N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 2010
Ordinanza del 18 maggio 2010 emessa dal Giudice di pace di Roma nel procedimento civile promosso da Castucci Renato contro Axa Assicurazioni s.p.a. e Samich s.r.l.. Responsabilita' civile - Risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi e' obbligo di assicurazione - Proponibilita' dell'azione giudiziaria - Condizioni - Onere per il danneggiato di inoltrare previamente all'impresa assicuratrice la richiesta risarcitoria stragiudiziale osservando "le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148" del codice delle assicurazioni private - Conseguente improponibilita' dell'azione in caso di richiesta priva degli elementi finalizzati alla formulazione della "congrua e motivata offerta" da parte dell'assicuratore - Ininfluenza in senso contrario delle trattative intercorse tra le parti, concluse con la corresponsione di somma ritenuta "non congrua" dal danneggiato e trattenuta a titolo di acconto - Eccesso di delega sotto piu' profili - Esorbitanza dalla delega per il "riassetto" normativo in materia di assicurazioni, contrasto con i principi posti dal legislatore delegante e dalle direttive comunitarie, inosservanza dell'obbligo di acquisizione del parere del Consiglio di Stato - Violazione dei principi sull'equo processo e sulla effettivita' della tutela giurisdizionale sanciti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Inosservanza di vincoli internazionali e comunitari. - Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, art. 145 [comma 1]. - Costituzione, artt. 76, in relazione agli artt. 1 e 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229 ed alla direttiva 2005/14/CE dell'11 maggio 2005, e 117, primo comma, in relazione agli artt. 6, n. 1, e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848], nonche' all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, reso esecutivo dalla legge 2 agosto 2008, n. 130. Responsabilita' civile - Risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi e' obbligo di assicurazione - Proponibilita' dell'azione giudiziaria - Condizioni - Onere per il danneggiato di inoltrare previamente all'impresa assicuratrice la richiesta risarcitoria stragiudiziale osservando "le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148" del codice delle assicurazioni private - Conseguente improponibilita' dell'azione in caso di richiesta priva degli elementi finalizzati alla formulazione della "congrua e motivata offerta" da parte dell'assicuratore - Ininfluenza in senso contrario delle trattative intercorse tra le parti, concluse con la corresponsione di somma ritenuta "non congrua" dal danneggiato e trattenuta a titolo di acconto - Violazione del diritto di azione, del diritto di difesa, dei principi del giusto processo e della tutela giurisdizionale effettiva - Effetti negativi-distorsivi sull'applicazione delle ordinarie regole processuali (segnatamente in tema di soccombenza e spese processuali) - Ingiustificata deroga al regime processuale generale, a sfavore dei soggetti danneggiati e dei meno abbienti - Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza - Lesione del diritto alla salute e del diritto al risarcimento integrale del danno subito - Ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti danneggiati in rapporto ai diversi regimi di proponibilita' delle azioni risarcitorie cui sono legittimati - Ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetto danneggiato ed impresa di assicurazione legittimata passivamente. - Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, art. 145, comma 1. - Costituzione, artt. 2, 3, commi primo e secondo, 24, commi primo e secondo, 32, 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, in relazione agli artt. 1, 3 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, reso esecutivo dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.(GU n.46 del 2-11-2011 )
IL GIUDICE DI PACE L' Ufficio del Giudice di Pace di Roma ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in primo grado iscritta al n. 113575 anno 2008 del R.G.A.C., a seguito di riserva assunta all'udienza del 9 febbraio 2010, con termine per note sino al 01 marzo 2010, vertente tra: Castucci Renato, elettivamente domiciliato in Roma Via Panaro 17 presso lo studio dell'avv Alessandro Borianni che lo rappresenta e difende per delega a margine del ricorso introduttivo ex art. 3, legge n. 102/2006, attore; e Axa Assicurazioni S.p.A. in persona del procuratore speciale Fabio Del Pero, elettivamente domiciliata in Roma via B. De Ritis 18 presso lo studio dell'avv. Domenico Di Lisa che la rappresenta e difende come da mandato in calce al ricorso introduttivo, notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza e di conversione nel rito ordinario, convenuta; e Samich Srl in persona del legale rappresentante pro tempore, Via I. Silone 1/A 65020 Rosciano (PE), convenuta contumace. Sommario 1 - Fatto: 1.1- La fattispecie. 12 - La domanda del signor Castucci. 1.3- Le eccezioni di improponibilita' sollevate dalla Compagnia di Assicurazioni convenuta in giudizio. 1.4 - Le eccezioni sollevate dalla Compagnia convenuta. Le questioni processuali (preliminari o pregiudiziali di rito). 2 - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 2.1 - Fondatezza dell' eccezione di improponibilita' della domanda, per la violazione degli oneri di contenuto della richiesta stragiudiziale. 2.2- La questione di proponibilita' della domanda giudiziale in oggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A.- art. 148 commi primo e secondo C.d.A.. Infondatezza della seconda eccezione di improponibilita' della domanda, sollevata dalla Compagnia convenuta (rinvio al punto 3 della presente ordinanza).- 2. 3 - Conclusioni sulla "rilevanza" della questione di legittimita' costituzionale. 3 - Sulla impossibilita' dl una interpretazione costituzionalmente orientata. La possibilita' di una interpretazione conforme a Costituzione e' soltanto parziale (per l'art. 145 comma primo C.d.A., applicabile alla fattispecie in esame), e lascia aperto il dubbio di legittimita' costituzionale. L'interpretazione Costituzionalmente orientata dell'art. 145 comma secondo C.d.A. 4 - Valutazione della non manifesta infondatezza della questione. 4. 1 - Vizio nel procedimento di formazione legislativa. Eccesso di delega. Violazione dell'art. 76 Cost. con. riferimento agli artt. 1 e 4 della Legge delega n. 229/2003. Violazione dell'art. 117 comma primo Cost., in relazione all'art. 6 n. 1, e all'art. 13 della CEDU- Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n. 130/2008.ed entrato in vigore il 01.12.2009. 4.1.1. Violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli artt. 1 e 4 della Legge delega n. 229/2003. Primo profilo. 4.1.2 - Violazione dell'art. 76 Cost. Secondo profilo. 4.1.3- Terzo profilo. Violazione dell'art. 76 Cost. in relazione ai principi delle direttive europee recepiti dalla legge delega (direttiva 2005/14/CE).4.1.4 - Violazione dell'art. 117 comma primo Cost. 4.2 - L'innovazione introdotta con l'entrata in vigore dell'art. 145 C.d.A. La ratio della legge sull'assicurazione obbligatoria. La ratio della "condizione di proponibilita'" nella disciplina previgente (art. 22 legge n. 990/1969) e nella riforma del T.U. Codice delle Assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005). 4. 3 - Violazione del diritto di azione, del diritto di difesa, dei principi del giusto processo e della tutela giurisdizionale effettiva (violazione dell'art. 24 commi primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 2 e 32 Cost.; 111 Cost. commi primo, secondo; artt. 2907-- 2697 codice civile; artt. 99- 163-164 codice procedura civile). Violazione degli artt. 24 Cost., 111 Cost., 117 comma primo Cost., dell' art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge 130/2008 ed entrato in vigore il 01.12.2009. Violazione dell'art. 3 commi primo e secondo Cost. in relazione al diritto di azione, al diritto di difesa, ai principi del giusto processo, alla legge processuale. 4.3.1. L'incerto regime giuridico della richiesta stragiudiziale contemplata nell'art. 145 C.d.A. Gli effetti distorsivi sull'applicazione della regola processuale della soccombenza. 4.3.2.- 11 primo ostacolo al diritto di azione. La dilatazione, di fatto, dello "spatium deliberandi". La dilatazione dei tempi di accesso alla tutela giurisdizionale effettiva. La proliferazione del contenzioso. 4.3.3 - Ulteriori profili della violazione del diritto di azione, del diritto di difesa, dei principi del giusto processo. Gli effetti "negativi-distorsivi" della disciplina di cui all'art. 145 C.d.A., sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, e sulla regola processuale della soccombenza. 4.3.4 - Violazione del principio di eguaglianza. Ingiustificata disparita' di. trattamento rispetto al regime processuale generale (art. 3 comma primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 24 Cost. 111 Cost.). 4.4 - Violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).Violazione dell'art. 3 Cost. in relazione al diritto di azione, al diritto di difesa, ai principi del giusto processo, alla legge processuale, alla tutela del diritto alla salute (art. 3 comma primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 24 primo e secondo comma Cost.; artt. 2 e 32 Cost.; art. 111 comma primo, secondo Cost. art. 2907 cc; art. 2697 cc.; art. 99 c.p.c.; art. 163-164 c.p.c.). Violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art. 117 comma primo Cost., in relazione agli artt. 1, 3, 47 della Carta di Nizza. Violazione del principio di ragionevolezza. 4.4.1 - Identita' del bene giuridico leso, costituzionalmente protetto, e pluralita' di azioni dirette. 11 diverso regime di proponibilita' delle azioni dirette contemplate nel C.d.A., e della stessa azione ex art. 2054 cc. 4.4.2 - Ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento tra soggetti danneggiati, rispettivamente legittimati attivamente alle azioni ex arti 144 C.d.A., 141 C.d.A., ed alle azioni ex artt. 149 comma sesto C.d.A. e 287 C.d.A. Ingiustificata. disparita' di trattamento tra danneggiati, legittimati all'azione ex art. 2054 codice civile. 4.4.3 - Ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti danneggiati ed impresa di assicurazione, quali soggetti legittimati attivamente e passivamente rispetto alle azioni ex art. 144 C.d.A. e 141 C.d.A. 5 - Conclusioni. 1 - Fatto 1.1 - La fattispecie. Nel pomeriggio del giorno 23 luglio 2007 in Roma, Via Settebagni altezza civico 334, un furgone Fiat Ducato, assicurato per la r.c.a. dalla Axa Assicurazioni S.p.A., effettuava una manovra in retromarcia, e nel mentre retrocedeva investiva un pedone. In conseguenza dell' urto subito, il pedone. riportava lesioni personali, descritte nel verbale di pronto soccorso rilasciato in pari data dalli Ospedale Sandro Pertini di Roma. Il pedone - l'odierno attore. signor Castucci Renato - provvedeva ad inoltrare la richiesta risarcitoria alla Axa Assicurazioni S.p.A., garante la r.c.a. del suddetto furgone, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, redatta in Roma in data 05 settembre 2007, spedita in data 12. settembre 2007 e ricevuta dalla destinataria Axa Assicurazioni S.p.a. in data 14 settembre 2007 (doc. in atti). In questa richiesta risarcitoria del settembre 2007, risultano indicati: il nominativo della societa' assicurata e proprietaria del furgone (Samich srl), alla quale la richiesta risarcitoria e' stata inviata per conoscenza; il furgone Investitore" Fiat Ducato targa CC 751 RX); le generalita' del conducente (Palmisano Giuseppe); gli estremi della polizza Axa Assicurazioni S.p.A. ( polizza n. 04957195500000); la circostanza che il danneggiato, indicato nel signor Castucci Renato, rivestiva la qualifica di "pedone" e che riportava "danni fisici"; il nominativo del pedone danneggiato (Castucci Renato) ed il suo codice fiscale (CSTRNT61B25F965N); la data, l'orario ed il luogo del sinistro (23 luglio 2007 ore 15.30, Roma Via Settebagni altezza civico 334); la dinamica del sinistro ("il Fiat Ducato nel fare retromarcia investe il pedone"); l'attribuzione della responsabilita' esclusiva dell'accaduto a carico del conducente del furgone; l'invito "a provvedere con urgenza al risarcimento di tutti i danni materiali" "subiti e subendi" a causa del sinistro, dal Castucci Renato. Nella stessa richiesta risarcitoria, si dichiara genericamente che "si allega documentazione medica", mentre manca la descrizione puntuale della documentazione medica effettivamente allegata. Axa Assicurazioni S.p.A. spa, nel corso della procedura stragiudiziale - ha istruito la pratica unicamente con riferimento alla richiesta di "danni fisici" patiti dal pedone signor Castucci Renato, inoltrando in data 19.09.07 la richiesta di integrazioni ai sensi dell'art. 148 commi secondo e quinto C.d.A., riconoscendo l'errore materiale della richiesta risarcitoria, laddove si riferiva ad una "vettura danneggiata" non meglio identificata (errore che, quindi, e' del tutto irrilevante ai fini della presente decisione). La procedura stragiudiziale si e' dunque pacificamente svolta in applicazione del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A.- art. 148 comma secondo C.d.a. In risposta alla richiesta risarcitoria inoltrata dal Castucci Renato, il Centro liquidazione danni della Axa Assicurazioni S.p.A., con lettera datata 19 settembre 2007 (doc. in atti) richiedeva al danneggiato di integrare gli elementi della richiesta risarcitoria. Si legge, testualmente nella "richiesta integrazione elementi" del 19.09.2007: "...per poter definire se il danno debba essere risarcito e a quanto ammonti, occorre che lei invii le seguenti informazioni: La sua attivita' lavorativa e il suo reddito, pregandola di fornirci idonea documentazione fiscale (es. Mod. 730, Mod. Unico); L'entita' delle lesioni subite, inviandoci idonea certificazione medica dell'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti. Le preciso che in assenza delle informazioni seguenti non saro' in condizione di comunicarle alcuna decisione sulla sua richiesta di risarcimento e che, ai sensi di legge, non decorreranno i termini entro i quali questa comunicazione e' obbligatoria. Inoltre, per facilitare la liquidazione del danno, la prego di trasmettermi: la dichiarazione delle eventuali spese mediche sostenute; l'indicazione di eventuali Autorita' intervenute allegando, se disponibile, copia del verbale; dichiarazione di aver diritto o meno a prestazioni a carico di Enti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie (ad. es. INAIL, INPS)". Al fascicolo dell'attore risulta poi allegata una lettera del 21 dicembre 2007 redatta dal Centro liquidazione danni della Axa Assicurazioni S.p.A., avente ad oggetto formulazione offerta per sinistro rca", indirizzata al signor Castucci Renato, domiciliato presso lo "studio di infortunistica stradale" . In questa lettera 21.1 2.2007, sottoscritta da Axa Assicurazioni S.p.A., si legge che: "In merito al sinistro sopra indicato la informiamo che abbiamo effettuato gli accertamenti necessari per determinare la responsabilita' nella verificazione dell'evento e l'entita' del danno subito. Fatti salvi e impregiudicati i diritti del nostro assicurato, pertanto, le alleghiamo l'assegno n. (.) per un importo di euro 300,00 emesso dalla Banca (...), che potra' essere incassato entro e non oltre il giorno 19.02.2008. Con il suddetto pagamento intendiamo risarcire integralmente ogni danno da lei subito." (..) A questa lettera risulta allegata la copia del menzionato assegno bancario, dell'importo di euro 300,00 intestato al danneggiato signor Castucci Renato. L'offerta di euro trecento del 21.12.2007 e' stata, quindi, immediatamente contestata dal danneggiato, il quale ha ritenuto che fosse incongrua, inidonea a risarcire integralmente il danno patito. Con lettera raccomandata del 7 gennaio 2008, spedita dallo studio incaricato dal signor Castucci Renato in data 22 gennaio 2008, e ricevuta dal destinatario Axa Assicurazioni S.p.A.- Centro liquidazione danni in data 29 gennaio 2008 (v. doc. 7 descritto nell'indice allegato al fascicolo dell'attore; v. pag. 3 ricorso introduttivo), si comunicava infatti che la somma offerta di euro 300,00, ritenuta non congrua, era stata accettata ed incassata soltanto a titolo di acconto sul maggior danno subito. Con la stessa lettera raccomandata, inoltre, il danneggiato si dichiarava disponibile a proseguire nelle trattative avvertendo che, in mancanza di una soluzione conforme ai suoi diritti, avrebbe adito le vie legali. In tale missiva si legge anche la seguente frase: "si allega documentazione medica (senza alcuna ulteriore specificazione). In risposta alla descritta missiva del Castucci del 7-22 gennaio 2008, la. Compagnia Axa Assicurazioni S.p.A.- Centro liquidazione danni, inviava una ulteriore "richiesta informazioni/documenti" del 30 gennaio 2008 (doc. in atti), missiva di cui non risulta contestata l'avvenuta ricezione (cfr., anche le note autorizzate depositate dall'attore il 26.2.2010, ove nulla si eccepisce al riguardo), che puo' quindi ritenersi provata in considerazione del comportamento processuale dell'attore. Nella missiva del 30 gennaio 2008 si richiedeva, nuovamente, al danneggiato di fornire all'assicuratore ulteriore certificazione medica sull'evoluzione delle lesioni, in originale. La difesa di Axa Assicurazioni S.p.A., nella comparsa di costituzione, ha dedotto che anche questa seconda richiesta di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.a., era rimasta senza esito alcuno, circostanza che - a -suo avviso - determinerebbe l'improponibilita' della domanda giudiziale. 1.2 - La domanda del signor Castucci Renato. La domanda giudiziale del signor Castucci e' stata proposta dopo la procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A., che si e' conclusa con- la corresponsione, allo stesso danneggiato sig. Castucci, della somma di euro 300,00 , da questi ritenuta non congrua e trattenuta a titolo di acconto. Con ricorso depositato in data 5 novembre 2008 presso l'intestato Ufficio, notificato unitamente al decreto di conversione nel rito ordinario e contestuale fissazione di udienza, il signor Castucci Renato ha convenuto in giudizio la societa' proprietaria e l'assicuratore del furgone Fiat Ducato, il cui conducente veniva indicato come unico responsabile del sinistro, chiedendone la condanna in solido al risarcimento "dei danni fisici e morali, nonche' di tutti i danni di qualsiasi natura subiti e subendi dal ricorrente a seguito del sinistro per cui e' causa'', ITA gg 20, ITP al 50% gg 30, invalidita' permanente in ragione del 4% della totale; danno morale; rimborso delle spese mediche, di ricovero e fisioterapia, di C.T.; compenso per l'attivita' e l'assistenza stragiudiziale svolta dal patrocinatore e consulente medico-legale. Il Giudice di Pace, con decreto steso in calce al ricorso proposto ex art. 3 legge n. 102/2006 convertiva il rito speciale in rito ordinario, e fissava ex art. 320 cpc l'udienza di prima comparizione. La societa' proprietaria del furgone Fiat Ducato e' rimasta contumace, mentre si e' costituita in giudizio la compagnia di assicurazioni Axa Assicurazioni S.p.A.. 1.3 - Le eccezioni di improponibilita' sollevate dalla Compagnia di Assicurazioni convenuta in giudizio. La Compagnia di Assicurazioni, convenuta in giudizio ai sensi dell'art. 144 C.d.A., ha eccepito l'improponibilita' della domanda, pur avendo provveduto, nel corso della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A., a versare al pedone danneggiato una certa somma, da questi ritenuta non congrua e trattenuta a titolo di acconto. Le eccezioni di improponibilita' sollevate da Axa Assicurazioni S.p.A. nel presente giudizio riguardano profili inerenti: a) al "contenuto" della richiesta di risarcimento delle lesioni personali patite dal pedone signor Castucci, "contenuto" che Axa Assicurazioni S.p.A. ritiene non conforme all'art. 148 comma secondo C.d.a. (richiamato dall'art. 145 comma primo C.d.A.); b) alla mancata decorrenza dello "spatium deliberandi" di giorni novanta, i cui termini - ad avviso di Axa Assicurazioni S.p.A. - risulterebbero in definitiva interrotti ai sensi dell'art. 148 comma quinto C.d.a., non avendo il danneggiato provveduto ad inoltrare ad Axa Assicurazioni S.p.A. i chiarimenti e la documentazione da questa richiesti con missive 19 settembre 2007 e 30 gennaio 2008. Nella comparsa di costituzione (in particolare, pagg. 4-5), Axa Assicurazioni S.p.A. ha eccepito l'improponibilita' della domanda, sostenendo che la richiesta risarcitoria inoltrata il 12 settembre 2007 sarebbe "incompleta", in definitiva non conforme alle prescrizioni di "contenuto" sancite dal combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.a. Axa Assicurazioni S.p.A. ha al riguardo precisato che il signor Castucci non avrebbe ottemperato all'invito ad integrare la richiesta risarcitoria al sensi dell'art. 148 comma quinto C.d.a., invito formulato da Axa Assicurazioni S.p.A. ben due volte, con lettere raccomandate inviate in data 19 settembre 2007 e 30 gennaio 2008. 1.4 - Le eccezioni sollevate dalla Compagnia convenuta. Le questioni processuali (preliminari o pregiudiziali di rito). La difesa della compagnia convenuta Axa Assicurazioni S.p.A. nella comparsa di costituzione ha eccepito in via preliminare la nullita' del ricorso per indeterminatezza della domanda e l'improponibilita' dell'azione; ha poi contestato la domanda nel merito. Axa Assicurazioni S.p.A. ha inteso contestare la dinamica del sinistro e la responsabilita' esclusiva del conducente del furgone, deducendo la violazione degli obblighi imposti ai pedoni dagli artt. 190 c.d.s. - 120 c.d.s.; ha contestato l'esistenza del nesso causale tra le lesioni lamentate e l'evento de quo, la tipologia dei danni lamentati e la loro quantificazione. Axa Assicurazioni S.p.A. ha contestato la richiesta di risarcimento del danno emergente, costituito dalle spese per attivita' ed assistenza stragiudiziale svolta dal patrocinatore, eccependo al riguardo che tali spese non sarebbero ne' necessarie ne' giustificate La difesa dell'Axa Assicurazioni S.p.A. ha quindi sollevato l'eccezione di improponibilita' della domanda proposta dal signor Castucci (v. pagg. 4-5 della comparsa di Costituzione). Il Giudice di pace all'udienza di prima comparizione differita alla data del 24 dicembre 2009 (cosi' differita per consentire la citazione di un terzo al quale la parte ha successivamente rinunziato), sentite le parti, riteneva di dover definire in via prioritaria la questione relativa alla proponibilita' della domanda, di natura preliminare o pregiudiziale di rito, da definirsi prima di ogni altra questione (di rito o di merito), avendo ad oggetto la sussistenza o meno del presupposto processuale che condiziona la giurisdizione (cfr. Cass. 5.7.1984 n. 3921). Tale questione e'. rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio (v., tra le altre, Cass. 07/17476; Cass. 06/18493) contemplando la norma (art. 145 C.d.A.) una temporanea carenza di giurisdizione ("vacatio actionis") al pari dell'abrogato art. 22 legge n. 990/69 (v. Corte cost. n. 24/1973; Cass. 1718/74). Il temporaneo ostacolo alla giurisdizione puo', invero, essere rimosso dall'interessato, ponendo in essere il particolare atto contemplato e disciplinato dalla norma stessa, ossia la richiesta risarcitoria, da perfezionarsi prima della domanda giudiziale, nel rispetto dello "spatium deliberandi" che - nel caso in esame - e' fissato in giorni 90 dall'art. 145 comma primo C.d.A. L'art. 145 C.d.a detta dunque una norma di natura processuale, regolando l'accesso alla giurisdizione. In definitiva, la questione di proponibilita' della domanda in oggetto deve essere definita prima di ogni altra questione. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 2. 1 - Fondatezza dell'eccezione di improponibilita' della domanda, per la violazione degli oneri di contenuto della richiesta stragiudiziale. L'eccezione di improponibilita' della domanda, sollevata dalla Compagnia convenuta, e' senza dubbio fondata. La richiesta risarcitoria stragiudiziale del settembre 2007 presenta vizi di contenuto ex artt. 145 comma primo - art. 148 comma secondo C.d.A., rimasti non sanati. La lettera della legge e' chiara, allorquando subordina la proponibilita' dell'azione di risarcimento alla circostanza che la richiesta stragiudiziale abbia rispettato le modalita' ed i contenuti previsti all'art. 148 (v. art.. 145 comma primo C.d.A.). In claris non fit interpretatio (art. 12 comma primo disp..prel., cc.). La norma di cui al combinato disposto dell' art. 145 comma primo C.d.a.- art. 148 comma secondo Cda. (d.lgs. n. 209/2005, Codice delle Assicurazioni private) deve essere applicata alla fattispecie in esame. Il sinistro oggetto della richiesta stragiudiziale del signor Castucci del 5 settembre 2007, rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 144 C.d.A. e dell'art. 145 comma primo C.d.A. Non sussistono, infatti, le condizioni delle distinte azioni di cui agli artt. 149 comma sesto C.d.A., e 287 C.d.A. Si tratta, invero, di un sinistro accaduto in Italia (Roma, Via Settebagni 334) in data 23 luglio 2007, che ha coinvolto esclusivamente un pedone ed un furgone immatricolato in Italia, identificato, assicurato, condotto da tale Palmisano Giuseppe con il consenso della societa' proprietaria Samich s.r.l. (circostanze non contestate, che emergono dagli atti e che comunque possono ritenersi provate sulla scorta del comportamento processuale delle parti, le quali nulla hanno eccepito al riguardo). I danni richiesti sono consequenziali alle lesioni personali patite dal pedone. Osserva il GdP che senza dubbio la richiesta risarcitoria stragiudiziale del settembre 2007 presenta vizi di contenuto ex artt. 145 comma primo - art. 148 comma secondo C.d.A., rimasti non sanati. Invero, questa GdP, sulla scorta della documentazione in atti, non ritiene raggiunta la prova delle necessarie integrazioni, ai sensi dell' art. 148 comma quinto C.d.A.. Nella richiesta risarcitoria stragiudiziale del settembre 2007, e nella successiva missiva spedita dal danneggiato il 22 gennaio 2008 mancano l'indicazione dell'entita' delle lesioni subite e l'allegazione di attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, come imposto dagli artt. 145 comma primo - art. 148 comma secondo C.d.A., ai fini della proponibilita' della domanda giudiziale. La mancata allegazione della documentazione medica di cui sopra risulta provata per tabulas, avendo data successiva all'ultima missiva spedita dal danneggiato all'assicuratore, nel gennaio 2008: si vedano infatti i documenti medici n. 2 e n. 4 allegati al fascicolo dell'attore, aventi rispettivamente data 1° marzo 2008, a firma del medico di fiducia, e 29 febbraio 2008, a firma dell'ortopedico della ASL Roma-A, contenenti l'attestazione degli esiti riconducibili o meno alle lesioni riportate dal Castucci. Senza dubbio i menzionati documenti, che il danneggiato non forniva all'Assicuratore, rivestivano e rivestono fondamentale importanza per la valutazione della sussistenza o meno di postumi permanenti, e per la proponibilita' della domanda in virtu' dell'espresso disposto dell'art. 148 comma secondo C.d.A., richiamato dall'art. 145 comma primo C.d.A.. Il danneggiato, nel corso della procedura stragiudiziale, violava quindi gli oneri di cooperazione imposti dagli artt. 145 comma primo C.d.A.- art. 148 C.d.A. ; egli ometteva di compiere "quanto necessario" perche' l'assicuratore potesse adempiere l'obbligazione (violazione dell'art. 1206 cc.). Osserva sul punto il GdP che l'attore non ha assolto l'onere probatorio che gli incombeva ex art. 2697 cc., onere che doveva puntualmente adempiere con riferimento al contenuto della richiesta risarcitoria e delle relative integrazioni, da compiere nel corso della obbligatoria procedura stragiudiziale (v. artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi- secondo-quinto C.d.A.). A4 avviso della sottoscritta GdP, i vizi di contenuto della richiesta stragiudiziale del signor Castucci rimasti non sanati, che rilevano ai fini della questione di proponibilita' della domanda (art. 145 comma primo C.d.A.- art. 148 comma secondo C.d.A.), e della questione di costituzionalita', sono i seguenti: 1) mancata indicazione dell'entita' delle lesioni subite; 2) mancata allegazione di attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, in particolare mancata allegazione dei documenti medici n. 2 e n. 4 allegati al fascicolo dell'attore, del 3 marzo 2008, a firma del medico di fiducia, e del 29 febbraio 2008, a firma dell'ortopedico della ASL Roma A, contenenti l'attestazione degli esiti riconducibili o meno alle lesioni riportate dal Castucci. Sussiste quindi il vizio della richiesta risarcitoria del Castucci per la violazione degli oneri di contenuto sanciti dagli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo e quinto C.d.A., con conseguente improponibilita' della domanda giudiziale. Le circostanze dedotte dall'attore nelle note autorizzate del 26 febbraio 2010 (in definitiva, mancata nomina del medico legale dell'assicuratore, nel corso della procedura stragiudiziale; intempestivita' dell'offerta; incongruita' dell'offerta; mancata formulazione di. una ulteriore offerta al danneggiato, dopo la prima offerta del 21 dicembre 2007), sono circostanze che non rilevano e che non rendono proponibile la domanda, sia in considerazione dell' inadempimento del Castucci agli oneri di cooperazione imposti a pena di improponibilita' ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., sia perche' nulla prevede al riguardo la normativa in esame. La normativa in esame non contempla alcuna "sanatoria" dei vizi della richiesta risarcitoria ex art. 145 comma primo C.d.A., per effetto delle eventuali negligenze o ritardi della Compagnia assicurativa, nella istruzione della pratica e nella liquidazione della offerta ai, sensi dell'art. 148 C.d.A. 2.2 - La questione di proponibilita' della domanda giudiziale in oggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi primo e secondo C.d.A.. Infondatezza della seconda eccezione di improponibilita' della domanda, sollevata dalla Compagnia convenuta (rinvio al punto n. 3 della presente ordinanza). L'eccezione di improponibilita' sollevata da Axa Assicurazioni S.p.A. Assicurazioni nel presente giudizio, si incentra sulla violazione degli oneri di' cooperazione imposti al danneggiato nel corso della obbligatoria procedura stragiudiziale, e sulla mancanza della mora dell'assicuratore. Tale eccezione, in sintesi, si risolve e puo' essere scomposta in due profili della asserita "mancanza di mora" dell'assicuratore, di seguito descritti. a) Il "contenuto" della richiesta di risarcimento del 5.9.07 per le lesioni personali patite dal pedone signor Castucci, non e' conforme all'art. 148 comma secondo C.d.a. (violazione del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A.). Questa circostanza (violazione degli oneri di contenuto) avrebbe quindi impedito alla Compagnia Axa Assicurazioni S.p.A. di istruire adeguatamente la pratica, e le avrebbe consentito di formulare offerta di soli euro 300,00, ritenuta "incongrua" dal danneggiato signor Castucci, e da questi accettata soltanto quale acconto sul maggior avere. In definitiva Axa Assicurazioni S.p.A. eccepisce di non essere in mora; che l'offerta di euro 300,00 sarebbe da considerarsi "congrua" ai sensi dell'art. 148 C.d.A., valutata in relazione allo scarno contenuto della. richiesta risarcitoria del Castucci; che la domanda giudiziale di risarcimento del maggior danno sarebbe comunque improponibile, in quanto fondata su allegazioni e documenti diversi, rimasti estranei alla trattativa stragiudiziale, in violazione dell'espresso disposto dell'art. 145 comma primo C.d.A. nella parte in cui impone precisi oneri di "contenuto", descritti nell'art. 148 comma secondo C.d.A. L'accertamento del vizio di contenuto della richiesta stragiudiziale, cosi' come l'accertamento giudiziale circa la "congruita'" della somma gia' versata (con valutazione "ex ante", ossia riferita al momento della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A.), determinerebbero l'improponibilita' della domanda. b) Mancata decorrenza dello "spatium deliberandi" di giorni novanta, i cui termini - ad avviso di Axa Assicurazioni S.p.A. - risulterebbero in definitiva interrotti ai sensi dell'art. 148 comma quinto C.d.a., non avendo il danneggiato provveduto ad inoltrare ad Axa Assicurazioni S.p.A. i chiarimenti e la documentazione da questa richiesti con missive del 19 settembre 2007 e 30 gennaio 2008 (violazione dell'art. 145 comma primo C.d.A.-art. 148 comma quinto C.d.A). La questione di legittimita' costituzionale sorge dunque in relazione alla descritta eccezione sollevata dalla difesa di Axa Assicurazioni S.p.A., precisamente in relazione al profilo sub lettera a), sopra evidenziato. Questa GdP, in forza di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa di cui si tratta, ritiene invece infondata la stessa eccezione, limitatamente al profilo descritto nella lettei-a b), come evidenziato nel punto n. 3 della presente ordinanza. Precisato quanto innanzi, occorre rimarcare che il nuovo regime della condizione di proponibilita' comporta le seguenti conseguenze. L'eccezione di improponibilita' della domanda proposta dal Castucci e' fondata e deve essere immediatamente accolta, relativamente alla parte di domanda fondata sulle informazioni e documenti sopra descritti di cui in atti vi e' prova che non sono stati offerti all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale. Nel presente giudizio, non potra' dunque tenersi conto di questi documenti, non forniti dal Castucci all'assicuratore nel corso della obbligatoria procedura stragiudiziale, in violazione dell'espresso disposto di cui agli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi primo e secondo C.d.A.., in relazione ai quali la domanda (precisamente: la parte di domanda che su di essi si fonda) e' senza dubbio improponibile. In definitiva, la prescrizione di un ben determinato "contenuto" della richiesta risarcitoria stragiudiziale, e di un ben determinato corredo documentale della stessa, comporta la declaratoria di improponibilita' della domanda, o del capo o parte di domanda, che e' connesso ad allegazioni rimaste estranee alla "procedura stragiudiziale", come emerge nel caso in esame. Quanto alla restante "parte" o "capo" di domanda (fondata sui documenti offerti dal danneggiato all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A.) , la questione pregiudiziale di rito (proponibilita' della domanda) potra' essere definita integralmente soltanto all'esito del giudizio di merito, con l'accertamento giudiziale relativo ai documenti ed alle informazioni effettivamente forniti all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale, alla fondatezza della domanda in punto an e quantum debeatur, alla eventuale corresponsabilita' del pedone per l'illecito aquiliano ex art. 190 codice della strada (eccepita dalla Compagnia convenuta nel presente giudizio), e quindi, con l'accertamento relativo alla "congruita'" o "non congruita'" dell'offerta stragiudiziale di euro 300,00 (effettuata da Axa Assicurazioni S.p.A. in data 21 dicembre 2007). In definitiva, questa GdP e' chiamata a valutare anche la correttezza del comportamento dell'assicuratore, verificando se questi abbia o meno usato l'ordinaria diligenza professionale da lui esigibile (cfr. art. 1176 comma 2 cc.) nella stima del danno, sulla scorta degli elementi forniti dal danneggiato con la richiesta ex art. 145 comma primo C.d.A. Questa valutazione, da effettuare "ex ante" (ossia avuto riguardo al momento della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A.), rende evidente la complessita' dell'accertamento in questione, che implica la ricostruzione delle trattative stragiudiziali, del comportamento (collaborativo o meno) delle parti, con un aggravamento dell'onere probatorio a carico del danneggiato, che si ripercuote sulla definizione della questione pregiudiziale di rito. E' poi appena il caso di evidenziare che la valutazione circa la "congruita'" o meno dell'offerta stragiudiziale, implica comunque un accertamento complesso, perche' si tratta del diritto al risarcimento del danno scaturente da un illecito aquiliano ex art. 2054 codice civile, espressamente richiamato dall'art. 122 C.d.A. 2. 3 - Conclusioni sulla "rilevanza" della questione di legittimita' costituzionale. In primo luogo, occorre precisare che la domanda del signor Castucci e' stata proposta nel rispetto dello spatium deliberandi di giorni 90, e che l'eccezione di improponibilita' e' sul punto infondata (non avendo, la richiesta di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A., efficacia interruttiva del termine ex art. 145 comma primo C.d.A.). Questa GdP ritiene infatti di accogliere una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame, esposta nel punto n. 3 della presente ordinanza, cui si rinvia. Cio' posto, la domanda del signor Castucci e' improponibile sotto ulteriori profili, che suscitano dubbi di legittimita' costituzionale. Sussiste dunque il requisito della "rilevanza" della questione proposta. Ebbene, ove si ritenesse che l'art. 145 comma primo C.d.A. sia conforme alla Costituzione, si verificherebbe la seguente situazione. In primo luogo, come rilevato, questa GdP dovrebbe senza indugio dichiarare improponibile il capo di domanda giudiziale fondato sui documenti medici sopra descritti, del 29.2.08 e 5.3.08 (v. doc. sub. n. 2 e n. 4 del fascicolo dell'attore), essendo provato che essi non sono stati allegati alla richiesta stragiudiziale del 5/12 settembre 2007, ne' comunque forniti alla Axa Assicurazioni S.p.A. nel corso della procedura stragiudiziale, in violazione del combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.a. In secondo luogo, una volta identificati, con apposita istruttoria, i documenti effettivamente forniti all'Assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale, occorrerebbe comunque verificare la sussistenza o meno della "mora" dell'assicuratore, valutando se l'offerta di euro basata su quelle allegazioni, sia o non sia stata "congrua" ai sensi del combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma primo e secondo C.d.a., valutazione speculare alla "completezza" o "non completezza" del contenuto della richiesta risarcitoria. La definizione della questione pregiudiziale di rito verrebbe dunque procrastinata, finendo per coincidere sostanzialmente con lo stesso esame globale del merito, con cognizione piena, per quanto sopra precisato. Esaurita l'istruzione ed esaminato il merito della controversia, questa GdP, tuttavia, noti dovrebbe necessariamente decidere e definire "il merito", potendo quella dispendiosa attivita' risolversi in una decisione di mero rito, di improponibilita'. Ed infatti, ove l'esito dell'istruttoria dimostrasse la mancanza della mora dell'assicuratore e la "congruita'" della somma da questi gia' offerta e versata nel corso della procedura stragiudiziale, ("congruita'" da valutarsi "ex ante", sulla scorta delle allegazioni e del contenuto della richiesta stragiudiziale ), la domanda proposta dal danneggiato sarebbe invero "infondata", ma questa GdP , pur avendo accertato l'infondatezza della domanda, non potrebbe invero dichiararla (con una pura e semplice pronunzia di rigetto), dovendo invece limitarsi ad una declaratoria di "improponibilita'" della domanda stessa, in applicazione dell'art. 145 comma primo C.d.a.- art. 148 comma secondo C.d.A.. La pronunzia in questione deve essere, infatti, di "improponibilita'", e non di "rigetto", perche': a) il Giudice di Pace non potrebbe porre a fondamento della decisione documenti non allegati alla richiesta stragiudiziale, in violazione dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A..; b) alla mancanza della mora dell'assicuratore, connessa al deficit di "contenuto" della richiesta stragiudiziale, consegue, per espresso disposto normativo, l'improponibilita' dell'azione di risarcimento, con una indubbia connotazione sanzionatoria. Una diversa interpretazione della norma non sembra praticabile, non essendo consentito all'interprete di svuotare di ogni significato l'espressa previsione di obblighi/oneri di contenuto, sanzionati dall'improponibilita'. In conseguenza di tale peculiare disciplina, l'attore si vedrebbe costretto a riproporre la stessa domanda giudiziale, soltanto dopo aver introdotto una nuova procedura stragiudiziale ai sensi dell' art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.A.., con nuove allegazioni e nuovi documenti. Se invece l'esito dell'istruttoria dimostrasse la mora dell'assicuratore e l'incongruita' dell'offerta stragiudiziale (con riferimento alle allegazioni ritualmente introdotte nel corso della procedura stragiudiziale), tale parte di domanda sarebbe proponibile, e soltanto in tal caso la sottoscritta giudicante, accertata insieme - con unitario giudizio - la fondatezza" e la "proponibilita'" della domanda, potrebbe finalmente emettere una pronunzia di merito, nella specie di accoglimento parziale, liquidando la differenza dovuta Ball' assicuratore al soggetto danneggiato. Tuttavia i dubbi di legittimita' sussistono anche in questa ultima ipotesi. Come piu' volte evidenziato, la pronunzia di merito potrebbe fondarsi unicamente sui documenti e le allegazioni ritualmente introdotte nel corso della procedura stragiudiziale, posto che la domanda fondata su documenti diversi sarebbe comunque improponibile ai sensi dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.A.; e nel caso in esame risulta accertato che i documenti prodotti in giudizio dall'attore, attestanti i postumi permanenti, non furono allegati alla richiesta risarcitoria ex art. 145 comma primo C.d.A. del 5/12 settembre 2007, ne' tanto meno alla successiva missiva spedita il 22 gennaio 2008. In definitiva, l'accoglimento della domanda sarebbe sempre "parziale" (parziale accoglimento e parziale improponibilita'), e il danno liquidato all'esito del giudizio potrebbe non coincidere con il danno effettivamente patito, atteso che resta comunque preclusa l'acquisizione, al processo, dei documenti non forniti all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale. Se invece, al contrario, si ritenesse l'art. 145 comma primo C.d.a., in contrasto con la Costituzione, quanto meno nella parte in cui impone i requisiti di contenuto previsti nell'art. 148 C.d.A., la questione pregiudiziale di rito potrebbe essere definita immediatamente sulla scorta dei documenti in atti prodotti (al pari, ad. es. dell'art. art. 38 ultimo comma c.p.c., per le questioni di competenza), e la domanda proposta dal signor Castucci dovrebbe considerarsi integralmente "proponibile", atteso che la prova documentale delle trattative intercorse tra le parti, e la stessa corresponsione di una somma, pur ritenuta non congrua dal danneggiato e da questi accettata a titolo di acconto, consentirebbero di ritenere raggiunto lo scopo della norma, al pari del previgente art. 22 legge n. 990/69. La domanda del Castucci sarebbe, quindi, interamente "proponibile", e potrebbero essere acquisiti al processo tutti i documenti allegati al fascicolo dell'attore, inclusi i documenti medici del 29 febbraio 2008 e del 5 marzo 2008, restando irrilevante la circostanza che non siano stati forniti all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A. Inoltre, la questione relativa alla proponibilita' della domanda verrebbe, in tale ipotesi, definita immediatamente, e non gia' procrastinata (in tutto o in parte) all'esito del giudizio di merito. In conclusione, ad avviso della G.d.P., la questione di costituzionalita' e' rilevante nel presente giudizio, per tutti i motivi esposti e per gli ulteriori di seguito evidenziati. 3 - Sulla impossibilita' di una interpretazione costituzionalmente orientata. La possibilita' di una interpretazione conforme a Costituzione e' soltanto parziale (per l'art. 145 comma primo C.d.A., applicabile alla fattispecie in esame), e lascia aperto dubbio di legittimita' costituzionale. L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 145 comma secondo C.d.A. Il vigente art. 145 comma primo C.d.A. (Proponibilita' dell'azione di risarcimento) testualmente recita: "Nel caso si applichi la procedura di cui all'articolo 148, l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi e' obbligo di assicurazione, puo' essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalita' ed i contenuti previsti all'articolo 148. (.)" Dunque ai fini della proponibilita' della domanda, l'art. 145 comma 1 C.d.A. oltre a prevedere il decorso di un certo spatium deliberandi, prescrive (ed e' questa la novita') anche che la richiesta risarcitoria debba rispettare un certo contenuto, come individuato dall'art. 148 C.d.A. (articolo al quale la norma fa esplicito rinvio, limitatamente alle "modalita' ed ai contenuti" della racc. a.r. come emerge dal chiaro tenore letterale della norma). A ben vedere, l'innovazione apportata consiste nell'aver fuso le discipline di cui agli artt. 22 legge n. 990/69 e 3 legge n. 39/77, istituendo una procedura stragiudiziale obbligatoria, destinata a definirsi con l'esatto adempimento dell'obbligo imposto all'assicuratore di formulare l'offerta congrua. La ratio della norma e' quella di favorire la formulazione dell'offerta congrua, ponendo l'assicuratore in grado di adempiere la propria obbligazione, con l'uso dell'ordinaria diligenza. La ratio legis della nuova disciplina e' chiara. La valutazione giudiziale circa la "completezza" o meno del contenuto della richiesta risarcitoria e', infatti, speculare alla valutazione di "congruita'" dell'offerta stragiudiziale, effettuata sulla scorta di quella richiesta. La ratio della norma si rinviene nel collegamento funzionale tra gli oneri di contenuto ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., e la formulazione della "offerta congrua e motivata" ex art. 148 commi primo e secondo C.d.A., con finalita' deflattive rispetto contenzioso giudiziario. Nel linguaggio comune (v. art. 12 disp. prel. cc.) "congruo" - che deriva dal latino congruu(m), congruere, "coincidere" - ha il significato di qualcosa che corrisponde perfettamente al bisogno, alla necessita'; che e' proporzionato a determinate esigenze. L'offerta "congrua" e' soltanto quella idonea a risarcire integralmente il danno subito, con la precisazione che tale valutazione andra' compiuta dall'Assicuratore nei limiti di quanto allegato e provato dal danneggiato nel corso della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A.. E' evidente che l'Assicuratore potra' formulare una offerta "congrua" al danneggiato, solamente ove questi collabori, adempiendo diligentemente alle prescrizioni di contenuto imposte dall'art. 145 comma primo C.d.A., per la richiesta risarcitoria stragiudiziale. La "proponibilita'" dell'azione viene cosi', sostanzialmente, a coincidere con la condizione di "mora" dell'assicuratore, nel senso precisato (v. artt. 145 comma primo C.d.A.- art. 148 commi 1-2- C.d.A. - art. 1218 ss c.c.). Il contenuto della richiesta risarcitoria stragiudiziale deve essere tale da consentire all'assicuratore di valutare il danno e di formulare al danneggiato una offerta "congrua" (v. art. 148 commi 1-2 C.d.A.), intendendosi con tale espressione soltanto quell'offerta idonea a risarcire integralmente il danno subito. E' allora evidente che l'esame della questione pregiudiziale di rito, relativa alla proponibilita' o meno della domanda giudiziale, implichi logicamente l'esame delle questioni attinenti al merito vero e proprio, implichi l'accertamento, con cognizione piena e non sommaria, dei fatti costitutivi del diritto azionato, per poter procedere alla liquidazione integrale del danno e valutare quindi la congruita' o meno dell'offerta stragiudiziale. L'accertamento giudiziale circa la "congruita'" dell'offerta , in relazione al contenuto della richiesta stragiudiziale imposto dall'art. 145 comma primo C.d.A., non puo' che essere effettuato con cognizione "piena", e non sommaria. Non si vede, infatti, come si potrebbe procedere in via sommaria e sulla base degli atti (al pari dell'art. 38 ultimo comma c.p.c.) a valutare se una determinata somma sia o. meno idonea a risarcire integralmente il danno alla salute, subito a seguito di un illecito extracontrattuale. L'art. 148 comma secondo C.d.A. (richiamato dall'art. 145 comma primo C.dA.) testualmente dispone: "(..). La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalita' indicate al comma 1. La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si e' verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'eta', all'attivita' del danneggiato, al suo reddito, all'entita' delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonche' dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima. (...). Dal tenore letterale della norma appena riportata emerge, dunque, che per la validita' della richiesta stragiudiziale e' necessario che essa contenga, in definitiva, l'esposizione dei fatti che ne costituiscono la ragione o fondamento, e l'allegazione dei mezzi di prova che l'impresa potra' (e dovra') utilizzare per "accertare" e "valutare" il danno, in mancanza incorrendo nella "mora". Cio' premesso, si tratta di capire: a) se tutti vizi di "contenuto", o soltanto alcuni, possano comportare l'improponibilita' della domanda giudiziale ai sensi del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - 148 comma secondo C.d.A.; b) se la corresponsione di una somma, ritenuta non congrua dal danneggiato, rendi comunque "proponibile" la domanda giudiziale; c) se la mancata offerta, o la corresponsione di una offerta, o il diniego di offerta privi di motivazione o tardivi, rendano comunque "proponibile" la domanda giudiziale; d) se la richiesta di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A., alla quale danneggiate non abbia ottemperato, sia idonea ad "interrompere" i termini ai fini della proponibilita' dell'azione di risarcimento. Se l'omessa richiesta di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A., renda la domanda comunque "proponibile". Quanto ai quesiti sub d), questa GdP ritiene di rispondere negativamente, aderendo ad una interpretazione costituzionalmente orientata, consentita dalla lettera della legge. Si osserva infatti che la relatio dell'art. 145 comma primo C.d.A. all'art. 148 C.d.A., riguarda unicamente le "modalita' ed i contenuti" della richiesta stragiudiziale, che hanno rilevanza ai fini della proponibilita' della domanda, ma non le conseguenze dell'omessa richiesta di chiarimenti da parte dell'assicuratore, ovvero della mancata integrazione ad opera del danneggiato ex art. 148 comma quinto C.d.A.. L'art. 148 comma quinto C.d.A. contempla unicamente l'interruzione dei "termini di cui ai commi 1 e 2" dello stesso art. 148, da intendersi, in assenza di esplicito richiamo all'art. 145 C.d.A., come termini strettamente relativi alla costituzione in mora dell'assicuratore, i cui effetti sono stabiliti dalle regole ordinarie di cui agli artt. 1218 ss codice civile. In forza di tale interpretazione, condivisa da questa GdP, la richiesta di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A. ha l'effetto di interrompere i termini per la costituzione in mora dell'assicuratore, disciplinati dall'art. 148 C.d.A., mentre non ha l'effetto di interrompere il termine dello spatium deliberandi ex art. 145 c.d.a., che dunque continua a decorrere. In tal modo si evita una eccessiva dilatazione dei tempi per l'accesso alla tutela giurisdizionale, in dipendenza delle unilaterali determinazioni dell'impresa di assicurazione, secondo una opzione interpretativa che sarebbe difficilmente compatibile con l'art. 24 Cost., e con l'art. 3 Cost. In definitiva, in caso di mancata integrazione della richiesta risarcitoria lacunosa, decorso il termine contemplato dall'art. 145 comma primo C.d.A., il danneggiato ha comunque la facolta' di agire in giudizio, ma "a suo rischio", atteso che, laddove in sede giudiziaria risulti accertato il vizio di contenuto eccepito dall'assicuratore, la domanda sarebbe improponibile per violazione dell'art. 145 comma primo C.d.A. in combinato disposto con l'art. 148 commi 1-2- C.d.A.. Da cio' consegue che questa GdP ritiene, sul punto, infondata la seconda eccezione di improponibilita' della domanda, sollevata dalla difesa di Axa Assicurazioni S.p.A., posto che le due richieste di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A., con lettere datate 19 settembre 2007 e 30 gennaio 2008, non hanno interrotto il termine di giorni novanta contemplato dall'art. 145 comma primo C.d.A., termine che era comunque ampiamente spirato alla data del deposito del ricorso, in data 5 novembre 2008 e - ovviamente - alla successiva data di notifica dell'atto introduttivo, unitamente al decreto di conversione del rito e fissazione di udienza, avvenuta in data 3 e 6 marzo 2009 per Samich srl ed Axa Assicurazioni S.p.A.. Parimenti, lettera della legge e coerenza logica impongono di ritenere irrilevante, ai fini della questione di proponibilita' della domanda ai sensi dell'art. 145 comma primo C.d.A., l'ipotesi in cui l'assicuratore abbia omesso di richiedere le integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A. Ribadito che comunque, nel caso che occupa, deve ritenersi accertato che l'assicuratore abbia provveduto ben due volte a richiedere le integrazioni ai sensi dell'art. 148 comma quinto C.d.A., in data 19.9.07 e 30.1.08; e che l'offerta di sali euro 300,00 trova la sua motivazione o giustificazione nei vizi di contenuto della richiesta del Castucci, rimasti non sanati, occorre inoltre precisare quanto segue. La mancata offerta, l'offerta tardiva o priva di motivazione, il diniego immotivato di offerta, la mancata richiesta di integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A., sono tutte circostanze che non hanno, in se', alcuna efficacia sanante rispetto ai vizi di contenuto della richiesta risarcitoria stragiudiziale ex art. 145 comma primo C.d.A., perche' nulla in tal senso e' esplicitamente previsto. Ubi lex voluit, dixit; ubi noluit tacuit. Come sopra rilevato, l'art. 148 C.d.A. e' in rapporto di specialita' bilaterale rispetto all'art. 145 comma primo C.d.a.; in secondo luogo e' evidente che l'opposta interpretazione avrebbe l'effetto di svuotare di ogni significato l'imposizione di obblighi di contenuto ai fini della proponibilita' della domanda ex art. 145 comma primo C.d.A. (interpretatio abrogans, non consentita all'interprete). Si e' detto che "Ubi lex voluit, dixit; ubi noluit tacuit". Il fatto che l'Assicuratore abbia negato l'offerta (esplicitamente ovvero attraverso un comportamento omissivo) o che abbia formulato una offerta non congrua ("mancato accordo"), non rende la domanda "proponibile", perche' nulla in tal senso e' previsto nella normativa di cui si discute (art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A. ), a differenza di quanto previsto per la ben diversa procedura di cui all'art. 149 C.d.A. (cfr. l'art. 145 comma secondo C.d.A. in combinato disposto con l'art. 149 comma sesto C.d.A.). Quindi, anche la risposta al quesito sub lettera "c" deve essere negativa. Venendo ora al quesito sub b), sopra enunziato ("se la corresponsione di una somma, ritenuta non congrua dal danneggiato, renda comunque "proponibile" la domanda giudiziale"), la risposta e' indubbiamente negativa. Osserva al riguardo il Gdp che una interpretazione siffatta ("congruita' in senso soggettivo"), avrebbe l'effetto di abrogare l'espresso disposto normativo, che impone (combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi 1-2 - C.d.A.) ai fini della proponibilita' della domanda, un certo "contenuto" della richiesta stragiudiziale, che sia idoneo rispetto alla finalita' di consentire all'assicuratore di formulare una offerta oggettivamente "congrua", ossia realmente "adeguata" o "proporzionata" al danno subito, in forza dei parametri di cui agli artt. 2043 ss cc. - art. 1223 ss cc. (an e quantum debeatur), la cui osservanza e' verificabile in sede giudiziaria, al pari della mora dell'assicuratore ex art. 1218 ss cc. Ritenere che l'espressione "congruita'" dell'offerta possa essere intesa in senso "soggettivo", e' interpretazione illogica, che svuota di ogni significato la norma in esame, in quanto consentirebbe al danneggiato di formulare le richieste risarcitorie dal contenuto piu' generico, in contrasto con l'espresso disposto dell'art. 145 comma primo C.d.A., che impone -i contenuti previsti dall'art. 148". Questa interpretazione non puo' dunque essere accolta, perche' si pone in contrasto con il dato testuale-letterale, con il significato del discorso normativo, quale emerge anche da un raffronto sistematico delle disposizioni in esame. Esaminando le espressioni utilizzate dal legislatore, emerge con chiarezza che l'ipotesi del "mancato accordo" quale condizione di proponibilita', e' contemplata unicamente nella diversa fattispecie di cui all'art. 149 comma sesto C.dA. - art. 145 comma secondo C.d.A.. Nel caso in esame, ove si applica la procedura "ordinaria" di cui all'art. 148 C.d.A., in mancanza di una espressione letterale analoga a quella utilizzata dal legislatore per la diversa procedura di cui all'art. 149 C.d.A., non e' dunque consentito all'interprete di ritenere che la formulazione di una offerta ritenuta "incongrua" con soggettiva valutazione del danneggiato, e da questi rifiutata o magari trattenuta a titolo di acconto ("mancato accordo"), renda la domanda "proponibile". Questa opzione interpretativa non e' praticabile, in quanto esclusa dal dato testuale-letterale, ed esclusa altresi' dalla differenza di ratio tra il vigente art. 145 comma primo C.d.A. e l'abrogato art. 22 legge n. 990/69. Invero, nel regime dell'art. 22 legge n. 990/69, la domanda giudiziale era proponibile anche a fronte di una richiesta risarcitoria incompleta, ed anche a fronte di semplici atti ritenuti "equipollenti" dalla giurisprudenza della S.C. La riforma del 2005 ha apportato innovazioni al regime della condizione di proponibilita' (art. 145 comma primo- art. 148 commi primo e secondo d.lgs. n. 209/2005, TU. Codice delle Assicurazioni), avendo "fuso" la disciplina contenuta nell'art. 22 legge n. 990/69 e nell'art. 3 della legge n. 39/77. A seguito della fusione delle due discipline, l'obiettivo di porre un "filtro" all'azione giudiziaria, viene perseguito in modo assolutamente diverso da quello di cui all'art. 22 legge n. 990/69. Nel vigore dell'art. 22 legge n. 990/69, tale finalita' deflattiva veniva giustamente descritta dalla giurisprudenza nel semplice obiettivo di favorire la "composizione stragiudiziale" delle istanze di risarcimento, evitando i costi di una lite giudiziaria. Con l'entrata in vigore dell'art. 145 comma primo C.d.A., che impone - ai fini della proponibilita' - requisiti di contenuto della richiesta risarcitoria finalizzati alla formulazione della congrua e motivata offerta ex art. 148 C.d.a, non puo' piu' sostenersi che la ratio del filtro all'azione giudiziaria sia circoscritta alla semplice "composizione stragiudiziale" delle istanze di risarcimento. L'art. 145 comma primo C.d.a., e' finalizzato alla formulazione di una offerta effettivamente congrua, ossia idonea a risarcire integralmente il danno patito, in tempi rapidi. In altre parole, con l'entrata in vigore dell'art. 145 C.d.A. e l'abrogazione dell'art. 22 legge n. 990/69, si e' assistito ad una indubbia estensione della nozione di "filtro all'azione giudiziaria", risultando modificato l'obiettivo perseguito dalla norma che regola l'accesso alla giurisdizione. Tale modifica ha costituito un aggravio della posizione del danneggiato, che e' la parte debole della vicenda. "Atti equipollenti" non sono piu' ammissibili ne' rilevanti ai fini della proponibilita' dell'azione giudiziaria, atteso che la norma in esame (art. 145 comma primo - art.148 C.d.A.) impone specifici requisiti di "contenuto" per la richiesta risarcitoria, e specifici oneri di cooperazione, ai fini della proponibilita' della domanda. In definitiva, la disciplina dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi 1-2 C.d.A. si differenzia da quella contenuta nell'art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 C.d.A., che tali "atti equipollenti" in definitiva ammette, secondo una opzione interpretativa coerente con il dettato costituzionale. Ed invero, art. 149 comma sesto C.d.A., testualmente recita: "In caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 o di mancato accordo, il danneggiato puo' proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione. (...)". In definitiva, in forza di questa interpretazione costituzionalmente orientata, resa possibile dalla lettera della legge, la ratio dell'art. 145 comma secondo C.d.A., sostanzialmente coincide con quella dell'abrogato art. 22 legge n. 990/69, dovendo lo scopo della norma ritenersi raggiunto anche per effetto di semplici trattative intercorse tra le parti, quale che sia la ragione per cui esse non siano sfociate in un accordo stragiudiziale. In conclusione, nel caso in esame, il rifiuto dell'offerta di euro 300,00, ritenuta non congrua e trattenuta a titolo di acconto dal signor Castucci, e' circostanza che resta irrilevante e che non rende "proponibile" la domanda, atteso che alla fattispecie in esame deve essere applicato l'art. 145 comma primo C.d.A. - 148 C.d.A., e non gia' l'art. 145 comma secondo C.d.A.- art. 149 C.d.A. La lettera della legge non consente una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 145 comma primo C.d.A., non rinvenendosi, nell'art. 148 C.d.A., alcuna espressione analoga a quella utilizzata dal legislatore nell'art. 149 comma sesto C.d.A. (richiamato dal comma secondo dell'art. 145 C.d.A.). Quanto al quesito sub. a) (se tutte le carenze di "contenuto", o soltanto alcune, possano comportare l'improponibilita' della domanda giudiziale ai sensi del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - 148 comma secondo C.d.A.), si osserva quanto segue. Secondo una prima tesi, non condivisa da questa GdP, la mancanza di uno qualsiasi degli elementi indicati (es. codice fiscale) renderebbe improponibile la domanda. Questa GdP ritiene di aderire ad un orientamento piu' flessibile e maggiormente coerente con il dettato costituzionale, escludendo l'improponibilita' della domanda nei casi in cui la richiesta stragiudiziale, pur incompleta, contenga gli elementi sufficienti affinche' l'assicuratore, con l'uso dell'ordinaria diligenza da lui esigibile (art. 1176 comma 2 cc.), possa procedere all'accertamento della responsabilita' e alla stima del danno. In definitiva il giudice deve procedere ad una valutazione caso per caso, verificando il contenuto della singola richiesta stragiudiziale, valutando l'idoneita' di tale contenuto a consentire o meno all'assicuratore di adempiere la sua obbligazione formulando "offerta congrua", in relazione al danno richiesto. Il giudice deve quindi valutare il comportamento delle parti, verificando da un lato, se l'assicuratore si sia attivato con l'ordinaria diligenza per accertare le responsabilita', valutare danno e procedere alla liquidazione di una offerta "congrua"; dall'altro lato, valutare la conformita' del comportamento del danneggiato ai principi di buona fede, verificando se questi abbia effettivamente compiuto "quanto necessario" ai sensi dell'art. 1206 cc., per consentire all'assicuratore di adempiere la propria obbligazione. In definitiva, una richiesta incompleta potra' comportare la declaratoria di improponibilita' della domanda ex art. 145 comma primo C.d.A., in forza di una valutazione che fara' il giudice caso per caso, in base allo specifico contenuto della richiesta risarcitoria, e in genere in base a tutti gli elementi concreti da cui egli riterra' di poter formare il suo libero convincimento ex art. 116 c.p.c., in relazione al comportamento delle parti nel corso della procedura stragiudiziale obbligatoria ex art. 148 C.d.A. La richiesta stragiudiziale incompleta con riferimento al contenuto, in violazione del combinato disposto degli artt. 145 comma 1 - 148 comma 2 cod. ass., comporta l'improponibilita' della domanda (conseguenza espressamente prevista dall'art. 145 comma C.d.A.) nel solo caso in cui le omissioni siano state tali da impedire all'assicuratore la possibilita' di stimare adeguatamente il danno e di formulare l'offerta congrua, pur con l'uso dell'ordinaria diligenza. Il GdP ritiene di aderire a tale interpretazione, che non risolve tutti i dubbi di legittimita' costituzionale. ma che comunque sembra piu' coerente con il dettato costituzionale, rispetto alla tesi piu' estrema, che ricollega alla formale mancanza di uno qualsiasi degli elementi indicati nell'art. 148 commi l - 2 C.d.A., l'improponibilita' della domanda. Per questi motivi, la sottoscritta GdP ritiene irrilevante l'omessa indicazione dell'attivita' e del reddito del signor Castucci, non avendo costui richiesto il risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti alla temporanea incapacita' lavorativa, e posto che, rispetto alla lesione del bene-salute costituzionalmente garantito, resta giuridicamente irrilevante il reddito prodotto dal soggetto danneggiato. In definitiva i menzionati vizi di contenuto della richiesta risarcitoria del 5.9.07 non determinano l'improponibilita' della domanda, atteso che si tratta di elementi che non potevano, logicamente e giuridicamente, influire nella valutazione del danno lamentato dal Castucci, e nella liquidazione dell'offerta "congrua" ex art. 148 commi 1-2 C.d.A.. Al contrario, come gia' osservato, gli ulteriori vizi di contenuto della richiesta stragiudiziale ex art. 145 comma. primo C.d.A., rimasti non sanati (omessa allegazione dell'entita' delle lesioni, dell'attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, dei certificati medici del 29 febbraio 2008 e del 5 marzo 2008) , rendono improponibile la domanda giudiziale del signor Castucci, trattandosi di elementi che avrebbero influito in modo determinante nella stima del danno e nella liquidazione dell'"offerta congrua" ex art. 148 commi 1-2- C.d.A.. Questa conclusione, cui l'interprete non puo' sottrarsi, suscita dubbi di legittimita' costituzionale. Tuttavia, una diversa interpretazione non sembra consentita dal dettato letterale delle disposizioni in esame, posto che l'art. 145 comma primo C.d.A. , impone a pena di improponibilita' requisiti di contenuto della richiesta stragiudiziale, finalizzati testualmente alla formulazione della "congrua offerta" (si veda l'art. 148 commi 1-2- C.d.A., espressamente richiamato dall'art. 145 comma primo C.d.A.). In forza del chiaro dato testuale-letterale, la ratio di tale normativa consiste nel favorire la formulazione della "offerta congrua", attraverso l'imposizione, alle parti, di precisi oneri di cooperazione (cfr. artt. 1176 comma 2 cc., art. 1206 cc.), la cui violazione - per il danneggiato - e' sanzionata con l'improponibilita' della domanda. La ratio legis non consiste piu', semplicemente, nel favorire il contatto tra le parti e gli accordi stragiudiziali. Quest' ultima soluzione, costituzionalmente orientata, e' oggi resa impraticabile anche dall'interpretazione letterale-sistematica, dal raffronto tra le distinte fattispecie contemplate nel C.d.A. Laddove il legislatore ha inteso perseguire quella ratio, e' invero stato esplicito: cosi' nell'art. 149 comma sesto C.d.A., dove espressamente si contempla il semplice "mancato accordo" ai fini della proponibilita' della domanda; cosi' nell'art. 287 C.d.A., laddove il legislatore non ha imposto ne' obblighi di contenuto per la richiesta stragiudiziale, ne' ha previsto la procedura volta alla formulazione della "congrua offerta". Permane dunque il dubbio di costituzionalita' della menzionata disciplina, che deve essere applicata al caso in esame, e che comporta la dichiarazione di improponibilita' della domanda proposta dal signor Castucci. 4 - Valutazione della non manifesta infondatezza della questione. 4. 1 - Vizio nel procedimento di formazione legislativa. Eccesso di delega. Violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli artt. 1 e 4 della Legge delega n. 229/2003. Violazione dell'art. 117 comma primo Cost., in relazione all'art. 6 n. 1, e all'art. 13 della CEDU- Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n. 130/2008 ed entrato in vigore il 01.12.2009. 4.1.1 - Violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli artt. 1 e 4 della Legge delega n. 229/2003. Primo profilo. Occorre brevemente premettere che l'art. 76 Cost. esprime un principio di legalita' formale e sostanziale, imponendo la preventiva introduzione, con atto legislativo, di principi e criteri idonei a vincolare le scelte del Governo nell'esercizio del relativo potere (cfr. Corte cost. n. 359/1991; Corte cost. 250/1996; Corte cost. 307/2003; Corte cost. 303/2003 ); in particolare, la determinazione dei principi e criteri direttivi da parte del legislatore delegante deve essere sufficientemente specifica, affinche' non sia alterato l'assetto costituzionale delle fonti (cfr. Corte cost. 54/2007 ). Cio' posto, si osserva che l'art. 145 comma primo C.d.A. (d.lgs. n. 209/2005), introduce una innovazione sostanziale e significativa nella disciplina della condizione di proponibilita'. Detta innovazione si pone in contrasto con l'esigenza di apprestare rafforzata tutela al danneggiato, di ridurrei costi di gestione per le imprese di assicurazione e di deflazionare il contenzioso (violazione degli artt. 24 Cost., 111 Cost. 32 Cost., 3 Cost.). L'innovazione sostanziale del regime della condizione di proponibilita' della domanda avrebbe dovuto, quindi, essere oggetto di una specifica delega in tal senso, contenente principi e criteri direttivi utili a circoscrivere la potesta' normativa del Governo. Tale delega non risulta tuttavia contenuta nella legge n. 229/2003. La legge delega n. 229 del «29 luglio 2003 ("Interventi in materia di qualita' della regolazione, riassetto normativo e codificazione. - Legge di semplificazione.2001") non era finalizzata ad innovare il diritto positivo, ma semplicemente a realizzare un riassetto della disciplina in materia di assicurazione obbligatoria per la r.c.a. Inoltre, quale criterio guida, il legislatore delegante indicava il rafforzamento della tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli, avendo riguardo anche al profilo relativo alla liquidazione dei sinistri. Recita infatti l'art. 4 della legge delega ("Riassetto in materia di assicurazioni"): «1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio; ( )». L'innovazione apportata dall'art. 145 comma primo C.d.A., oltre a non essere oggetto di una specifica delega, si risolve in un regime sfavorevole per il danneggiato, vittima del sinistro stradale, che riveste anche la qualifica di "consumatore" assicurato ( avuto riguardo alla obbligatoria procedura stragiudiziale imposta dagli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., ed al giudizio). Sul punto, occorre rammentare che la ratio legis della disciplina sull'assicurazione obbligatoria di cui alla legge n. 990/69, e' stata indicata dalla Corte costituzionale (v. Corte cost. n. 24/1973) nell'esigenza, ritenuta di pubblico interesse, "di garantire il risarcimento del danno alle vittime della circolazione stradale". Il previgente art. 22 legge n. 990/69 aveva lo scopo di "favorire accordi transattivi per la liquidazione del danno e di evitare, per quanto possibile, azioni giudiziarie" (v. lavori preparatori legge n. 990/69, Relazione Dosi al Senato); si trattava, in definitiva, di uno strumento predisposto nell'interesse della generalita' degli utenti della strada, finalizzato a garantire una maggiore e piu' sicura protezione del diritto dei danneggiati al risarcimento (v. Cass. 1974/1718; Corte cost. n. 24/1973) . In coerenza con l'evidenziata ratio della legge sull'assicurazione obbligatoria, i principi e criteri direttivi contenuti nell'art. 4 della legge-delega 29.7.2003 n. 229, erano quindi finalizzati a tutelare il soggetto debole nelle procedure liquidative, anche in attuazione della direttiva comunitaria 2005/ 14/ CE, La Corte costituzionale (Corte cost. ordinanza n. 85 del 5 marzo 2010; Corte cost. n. 180/2009; n. 441/2008; Corte cost. n. 440/2008; Corte cost. n. 205/2008 ) ha affermato che il danneggiato, sia nella procedura di cui all'art. 148 C.d.A, sia in quella di cui all'art. 149 C.d.A. e' un "soggetto debole". Nella legge delega in esame non vi e' alcun cenno circa l'introduzione, nell'ordinamento giuridico, di modifiche relative alla normativa sulla condizione di proponibilita' dell'azione risarcitoria del danneggiato, a seguito di un sinistro rientrante nell'ambito di applicazione dell'ad. 122 C.d.A. Mancano dunque i principi ed i criteri direttivi cui il legislatore delegato avrebbe dovuto attenersi. In conclusione, la norma in esame non trova fondamento nella legge delega n. 229/03; essa apporta una innovazione significativa al regime della condizione di proponibilita' della domanda, che incide negativamente sul diritto di azione e difesa del danneggiato, e che avrebbe richiesto una precisa volonta' espressa dal Parlamento. 4.1.2 - Violazione dell'art. 76 Cost. Secondo profilo. La violazione della legge delega e, quindi, dell'art. 76 Cost., sussiste sotto ulteriore profilo. L'art. 1 della legge delega stabilisce che: «L'art. 20, legge 15 marzo 1997, n. 59... e' sostituito dal seguente: "art. 20. - 1. Il Governo, sulla base di un programma di priorita' di interventi, presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalita' e le materie di intervento, (....); - 2. Il disegno di legge di cui al comma 1 prevede l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nonche' di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, e successive modificazioni, per le norme regolamentari di competenza dello Stato. - 3.Salvi i principi e i criteri direttivi specifici per le singole materie, stabiliti con la legge annuale di semplificazione e riassetto normativo, l'esercizio delle deleghe legislative di cui ai commi 1 e 2 si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente; a-bis) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo (47) (...)». Cio' posto, la norma relativa alla proponibilita' dell'azione di risarcimento prevista nello schema di decreto legislativo sottoposto a parere parlamentare n. 468, trasmesso alla Presidenza del Senato il 18 marzo 2005, ed al parere obbligatorio del Consiglio di Stato depositato il 14 febbraio 2005, era diversa da quella attuale. Invero, il testo di questa disposizione ha subito consistenti modifiche nel periodo successivo al parere del Consiglio di Stato ed al vaglio parlamentare. Ai sensi dell'art. 179 dello schema di decreto legislativo (c.d. bozza del Codice delle Assicurazioni) l'azione per il risarcimento di danni poteva essere proposta dopo che fossero decorsi 60 giorni o 90 giorni (per il danno alla persona) da quello in cui il danneggiato aveva chiesto il risarcimento a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, contenente una serie di indicazioni; in caso di richiesta incompleta l'azione era comunque proponibile dopo il decorso di 120 giorni. E' dunque evidente la discrepanza con il testo dell'art. 145 comma primo C.d.A. entrato in vigore, che ha profondamente innovato il regime di proponibilita' dell'azione diretta ex art.144 C.d.A. e 141 C.d.A.,prescrivendo che la richiesta risarcitoria debba rispettare le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148 C.d.A. Non siamo, quindi, in presenza di un riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni nel rispetto della (...) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' (...) vendo riguardo anche alla correttezza (...) del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio, cosa come previsto dai principi e criteri direttivi dettati dall'art. 4 della legge delega al C.d.A. (legge 29 luglio 2003 n. 229). Il legislatore del 2005 pone, infatti, il danneggiato in una posizione deteriore rispetto al regime previgente (art. 22 legge n. 990/69), ove anche una richiesta dal contenuto generico, ovvero atti ritenuti equipollenti, rendevano la domanda proponibile. Infine, occorre sottolineare che il parere del Consiglio di Stato non e' stato espresso, sul punto, neanche a posteriori. La Corte costituzionale, con la sua ordinanza n. 180 del 19 giugno del 2009 in tema di risarcimento diretto, ha affermato che tale istituto, pur non essendo presente nello schema di decreto legislativo sul quale il Consiglio di Stato ha previamente espresso il suo parere, e' stato oggetto di un esame puntuale della coerenza della nuova normativa da parte del Consiglio di Stato a posteriori in sede di consultazione sulla normativa secondaria attuativa dell'art.150 del C.d.A.; dall'interpretazione coerente della delega non e' sembrato, alla Corte costituzionale, emergere la possibilita' di uno stravolgimento del sistema visto che la nuova procedura agevola la tutela del danneggiato e, in prospettiva, si propone di creare le condizioni per un miglioramento delle prestazioni assicurative. Secondo la Consulta, l'istituto del risarcimento diretto non ha sovvertito i criteri posti dalla legge delega, non modificando la modalita' di ottenimento della tutela da parte del danneggiato. Al contrario, la prescrizione dell'art. 145 comma primo C.d.A., nella parte in cui impone che la richiesta risarcitoria debba rispettare le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148 C.d.A, non e' stata oggetto di alcun parere del Consiglio di Stato ne' preventivo ne' successivo. Anzi, dalla lettura del parere del Consiglio di' Stato n. 746 del 27 febbraio 2006, (relativo, al d.P.R. n. 254/2006, attuativo dell'art. 150 C.d.A. ), emerge (v. punto n. 5) che tale organo conveniva con le ulteriori modifiche in tema di procedimento di liquidazione assentite dall'Antitrust e dai Ministero, tra le quali vi era ".... la previsione di un mero allungamento dei termini (anziche' della interruzione) in caso di richiesta di risarcimento incompleta". Di conseguenza non vi e' stata alcun tipo di "sanatoria" ex post da parte del Consiglio di Stato come, invece, e' avvenuto per l'istituto del risarcimento diretto. Il parere del Consiglio di Stato del 27 febbraio 2006 conforta, indirettamente, la correttezza dell'interpretazione costituzionalmente orientata accolta da questa G.d.P in relazione alla "interruzione dei termini" contemplata nell'art. 148 comma quinto C.d.A., per il caso di "richiesta incompleta" (v. punto n. 3. della presente ordinanza). Tuttavia, i dubbi di legittimita' costituzionale permangono comunque, in relazione alla imposizione dei requisiti di contenuto per la richiesta risarcitoria, di' cui al combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., problematica sulla quale non si e' espresso il Consiglio di Stato. In conclusione, la norma in esame contrasta con l'art. 76 della Costituzione, per aver superato i limiti imposti dalla legge delega n. 229/2003, ed inoltre per la mancata acquisizione del parere del Consiglio di Stato. 4.1.3 - Terzo profilo. Violazione dell'art. 76 Cost., in relazione ai principi delle direttive europee recepiti dalla legge delega (direttiva 2005/14/CE). Il contrasto dell'art. 145 C.d.A. con l'art. 76 della Costituzione, per aver superato i limiti imposti dalla legge delega n. 229/2003, si ravvisa anche sotto il profilo della violazione dei principi delle direttive europee recepiti dalla legge delega, e dunque inglobati nei principi e criteri direttivi imposti al Governo, finalizzati a tutelare il soggetto debole nelle procedure liquidative. Come sopra evidenziato (v. punto n. 4.1.1 della presente ordinanza), l'art. 4 comma 1 lettera a) della legge delega ha imposto al Governo anche il rispetto dei principi e criteri direttivi resi necessari per l'"adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali". La legge delega n. 229/2003 ha dunque recepito le disposizioni comunitarie in materia, ed anche la quinta direttiva sull'assicurazione della responsabilita' civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, n. 14 dell'11 maggio 2005 (direttiva 2005/14/CE, Gazzetta Ufficiale U. E. n. L 149 11.06.2005), che regola espressamente l'azione diretta e che non condiziona l'esercizio dell'azione risarcitoria ad alcuna condizione di proponibilita' o procedibilita' (v. direttive n. 2005/14/CE; n. 2000/26/CE, art. 3, in Gazzetta Ufficiale CE., n. L 181 del 20 luglio 2000). Il legislatore delegato, muovendosi in direzione opposta rispetto ai principi fissati nella legge delega. ha inasprito la disciplina della condizione di proponibilita' dell'azione risarcitoria (introducendo nuovi oneri "di contenuto"), anziche' abrogare la stessa o, quanto meno, prevedere una semplice "condizione di procedibilita'". Sul punto si rammenta la sentenza n. 93/1979 della Corte cost. che, in caso analogo (procedura di conciliazione preventiva nelle controversie di lavoro in materia di pubblici servizi), dichiarava l'illegittimita' costituzionale della legge nella parte in cui disponeva l'improponibilita' anziche' l'improcedibilita' dell'azione. 4.1.4 - Violazione dell'art. 117 comma primo Cost. La norma in esame (art. 145 C.d.A.) viola, inoltre, l'art. 117 comma primo Cost., contrastando coni principi sull'equo processo e sulla effettivita' della tutela giurisdizionale, sanciti all'art. 6 n. 1, e all'art. 13 della CEDU - Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n. 130/2008 ed entrato in vigore il 01.12.2009, (principi desumibili anche dagli artt. 24 e 111 della nostra Costituzione, che ben si integrano con le norme appena menzionate). L'art. 117 comma 1 Cost., a seguito della 1. Cost. 3/2001, cosi' sancisce il limite della funzione legislativa statale (e regionale): 'La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato ... nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali". Sul punto, la legge n. 131/ 2003 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), ha chiarito (art. 1) che "costituiscono vincoli alla potesta' legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell' articolo 117, primo comma, della Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all'articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranita', di cui all'articolo 11 della Costituzione, dall'ordinamento comunitario e dai trattati internazionali". Queste norme fungono, quindi, da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformita' della normativa statale (e regionale) all'art. 117 primo comma Cost. (cfr. Corte cost. sentt. n. 348/2007; 349/2007; 284/2007; Corte cost. n. 39/2008; Corte cost. 102/2008; Corte cost. 93/2010). In particolare e' stato chiarito che "il dovere di rispettare gli obblighi internazionali incide globalmente ed univocamente sul contenuto della legge statale" (Corte cost. sent. n. 348/2007, p.to 4.3). Cio' posto, si osserva che il diritto ad un equo processo e contemplato anche dall'art. 6 n. 1 della CEDU, Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950, a mente del quale "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente, ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale... il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile.... ". L'art. 13 della CEDU, sancisce inoltre che " Ogni persona i cui diritti e le cui liberta' riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali". L'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 (GU C 364 pag. 1),.come adattata a Strasburgo il 12.12.2007 (GU C 303, pag. 1) e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona (ratificato dall'Italia con legge n. 130/2008, entrato in vigore il 1° dicembre 2009), dispone che "Ogni persona i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente, ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha facolta' di farsi consigliare, difendere e rappresentare (...)" Come e' noto, con il nuovo articolo 6 del Tue (Trattato sull'Unione Europea), la Carta di Nizza ha assunto lo stesso valore giuridico dei trattati; il Trattato di Lisbona ha inoltre conferito la qualifica di "principi generali dell'ordinamento comunitario" anche ai diritti fondamentali all'equo processo e all'effettivita' del ricorso, garantiti dalla CEDU. Si e' infatti stabilito che "I diritti fondamentali, garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali". L'art. 145 C.d.A. si pone dunque in contrasto anche con l'art. 117 comma primo Cost., per quanto evidenziato. 4. 2 - L'innovazione introdotta con l'entrata in vigore dell'art. 145 C.d.A. La ratio della legge sull'assicurazione obbligatoria. La ratio della "condizione di proponibilita'" nella disciplina previgente (art. 22 legge n. 990/1969) e nella riforma del T.U. Codice delle Assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005). L'art. 22 della legge n. 990/1969, era una "norma processuale" di stretto diritto (v. Cass. 1974 n. 1718) che non prevedeva "elementi essenziali" o requisiti di "contenuto" della richiesta risarcitoria, ne' imponeva obblighi di comportamento al danneggiato, ai fini della proponibilita' della domanda. La "procedura ordinaria" per il risarcimento del danno, prevista dal menzionato art. 22 legge n. 990/1969, contemplava una condizione di proponibilita' della domanda giudiziale, e si differenziava dalla cosiddetta "procedura rapida" prevista dall'art. 3 della legge n. 39/77, come modificato dall'art. 5 legge n. 57/2001. La "procedura rapida" ex art. 31, n. 39/77, era strumento facoltativo di cui poteva usufruire il danneggiato, il quale, per ottenere la rapida liquidazione del danno, ossia la "congrua offerta" da parte dell'assicuratore, doveva adempiere una serie di oneri di "collaborazione" nell'istruzione della pratica. In definitiva, prima dell'entrata in vigore del C.d.A., esistevano due ben distinte procedure, quella ordinaria e quella "rapida", finalizzata al conseguimento della "offerta congrua"; il danneggiato aveva la possibilita' di scegliere liberamente tra queste due procedure; inoltre, una richiesta risarcitoria "generica" o la mancata collaborazione all'istruzione della pratica, avrebbero comportato, quale unica conseguenza, il mancato ottenimento della offerta congrua, mentre l'azione giudiziaria sarebbe stata proponibile (in tal senso, v. Cass. n. 6507/1991; Cass. 11132/ 1999; cfr. anche Cass. 2005/11601). Infatti secondo la giurisprudenza di legittimita' gli oneri di collaborazione contemplati dall'art. 3 legge n. 39/77, erano prescritti per ottenere effetti di ordine sostanziale, e non incidevano sulla proponibilita' della domanda giudiziale di risarcimento. Per la S.C., la sanzione di improponibilita' prevista dall'art. 22 legge n. 990/69 non poteva dunque essere estesa alla inosservanza delle disposizioni dell'art. 3 legge n. 39/77. Nel regime dell' art. 22 legge n. 990/69, la condizione di proponibilita' aveva lo scopo di "favorire accordi transattivi per la liquidazione del danno e di evitare, per quanto possibile, azioni giudiziarie" (v. lavori preparatori legge n. 990/69, Relazione Dosi al Senato); lo scopo di giungere ad "una sollecita e non dispendiosa risoluzione delle vertenze" in via stragiudiziale, evitando le lungaggini del contenzioso, con conseguente aggravio dei costi per il danneggiato e per la gestione del servizio assicurativo (v. Cass. 1974/ 1718). Si trattava, in definitiva, di uno strumento predisposto nell'interesse della generalita' degli utenti della strada, finalizzato a garantire una maggiore e piu' sicura protezione del diritto dei danneggiati al risarcimento (v. Cass. 1974/ 1718; Corte cost. n. 24/1973). La Corte costituzionale (Corte cost. n. 24/1973) aveva infatti chiarito che l'introduzione, nel nostro ordinamento dell'assicurazione obbligatoria di cui alla legge n. 990/1969 , rispondeva all'esigenza, ritenuta di pubblico interesse, "di garantire il risarcimento del danno alle vittime della circolazione stradale", a fronte dell'enorme sviluppo del mezzo motorizzato di circolazione che implica, per la vastita' del fenomeno, un rischio immanente di carattere generale. La Corte in particolare precisava che ".. la vera finalita' del nuovo sistema non sta nel salvaguardare il patrimonio .del responsabile, ma piuttosto, attraverso una distribuzione mutualistica del rischio, nel garantire il risarcimento del danneggiato "(Corte cost. n. 24/1973). In particolare, la specifica ratio dello spatium deliberandi previsto dall'art. 22 legge n. 990/69, consisteva nel porre l'assicuratore in grado di istruire la pratica, di raccogliere tutti gli elementi di valutazione e favorire la possibilita' di liquidazione dell'indennizzo in via di composizione stragiudiziale, "evitando una troppo sollecita proposizione di giudizi, le cui spese, quando non finissero col gravare, almeno in parte sullo stesso danneggiato, nel caso di eccessivita' delle sue pretese risarcitorie, si risolverebbero comunque in un aggravio del costo di gestione delle imprese, con riflessi pregiudizievoli per l'intero settore del servizio assicurativo" (cosi'; Corte cost. n. 24/1973; v. anche: Corte cost: n. 97/1973; Corte cost. n. 59/1974; Corte cost .n. 19/1975; Corte cost. n. 132/1983; Corte cost.n. 60/!98S; Corte cost. n. 251/2003; Corte cost. n. 128/2004; cfr., anche Cass. 07/22883, che ha ritenuto ammissibili "atti equipollenti", etc. ). Lo scopo perseguito dall'art. 22 legge n. 990/69 era dunque quello di evitare premature e dispendiose domande giudiziali, di favorire il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento, motivo per cui se ne e' ritenuta l'applicabilita' anche nell'ipotesi di sola azione ex art. 2054 cc. nei confronti del responsabile del danno (v., tra le altre: Corte cost. n. 24/1973; Cass. n,. 1718/1974; Cass. 12189/1998; Cass. 15138/2000; Cass. 2003/2655, Cass. 2001/6026). Costante giurisprudenza ha quindi ritenuto raggiunto lo scopo a cui e' preposta la norma di cui all'art. 22 legge n. 990/69, ogni qual volta l'assicuratore e' stato messo a conoscenza del sinistro e della volonta' del danneggiato di essere risarcito, ed abbia avuto il tempo previsto dalla legge per valutare le responsabilita' e le richieste. A titolo esemplificativo, tra le altre si riporta Cassazione 22883/2007: «In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, l'onere imposto al danneggiato dall'art. 22 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 di richiedere il risarcimento del danno all'assicuratore almeno sessanta giorni prima di proporre la relativa azione giudiziaria puo' essere soddisfatto anche con atti equipollenti a quello previsto dalla norma, purche' egualmente idonei al soddisfacimento dello scopo perseguito di consentire all'assicuratore di valutare l'opportunita' di un accordo con il. danneggiato e prevenire premature domande giudiziali, con conseguente dispendio economico (come quando sia intercorsa corrispondenza fra le parti e siano state, poi, condotte trattative di liquidazione del danno, o sia stata pagata una provvisoriale), purche' risulti che l'assicuratore sia stato messo a conoscenza del sinistro, della volonta' del danneggiato di essere risarcito e abbia potuto valutare le responsabilita' e la fondatezza delle richieste» (Cass. civ., Sez. 3, 30/10/2007, n.22883). Nella vigenza dell'art. 22 legge n. 990/1969 quindi la giurisprudenza riteneva proponibile la domanda di risarcimento ,anche sulla base di "atti equipollenti", come ad esempio, la circostanza che tra le parti era intercorsa corrispondenza, da cui si evinceva che la Compagnia di Assicurazioni aveva avuto conoscenza dell'avvenuto incidente, della richiesta di risarcimento dei danni e della possibilita' di una transazione, sollecitata anche dal danneggiante. Con la riforma del C.d.A., il legislatore ha apportato una innovazione sostanziale, avendo "fuso" la disciplina delle due diverse procedure cui si e' sopra accennato, ossia quella "ordinaria" ex art. 22 legge n. 990/69, con la procedura "rapida" prevista dall'art. 3 legge n. 39/1977 nel testo modificato dall'art. 5 legge n. 2001/57. In tal modo, si e' in dottrina osservato che il legislatore ha istituito un "meccanismo obbligatorio" destinato a definirsi con l'esatto adempimento dell'obbligo imposto agli istituti assicuratori di formulare la congrua offerta. L'evidenziata "fusione" delle. due discipline resa evidente dalla lettura del combinato disposto degli artt. 145 C.d.A. - 148 C.d.A., in esame - ha comportato un indubbio svantaggio per il danneggiato, su cui grava un maggior onere di allegazione e di prova, che. rileva non soltanto ai. fini dell'ottenimento della "congrua offerta", ma ai fini della proponibilita' della domanda giudiziale. Una richiesta risarcitoria generica ed incompleta, come il mancato assolvimento degli obblighi- di collaborazione da parte del danneggiato, sono sanzionati con l'improponibilita' della.. domanda giudiziale. Nel regime dell'art. 22 legge n. 990/69 , invece, la domanda giudiziale era: proponibile anche a fronte di .una richiesta risarcitoria incompleta, ed anche a fronte di semplici atti ritenuti "equipollenti" dalla giurisprudenza della S.C. La riforma del 2005 quindi ha apportato innovazioni sostanziali che si sono tradotte in maggiori oneri a carico del danneggiato, ai fini dell'accesso alla giurisdizione, in relazione ai quali sorge il dubbio di legittimita' costituzionale. Con la riforma della condizione di proponibilita' introdotta con il T.U. Codice delle assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005), ed in particolare. con la fusione delle menzionate discipline, si persegue sempre l'obiettivo di porre un "filtro" all'azione giudiziaria, obiettivo che viene tuttavia perseguito in modo assolutamente diverso da quello di cui all'art. 22 legge n. 990/69. Nel vigore dell'art. 22 legge n. 990/69, tale finalita' deflattiva veniva giustamente descritta dalla giurisprudenza nel semplice obiettivo di favorire la "composizione stragiudiziale" delle istanze di risarcimento, evitandovi costi di una lite giudiziaria. Con l'entrata in vigore dell'art. 145 C.d.A., che impone - ai fini della proponibilita' - requisiti di contenuto della richiesta risarcitoria finalizzati alla formulazione della congrua e motivata offerta ex art. 148 C.d.a, non puo' piu' sostenersi che la ratio del filtro all'azione giudiziaria sia circoscritta alla semplice "composizione stragiudiziale" delle istanze di risarcimento. La ratio dell'art. 145 C.d.a., si e' per cosi' dire "estesa" all'obiettivo di formulazione di una offerta effettivamente congrua, ossia idonea a risarcire integralmente il danno patito, nell'obiettivo di deflazionare, per tale via, il contenzioso. In altre parole, con l'entrata in vigore dell'art. 145 C.d.A. e l'abrogazione dell'art. 22 legge n. 990/69, si e' assistito ad una indubbia estensione della nozione di "filtro all'azione giudiziaria", risultando modificato l'obiettivo perseguito dalla norma che regola l'accesso alla giurisdizione. Tale modifica ha costituito un consistente aggravio della posizione del danneggiato, che e' la parte debole della vicenda. "Atti equipollenti" non sono piu' ammissibili ne' rilevano ai fini della proponibilita' dell'azione giudiziaria, atteso che la norma (art. 145-148 C.d.A.) oggi impone specifici requisiti di "contenuto" per la richiesta risarcitoria, e specifici oneri/obblighi di cooperazione, ai fini della proponibilita' della domanda. Oggi, ritenere che le intercorse trattative rendano la domanda comunque "proponibile", e' operazione ermeneutica non piu' percorribile, avendo l'effetto di abrogare la lettera della legge, che impone specifici requisiti di "forma-contenuto", e di aggirare la stessa ratio legis che - come evidenziato - non e' piu' costituita semplicemente dall'obiettivo di "favorire accordi stragiudiziali" identificandosi, invece, nell'obiettivo piu' specifico di giungere alla formulazione della "offerta congrua", con l'integrale soddisfazione dell'interesse sostanziale del danneggiato. Invero, il "filtro all'azione giudiziaria" di cui all'art. 22 legge n. 990/69 e' stato giudicato compatibile con gli artt. 24 Cost. - 3 Cost., considerato che "la limitata remora all'esercizio dell'azione di risarcimento del danno" si inquadra nel sistema dell'assicurazione obbligatoria, ispirato "... all'esigenza di garantire il risarcimento del danno alle vittime della circolazione stradale.. ritenuta di pubblico interesse",onde, la vera finalita' di tale sistema "...non sta nel salvaguardare il patrimonio del responsabile, ma piuttosto, attraverso una distribuzione mutualistica del rischio, nel garantire il risarcimento del danneggiato"; che lo strumento dell'assicurazione obbligatoria di cui alla legge n. 990/1969 persegue finalita' di ordine sociale e garantisce "una piu' rafforzata tutela della vittima" del sinistro; (cosi' Corte cost. n. 24/1973). La condizione di proponibilita' della domanda di cui all'art. 22 legge n.990/1969 rappresentava dunque uno strumento concepito e predisposto, nel quadro dei fini complessivi della legge sull'assicurazione obbligatoria, nell'interesse del danneggiato, della vittima del sinistro stradale. La questione di costituzionalita' viene sollevata da questa GdP in relazione alle consistenti innovazioni apportate alla disciplina del "filtro all'azione giudiziaria" con l'entrata in vigore dell'art. 145 comma 1 C.d.A., innovazioni che comportano un indubbio aggravio per la posizione del danneggiato, e che costituiscono un ostacolo all'esercizio del diritto al risarcimento del danno, come emerge dal raffronto con il previgente art. 22 legge n.990/1969. 4.3 - Violazione del diritto di azione, del diritto di difesa, dei principi del giusto processo e della tutela giurisdizionale effettiva (violazione dell'art. 24 commi primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 2 e 32 Cost. 111 Cost. commi primo, secondo; artt. 2907 - 2697 codice civile; artt. 99-163-164 codice procedura civile). Violazione degli artt. 24 Cost., 111 Cost., 117 comma primo Cost., dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n. 130/2008 ed entrato in vigore il 01.12.2009. Violazione dell'art. 3 commi primo e secondo Cost. in relazione al diritto di azione, al diritto di difesa, ai principi del giusto processo, alla legge processuale. 4.3.1. - L'incerto regime giuridico della richiesta stragiudiziale contemplata nell'art. 145 C.d.A. Gli effetti distorsivi sull'applicazione della regola processuale della soccombenza. L'art. 145 comma primo C.d.A. contempla un singolare atto dalla natura ibrida ed incerta (la richiesta risarcitoria stragiudiziale), che deriva dall'aver voluto configurare la condizione di proponibilita', contraddittoriamente, come fatto sia esterno che interno al processo. Questa operazione si e' realizzata assimilando il "presupposto processuale" (con funzione di "filtro all'azione giudiziaria") ad una sorta di "condizione dell'azione in senso concreto, assimilando la richiesta risarcitoria stragiudiziale ad una sorta di "atto processuale", come traspare dalla imposizione di requisiti di 'forma-contenuto" (v. combinato disposto degli artt. 145, comma primo C.d.A. - art. 148 commi 1-2- C.d.A.), che evocano la disciplina dell'atto introduttivo del giudizio (cfr. art. 163 comma terzo n. 4 e 5 c.p.c.). Il tutto, anche in contrasto con la giurisprudenza costante ("diritto vivente") costituzionalmente orientata, secondo cui le condizioni dell'azione vanno riscontrate in chiave di "affermazione", ossia con riferimento a cio' che e' affermato nella domanda (m, tra le altre: Cass. 2206/1970; Cass. 7634/1986; Cass. 6998/1986; S.U. 1751/89; Cass. 2049/00; Cass. 2326/2004; 24457/05; 13403/05; 20819/06; 4796/06; Cass. Sez. 3 ordinanza n. 3940/2010). La. richiesta risarcitoria stragiudiziale contemplata nell'art. 145 comma primo C.d.A., e' soggetta ad una disciplina di incerta natura, incoerente, che si risolve ai danni della vittima del sinistro stradale. Ed infatti: Da un lato, per espressa lettera (perfezionamento "prima" del processo) e volonta' della legge (perseguire l'obiettivo del "filtro all'azione"), la richiesta stragiudiziale non e', e non deve essere, un "atto processuale", perche' l'atto iniziale del procedimento giurisdizionale resta la "domanda". Ovvio coronario, e' che alla richiesta stragiudiziale ed alla relativa procedura ex art. 148 C.d.A., non debba e non possa applicarsi la tipica disciplina processuale, ne' il principio del contraddittorio, ne' tanto meno il regime delle spese di cui all'art. 91 cpc. Non potra' quindi dolersi il danneggiato se il giudice, all'esito del giudizio che lo veda vittorioso, non liquidera' in suo favore le spese sostenute nella procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A. (che seguono il regime sostanziale di cui agli artt. 1223 ss cc.), in quanto ritenute eccessive o superflue, evitabili con l'uso dell'ordinaria diligenza. La regola oggettiva della soccombenza ex art. 91 cpc, trova infatti la sua ragione giustificatrice nei principi azione e di difesa tutelati dall'art. 24 Cost., ed il suo ambito di applicazione naturale e' unicamente il "processo" ove essa, nel contemperamento voluto dal legislatore, e' destinata a "controbilanciare" tutti gli oneri di allegazione e prova gravanti sull'attore, in forza del principio dispositivo espresso anche nell'art. 2697 cc. D'altro canto, sempre per espressa lettera della legge (imposizione di elementi essenziali di contenuto, allegazioni e corredo documentale ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi 1-2- C.d.A.), sembra che la richiesta risarcitoria stragiudiziale venga, sotto altro profilo, assimilata ad un "atto processuale", quanto ai requisiti di "forma-contenuto" (cfr. art. 163 c.p.c.), assoggettata ai piu' ampi poteri che il giudice esercita nel vaglio delle "condizioni dell'azione", che implicano la trattazione di questioni di merito (relative, in tal caso, all'idoneita' del contenuto della richiesta e delle allegazioni probatorie ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A., a consentire o meno la formulazione di una "offerta congrua" ex art. 148 commi 1-2 C.d.A., valutazione speculare alla sussistenza o meno della mora dell'assicuratore). Ma, ancora una volta, la disciplina rivela tutta la sua contraddittorieta': mentre per le "condizioni dell'azione" resta sostanzialmente irrilevante il momento cronologico in cui esse si perfezionano (cfr., ad es. artt. 110- 111 commi 2-3 c.p.c.), cosi' non e' per il presupposto processuale contemplato dall'art. 145 comma primo C.d.A., che deve necessariamente perfezionarsi prima del processo, nel rispetto del termine dello spatium deliberandi. Da cio' consegue che non potra', il danneggiato, nel corso del giudizio, sopperire alle carenze di contenuto e probatorie della sua richiesta stragiudiziale, in violazione del combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi 1-2- C.d.A.; non potra' il danneggiato invocare che la domanda giudiziale, questa si, contiene tutte le necessarie allegazioni e prove non fornite nel corso della procedura stragiudiziale. Al contrario, proprio questa circostanza e discrepanza, gli costera' la dichiarazione di improponibilita' della domanda, con l'automatica condanna alle spese, in forza della regola oggettiva della soccombenza ex art. 91 c.p.c. In questo sistema, infatti, la regola della soccombenza ex art. 91 c.p.c., nei fatti, finisce per operare a svantaggio della vittima del sinistro, come verra' meglio evidenziato a breve. 4.3.2. - Il primo ostacolo al diritto di azione. La dilatazione, di fatto, dello "spatium deliberandi". La dilatazione dei tempi di accesso alla tutela giurisdizionale effettiva. La proliferazione del contenzioso. Come sopra evidenziato, e' senza dubbio improponibile la domanda giudiziale del signor Castucci Renato, fondata su informazioni e documenti non allegati alla richiesta stragiudiziale, in violazione del combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.a. Il signor Castucci, infatti, non indicava l'entita' delle lesioni subite, ne' provvedeva ad allegare, alla richiesta stragiudiziale, l'"attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti". Sul punto si osserva che, per adempiere tale onere di "contenuto", il danneggiato si vede costretto ad attendere il decorso del tempo necessario per la stabilizzazione dei postumi (nel caso che occupa, qualche mese). In definitiva. per tale via, di fatto risulta dilatato lo "spatium deliberandi" ben oltre il termine di giorni 90, di cui agli artt. 145 comma primo- art. 148 C.d.A., il che comprime ulteriormente il diritto di azione del danneggiato, in contrasto con l'art. 24 Cost. La tutela giurisdizionale (intesa come risposta alla domanda di tutela del diritto sostanziale azionato, come decisione sul merito) viene ostacolata sotto ulteriore profilo. Questa norma (combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.a.), imponendo, per la richiesta risarcitoria ed ai fini della proponibilita', le "modalita' ed i contenuti" di cui all'art. 148 C.d.A., ha trasformato quella che doveva essere una semplice questione preliminare di rito, di agevole soluzione, in una vera e propria "questione di merito", suscettibile di definizione integrale soltanto all'esito del giudizio vero e proprio. Infatti questa disciplina assimila il presupposto processuale in essa contemplato, ad una speciale "condizione dell'azione in senso concreto". In definitiva, ritiene il Giudice di Pace che questa disciplina possa comportare (e comporta nel caso in esame) una confusione logico-giuridica tra la questione pregiudiziale di rito (o preliminare di rito) ed il giudizio di merito, e con essa ripercussioni negative su altri diritti ed interessi costituzionalmente protetti. L'art. 145 comma primo C.d.a. accoglie una diversa e piu' ampia nozione di filtro all'azione giudiziaria"; assimila il "presupposto processuale" ad una speciale condizione dell'azione in senso concreto; impone (evocando la disciplina dell' atto processuale introduttivo del giudizio) requisiti di "forma-contenuto", con poteri di cognizione dell'organo giudiziario estesi a questioni di merito, la cui definizione, tuttavia, rilevera' ai soli fini del rito, della proponibilita' o improponibilita' dell'azione. La proponibilita' della domanda viene subordinata ad un complesso accertamento di fatto del giudicante il quale, volta per volta, esercitando il suo libero convincimento, valutando le prove offerte dalle parti ed il comportamento da queste tenuto nel corso della procedura stragiudiziale, riterra' o non riterra' sussistente la mora dell'assicuratore. Inoltre - come gia' evidenziato - il giudice, per valutare l'applicabilita', alla fattispecie al suo esame, dell'art. 145 comma primo C.d.A., dovra' anche accertare se sussistano o meno le ulteriori speciali "condizioni dell'azione" contemplate negli artt. 149 C.d.A. e 287 C.d.A. Non e' poi prevista alcuna possibilita' di sanatoria, integrando l'improponibilita' ex art. 145 comma primo C.d.A. un vizio insanabile, e dunque un ostacolo all'esercizio dell'azione (a differenza della disciplina sulla incompetenza e sulla carenza di giurisdizione: v. artt. 3844 c.p.c., art. 59 legge n.69/2009). L'ampliamento della nozione di "filtro all'azione giudiziaria", si traduce in maggiori oneri a carico del danneggiato, con riferimento agli elementi essenziali di contenuto della richiesta stragiudiziale e del relativo corredo probatorio-documentale. A tale ampliamento, nei fatti (non essendo garantita l'assistenza tecnica), corrispondera' l'aumento delle probabilita' di una soccombenza giudiziale in mero rito che implica. oltre all'onere economico delle spese giudiziali a carico del consumatore-danneggiato, la dilatazione dei tempi di accesso effettivo alla tutela giurisdizionale (intesa come decisione sul merito del diritto sostanziale azionato). E' evidente che tale disciplina comporta una eccessiva e non giustificata compressione del diritto di azione, ed una proliferazione del contenzioso in contrasto con gli artt. 24 Cost. e 111 Cost. 4.3.3 - Ulteriori profili della violazione del diritto di azione, del diritto di difesa, dei principi del giusto processo. Gli effetti "negativi-distorsivi" della disciplina di cui all'art. 145 C.d.A., sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, e sulla regola processuale della soccombenza. Gli effetti pratici di tale consistente innovazione, che comprime oltre il necessario il diritto di azione e di difesa ex art. 24 Cost. - 111 Cost. del soggetto danneggiato, possono essere sintetizzati come segue. L'ampliamento della nozione del "filtro all'azione giudiziaria", coni requisiti di "forma-contenuto", con i maggiori oneri di allegazione e probatori riferiti alla richiesta stragiudiziale ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., incide direttamente sul diritto di difesa del danneggiato, ex ari 24 Cost. comprimendolo significativamente. Lo scopo deflattivo e' perseguito dalla normativa vigente attraverso l'imposizione di oneri-obblighi di contenuto per la richiesta risarcitoria stragiudiziale, finalizzati alla formulazione della "congrua offerta" che, come sopra evidenziato, e' definizione che implica l'integrale risarcimento del danno (v. punto 3 della presente ordinanza). Nei fatti, tuttavia, tale normativa limita la possibilita' di chiedere e di provare in giudizio il danno realmente patito. Il diritto al risarcimento integrale del danno (nel caso in esame, per la lesione del bene-salute dell'individuo) e' costituzionalmente garantito, come evidenziato nel punto n. 4.4.1 della presente ordinanza. La "congrua offerta" contemplata dall'art. 148 C.d.A., non potra' che essere effettuata dall'Assicuratore sulla scorta delle sole allegazioni, informazioni e documenti forniti dal danneggiato con la richiesta ex art. 145 comma primo C.d.A., ed eventuali integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A. La definizione della questione di proponibilita' della domanda del signor Castucci implica, dunque, che la sottoscritta giudicante dovra' valutare la congruita' o. meno dell'offerta di euro 300,00 effettuata dall'assicuratore prima dei presente giudizio, esclusivamente con riferimento alle informazioni ed ai documenti che si provera' essere stati forniti dal danneggiato signor Castucci all'Assicuratore, nel corso della procedura stragiudiziale. La domanda o il capo di domanda fondato su allegazioni e documenti non forniti all'assicuratore nel corso della obbligatoria procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A., sono infatti colpiti dalla sanzione dell'improponibilita' (v. art. 145 comma primo - art. 148 comma secondo C.d.A.). L'eventuale valutazione di "congruita'" della somma di euro trecento, offerta e versata al danneggiato signor Castucci nel corso della procedura ex art. 148 C.d.A., potrebbe non comportare la definizione integrale della presente controversia, e il danneggiato potrebbe vedersi costretto ad instaurare un nuovo giudizio (proliferazione del contenzioso, in contrasto con la ratio legis sopra evidenziata e con l'art. 111 Cost.). Infatti, quella somma di euro 300,00, pur considerata dal giudice "congrua" con valutazione "ex ante", ossia riferita al momento della obbligatoria procedura stragiudiziale, potrebbe non coincidere con la somma idonea a risarcire integralmente il danno effettivamente patito, perche' questa giudicante dovra' dichiarare la domanda improponibile, e non potra' utilizzare nel presente giudizio quelle allegazioni e quei documenti (segnatamente, quanto meno, i documenti medici del 29 febbraio 2008 e del 5 marzo 2008 allegati al fascicolo dell'attore) non forniti all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale, in violazione dell'espresso disposto di cui agli artt. 145 comma primo C.d.A. art. 148 comma secondo C.d.A. L'accertamento relativo alla "congruita'" della somma versata in fase stragiudiziale, e l'accertamento relativo alla "mancanza della mora dell'assicuratore'', comportano infatti la declaratoria dl improponibilita' della domanda. La riforma del 2005 ha ampliato gli oneri a carico del danneggiato, ancorandoli alla procedura stragiudiziale, sottraendoli alle garanzie processuali (diritto di difesa, contraddittorio tra le parti in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo ed imparziale etc.), e prevedendo, al contempo, che la loro violazione venga sanzionata nel processo, con la dichiarazione di improponibilita' (vizio insanabile), alla quale consegue la condanna alle spese secondo la regola oggettiva della soccombenza ex art. 91 c.p.c.. Il mancato adempimento di questi oneri, come l'accertamento della "congruita'" dell'offerta stragiudiziale, sono infatti sanzionati, nel processo, con la dichiarazione di improponibilita'. Si osserva, inoltre, che le nullita' della citazione ex artt. 163 comma terzo cpc n. 3 e n. 4, possono essere sanate senza particolari conseguenze (v. art. 164 comma 4 e 5 cpc), che la mancata indicazione dei mezzi di prova ex art. 163 comma terzo n. 5 cpc, non e' sanzionata con la nullita' della citazione. Del tutto diversa la disciplina della richiesta risarcitoria stragiudiziale, ove la mancata allegazione di circostanze e documenti e' contemplata quale vizio insanabile, sanzionato con l'improponibilita' della domanda giudiziale (v. art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A.). L'art. 145 comma primo C.d.A., nell'imporre i requisiti "di contenuto" di cui all'art. 148 commi 1-2- C.d.A., ha "esteso" la nozione di "filtro all'azione giudiziaria", rispetto all'abrogato art. 22 legge n. 990/69, finendo per incidere sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, creando un regime speciale e sfavorevole per il danneggiato, che comprime e rende eccessivamente gravoso l'esercizio del suo diritto di azione e di difesa. Tale normativa limita la possibilita' di chiedere e di provare in giudizio il danno realmente patito. Si assiste quindi ad una indubbia violazione del diritto di azione e di difesa ex art. 24 Cost., atteso che, in virtu' del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A., non potranno essere utilizzate in giudizio le allegazioni e le prove rimaste estranee alla procedura risarcitoria stragiudiziale, perche' il capo o parte di domanda che ad esse si riferisca e' colpito dalla sanzione dell'improponibilita'. Eppure gli artt. 2907 cc., art. 2697 cc. - 99 cpc, 163 cpc, collegano la tutela giurisdizionale dei diritti. alla domanda di parte, collegano l'onere di allegazione e l'onere probatorio al processo giurisdizionale, e non ad un momento ad esso antecedente. La normativa in esame, sembra voler assimilare la richiesta stragiudiziale all'atto introduttivo del giudizio, quanto a requisiti di forma-contenuto, senza tuttavia garantire in alcun modo la difesa tecnica (violazione dei diritto di difesa, art. 24 Cost.). Nella procedura stragiudiziale non e' garantita l'assistenza tecnica di un legale, a fronte dei complessi adempimenti richiesti al consumatore-danneggiato, con conseguente aumento del rischio dell'errore. Inoltre, anche nel caso in cui il danneggiato risultera' vittorioso nel giudizio, le spese relative alla procedura stragiudiziale non gli saranno riconosciute automaticamente ex art. 91 c.p.c., ma secondo i criteri di cui agli arti. 1223 ss cc. restando per esse inapplicabile la regola processuale della soccombenza. Tale riforma comporta distorsioni evidenti nell'applicazione della regola processuale della soccombenza, che si risolvono ai danni della vittima del sinistro, in aperto contrasto con la ratio della disciplina sull'assicurazione obbligatoria, che intendeva apprestare in favore di questi una tutela rafforzata . I maggiori oneri di allegazione e probatori, riferiti alla procedura stragiudiziale ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., ove non e' garantita l'assistenza tecnica di un legale, implicano inevitabilmente un aumento delle probabilita' di un non corretto adempimento degli stessi. Da cio' conseguira' inevitabilmente un aumento delle probabilita' della soccombenza giudiziale del danneggiato in una pronunzia di mero rito, cui seguira' la condanna alle spese secondo la regola giudiziale (oggettiva) della soccombenza ex art. 91 c.p.c.. L'aumento delle probabilita' della soccombenza giudiziale del danneggiato in una pronunzia di mero rito, rende evidente il rischio di una moltiplicazione dei giudizi aventi ad oggetto il medesimo fatto storico, effetto che evidenzia l'irragionevolezza di questa disciplina, che si pone in contrasto anche. con l'art. 111 Cost. (ragionevole durata dei processo). 4.3.4 - Violazione del principio di eguaglianza. Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al regime processuale generale (art. 3 comma primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 24 Cost. 111 Cost.). L'applicazione dell' art. 145 comma primo C.d.A. comporta rilevanti conseguenze nell'ambito del processo, incidendo sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, e quindi sul diritto di difesa, a svantaggio del solo soggetto danneggiato che abbia agito in giudizio ai sensi degli artt. 144 C.d.A., 141 C.d.A., o 2054 cc. nelle correlative ipotesi. L'effetto pratico dell'applicazione di tale disciplina consiste, quindi, nel creare una ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti dell'ordinamento, rispetto alla applicazione delle ordinarie norme processuali, che regolano l'onere di allegazione e l'onere della prova ancorandoli agli atti del processo. In particolare, la norma realizza una ingiustificata disparita' di trattamento tra danneggiati ed impresa di assicurazione, quali soggetti legittimati attivamente e passivamente rispetto alle azioni ex art. 144 C.d.A. e 141 C.d.A. (per le quali vige il regime della condizione di proponibilita' di cui all'art. 145 comma primo C.d.A.). Infatti non potranno essere acquisite al processo tutte le allegazioni e le prove che il danneggiato non abbia provveduto a fornire all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale, in violazione del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A.- art. 148 comma secondo C.d.A. L'applicazione delle ordinarie regole processuali non risulta, invece, compromessa con riferimento alla posizione dell' impresa di assicurazioni convenuta (ai sensi dell'art. 144 C.d.A., e dell'art. 141 C.d.A.), la quale e' automaticamente avvantaggiata dalle interferenze negative sulla posizione processuale dell'attore, che derivano dall' applicazione dell'art. 145 comma primo C.d.A. Inspiegabilmente, questa indubbia posizione processuale di vantaggio (lesiva del principio di eguaglianza) risulta accordata al legislatore unicamente alle imprese di assicurazioni convenute ai sensi dell'art. 144 C.d.A. o dell'art. 141 C.d.A., e non, invece, all'impresa di assicurazioni convenuta ai sensi dell'art. 149 comma sesto C.d.A. (cfr. art. 145 comma secondo C.d.A.), ne' all'impresa di assicurazioni intervenuta nel giudizio ex art. 149 comma sesto C.d.A., ne', infine, al Fondo di Garanzia per le vittime della Strada, convenuto in giudizio in persona dell'impresa designata ai sensi dell'art. 287 C.d.A.. Da quanto esposto, emerge la violazione del principio di eguaglianza dei soggetti dell'ordinamento e delle parti innanzi alla legge processuale; la violazione del principio dello svolgimento del processo nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo ed imparziale; la violazione del diritto di difesa del danneggiato (violazione dell'art. 3 Cost. in relazione agli artt. 24 Cost. e 111 Cost. commi primo e secondo). In particolare, come ampiamente esposto, l'applicazione pratica della regola oggettiva della soccombenza ex art. 91 c.p.c., finisce per operare, nei fatti, con uno sbilanciamento in favore dell'impresa di assicurazioni convenuta ai sensi degli artt. 144 C.d.A., e 141 C.d.A. (azioni cui e' applicabile l'art. 145 comma primo C.d.A.), il nuovo sistema, infatti, amplia la nozione di "filtro all'azione giudiziaria" (imponendo oneri di contenuto, v. art. 145 C.d.A.), cui inevitabilmente consegue l'aumento del rischio dell'errore nel corso della obbligatoria procedura stragiudiziale, ove non e' garantita l'assistenza tecnica; questo errore verra' sanzionato in giudizio con la declaratoria di improponibilita' e conseguente condanna alle spese ex art. 91 c.p.c. Al contrario, nel caso in cui il danneggiato risulti vittorioso in giudizio, non trovera' comunque applicazione la regola di cui all'art. 91 cpc con riferimento alla redazione dell'atto stragiudiziale ed alle attivita' ad esso connesse. Risulta quindi evidente la discriminazione che, di fatto, viene a crearsi non soltanto a svantaggio della categoria di danneggiati legittimati alle azioni ex artt. 144 C.d.A. e 141 C.d.A., ma anche a svantaggio dei cittadini meno abbienti, i quali non potranno permettersi di sostenere le spese per l'assistenza di un avvocato niella procedura stragiudiziale (violazione dell'art. 3 comma 2 Cost., in relazione all'art. 24 Cost). 4. 4 - violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.). Violazione dell'art. 3 Cost. in relazione al diritto di azione, al diritto di difesa, ai principi del giusto processo, alla legge processuale, alla tutela del diritto alla salute (art. 3 comma primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 24 primo e secondo comma Cost.; 2 e 32 Cost.; art. 111 comma primo e secondo Cost.; art. 2907 cc.; art. 2697 cc.; art. 99 cpc; art. 163464 c.p.c.). Violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art. 117 comma primo Cost., in relazione agli artt. 1, 3, 47 della Carta di Nizza. Violazione del principio di ragionevolezza. 4.4. 1 - Identita' del bene giuridico leso, costituzionalmente protetto, e pluralita' di azioni dirette. Il diverso regime di proponibilita' delle azioni dirette contemplate nel C.d.A., e della stessa azione ex art. 2054 cc. In primo luogo occorre considerare l'identita' degli interessi costituzionali sottesi all'art. 145 comma primo C.d.A., all'art. 145 comma secondo C.d:A., all'art. 287 C.d.A. (cfr. Corte cost. sent. n. 310/1996). La disciplina dettata dall'art. 145 comma primo C.d.A. arreca lesione ai medesimo bene costituzionalmente protetto (tutela giurisdizionale del diritto alla salute, ex artt. 2 Cost., 32 Cost., 24 Cost., e normativa comunitaria sopra richiamata, in relazione all'art. 117 comma primo Cost.) che fonda la disposizione relativa al caso diverso assunto come tertium comparationis (art. 287 C.d.A.). Il diritto sostanziale leso (diritto alla salute) resta identico, pur nella diversita' delle azioni dirette contemplate nel C.d.A.; ed identici sono i fatti principali rilevanti, ossia idonei a concretare il nucleo della fattispecie astratta in questione (diritto al risarcimento del danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo sulle strade di uso pubblico, o su aree a queste equiparate, cfr. artt. 2054 cod. civ. art. 122 Codice delle Assicurazioni). Gli ulteriori fatti contemplati dalle norme di cui agli artt. 141 C.d.A., 144 C.d.A., 149 C.d.A., 287 C.d.A., a ben vedere assolvono alla sola funzione di identificare i soggetti obbligati al risarcimento nel caso concreto. Nelle fattispecie appena richiamate, muta unicamente il soggetto che per legge risulta obbligato al risarcimento del danno, rispetto alla medesima lesione aquiliana del diritto alla salute (diritto assoluto dell'individuo, fondamentale ed inviolabile, tutelato dall'art. 32 Cost.). In particolare; in relazione alla struttura dell'"azione diretta", la giurisprudenza della S.C. (Cass 12376/07) ha chiarito che il suo oggetto risulta complesso, e che si compone: a) dell'azione di accertamento, che il danneggiato puo' svolgere - ai sensi del terzo comma dell'art. 2054 c.c. - anche in via esclusiva nei confronti del responsabile, che pero', in questo caso viene svolta non solo tra le parti che rispetto al rapporto che ne e' oggetto sarebbero legittimate in senso sostanziale, bensi' anche nei riguardi di un soggetto estraneo a tale rapporto, cioe' l'assicuratore; b) e dell'azione nascente dal contratto assicurativo, riguardo alla quale la stessa legge attribuisce al danneggiato la legittimazione straordinaria e rispetto alla quale l'accertamento della responsabilita' costituisce un presupposto. La S.C. ha quindi precisato che: "...nella descritta struttura complessa dell'azione diretta la funzione di presupposto necessario e' svolta, tuttavia, dal solo accertamento della responsabilita' nell'an e nel quantum del responsabile ai sensi dell'art. 2054 c. c., comma 3. Non assume, invece, funzione di presupposto la richiesta di condanna del responsabile (...)" "... tale petitum non fa parte della struttura complessa dell'azione diretta per come si e' descritta, ma trae titolo esclusivamente dalla norma del terzo comma dell'art. 2054 c.c., comma 3. In altri termini, quando il responsabile esercita l'azione diretta deve necessariamente chiedere l'accertamento concernente l'azione di cui all'art. 2054 c.c., comma 3, perche' esso fa parte dell'oggetto dell'azione diretta. La domanda ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 3, svolta nella sua integralita' e quella inerente l'azione diretta presentano parziale coincidenza di causa petendi e di petitum. La parziale coincidenza della causa petendi concerne la fattispecie costitutiva dell'accertamento della responsabilita' dell'assicurato responsabile. Quella relativa al petitum concerne soltanto la richiesta di tale accertamento" (Cass. 12376/07). In definitiva, nella descritta struttura complessa dell'azione diretta, la funzione di presupposto necessario e' svolta dal solo accertamento della responsabilita' nell'an e nel quantum del responsabile ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 3 (v. Cass. 12376/07). Occorre, inoltre, rammentare che la condizione di proponibilita' della domanda di cui all'art. 145 C.d.A., deve essere assolta anche nel caso in cui il danneggiato scelga di agire nei confronti del solo responsabile civile, ai sensi dell'art. 2054 cc. (v., tra le altre, Corte cost., n. 24/1973; Corte cost., n. 19/1975; Cass. n. 1718/1974). Di conseguenza, anche la proponibilita' della stessa azione ex art. 2054 comma terzo c.c. segue un doppio regime, e precisamente: a) il regime dettato dall'art. 145 comma primo C.d.A., nel caso in cui il soggetto sia legittimato (anche) alle azioni ex art. 144 C.d.A. , ovvero ex art. 141 C.d.A.; b) il diverso regime di cui all'art. 145 comma secondo C.d.A., nel caso in cui il soggetto danneggiato sia legittimato (anche) all'azione ex art. 149 comma sesto C.d.A. Queste precisazioni pongono in luce alcuni profili di illegittimita' dell'art. 145 comma primo C.d.A. (norma che deve essere applicata alla fattispecie in esame) per violazione dell'art. 3 Cost., realizzando tale normativa una ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni di fatto eguali. Infatti, come sopra evidenziato, nella struttura complessa dell'azione diretta, la funzione di presupposto necessario e' svolta dal solo accertamento della responsabilita' nell'an e nel quantum del responsabile, ai sensi dell'art. 2054 comma 3 cc. Si consideri, inoltre, l'identita' degli interessi costituzionali sottesi all'art. 145 comma primo C.d.A., all'art. 145 comma secondo C.d.A., all'art. 287 C.d.A. (cfr. Corte cost. sent. N. 310/1996, sopra citata). In tutte le fattispecie appena richiamate viene in questione la tutela giurisdizionale del diritto inviolabile della persona alla salute, costituzionalmente protetto (artt. 2 Cost., 32 Cost., 24 Cost.). L' ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni di fatto eguali, sussiste in primo luogo tra le ipotesi disciplinate nel primo e nel secondo comma dell'art. 145 C.d.A. La violazione dell'art. 3 Cost., sussiste poi, anche sotto il profilo della irragionevole disparita' di trattamento tra le fattispecie contemplate nell'art. 145 comma primo C.d.A., e le fattispecie cui e' applicabile la ben diversa disciplina della condizione di proponibilita' di cui all'art. 287 C.d.A. 44.2 - Ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento tra soggetti danneggiati, rispettivamente legittimati attivamente alle azioni ex artt. 144 C.dA., 141 C.d.A., ed alle azioni ex art. 149 comma sesto C.d.A. e 287 C.d.A.. Ingiustificata disparita' di trattamento tra danneggiati, legittimati all'azione ex art. 2054 codice civile. L'art. 145 comma primo C.dA. (applicabile per le fattispecie di cui agli artt. 144 C.d.A., 141 C.d.A., nonche' in caso di azione ex art. 2054 cc. nelle correlative ipotesi), contempla una problematica figura di "presupposto processuale", che e' contemporaneamente "condizione della giurisdizione" e "condizione dell'azione"; impone oneri di contenuto per la richiesta stragiudiziale, finalizzati alla corresponsione della "congrua offerta" ex art. 148 C.d.A. Ulteriori problemi sorgono, in sede di applicazione delle norme del C.d.A. che regolano la condizione di proponibilita', in quanto le differenti discipline previste, sono collegate alle diverse fattispecie di "azione diretta", introdotte con la novella del 2005. Per stabilire se ad una fattispecie concreta sia applicabile o meno l'art. 145 comma primo C.d.A., occorre infatti verificare la sussistenza delle condizioni delle azioni ex art. 144 C.d.A., ovvero ex art. 141 C.d.A. e, specularmente, l'insussistenza di alcuna delle ulteriori e speciali "condizioni dell'azione", che legittimano il danneggiato ad agire ex art. 149 comma sesto C.dA., ovvero ex art. 287 C.d.A. Questo complesso regime comporta significative limitazioni alla effettiva possibilita' di agire in giudizio ai sensi degli artt. 144 C.d.A., 141 C.d.A., e 2054 cc. nelle correlative ipotesi; comporta ripercussioni sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, con uno sbilanciamento della posizione delle parti a svantaggio del soggetto danneggiato, in violazione dell'art. 3 Cost., in relazione agli artt. 24 Cost. e 111 Cost. Tale sfavorevole regime non sussiste, invece, per le fattispecie disciplinate dall'art. 145 comma secondo C. (azione ex art. 149 comma sesto C.d.A.) ne' per le fattispecie disciplinate dall'art. 287 C.d.A. Infatti, l'art. 145 comma secondo C.d.A. (v. interpretazione costituzionalmente orientata esposta nel punto 3 della presente ordinanza) e l'art. 287 C.d.A., dettano una disciplina del "filtro all'azione giudiziaria" che sostanzialmente coincide con quella dell'abrogato art. 22 legge n. 990/69, con la conseguenza che l'azione giudiziaria sara' proponibile anche qualora sussistano atti "equipollenti", ossia tutte le volte in cui le trattative intercorse consentano di ritenere raggiunto lo scopo di quelle norme, che consiste, semplicemente, nel favorire il contatto tra le parti e la possibilita' di accordi transattivi per la liquidazione del danno (v. punti n. 3 e n. 4.2 della presente ordinanza). Cio', fermo restando che difficolta' sorgono anche nell'individuare, concretamente, le ipotesi riconducibili al comma primo ovvero al comma secondo dell'art. 145 C.d.A., come verra' evidenziato a breve. Ad avviso della GdP, queste significative differenze di disciplina per la condizione di proponibilita' della domanda, contrastano con l'art. 3 commi primo e secondo Cost., trattandosi sostanzialmente di casi identici, trattati in modo ingiustificatamente diverso. Invero, il discrimina trai due diversi regimi e' collegato alla diversita' dei soggetti legittimati attivamente alle diverse "azioni dirette" contemplate nel T.U. Codice delle Assicurazioni. L'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 145 comma primo CdA. ricomprende i soggetti legittimati alle sole azioni ex artt. 144 C.dA., 141 C.d.A. e 2054 cc. nelle correlative L'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 145 comma secondo CdA. ricomprende i soggetti legittimati alle sole azioni ex artt. 149 comma sesto CdA. e 2054 cc. nelle correlative ipotesi. In definitiva, soltanto per i soggetti legittimati attivamente ad alcune azioni rientranti nell'ambito di applicazione del C.d.A. (precisamente: art. 149 comma sesto C.d.A. ed art. 2054 cc. nelle correlative ipotesi; art. 287 C.d.A.), si applichera' il diverso regime sopra descritto (ex artt. 145 comma secondo C.d.A., ovvero ex art. 287 C.d.A.), piu' favorevole. La discriminazione tra i diversi regimi (e quindi, in primo luogo, la discriminazione tra soggetti danneggiati) sembra arbitraria, perche' effettuata sulla base di criteri che per lo stesso ordinamento appaiono infondati, inadeguati e contraddittori Il rispetto del principio di ragionevolezza richiede di "..ricondurre le deroghe ingiustificate e le arbitrarie eccezioni alle regole gia' stabilite dalla legge ovvero ai principi generali univocamente stabiliti dalla legge" (Corte cost. 314/1983; cfr Corte cost. 28/1957; 9/1975), e che la normativa sia conforme ai criteri di "intrinseca ragionevolezza" (Corte cost. 78/2005), il che non ricorre nel caso che occupa. L'applicazione dei diversi regimi della condizione di proponibilita' (art. 145 comma primo C.d.A. , in luogo dell'art. 145 comma secondo C.d.A. ovvero dall'art. 287 C.d.A.), in sintesi, e' legato a variabili relative al tipo di sinistro (coinvolgimento di due o piu' veicoli, o di veicoli e pedoni, velocipedi etc.) al tipo di veicoli coinvolti (veicoli identificati o non identificati, "assicurati" o non assicurati), alla condizione soggettiva del danneggiato (conducente del veicolo, proprietario , "assicurato", soggetto trasportato, pedone), al tipo e all'entita' dei danni di cui si chiede il risarcimento (es. danni al veicolo; danni alle cose trasportate; danni a cose esterne al veicolo; "fermo tecnico"; danni alla persona inferiori o superiori. al 9% di I.P.); al tipo ed eziologia del danno (danni alla persona subiti dal conducente responsabile o non responsabile); alla circostanza che il veicolo sia stato o meno posto in circolazione contro la volonta' del proprietario, dell'usufruttuario, dell'acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria; alla circostanza che il sinistro abbia o non abbia coinvolto un veicolo immatricolato all'estero (v. artt. 126 comma secondo C.d.A.; art. 149 comma secondo C.d.A). I criteri di cui sopra, richiamati sinteticamente, sembrano infondati, in quanto estranei alla fattispecie costitutiva del diritto sostanziale (costituzionalmente protetto) di cui si invoca la tutela giurisdizionale, diritto che resta sostanzialmente identico, pur nella diversita' delle "azioni dirette" contemplate nel T U. Codice delle Assicurazioni. Identico (ontologicamente e giuridicamente) il bene giuridico leso costituzionalmente protetto (salute), identico il danno alla salute. Il diritto sostanziale del soggetto rimasto danneggiato a seguito di un sinistro rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 122 C.d.A. (d.lgs. n. 209/2005), scaturisce sempre dall'illecito aquiliano di cui all'art. 2054 codice civile, espressamente richiamato dall'art. 122 comma primo C.d.A. ( v. punto 4.4.1 della presente ordinanza). La condizione di proponibilita' disciplinata dagli artt. 145 C.d.A. e 287 C.d.A., ha ad oggetto il diritto al risarcimento scaturente dalla lesione dell'integrita' fisica della persona, tutelato dagli artt. 2 Cost., 32 Cost., 24 Cost. e dagli artt. 1, 3, 35, 47 della Carta di Nizza. Il diritto al risarcimento del danno (biologico, non patrimoniale, patrimoniale, azionato indifferentemente ai sensi dell'art. 144 C.d.A., o dell'art. 141 C.d.A., o dell'art. 149 comma sesto C.d.A., o dell'art. 2054 cc. nei confronti del solo responsabile civile; o dell'art. 287 C.d.A.), scaturisce sempre dalla lesione dell' integrita' fisica del soggetto, cagionata dalla circolazione di un veicolo sulle strade di cui all'art. 122 C. d.A. (v. art. 2054 cc., richiamato dall'art. 122 comma primo C.d.A.; art. 2043 ss cc., art. 2059 cc.; art. 32 Cost.). Identico, in particolare, il diritto azionato ai sensi dell'art. 2054 codice civile nei confronti del solo responsabile civile. Eppure, la stessa azione ex art. 2054 comma terzo codice civile (in relazione alla quale deve essere assolta la condizione di proponibilita' in questione), e' sottoposta al regime di cui all'art. 145 comma primo C.d.A., nel caso in cui il danneggiato sia anche potenzialmente legittimato ad una delle azioni di cui all'art. 144 C.d.A., ovvero 141 C.d.A.; e' invece sottoposta al diverso regime di cui all'art. 145 comma secondo C.d.A., nel caso in cui il danneggiato sia anche potenzialmente legittimato air azione di cui all'art. 149 comma sesto C.d.A. Il fine complessivo della legge sull'assicurazione obbligatoria, consiste nell' apprestare una tutela rafforzata al diritto al risarcimento di cui e' titolare la vittima del sinistro (v. punto 4.2 della presente ordinanza; v. art. 122 comma primo C.d.A.), diritto che resta sostanzialmente identico, pur nella diversita' delle discipline di cui agli artt. 145 comma primo C.d.A.; 145 comma secondo C.d.A.; 287 C.d.A. L'art. 145 comma primo del TU Codice delle Assicurazioni, contrasta con il principio di ragionevolezza sotto ulteriore profilo, atteso che la disciplina in esso prescritta produce effetti che contrastano con il fine voluto dal legislatore (cfr. legge n. 990/69 ed art. 4 legge - delega n. 229/2003; v. punti n. 4.1 e n. 4.2 della presente ordinanza) comportando un "indebolimento" della tutela del consumatore e comunque della vittima dei sinistro. I criteri utilizzati per discriminare tra le diverse discipline sono, indubbiamente, estranei al quadro di interessi che ha ispirato la legge sull'assicurazione obbligatoria (v. punto ti. 4.2 della presente ordinanza), e comunque infondati. Le norme processuali sulla condizione di proponibilita' di cui agli artt. 145 comma primo e secondo C.d.A., e di cui all'art. 287 C.d.A., regolano l'accesso alla giurisdizione, ed hanno natura strumentale rispetto al diritto di cui si invoca la tutela. I criteri utilizzati dal legislatore per discriminare i diversi regimi della condizione di proponibilita' sono infondati, posto che consistono in fattori contingenti ed occasionali, giuridicamente irrilevanti perche' non contemplati direttamente o indirettamente dalle norme sostanziali di riferimento, perche' estranei alle fattispecie costitutive dei' diritti sostanziali azionati (v., ad es. art. 2054 c.c., art. 2059 cc.; art. 590 c.p.; art. 32 Cost.). Dall'esame della normativa sostanziale di riferimento emerge, ad esempio, che resta giuridicamente irrilevante la circostanza che il medesimo danno alla salute sia stato cagionato da un veicolo identificato o non identificato (cfr. combinato disposto artt. 145 C.d.A. - art. 287 C.d.A.- art. comma 1 lettera a) C.d.A.); che la circolazione del veicolo sia o non sia avvenuta prohibente domino (cfr. combinato disposto artt. 145 C.d.A. - art. 287 C.d.A. - art. comma 1 lettera d) C.d.A.). Ancora, la "misura" concreta della accertata responsabilita' di un conducente ("esclusiva" o "concorsuale": cfr. combinato disposto artt. 145 C.d.A. - art. 149 comma secondo C.d.A), rileva essenzialmente ai fini della liquidazione del danno, del "quantum debeatur" (cfr. artt. 2056 cc. , 1223 cc.). Allo stesso modo, l'entita' del danno biologico concretamente patito (invalidita' permanente inferiore o superiore al 9% della totale, cfr. combinato disposto art. 145 C.d.A. - art. 149 comma secondo C.d.A., art. 139 C.d.A.) non rileva ai fini del fatto costitutivo del diritto, dell'obbligazione risarcitoria derivante dall'illecito civile e/o penale, dell'an debeatur. La nota e recente sentenza delle Sezioni Unite (Cass. Civ. Sez. Un. 11 novembre 2008 n. 26972) non ha del resto delineato alcuna differenza tra lesioni micropermanenti (danni di lieve entita' alla persona) e lesioni macropermanenti. Identico il fatto illecito, identico l'evento lesivo, ontologicamente e giuridicamente; identico il danno alla salute patito dalla vittima, anche a fronte della diversa eziologia, delle contingenti ed imprevedibili circostanze sopra riportate, irragionevolmente assunte dal legislatore quali criteri per discriminare l'applicabilita' delle differenti discipline della condizione di proponibilita' della domanda (cfr. art. 145 comma primo e secondo C.d.A.; art. 287 C.d.A.). In definitiva, il diritto sostanziale leso (diritto inviolabile alla salute) resta identico, pur nella diversita' delle menzionate azioni contemplate nel C.d.A., ed identici sono i fatti principali rilevanti, ossia idonei a concretare il nucleo della fattispecie astratta in questione (diritto al risarcimento del danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo sulle strade di uso pubblico, o su aree a queste equiparate, cfr. artt. 2054 cod. civ. art. 122 Codice delle Assicurazioni). Gli ulteriori fatti contemplati dalle norme richiamate, assolvono alla sola funzione di identificare i soggetti obbligati al risarcimento nel caso concreto. La S.C., gia' richiamata (Cass. 12376 /2007) ha infatti precisato che: "...nella .. struttura complessa dell'azione diretta la funzione di presupposto necessario e' svolta... dal solo accertamento della responsabilita' nell'an e nel quantum del responsabile ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 3. (...)". "..In altri termini, quando il responsabile esercita l'azione diretta deve necessariamente chiedere l'accertamento concernente l'azione di cui all'art. 2054 c.c., comma 3, perche' esso fa parte dell'oggetto dell'azione diretta". In conclusione, i criteri contemplati dal legislatore quale discrimine tra i diversi regimi della condizione di proponibilita' della domanda sono infondati, perche' estranei alla fattispecie sostanziale costitutiva dei diritti azionati, e perche' estranei al quadro di interessi che ha ispirato la legge sull'assicurazione obbligatoria, ossia apprestare una tutela rafforzata del diritto al risarcimento della vittima del sinistro. I predetti criteri sono dunque arbitrari ed infondati, e l'art. 145 C.d.A. viola l'art. 3 Cost., anche sotto il profilo della ragionevolezza. Ancora a titolo esemplificativo, la fissazione del limite del 9% della I.P. (cfr. combinato disposto artt. 145 comma secondo C.d.A.- art. 149 comma secondo C.d.A.), quale criterio di discrimina tra il regime di cui all'art. 145 comma primo C.d.A. e di cui all'art.145 comma secondo C.d.A., non trova una ragione logica e coerente, rapportata all'evidenziato fine perseguito dalla legge sull'assicurazione obbligatoria. Incomprensibile resta il motivo per cui, in luogo del 9% non sia stato fissato altro limite "quantitativo" (es., 5% della I.P., ovvero 16% della I.P., etc.). Il limite del 9% sembrerebbe, per una singolare coincidenza (v. importi approvati con D.M. per il risarcimento delle "lesioni micropermanenti" ai sensi dell' art. 139 C.d.A.), calibrato in funzione della competenza del Giudice di Pace, secondo un quadro di interessi indubbiamente estraneo rispetto alla ratio di apprestare una rafforzata tutela al diritto sostanziale della vittima del sinistro, tutela che non puo' mutare in ragione del diverso organo giudiziario competente. Ingiustificata, dunque, la discriminazione tra soggetti danneggiati i quali, a seconda dell'entita' del danno alla salute lamentato (ci si chiede: o "accertato"?), dovranno seguire la procedura stragiudiziale di cui all'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., per poi adire il Tribunale, ovvero la ben diversa procedura di cui all'art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 C.d.A., per poi adire il Giudice di Pace. I criteri in questione appaiono altresi' inadeguati, rispetto alla ratio di rafforzare la tutela del soggetto debole- danneggiato, e di deflazionare il contenzioso. Sotto ulteriore profilo, non si comprende la ragionevolezza di una disciplina della condizione di proponibilita', che muta significamente in relazione ad elementi di fatto fortuiti e contingenti, oggetto di possibile contestazione e, dunque, incerti. Si pensi alla circostanza che il sinistro abbia coinvolto due veicoli ovvero un numero superiore di veicoli e/o pedoni; che le cose danneggiate siano o non siano state trasportate a bordo di un veicolo; che la circolazione sia o non sia avvenuta prohibente domino etc. Si pensi alla diversa misura della responsabilita', esclusiva o concorsuale, o alla diversa quantificazione del danno biologico da I.P., inferiore o superiore al 9% della totale (cfr. art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 comma secondo C.d.A), tutti fatti da accertare, ancora incerti al momento della richiesta di risarcimento stragiudiziale e al momento della instaurazione del giudizio. A titolo meramente esemplificativo, si consideri che, all'esito dell'istruttoria, in un giudizio introdotto ai sensi dell'art. 149 comma sesto C.d.A. per il risarcimento del danno biologico, con domanda di I.P. inferiore al 9%, ove fosse accertata la corresponsabilita' del danneggiato-attore, potrebbe accadere che il giudice dichiari l'improponibilita' della domanda, in quanto la richiesta risarcitoria non rispetta i requisiti di contenuto imposti dall'art. 145 comma primo C.d.A., avendo l'attore erroneamente richiesto il risarcimento ai sensi dell'art. 145 comma secondo C.d.A. (si rammenta infatti che la "responsabilita' esclusiva" e' assunta quale condizione dell'azione per il risarcimento dei danni alla persona del conducente ex art. 149 C.dA.). Ma quell'errore non potrebbe certamente essere imputabile al danneggiato-attore, atteso che, indubbiamente, la "responsabilita' esclusiva", oggetto di contestazione, e' fatto da accertare in giudizio. La declaratoria di improponibilita', collegata ad un errore certamente non imputabile al danneggiato-attore, frustra la ratio di apprestare una tutela rafforzata a questo soggetto, che subisce un danno economico a seguito della soccombenza in rito e vede, inoltre, procrastinata la risposta alla propria domanda di tutela sostanziale. Ne risulta, inoltre, frustrata anche la ratio di deflazionare il contenzioso e di ridurre, per tale via i costi di gestione dei sinistri, atteso che l'aumento delle dichiarazioni di improponibilita' .favorisce il proliferare di contenzioso avente ad oggetto il medesimo fatto storico. Sembra dunque evidente l'irragionevolezza di questa disciplina, inidonea o non congrua rispetto alle finalita' della legge sull'assicurazione obbligatoria. Ne' sembra ragionevole collegare l'applicazione di una certa disciplina della condizione di proponibilita' (presupposto processuale) piuttosto che un'altra (art. 145 comma primo C.d.A., in luogo dell'art. 145 comma secondo C.d.A) alla semplice "domanda" del soggetto interessato. In tal modo, ad esempio, alla semplice "domanda" di risarcimento del danno alla persona, quantificata in misura superiore al 9% di I.P., dovrebbe senz'altro conseguire l'applicazione del regime di cui all'art. 145 comma primo C.d.A. - 148 C.d.A.; alla semplice "domanda" di accertamento della responsabilita' esclusiva e di condanna al risarcimento del danno alla persona, quantificata in misura inferiore al 9% di I.P., dovrebbe invece conseguire l'applicazione del diverso regime di cui all'art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 C.d.A. Sembra dunque evidente che, con questo metodo, si finirebbe col lasciare l'applicazione di uno dei diversi regimi per l'accesso alla giurisdizione alla libera scelta del soggetto danneggiato, secondo una logica che sembra andare ben oltre la ratio del semplice "filtro all'azione giudiziaria". Per tale via, infatti, si finisce per condizionare la scelta del danneggiato nella configurazione e quantificazione della sua domanda, sulla base di fattori estranei rispetto al danno concretamente e realmente patito (violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.; violazione dell'art. 3 comma secondo Cost.). In particolare, di fatto, questa normativa finisce per disincentivare una certa quantificazione della domanda (es. danno biologico da I.P. superiore al 9%). In altre parole, il danneggiato che sa bene di aver patito un danno biologico da I.P. superiore al 9% potrebbe essere indotto, cio' malgrado, a domandare il risarcimento in misura inferiore al 9% di I.P., pur di non incorrere nel gravoso regime della condizione di proponibilita' ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., che, come visto, si ripercuote direttamente sulle ordinarie regole processuali sbilanciando la posizione delle parti a vantaggio della compagnia di assicurazioni convenuta. Ancora, lo stesso danneggiato potrebbe essere costretto ad azionare distinte procedure risarcitorie stragiudiziali, nel caso in cui alcuni dei danni patiti rientrino nell'ambito di applicazione dell'art. 148 C.d.A. (es., danno da "fermo tecnico", danno alla persona del conducente superiore al 9% di I.P.) ed altri nell'ambito di applicazione dell'art. 149 comma secondo C.d.A. (es., danno a cose trasportate, danno al veicolo). All'applicazione dei " diversi regimi conseguono, come visto, riflessi diversi sul piano processuale, con tutti i problemi conseguenti, che si pongono inevitabilmente sia in caso di distinte azioni giudiziarie ex art. 144 C.d.A., art. 141 C.d.A., art. 149 comma sesto C.d.A., sia nel caso in cui le diverse voci di danno siano state domandate nello stesso processo ex art. 144 C.d.A., secondo l'opzione interpretativa che ritiene facoltative le diverse azioni giudiziarie contemplate nel T.U. Codice delle Assicurazioni. In ogni caso sembra evidente l'irragionevolezza della disciplina in esame, che comprime oltre il necessario il diritto di difesa di alcuni danneggiati rispetto ad altri, parcellizzando le forme di tutela dello stesso diritto sostanziale leso. Occorre poi rilevare la contraddittorieta' di tale disciplina e di tali criteri. In primo luogo, appare palese la contraddittorieta' intrinseca della stessa disposizione di cui all'art. 145 C.d.A., per quanto ampiamente evidenziato nella presente ordinanza, atteso che la disciplina di cui al comma primo si pone in contrasto con tutte le richiamate disposizioni di legge, costituzionali ed europee, mentre la (sola) disciplina di' cui al comma secondo consente di accogliere una interpretazione costituzionalmente orientata (v. punto n. 3 della presente ordinanza). La contraddittorieta' intrinseca ed estrinseca emerge sotto molteplici profili, gia' evidenziati. Occorre aggiungere che il criterio di discriminazione tra cittadini del "veicolo identificato", utilizzato dal legislatore per rendere applicabile la disciplina di cui all'art. 145 C.d.A., rispetto alla disciplina di cui all'art. 287 C.d.A., dedicata (anche) ai "veicoli non identificati" viene disatteso nella disposizione di cui all'art. 287 comma secondo C.d.A.. L'art. 287 comma secondo C.dA. testualmente prevede che, nel caso di soggetto danneggiato in un sinistro cagionato da veicolo non identificato, in relazione al quale si deve applicare la disciplina del "filtro all'azione" di cui all'art. 287 C.d.A. (corrispondente al previgente art. 22 legge n. 990/69 giudicato dalla Corte costituzionalmente conforme), ebbene costui "non e' tenuto a rinnovare la domanda qualora successivamente venga identificata l'impresa di assicurazione del responsabile", con cio' implicitamente ed esplicitamente escludendo l'applicabilita' dell'art. 145 C.dA., pur in presenza di "veicolo identificato". In definitiva il criterio di discriminazione per l'applicabilita' della disciplina di cui all'art. 287 C.d.A. in luogo della disciplina di cui all'art. 145 C.d.A., indicato dal legislatore nella circostanza che il sinistro sia stato cagionato da veicolo non identificato, risulta smentito dallo stesso legislatore nella particolare ipotesi descritta nell'art. 287 comma secondo C.d.A., senza alcuna ragione logica. La contraddittorieta' del dettato normativo e' chiaro indice della sostanziale infondatezza ed irragionevolezza del menzionato "criterio" di discriminazione tra le due diverse discipline del presupposto processuale (ex artt. 145 comma primo C.d.A. e 287 C.d.A.). Si vuoi dire che, se il criterio del "veicolo identificato o non identificato" e' senza dubbio "fondato e ragionevole", rispetto alla semplice individuazione del soggetto obbligato e ,legittimato passivamente per le azioni ex art. 287 C.d.A. e 144 C.d.A. (in sintesi, il F.G.V.S. in luogo dell'impresa di assicurazioni), quello stesso criterio non sembra altrettanto fondato, ne' ragionevole, ne' congruo, quando rapportato alla diversa disciplina della condizione di proponibilita' della domanda ex artt. 145 comma primo C.d.A. e 287 C.d.A. Considerazioni analoghe, valgono peri criteri del "veicolo assicurato o non assicurato", e della circolazione avvenuta prohibente domino, che non sembrano ne' fondati, ne' congrui, ne' ragionevoli, ai fini del diverso regime applicabile per la condizione di proponibilita' della domanda. In particolare, non si comprende la fondatezza del secondo criterio (circolazione prohibente domino o meno) per giustificare il diverso regime della condizione di proponibilita' di cui agli artt. 145 C.d.A. - art. 287 C.d.A. La circostanza che la circolazione sia o non sia avvenuta prohibente domino, resta giuridicamente irrilevante rispetto alla medesima lesione dell'integrita' fisica, da cui scaturisce il diritto al risarcimento dei danno biologico, e la disparita' di trattamento tra danneggiati in relazione al diritto di azione e difesa appare, anche sotto tale profilo, ingiustificata ed arbitraria. Lo stesso criterio sembra anche inadeguato, rispetto alle finalita' della legge sull'assicurazione obbligatoria, di rafforzare la tutela del danneggiato e di deflazionare il contenzioso. E' evidente che la contestazione relativa alla "circolazione prohibente domino" implichi un accertamento di fatto del giudice di merito, non agevole, con conseguente protrarsi dell'incertezza sulla rituale instaurazione del giudizio. In definitiva, la disciplina in esame e' irragionevole ed illogica anche sotto questo profilo, perche', ancora una volta, ricollega la sussistenza del presupposto processuale (questione pregiudiziale di rito) ad un complesso accertamento di fatto del giudice di merito. 4.4.3 - Ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti danneggiati ed impresa di assicurazione, quali soggetti legittimati attivamente e passivamente rispetto alle azioni ex art. 144 C.d.A. e 141 C.d.A. Oltre quanto osservato nel punto 4.3.4. della presente ordinanza (cui si rinvia), l'ingiustificata disparita' di trattamento tra danneggiato ed impresa di assicurazioni, e quindi tra attore e convenuto nei giudizi instaurati ai sensi dell'art. 144 C.d.A. ovvero 141 C.d.A., emerge sotto ulteriore profilo. L'art. 148 comma primo C.d.A. prevede che l'offerta formulata dall'assicuratore oltre che "congrua" debba essere "motivata", cosi' come il diniego di offerta. I vizi di motivazione dell'offerta o del diniego di offerta, come la mancata o tardiva offerta, non risultano tuttavia sanzionati in alcun modo, a differenza del vizio di contenuto della richiesta risarcitoria del danneggiato, dal cui accertamento consegue l'improponibilita' della domanda ai sensi del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - 148 commi primo e secondo C.d.A. (v. punto 3 della presente ordinanza). Emerge dunque ancora una volta il disallineamento della posizione delle parti, a svantaggio del soggetto debole-danneggiato. 5 - Conclusioni. In conclusione, la rilevanza della questione di costituzionalita' discende essenzialmente dalla impossibilita' giuridica di ritenere sussistenti circostanze "equipollenti" alla condizione di cui all'art. 145 comma primo C.d.A., ossia dalla impossibilita' di attribuire rilevanza, ai fini della proponibilita' dell'azione risarcitoria, alle trattative intercorse tra le parti nella procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A., che si e' "conclusa" con la corresponsione di una somma ritenuta "non congrua" dal danneggiato e trattenuta a titolo di acconto. I profili di incostituzionalita' dell'art. 145 C.d.A. possono essere sintetizzati in due grandi questioni: La prima questione concerne la violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli artt. 1 e 4 della Legge delega n. 229/2003, per contrasto con i principi della legge delega, e con i principi di diritto europeo recepiti dalla legge delega (direttive n. 2005/14/CE; n. 2000/26/CE, etc); la violazione dell'art. 117 comma primo Cost., in relazione all'art. 6 n. 1, e all'art. 13 della CEDU- Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n. 130/2008 ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009. La seconda questione concerne la violazione degli artt. 2 Cost., 3 Cost., 32 Cost., 24 Cost., 111 Cost., 117 comma primo Cost., degli artt. 1, 3, 47 della Carta di Nizza, dei principi della tutela giurisdizionale effettiva, di eguaglianza, di proporzionalita' e di ragionevolezza. La disciplina di cui all'art. 145 C.d.A. realizza una eccessiva ed ingiustificata compressione del diritto di azione e di difesa di una categoria di danneggiati, lesi nel diritto inviolabile alla salute, creando un ostacolo procedurale per l'esercizio dell'azione, per la tutela giurisdizionale del diritto intesa come decisione di merito, come risposta definitiva ed integrale alla domanda di tutela sostanziale, in un tempo ragionevole.
P.Q.M. Visti gli artt. 134 Cost., 137 Cost., art. 23 legge n. 87/1953, ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza: solleva di ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 145 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 (T. U. Codice delle Assicurazioni), per contrasto con gli artt. 3 Cost., 2 Cost., 32 Cost. 24 Cost., 111 Cost., 76 Cost., 117 comma primo Cost., nonche' con i principi della tutela giurisdizionale effettiva e della ragionevolezza, nei sensi di cui in motivazione; solleva di ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 145 comma primo del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 ( T.U. Codice delle Assicurazioni), nella parte in cui impone, a pena di improponibilita' dell'azione di risarcimento, che la richiesta stragiudiziale abbia osservato "le modalita' ed i contenuti previsti all'art. 148", per contrasto con gli artt. 3 Cost., 2 Cost., 32 Cost. 24 Cost., 111 Cost., 76 Cost., 117 comma primo Cost., nonche' con i principi della tutela giurisdizionale effettiva e della ragionevolezza, nei sensi di cui in motivazione. Sospende il presente giudizio. Manda alla cancelleria di provvedere alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 12 maggio 2010 Il Giudice di pace: Artone