N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 2011

Ordinanza dell'8 aprile  2011  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Mancin Roberto contro
Universita' degli Studi di Padova ed altri. 
 
Istruzione - Istruzione universitaria - Previsione della possibilita'
  di conferimento di incarichi di insegnamento gratuiti o  retribuiti
  a soggetti italiani e stranieri e a soggetti incaricati all'interno
  di strutture universitarie, che abbiano svolto  adeguata  attivita'
  di ricerca  debitamente  documentata  -  Esclusione  del  personale
  tecnico  amministrativo  delle  universita'  -  Irrazionalita'   ed
  ingiustificato  deteriore   trattamento   del   personale   tecnico
  amministrativo  della  universita'  -  Lesione   del   diritto   di
  insegnamento - Violazione del principio di tutela dei lavoratori  -
  Violazione  del  principio  di  buon   andamento   della   pubblica
  amministrazione. 
- Legge 4 novembre 2005, n. 230, art. 1, comma 10. 
- Costituzione, artt. 3, 33, 35 e 97. 
(GU n.42 del 5-10-2011 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  689  del  2010,  proposto  da:  Roberto   Mancin,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Paolo  Francesco  Brunello,  con
domicilio  eletto  presso  la  Segreteria  della  Sezione  ai   sensi
dell'art. 25, comma 2 del D.lgs. n. 104/2010; 
    Contro Universita' degli Studi di Padova, rappresentato e  difeso
dall'Avvocatura, domiciliata per legge in  Venezia,  San  Marco,  63;
Facolta' Medicina e Chirurgia di Padova; 
    Sul ricorso numero di registro generale 1793 del  2010,  proposto
da: Roberto Mancin, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo  Francesco
Brunello, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione  ai
sensi dell'art. 25, comma 2 del D.lgs. n. 1047/010; 
    Contro Universita' degli Studi di Padova, rappresentato e  difeso
dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge  in  Venezia,  San
Marco, 63; Facolta' di Medicina e  Chirurgia  dell'Universita'  degli
Studi di Padova, Universita' degli Studi di Padova; 
    Nei confronti di Lisa Zinato; 
    Per l'annullamento quanto al ricorso n. 689 del 2010: 
        del provvedimento del Preside della facolta'  di  Medicina  e
Chirurgia dell'Universita' degli Studi di  Padova  prot.  n.  84  dd.
18.1.2010, nonche' del verbale del Comitato Tecnico Organizzativo del
Corso di Laurea in  Infermieristica  Pediatrica  del  18.5.2009,  con
relativo allegato 1; 
    quanto al ricorso n. 1793 del 2010: 
        del bando/avviso di selezione prot.  1.569/VII.4  emesso  dal
Preside della Facolta' di Medicina  e  Chirurgia  dd.  1.7.2010,  per
l'assegnazione di incarichi di insegnamento a titolo gratuito per  il
Corso di Laurea in «terapia della neuro e  psicomotricita'  dell'eta'
evolutiva» per l'anno  accademico  2010/2011;  del  deliberato  della
Commissione Didattica del Costo di Laurea in «terapia della  neuro  e
psicomotricita'  dell'eta'  evolutiva»  afferente  la   Facolta'   di
Medicina e Chirurgia dell'Universita' di Padova, prot. n. 386/10  dd.
1.9.2010; nonche' di ogni atto annesso, connesso o presupposto. 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio, per entrambi i ricorsi,
dell'Universita' degli Studi di Padova; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  16  febbraio  2011  la
dott.ssa Alessandra Farina e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    L'odierno ricorrente e' dipendente dell'Universita'  degli  Studi
di Padova, presso il Dipartimento di Pediatria, con la  qualifica  di
Tecnico Informatico (cat. D1). 
    Laureato  in  Informatica  ed   in   possesso   dell'abilitazione
all'insegnamento dell'informatica presso le scuole  medie  superiori,
acquisita esperienza proprio nel campo della didattica informatica  e
disabilita nell'eta' pediatrica il ricorrente ha  formulato  sia  per
l'anno accademico  2009/2010  che  per  l'anno  accademico  2010/2011
istanze,  per  l'affidamento  dell'incarico  di  docenza,  a   titolo
gratuito, di Informatica con riguardo, rispettivamente, al  Corso  di
laurea in «Infermieristica Pediatrica» (a.a.  2009/10)  ed  al  Corso
Integrato  per  il  Corso  di  laurea  in  «Terapia  della  neuro   e
psicomotricita' dell'eta' evolutiva» (a.a. 2010/11), presso  la  sede
di Padova. 
    In entrambi i casi le  domande  presentate  dal  ricorrente  sono
state respinte con i provvedimenti qui impugnati. 
    In particolare,  con  riferimento  alla  domanda  presentata  per
l'a.a. 2009/2010, il provvedimento di  diniego  si  e'  basato  sulla
previsione di cui all'art. 1, comma 10 della Legge n.  230/2005,  che
preclude al personale tecnico  amministrativo  delle  Universita'  di
poter ottenere l'affidamento di incarichi di insegnamento  nei  corsi
di studio, non essendo stato possibile nel caso specifico operare  la
deroga di cui al comma 8 dell'art. 54  del  CCNL  del  personale  del
Comparto Universita', in quanto la materia  oggetto  di  insegnamento
non e' stata considerata rientrante fra  quelle  «caratterizzanti»  i
corsi di studio per  le  professioni  sanitarie  infermieristiche  ed
ostetriche,  che  diversamente  avrebbe  consentito  di  aggirare  il
divieto generalizzato introdotto dalla norma statale. 
    Per quanto riguarda invece il diniego opposto per  l'incarico  di
insegnamento relativo all'a.a. 2010/2011,  la  motivazione  ha  fatto
esclusivo riferimento all'impedimento derivante dal dettato normativo
di cui al comma 10 dell'art. 1 della legge n.  230/2005,  ossia  alla
qualifica di tecnico amministrativo posseduta dal ricorrente. 
    Detta  norma,  infatti,  nel  disciplinare  l'affidamento   degli
incarichi di insegnamento da parte delle Universita'  (siano  essi  a
titolo gratuito o retribuiti),  esclude  espressamente  dai  soggetti
possibili affidatali degli stessi il personale tecnico amministrativo
delle Universita' (fatte salve le  eccezioni  sopra  richiamate,  che
tuttavia nel caso del ricorrente non hanno trovato applicazione). 
    Di conseguenza, con i due ricorsi indicati in epigrafe  (R.G.  n.
689/2010 e 1793/2010) sono stati impugnati i  provvedimenti  che,  in
diretta applicazione della norma  richiamata,  rispettivamente  hanno
respinto  o  dichiarato  inammissibile   l'istanza   presentata   dal
ricorrente al fine di ottenere l'incarico di insegnamento. 
    A sostegno della  richiesta  di  annullamento  degli  atti  cosi'
impugnati, la difesa  istante  ha  svolto  una  serie  articolata  di
argomentazioni, tutte rivolte  ad  evidenziare  l'incostituzionalita'
della norma applicata dall'Universita', che ingiustamente ha posto un
limite all'affidamento degli  incarichi  con  esclusivo  riguardo  ai
dipendenti delle Universita'.  Le  doglianze  sono  state  sviluppate
anche con riguardo al primo diniego, sebbene questo si fosse  basato,
oltre che sull'applicazione della  norma  contenute  nella  legge  n.
230/05, anche sull'impossibilita' di  derogare  a  tale  divieto  per
effetto della disposizione contenute nel 3°  comma  dell'art.  6  del
D.lgs. n. 502/1992; in quanto la questione  inerente  la  limitazione
interessante il personale tecnico  amministrativo  delle  Universita'
doveva  considerarsi  assorbente  e  pregiudiziale  ad   ogni   altra
motivazione contenuta nel provvedimento di diniego. 
    Secondo  parte  ricorrente  la  norma  contenuta  nel  comma   10
dell'art. 1 della Legge n. 230/2005 presenta infatti evidenti profili
di contrasto con i principi  contemplati  nella  Costituzione,  nella
parte  in  cui  esclude,  a  priori  e  senza  espressa  motivazione,
solamente una categoria di pubblici dipendenti (il personale  tecnico
amministrativo  dell'Universita')  dalla  possibilita'  di   prestare
insegnamento (peraltro a titolo gratuito) nei corsi di laurea. 
    La limitazione cosi' imposta dal legislatore risulta,  ad  avviso
dell'istante, del tutto irragionevole ed ingiustificata, introducendo
un  limite  all'affidamento  degli   incarichi   esclusivamente   nei
confronti dei  dipendenti  dell'Universita'  ed  in  particolare  del
personale  tecnico  amministrativo,  rispetto  a  tutti   gli   altri
dipendenti pubblici che, non compresi nella  discriminazione  operata
dalla legge, possono presentare la relativa domanda e quindi, laddove
in  possesso  delle  necessarie  competenze  e   conoscenze,   essere
scrutinati al fine dell'affidamento dell'incarico di insegnamento. 
    L'irragionevolezza della previsione risulta altresi' evidente  in
considerazione del  fatto  che  risultano  esclusi  coloro  che  sono
dipendenti della stessa Universita', limitando cosi' l'impiego  delle
risorse di personale proprie dell'ente, senza che cio'  trovi  alcuna
giustificazione,  neppure  sotto  il  profilo  del  carico  economico
(trattandosi, come nella specie, di corsi resi a titolo  gratuito)  o
con riguardo all'eventuale contestualita' con l'ordinario  orario  di
servizio  (atteso  l'esiguo  impegno  orario,  ben  conciliabile  con
l'assolvimento dei compiti di servizio). 
    Poiche'  quindi  la  norma  impone  la   contestata   limitazione
all'affidamento degli incarichi di insegnamento, riferendola soltanto
ad una particolare categoria di  dipendenti  pubblici,  quelli  delle
Universita', parte  ricorrente  ne  evidenzia  il  contrasto  con  il
disposto di cui agli artt. 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto
palesemente contraria al principio di eguaglianza e di buon andamento
ed imparzialita' della pubblica amministrazione, nonche'  con  l'art.
33, limitando il diritto di insegnamento e di  pieno  sviluppo  della
personalita' del lavoratore universitario, e con l'art. 35, comma  1,
per   evidente   compressione   della   libera   espressione    della
professionalita' lavorativa. 
    Di conseguenza, con entrambi i gravami,  e'  stata  richiesta  la
pregiudiziale sottoposizione al vaglio della Corte Costituzionale del
quesito di legittimita' costituzionale della norma di cui al comma 10
dell'art. 1 della legge n. 230/2005, nella parte  in  cui  esclude  i
soli   dipendenti   -   tecnici   amministrativi -   dell'Universita'
dall'affidamento degli incarichi, in  quanto  questione  direttamente
rilevante ai fini della definizione del giudizio  instaurato  davanti
al T.A.R. e  non  manifestamente  infondata  per  le  ragioni  meglio
espresse nei due ricorsi. 
    L'amministrazione  intimata  si  e'  costituita  in  entrambi   i
giudizi,  svolgendo  le  proprie  argomentazioni  a  sostegno   della
disposizione normativa applicata nel caso del  ricorrente,  la  quale
imponeva:  l'esclusione  dei  dipendenti  delle  Universita'  fra   i
soggetti  possibili  affidatali   di   incarichi   di   insegnamento,
evidenziando la ratio della limitazione riconducibile alla diversita'
esistente fra il ruolo del personale docente e  quello  non  docente,
caratterizzato  da  diverse  funzionalita',  di   cui   una   rivolta
all'assolvimento  della  funzione  didattica,  l'altra  al   supporto
tecnico/amministrativo  della  prima:  da  cio'  la   necessita'   di
mantenere la distinzione fra i due ruoli, nulla impedendo comunque al
ricorrente di accedere  al  ruolo  dei  docenti  a  seguito  pubblico
concorso. 
    All'udienza del 16 febbraio 2011 entrambi i  ricorsi  sono  stati
trattenuti per la decisione. 
    Cio' premesso in fatto, preliminarmente si  dispone  la  riunione
dei due ricorsi indicati in  epigrafe,  essendo  evidente  l'unicita'
della questione giuridica ad essi  sottesa,  interamente  rivolta  ad
accertare la legittimita' del  diniego  opposto  dall'amministrazione
sulla base della norma contenuta nel comma 10 dell'art. 1 della legge
n. 203/2005. 
    Sebbene, infatti, per quanto riguarda il primo diniego impugnato,
la ragione del mancato conferimento dell'incarico di insegnamento sia
stata duplice  (applicazione  dell'art.  1,  comma  10  della  L.  n.
230/2005 e impossibilita' di applicare la deroga  prevista  dell'art.
6, comma 3 del D.lgs. n. 592/1992), risulta  evidente  come,  proprio
per effetto dell'inapplicabilita' della  deroga,  al  ricorrente  non
sarebbe  stato  comunque  affidabile  l'incarico  in   virtu'   della
limitazione generale prevista dalla norma contemplata nella legge  n.
230/05. 
    Sempre in via preliminare, il Collegio deve dare atto  del  fatto
che nelle more del giudizio la disposizione sulla  base  della  quale
sono stati assunti i provvedimenti impugnati con i  due  ricorsi  ora
all'esame  (comma  10  dell'art.  1  della  legge  230/05)  e'  stata
formalmente abrogata per effetto dell'entrata in vigore  della  legge
30.12.2010, n. 240 (art. 29). 
    Poiche',  per  le  ragioni  che  di  seguito  verranno   esposte,
l'accertamento della legittimita' degli  atti  impugnati,  che  hanno
fatto diretta applicazione della norma allora  vigente,  dipende  dal
giudizio  di  conformita'  al  dettato  costituzionale  della   norma
applicata, e' necessario preventivamente stabilire se, a fronte della
sopravvenuta abrogazione della norma (che non  risulta  essere  stata
riformulata  dal  legislatore  in  occasione  della  recente  riforma
dell'Universita'), persista l'interesse ad ottenere una pronuncia  in
ordine  ai  provvedimenti  impugnati,  eventualmente  attraverso   il
preventivo vaglio di legittimita' della norma che ne  ha  determinato
l'adozione. 
    A tale riguardo, secondo il costante orientamento,  non  sussiste
l'interesse  ad  ottenere  una  eventuale  pronuncia   illegittimita'
costituzionale  di  norme  abrogate,  se  non  quando  si  tratti  di
cancellarne gli effetti  residuali  derivanti  dalla  loro  pregressa
applicazione. 
    Invero,   persiste   la   rilevanza   della    declaratoria    di
illegittimita' costituzionale di una norma, poi abrogata,  ogni  qual
volta essa abbia trovato applicazione, onde accertare se la  stessa -
proprio per effetto del suo contenuto in  contrasto  con  il  dettato
costituzionale - abbia prodotto effetti pregiudizievoli. 
    Diversamente,  il  sindacato  di  costituzionalita'  non  risulta
ammissibile, in quanto privo di rilevanza, nei casi in cui  la  norma
abrogata  non  abbia  trovato  in   concreto   alcuna   applicazione,
difettando il pregiudizio conseguente all'applicazione di  una  norma
eventualmente inficiata da profili di illegittimita' costituzionale. 
    Nel caso in esame detto presupposto  non  si  e'  verificato,  in
quanto  la  norma  de   qua   e'   stata   applicata   reiteratamente
dall'amministrazione universitaria, la quale, conformemente a  quanto
stabilito dal comma 10  dell'art.  1,  ha  respinto  le  istanze  del
ricorrente in ragione della sua  appartenenza  al  personale  tecnico
amministrativo dell'Universita'. 
    Poiche', quindi, la norma, seppure  oggi  abrogata,  ha  comunque
trovato  applicazione,  persiste  l'interesse  e  la  rilevanza  alla
definizione del giudizio instaurato avverso i provvedimenti che  sono
stati  assunti  in  sua  applicazione,  previo   accertamento   della
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale della disposizione applicata. 
    La  definizione  del  presente   giudizio   non   puo',   quindi,
prescindere dalla decisione della questione di costituzionalita',  in
quanto dalla pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 10 della  L.  n.  230/2005,  nella  parte  in  cui  esclude  il
personale  tecnico-amministrativo  delle  Universita',   scaturirebbe
l'illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati. 
    Evidenziata quindi la rilevanza della  soluzione  del  dubbio  di
incostituzionalita' della norma in  esame  ai  fini  della  soluzione
della controversia in oggetto, il Collegio ritiene, altresi', che  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  sia  non  manifestamente
infondata, nei termini di seguito esplicitati. 
    Come  anticipato  nell'esposizione  in  fatto,  parte  ricorrente
denuncia  sotto  diversi  profili   l'illegittimita'   costituzionale
dell'inciso contenuto nel comma 10 dell'art. 1 della legge piu' volte
richiamata,  in  modo  particolare  per   violazione   dei   principi
contemplati negli articoli 3 e 97,  nonche'  degli  artt.  33,  primo
comma e 35, secondo comma Cost. 
    Ad avviso del Collegio i  dubbi  di  parte  ricorrente  circa  la
compatibilita'   della   normativa   applicata   con    il    dettato
costituzionale  appaiono  fondati,  in  primo  luogo,  con  specifico
riguardo  al  contrasto  con  l'art.  3  e  con   l'art.   97   della
Costituzione. 
    Invero, la discriminazione operata con l'inciso  contenuto  nella
norma  richiamata  risulta  in  contrasto   con   il   principio   di
eguaglianza,  in   rapporto   all'intera   categoria   dei   pubblici
dipendenti, in quanto la limitazione risulta  esclusivamente  diretta
nei confronti di una particolare categoria di dipendenti pubblici, in
particolare  delle  Universita',  quale  e'  il   personale   tecnico
amministrativo. 
    Ne' puo' rappresentare idonea giustificazione a detta limitazione
l'argomentazione dedotta dalla difesa erariale circa la necessita' di
distinguere la funzione docente da quella non  docente,  propria  del
personale   tecnico-amministrativo,   non    sussistendo    oggettivi
impedimenti a  che  dipendenti  professionalmente  preparati  possano
esercitare, ovviamente in termini oggettivi di compatibilita' con  il
servizio, anche funzioni di docenza soprattutto in casi  come  quello
in  esame,  ove  l'impegno  orario  non  e'  certamente  rilevante  e
soprattutto non implica alcun carico economico ulteriore. 
    Prova  oggettiva  e'  la   stessa   possibilita'   prevista   dal
legislatore con la disposizione di cui al comma  3  dell'art.  6  del
D.lgs. n. 592/1992, in virtu' della quale il  personale  appartenente
alle Universita' convenzionate con il SSN, entro determinati limiti e
per determinate materie attinenti il servizio prestato,  puo'  essere
chiamato a svolgere attivita' di docenza. 
    La specifica ed ingiustificata limitazione  alla  sola  categoria
del personale tecnico amministrativo delle Universita' si pone quindi
in evidente contrasto, in quanto non sorretta da una specifica ratio,
con  il  principio  costituzionale  di  eguaglianza,   limitando   la
possibilita' di ottenere gli incarichi di insegnamento solo a  quella
specifica categoria di dipendenti pubblici. 
    Detto contrasto  e'  altresi'  evidente  anche  con  riguardo  al
principio generale di trasparenza e  buon  andamento  della  Pubblica
Amministrazione, la quale per effetto dell'applicazione  della  norma
si vede privata di potenziali validi elementi che, in possesso  delle
necessarie competenze, potrebbero metterle al servizio  della  stessa
Universita'  presso  la  quale  gia'  svolgono  la   loro   attivita'
lavorativa, senza alcuna diminuzione della stessa. 
    Il contrasto con il dettato costituzionale si estende  poi  anche
agli ulteriori due articoli richiamati in ricorso (33  e  35  Cost.),
espressione della liberta' di insegnamento di arte  e  scienza  e  di
arricchimento ed elevazione professionale dei lavoratori,  risultando
evidente  che  l'irragionevole  limitazione   imposta   dalla   norma
contenuta  nel  comma  10   dell'art.   1   costituisce   un'evidente
limitazione  alla  libera  manifestazione   delle   aspirazioni   del
dipendente. 
    Alla luce della considerazioni sin qui svolte, per effetto  della
disposizione normativa applicata, appaiono gravemente  compromessi  i
principi  costituzionali  di  uguaglianza,  di  buon   andamento   ed
imparzialita' dell'amministrazione consacrati negli articoli 3  e  97
della Carta Costituzionale, nonche' quelli riconosciuti  dagli  artt.
33 e 35, da cui la ritenuta non manifesta infondatezza, per i profili
cosi' evidenziati, della questione di costituzionalita' relativa alla
legge n. 230/2005, art. 1, comma  10  nell'inciso  riferito  al  solo
personale tecnico amministrativo delle Universita'. 
    Si dispone pertanto la sospensione del  presente  giudizio  e  la
rimessione della questione all'esame della Corte  costituzionale,  ai
sensi dell'art. 23, L. 11 marzo 1953, n. 87, per la  decisione  sulla
prospettata questione di costituzionalita'. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  10  della  L.  n.
230/2005, nell'inciso evidenziato in parte motiva, per contrasto  con
gli artt. 3, 97, 33 e 35 della Costituzione. 
    Dispone a' sensi dell'art. 23 e ss. della L. 11 marzo 1953 n.  87
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte  Costituzionale  e  la
sospensione del presente giudizio. 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa nonche' al  Presidente  del  Consiglio
dei Ministri,  e  sia  comunicata  al  Presidente  del  Senato  della
Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati. 
    Cosi' deciso in Venezia nella camera di consiglio del  giorno  16
febbraio 2011. 
 
                        Il Presidente: Borea 
 
 
                                                  L'estensore: Farina