivisione degli orientamenti politici  della  persona
fisica che riveste la carica politica o  la  fedelta'  personale  nei
suoi confronti», la' dove, al contrario, la Costituzione richiede  ai
pubblici impiegati, in quanto al  servizio  esclusivo  della  Nazione
(art.  98,  primo  comma,  Cost.),  «il  rispetto   del   dovere   di
neutralita', che impone al funzionario, a prescindere  dalle  proprie
personali convinzioni, la corretta e leale esecuzione delle direttive
che provengono dall'organo politico, quale che sia  il  titolare  pro
tempore di quest'ultimo» (sentenza n. 34 del 2010). 
    5.- Ne' ad una diversa conclusione in ordine alla  illegittimita'
costituzionale della norma  qui  censurata  puo'  pervenirsi  -  come
sostenuto dall'azienda USL di Pescara nella sua memoria con un errato
riferimento a quanto affermato nella sentenza della Corte n. 351  del
2008 - perche' in detta disposizione non e' previsto alcun indennizzo
per il direttore sanitario e per il direttore amministrativo nel caso
di mancata conferma da parte del direttore generale. 
    Se infatti in tale sentenza questa Corte ha  affermato  che,  sul
piano degli strumenti di tutela,  «forme  di  riparazione  economica,
quali,  ad  esempio  il  risarcimento  del  danno  o  le   indennita'
riconosciute dalla disciplina privatistica in favore  del  lavoratore
ingiustamente licenziato,  non  possono  rappresentare,  nel  settore
pubblico, strumenti efficaci di  tutela  degli  interessi  collettivi
lesi   dagli   atti   illegittimi   di   rimozione    di    dirigenti
amministrativi»,  cio'  avveniva  in  quanto,  in   quel   caso,   la
disposizione  legislativa  censurata  prevedeva  «la  facolta'  della
Giunta regionale di offrire  al  dirigente  [dichiarato  decaduto  ai
sensi della normativa che prevedeva lo spoils system]  un  indennizzo
in luogo della reintegrazione». 
    Ed e', quindi, con  riferimento  a  questa  specifica  disciplina
legislativa che  la  Corte  ha  ritenuto  che  la  suddetta  facolta'
attribuita dalla legge regionale alla Giunta non attenuava  in  alcun
modo «il  pregiudizio  da  quella  rimozione  arrecato  all'interesse
collettivo all'imparzialita'  e  al  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione»,  ed  anzi  ha  rilevato   che   tale   disposizione
determinava un ulteriore vulnus all'interesse collettivo, in  ragione
del maggior onere a carico della collettivita' derivante dalla  somma
della retribuzione corrisposta  ai  nuovi  dirigenti  e  del  ristoro
economico erogato a quelli «automaticamente decaduti». 
    Quindi, nessun sostegno a  favore  della  sua  tesi  puo'  trarre
l'AUSL  da  quanto  affermato  nella  suddetta  sentenza  che  faceva
riferimento ad una ben diversa questione. 
    Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
4, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 20 del 2006. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  1,
della legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20  (Misure  per
il  settore  sanita'  relative  al  funzionamento   delle   strutture
sanitarie ed all'utilizzo appropriato dei  regimi  assistenziali  del
macrolivello ospedaliero e territoriale e per la loro regolazione). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti