N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 2010

Ordinanza del 18 maggio 2010 emessa dal Giudice di pace di  Roma  nel
procedimento  civile  promosso  da   Castucci   Renato   contro   Axa
Assicurazioni s.p.a. e Samich s.r.l.. 
 
Responsabilita'  civile  -  Risarcimento  dei  danni  causati   dalla
  circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi  e'  obbligo
  di  assicurazione  -  Proponibilita'  dell'azione   giudiziaria   -
  Condizioni - Onere per  il  danneggiato  di  inoltrare  previamente
  all'impresa assicuratrice la richiesta risarcitoria  stragiudiziale
  osservando "le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148" del
  codice delle assicurazioni private -  Conseguente  improponibilita'
  dell'azione in caso di richiesta priva degli  elementi  finalizzati
  alla formulazione della  "congrua  e  motivata  offerta"  da  parte
  dell'assicuratore - Ininfluenza in senso contrario delle trattative
  intercorse tra le parti, concluse con la  corresponsione  di  somma
  ritenuta "non congrua" dal danneggiato e  trattenuta  a  titolo  di
  acconto - Eccesso di delega sotto piu' profili - Esorbitanza  dalla
  delega per il "riassetto" normativo in  materia  di  assicurazioni,
  contrasto con i principi posti dal legislatore  delegante  e  dalle
  direttive comunitarie, inosservanza  dell'obbligo  di  acquisizione
  del parere  del  Consiglio  di  Stato  -  Violazione  dei  principi
  sull'equo   processo   e   sulla    effettivita'    della    tutela
  giurisdizionale sanciti dalla Convenzione per la  salvaguardia  dei
  diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  (CEDU)  e  dalla
  Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  -  Inosservanza
  di vincoli internazionali e comunitari. 
- Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, art. 145 [comma 1]. 
- Costituzione, artt. 76, in relazione agli artt. 1 e 4  della  legge
  29 luglio 2003, n. 229 ed alla direttiva 2005/14/CE dell'11  maggio
  2005, e 117, primo comma, in relazione agli artt. 6,  n.  1,  e  13
  della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
  liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre  1950  [e  resa
  esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848], nonche'  all'art.  47
  della  Carta  dei   diritti   fondamentali   dell'Unione   Europea,
  proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e resa  obbligatoria  con  il
  Trattato di Lisbona, reso esecutivo dalla legge 2 agosto  2008,  n.
  130. 
Responsabilita'  civile  -  Risarcimento  dei  danni  causati   dalla
  circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi  e'  obbligo
  di  assicurazione  -  Proponibilita'  dell'azione   giudiziaria   -
  Condizioni - Onere per  il  danneggiato  di  inoltrare  previamente
  all'impresa assicuratrice la richiesta risarcitoria  stragiudiziale
  osservando "le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148" del
  codice delle assicurazioni private -  Conseguente  improponibilita'
  dell'azione in caso di richiesta priva degli  elementi  finalizzati
  alla formulazione della  "congrua  e  motivata  offerta"  da  parte
  dell'assicuratore - Ininfluenza in senso contrario delle trattative
  intercorse tra le parti, concluse con la  corresponsione  di  somma
  ritenuta "non congrua" dal danneggiato e  trattenuta  a  titolo  di
  acconto - Violazione del diritto di azione, del diritto di  difesa,
  dei principi del giusto processo  e  della  tutela  giurisdizionale
  effettiva -  Effetti  negativi-distorsivi  sull'applicazione  delle
  ordinarie regole processuali (segnatamente in tema di soccombenza e
  spese processuali) - Ingiustificata deroga  al  regime  processuale
  generale, a sfavore dei soggetti danneggiati e dei meno abbienti  -
  Violazione dei  principi  di  eguaglianza  e  di  ragionevolezza  -
  Lesione del diritto alla  salute  e  del  diritto  al  risarcimento
  integrale  del  danno  subito  -   Ingiustificata   disparita'   di
  trattamento tra soggetti danneggiati in rapporto ai diversi  regimi
  di proponibilita' delle azioni risarcitorie cui sono legittimati  -
  Ingiustificata disparita' di trattamento tra  soggetto  danneggiato
  ed impresa di assicurazione legittimata passivamente. 
- Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, art. 145, comma 1. 
- Costituzione, artt. 2, 3, commi primo e secondo, 24, commi primo  e
  secondo, 32, 111, commi primo e secondo, e  117,  primo  comma,  in
  relazione agli artt. 1, 3 e 47 della Carta dei diritti fondamentali
  dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000  e  resa
  obbligatoria con il Trattato di Lisbona, reso esecutivo dalla legge
  2 agosto 2008, n. 130. 
(GU n.46 del 2-11-2011 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    L' Ufficio del Giudice di Pace di Roma ha pronunciato la seguente
ordinanza nella causa civile in primo grado  iscritta  al  n.  113575
anno 2008 del R.G.A.C., a seguito di riserva assunta all'udienza  del
9 febbraio 2010, con termine per note sino al 01 marzo 2010, vertente
tra: 
        Castucci Renato, elettivamente domiciliato in Roma Via Panaro
17 presso lo studio dell'avv Alessandro Borianni che lo rappresenta e
difende per delega a margine del  ricorso  introduttivo  ex  art.  3,
legge n. 102/2006, attore; 
        e  Axa  Assicurazioni  S.p.A.  in  persona  del   procuratore
speciale Fabio Del Pero, elettivamente domiciliata in Roma via B.  De
Ritis  18  presso  lo  studio  dell'avv.  Domenico  Di  Lisa  che  la
rappresenta  e  difende  come  da  mandato  in   calce   al   ricorso
introduttivo, notificato  unitamente  al  decreto  di  fissazione  di
udienza e di conversione nel rito ordinario, convenuta; 
        e  Samich  Srl  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, Via I. Silone 1/A 65020 Rosciano (PE), convenuta contumace. 
 
                              Sommario 
 
    1 - Fatto: 
    1.1- La fattispecie. 12 - La domanda del signor Castucci. 1.3- Le
eccezioni  di   improponibilita'   sollevate   dalla   Compagnia   di
Assicurazioni convenuta in giudizio. 1.4  -  Le  eccezioni  sollevate
dalla Compagnia convenuta. Le questioni  processuali  (preliminari  o
pregiudiziali di rito). 
    2   -   Sulla   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    2.1  -  Fondatezza  dell'  eccezione  di  improponibilita'  della
domanda, per la violazione degli oneri di contenuto  della  richiesta
stragiudiziale. 2.2- La questione  di  proponibilita'  della  domanda
giudiziale in oggetto, ai sensi del combinato  disposto  degli  artt.
145 comma primo C.d.A.-  art.  148  commi  primo  e  secondo  C.d.A..
Infondatezza  della  seconda  eccezione  di  improponibilita'   della
domanda, sollevata dalla Compagnia convenuta (rinvio al punto 3 della
presente ordinanza).- 2. 3  -  Conclusioni  sulla  "rilevanza"  della
questione di legittimita' costituzionale. 
    3    -    Sulla    impossibilita'    dl    una    interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    La possibilita' di una interpretazione conforme a Costituzione e'
soltanto parziale (per l'art. 145  comma  primo  C.d.A.,  applicabile
alla fattispecie in esame), e lascia aperto il dubbio di legittimita'
costituzionale. 
    L'interpretazione  Costituzionalmente  orientata  dell'art.   145
comma secondo C.d.A. 
    4 - Valutazione della non manifesta infondatezza della questione. 
    4. 1 - Vizio nel procedimento di formazione legislativa.  Eccesso
di delega. Violazione dell'art. 76 Cost. con. riferimento agli  artt.
1 e 4 della Legge delega n. 229/2003. 
    Violazione dell'art. 117 comma primo Cost., in relazione all'art.
6 n. 1,  e  all'art.  13  della  CEDU-  Convenzione  Europea  per  la
salvaguardia dei Diritti  dell'Uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il  7.12.2000  e
resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n.
130/2008.ed entrato in vigore il 01.12.2009. 
    4.1.1. Violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli artt. 1
e 4 della Legge delega n. 229/2003. Primo profilo. 
    4.1.2 - Violazione dell'art. 76  Cost.  Secondo  profilo.  4.1.3-
Terzo profilo. Violazione dell'art. 76 Cost. in relazione ai principi
delle  direttive  europee  recepiti  dalla  legge  delega  (direttiva
2005/14/CE).4.1.4 - Violazione dell'art. 117 comma primo Cost. 
    4.2 - L'innovazione introdotta con l'entrata in vigore  dell'art.
145 C.d.A. La ratio della legge sull'assicurazione  obbligatoria.  La
ratio  della  "condizione   di   proponibilita'"   nella   disciplina
previgente (art. 22 legge n.  990/1969)  e  nella  riforma  del  T.U.
Codice delle Assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005). 
    4. 3 - Violazione del diritto di azione, del diritto  di  difesa,
dei principi del  giusto  processo  e  della  tutela  giurisdizionale
effettiva (violazione dell'art. 24 commi primo e  secondo  Cost.,  in
relazione agli artt. 2 e 32 Cost.; 111 Cost.  commi  primo,  secondo;
artt. 2907-- 2697 codice civile; artt. 99- 163-164  codice  procedura
civile). Violazione degli artt. 24 Cost., 111 Cost., 117 comma  primo
Cost., dell' art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria  con  il
Trattato di Lisbona, ratificato con  legge  130/2008  ed  entrato  in
vigore il 01.12.2009. 
    Violazione dell'art. 3 commi primo e secondo Cost.  in  relazione
al diritto di azione, al diritto di difesa, ai  principi  del  giusto
processo, alla legge processuale. 
    4.3.1. L'incerto regime giuridico della richiesta  stragiudiziale
contemplata   nell'art.   145   C.d.A.   Gli    effetti    distorsivi
sull'applicazione della regola processuale della soccombenza. 4.3.2.-
11 primo ostacolo al diritto di azione.  La  dilatazione,  di  fatto,
dello "spatium deliberandi". La dilatazione dei tempi di accesso alla
tutela giurisdizionale effettiva. La proliferazione del  contenzioso.
4.3.3 - Ulteriori profili della violazione del diritto di azione, del
diritto di difesa, dei principi  del  giusto  processo.  Gli  effetti
"negativi-distorsivi" della disciplina di cui  all'art.  145  C.d.A.,
sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, e sulla  regola
processuale della soccombenza. 4.3.4 - Violazione  del  principio  di
eguaglianza. Ingiustificata disparita' di.  trattamento  rispetto  al
regime processuale generale (art. 3 comma primo e secondo  Cost.,  in
relazione agli artt. 24 Cost. 111 Cost.). 
    4.4  -  Violazione  del  principio   di   eguaglianza   (art.   3
Cost.).Violazione dell'art.  3  Cost.  in  relazione  al  diritto  di
azione, al diritto di difesa, ai principi del giusto  processo,  alla
legge processuale, alla tutela del diritto alla salute (art. 3  comma
primo e secondo Cost., in relazione agli artt.  24  primo  e  secondo
comma Cost.; artt. 2 e 32 Cost.; art. 111 comma primo, secondo  Cost.
art. 2907 cc; art. 2697 cc.; art. 99 c.p.c.;  art.  163-164  c.p.c.).
Violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art. 117 comma  primo  Cost.,  in
relazione agli artt. 1, 3, 47 della Carta di  Nizza.  Violazione  del
principio di ragionevolezza. 
    4.4.1 - Identita' del  bene  giuridico  leso,  costituzionalmente
protetto, e pluralita'  di  azioni  dirette.  11  diverso  regime  di
proponibilita' delle azioni dirette contemplate nel C.d.A.,  e  della
stessa  azione  ex  art.  2054  cc.   4.4.2   -   Ingiustificata   ed
irragionevole disparita' di  trattamento  tra  soggetti  danneggiati,
rispettivamente legittimati  attivamente  alle  azioni  ex  arti  144
C.d.A., 141 C.d.A., ed alle azioni ex artt. 149 comma sesto C.d.A.  e
287 C.d.A. Ingiustificata. disparita' di trattamento tra danneggiati,
legittimati  all'azione  ex  art.  2054  codice   civile.   4.4.3   -
Ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti danneggiati  ed
impresa di assicurazione, quali soggetti  legittimati  attivamente  e
passivamente rispetto alle azioni ex art. 144 C.d.A. e 141 C.d.A. 
    5 - Conclusioni. 
 
                              1 - Fatto 
 
    1.1 - La fattispecie. 
    Nel pomeriggio del giorno 23 luglio 2007 in Roma, Via  Settebagni
altezza civico 334, un furgone Fiat Ducato, assicurato per la  r.c.a.
dalla  Axa  Assicurazioni   S.p.A.,   effettuava   una   manovra   in
retromarcia, e nel mentre retrocedeva investiva un pedone. 
    In conseguenza dell' urto subito, il  pedone.  riportava  lesioni
personali, descritte nel verbale di  pronto  soccorso  rilasciato  in
pari data dalli Ospedale Sandro Pertini di Roma. 
    Il pedone - l'odierno attore. signor Castucci Renato - provvedeva
ad inoltrare la richiesta risarcitoria alla Axa Assicurazioni S.p.A.,
garante la r.c.a. del suddetto furgone, con lettera raccomandata  con
avviso di ricevimento, redatta in Roma in  data  05  settembre  2007,
spedita in data 12. settembre 2007 e ricevuta dalla destinataria  Axa
Assicurazioni S.p.a. in data 14 settembre 2007 (doc. in atti). 
    In questa richiesta risarcitoria del  settembre  2007,  risultano
indicati: 
    il  nominativo  della  societa'  assicurata  e  proprietaria  del
furgone (Samich srl), alla quale la richiesta risarcitoria  e'  stata
inviata per conoscenza; il furgone Investitore" Fiat Ducato targa  CC
751 RX); le generalita'  del  conducente  (Palmisano  Giuseppe);  gli
estremi  della  polizza  Axa  Assicurazioni  S.p.A.  (   polizza   n.
04957195500000); la circostanza  che  il  danneggiato,  indicato  nel
signor Castucci Renato, rivestiva la  qualifica  di  "pedone"  e  che
riportava  "danni  fisici";  il  nominativo  del  pedone  danneggiato
(Castucci Renato) ed il suo  codice  fiscale  (CSTRNT61B25F965N);  la
data, l'orario ed il luogo del sinistro (23 luglio  2007  ore  15.30,
Roma Via Settebagni altezza civico 334);  la  dinamica  del  sinistro
("il  Fiat  Ducato  nel  fare  retromarcia   investe   il   pedone");
l'attribuzione della responsabilita' esclusiva dell'accaduto a carico
del conducente del furgone; l'invito "a  provvedere  con  urgenza  al
risarcimento di tutti i danni materiali" "subiti e subendi"  a  causa
del sinistro, dal Castucci Renato. 
    Nella stessa richiesta risarcitoria,  si  dichiara  genericamente
che "si allega documentazione medica", mentre  manca  la  descrizione
puntuale della documentazione medica effettivamente allegata. 
    Axa  Assicurazioni  S.p.A.  spa,  nel   corso   della   procedura
stragiudiziale - ha istruito la pratica  unicamente  con  riferimento
alla richiesta di "danni fisici" patiti dal  pedone  signor  Castucci
Renato, inoltrando in data 19.09.07 la richiesta di  integrazioni  ai
sensi dell'art. 148  commi  secondo  e  quinto  C.d.A.,  riconoscendo
l'errore materiale della richiesta risarcitoria, laddove si  riferiva
ad una "vettura danneggiata" non  meglio  identificata  (errore  che,
quindi, e' del tutto irrilevante ai fini della presente decisione). 
    La procedura stragiudiziale si e' dunque pacificamente svolta  in
applicazione del combinato  disposto  degli  artt.  145  comma  primo
C.d.A.- art. 148 comma secondo C.d.a. 
    In risposta alla richiesta risarcitoria  inoltrata  dal  Castucci
Renato, il Centro liquidazione danni della Axa Assicurazioni  S.p.A.,
con lettera datata 19 settembre 2007 (doc.  in  atti)  richiedeva  al
danneggiato di integrare gli elementi della richiesta risarcitoria. 
    Si legge, testualmente nella  "richiesta  integrazione  elementi"
del 19.09.2007: "...per poter  definire  se  il  danno  debba  essere
risarcito e a quanto ammonti,  occorre  che  lei  invii  le  seguenti
informazioni: 
        La sua attivita' lavorativa e il suo reddito,  pregandola  di
fornirci idonea documentazione fiscale (es. Mod. 730, Mod. Unico); 
        L'entita'   delle   lesioni   subite,    inviandoci    idonea
certificazione medica dell'avvenuta guarigione con  o  senza  postumi
permanenti. 
    Le preciso che in assenza delle informazioni seguenti  non  saro'
in condizione di comunicarle alcuna decisione sulla sua richiesta  di
risarcimento e che, ai sensi di legge,  non  decorreranno  i  termini
entro i quali questa comunicazione e' obbligatoria. 
    Inoltre, per facilitare la liquidazione del danno,  la  prego  di
trasmettermi:  la  dichiarazione  delle   eventuali   spese   mediche
sostenute;   l'indicazione   di   eventuali   Autorita'   intervenute
allegando, se disponibile, copia del verbale; dichiarazione  di  aver
diritto o  meno  a  prestazioni  a  carico  di  Enti  che  gestiscono
assicurazioni sociali obbligatorie (ad. es. INAIL, INPS)". 
    Al fascicolo dell'attore risulta poi allegata una lettera del  21
dicembre  2007  redatta  dal  Centro  liquidazione  danni  della  Axa
Assicurazioni S.p.A., avente  ad  oggetto  formulazione  offerta  per
sinistro rca", indirizzata al  signor  Castucci  Renato,  domiciliato
presso lo "studio di infortunistica stradale" . 
    In questa lettera 21.1 2.2007, sottoscritta da Axa  Assicurazioni
S.p.A., si legge che:  "In  merito  al  sinistro  sopra  indicato  la
informiamo che abbiamo  effettuato  gli  accertamenti  necessari  per
determinare la  responsabilita'  nella  verificazione  dell'evento  e
l'entita' del danno subito. Fatti salvi e  impregiudicati  i  diritti
del nostro assicurato, pertanto, le alleghiamo l'assegno n.  (.)  per
un importo di euro 300,00 emesso dalla Banca (...), che potra' essere
incassato entro e non oltre il giorno  19.02.2008.  Con  il  suddetto
pagamento  intendiamo  risarcire  integralmente  ogni  danno  da  lei
subito." (..) 
    A questa lettera risulta allegata la copia del menzionato assegno
bancario, dell'importo di euro 300,00 intestato al danneggiato signor
Castucci Renato. 
    L'offerta di euro  trecento  del  21.12.2007  e'  stata,  quindi,
immediatamente contestata dal danneggiato, il quale ha  ritenuto  che
fosse incongrua, inidonea a risarcire integralmente il danno patito. 
    Con lettera raccomandata del 7 gennaio 2008, spedita dallo studio
incaricato dal signor Castucci Renato in  data  22  gennaio  2008,  e
ricevuta  dal   destinatario   Axa   Assicurazioni   S.p.A.-   Centro
liquidazione danni in data 29  gennaio  2008  (v.  doc.  7  descritto
nell'indice allegato al fascicolo  dell'attore;  v.  pag.  3  ricorso
introduttivo), si comunicava infatti che la  somma  offerta  di  euro
300,00, ritenuta  non  congrua,  era  stata  accettata  ed  incassata
soltanto a titolo di acconto sul maggior danno subito. 
    Con la stessa lettera raccomandata, inoltre,  il  danneggiato  si
dichiarava disponibile a proseguire nelle trattative avvertendo  che,
in mancanza di una soluzione conforme ai suoi diritti, avrebbe  adito
le vie legali. 
    In tale missiva si legge anche  la  seguente  frase:  "si  allega
documentazione medica (senza alcuna ulteriore specificazione). 
    In risposta alla descritta missiva del Castucci del 7-22  gennaio
2008, la. Compagnia Axa  Assicurazioni  S.p.A.-  Centro  liquidazione
danni, inviava una ulteriore "richiesta  informazioni/documenti"  del
30 gennaio 2008 (doc. in atti), missiva di cui non risulta contestata
l'avvenuta ricezione (cfr.,  anche  le  note  autorizzate  depositate
dall'attore il 26.2.2010, ove nulla si eccepisce  al  riguardo),  che
puo' quindi ritenersi provata  in  considerazione  del  comportamento
processuale dell'attore. 
    Nella missiva del 30 gennaio 2008 si richiedeva,  nuovamente,  al
danneggiato  di  fornire  all'assicuratore  ulteriore  certificazione
medica sull'evoluzione delle lesioni, in originale. 
    La  difesa  di  Axa  Assicurazioni  S.p.A.,  nella  comparsa   di
costituzione, ha  dedotto  che  anche  questa  seconda  richiesta  di
integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.a., era rimasta senza esito
alcuno,  circostanza  che  -   a   -suo   avviso   -   determinerebbe
l'improponibilita' della domanda giudiziale. 
    1.2 - La domanda del signor Castucci Renato. 
    La domanda giudiziale del signor Castucci e' stata proposta  dopo
la procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A., che  si  e'  conclusa
con- la corresponsione, allo stesso danneggiato sig. Castucci,  della
somma di euro 300,00 , da questi ritenuta non congrua e trattenuta  a
titolo di acconto. 
    Con ricorso depositato in data 5 novembre 2008 presso l'intestato
Ufficio, notificato unitamente al decreto  di  conversione  nel  rito
ordinario e contestuale fissazione di  udienza,  il  signor  Castucci
Renato  ha  convenuto  in  giudizio  la   societa'   proprietaria   e
l'assicuratore del furgone Fiat  Ducato,  il  cui  conducente  veniva
indicato  come  unico  responsabile  del  sinistro,  chiedendone   la
condanna in solido  al  risarcimento  "dei  danni  fisici  e  morali,
nonche' di tutti i danni di qualsiasi natura  subiti  e  subendi  dal
ricorrente a seguito del sinistro per cui e' causa'', ITA gg 20,  ITP
al 50% gg 30, invalidita' permanente in ragione del 4% della  totale;
danno  morale;  rimborso  delle  spese   mediche,   di   ricovero   e
fisioterapia,  di  C.T.;  compenso  per  l'attivita'  e  l'assistenza
stragiudiziale svolta dal patrocinatore e consulente medico-legale. 
    Il Giudice di  Pace,  con  decreto  steso  in  calce  al  ricorso
proposto ex art. 3 legge n. 102/2006 convertiva il rito  speciale  in
rito ordinario,  e  fissava  ex  art.  320  cpc  l'udienza  di  prima
comparizione. 
    La societa' proprietaria  del  furgone  Fiat  Ducato  e'  rimasta
contumace, mentre si  e'  costituita  in  giudizio  la  compagnia  di
assicurazioni Axa Assicurazioni S.p.A.. 
    1.3 - Le eccezioni di improponibilita' sollevate dalla  Compagnia
di Assicurazioni convenuta in giudizio. 
    La Compagnia di Assicurazioni, convenuta  in  giudizio  ai  sensi
dell'art. 144 C.d.A., ha eccepito l'improponibilita'  della  domanda,
pur avendo provveduto, nel corso della  procedura  stragiudiziale  ex
art. 148 C.d.A., a versare al pedone danneggiato una certa somma,  da
questi ritenuta non congrua e trattenuta a titolo di acconto. 
    Le eccezioni di improponibilita' sollevate da  Axa  Assicurazioni
S.p.A. nel presente giudizio riguardano profili inerenti: 
        a) al  "contenuto"  della  richiesta  di  risarcimento  delle
lesioni personali patite dal pedone signor Castucci, "contenuto"  che
Axa Assicurazioni S.p.A. ritiene  non  conforme  all'art.  148  comma
secondo C.d.a. (richiamato dall'art. 145 comma primo C.d.A.); 
        b) alla mancata decorrenza  dello  "spatium  deliberandi"  di
giorni novanta, i cui termini - ad avviso di Axa Assicurazioni S.p.A.
- risulterebbero in definitiva  interrotti  ai  sensi  dell'art.  148
comma  quinto  C.d.a.,  non  avendo  il  danneggiato  provveduto   ad
inoltrare  ad  Axa  Assicurazioni   S.p.A.   i   chiarimenti   e   la
documentazione da questa richiesti con missive 19 settembre 2007 e 30
gennaio 2008. 
    Nella comparsa di costituzione (in particolare, pagg.  4-5),  Axa
Assicurazioni S.p.A. ha eccepito  l'improponibilita'  della  domanda,
sostenendo che la richiesta risarcitoria inoltrata  il  12  settembre
2007  sarebbe  "incompleta",  in   definitiva   non   conforme   alle
prescrizioni di "contenuto"  sancite  dal  combinato  disposto  degli
artt. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.a. 
    Axa Assicurazioni S.p.A. ha al riguardo precisato che  il  signor
Castucci non avrebbe ottemperato all'invito ad integrare la richiesta
risarcitoria al sensi  dell'art.  148  comma  quinto  C.d.a.,  invito
formulato da Axa Assicurazioni S.p.A.  ben  due  volte,  con  lettere
raccomandate inviate in data 19 settembre 2007 e 30 gennaio 2008. 
    1.4 -  Le  eccezioni  sollevate  dalla  Compagnia  convenuta.  Le
questioni processuali (preliminari o pregiudiziali di rito). 
    La difesa della  compagnia  convenuta  Axa  Assicurazioni  S.p.A.
nella comparsa di costituzione ha  eccepito  in  via  preliminare  la
nullita'  del  ricorso   per   indeterminatezza   della   domanda   e
l'improponibilita' dell'azione; ha  poi  contestato  la  domanda  nel
merito. Axa Assicurazioni S.p.A. ha inteso contestare la dinamica del
sinistro e la responsabilita' esclusiva del conducente  del  furgone,
deducendo la violazione degli obblighi imposti ai pedoni dagli  artt.
190 c.d.s. - 120 c.d.s.; ha contestato l'esistenza del nesso  causale
tra le lesioni lamentate e l'evento de quo, la  tipologia  dei  danni
lamentati e la loro quantificazione. 
    Axa  Assicurazioni  S.p.A.  ha   contestato   la   richiesta   di
risarcimento  del  danno  emergente,  costituito  dalle   spese   per
attivita' ed  assistenza  stragiudiziale  svolta  dal  patrocinatore,
eccependo al riguardo che tali spese non sarebbero ne' necessarie ne'
giustificate 
    La difesa  dell'Axa  Assicurazioni  S.p.A.  ha  quindi  sollevato
l'eccezione di improponibilita' della  domanda  proposta  dal  signor
Castucci (v. pagg. 4-5 della comparsa di Costituzione). 
    Il Giudice di pace all'udienza di  prima  comparizione  differita
alla data del 24 dicembre 2009 (cosi'  differita  per  consentire  la
citazione  di  un  terzo  al  quale  la  parte   ha   successivamente
rinunziato), sentite le parti, riteneva  di  dover  definire  in  via
prioritaria la questione relativa alla proponibilita' della  domanda,
di natura preliminare o pregiudiziale di rito, da definirsi prima  di
ogni altra questione (di rito o di  merito),  avendo  ad  oggetto  la
sussistenza o meno del  presupposto  processuale  che  condiziona  la
giurisdizione (cfr. Cass. 5.7.1984 n. 3921). 
    Tale questione e'. rilevabile di ufficio in ogni  stato  e  grado
del giudizio (v., tra  le  altre,  Cass.  07/17476;  Cass.  06/18493)
contemplando la norma (art. 145 C.d.A.)  una  temporanea  carenza  di
giurisdizione ("vacatio actionis")  al  pari  dell'abrogato  art.  22
legge n. 990/69 (v. Corte cost. n. 24/1973; Cass. 1718/74). 
    Il temporaneo ostacolo alla giurisdizione  puo',  invero,  essere
rimosso dall'interessato,  ponendo  in  essere  il  particolare  atto
contemplato e disciplinato dalla norma  stessa,  ossia  la  richiesta
risarcitoria, da perfezionarsi prima della  domanda  giudiziale,  nel
rispetto dello "spatium deliberandi" che - nel caso  in  esame  -  e'
fissato in giorni 90 dall'art. 145 comma primo C.d.A. 
    L'art. 145 C.d.a detta dunque una norma  di  natura  processuale,
regolando l'accesso alla giurisdizione. 
    In definitiva, la questione di proponibilita'  della  domanda  in
oggetto deve essere definita prima di ogni altra questione. 
    Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    2.  1  -  Fondatezza  dell'eccezione  di  improponibilita'  della
domanda, per la violazione degli oneri di contenuto  della  richiesta
stragiudiziale. 
    L'eccezione di improponibilita' della  domanda,  sollevata  dalla
Compagnia convenuta, e' senza dubbio fondata. 
    La  richiesta  risarcitoria  stragiudiziale  del  settembre  2007
presenta vizi di contenuto ex artt. 145 comma primo - art. 148  comma
secondo C.d.A., rimasti non sanati. 
    La lettera  della  legge  e'  chiara,  allorquando  subordina  la
proponibilita' dell'azione di risarcimento alla  circostanza  che  la
richiesta stragiudiziale abbia rispettato le modalita' ed i contenuti
previsti all'art. 148 (v. art.. 145 comma primo C.d.A.). 
    In claris non fit interpretatio (art. 12 comma primo disp..prel.,
cc.). 
    La norma di cui al combinato disposto dell' art. 145 comma  primo
C.d.a.- art. 148 comma secondo Cda. (d.lgs. n. 209/2005, Codice delle
Assicurazioni private) deve  essere  applicata  alla  fattispecie  in
esame. 
    Il sinistro oggetto della  richiesta  stragiudiziale  del  signor
Castucci del 5 settembre 2007, rientra  nell'ambito  di  applicazione
dell'art.  144  C.d.A.  e  dell'art.  145  comma  primo  C.d.A.   Non
sussistono, infatti, le condizioni delle distinte azioni di cui  agli
artt. 149 comma sesto C.d.A., e 287 C.d.A. 
    Si tratta, invero, di un sinistro accaduto in Italia  (Roma,  Via
Settebagni  334)  in  data  23  luglio   2007,   che   ha   coinvolto
esclusivamente un pedone  ed  un  furgone  immatricolato  in  Italia,
identificato, assicurato, condotto da tale Palmisano Giuseppe con  il
consenso della societa' proprietaria Samich s.r.l.  (circostanze  non
contestate, che emergono dagli atti e che comunque possono  ritenersi
provate sulla scorta del comportamento processuale  delle  parti,  le
quali nulla hanno eccepito al riguardo). 
    I danni richiesti  sono  consequenziali  alle  lesioni  personali
patite dal pedone. 
    Osserva  il  GdP  che  senza  dubbio  la  richiesta  risarcitoria
stragiudiziale del settembre 2007 presenta vizi di contenuto ex artt.
145 comma primo - art. 148 comma secondo C.d.A., rimasti non sanati. 
    Invero, questa GdP, sulla scorta della  documentazione  in  atti,
non ritiene raggiunta la  prova  delle  necessarie  integrazioni,  ai
sensi dell' art. 148 comma quinto C.d.A.. 
    Nella richiesta risarcitoria stragiudiziale del settembre 2007, e
nella successiva missiva spedita dal danneggiato il 22  gennaio  2008
mancano   l'indicazione   dell'entita'   delle   lesioni   subite   e
l'allegazione   di   attestazione   medica   comprovante   l'avvenuta
guarigione con o senza postumi permanenti, come imposto  dagli  artt.
145 comma primo - art.  148  comma  secondo  C.d.A.,  ai  fini  della
proponibilita' della domanda giudiziale. 
    La mancata allegazione della documentazione medica di  cui  sopra
risulta  provata  per  tabulas,  avendo  data  successiva  all'ultima
missiva spedita dal danneggiato all'assicuratore, nel  gennaio  2008:
si vedano infatti i  documenti  medici  n.  2  e  n.  4  allegati  al
fascicolo dell'attore, aventi rispettivamente data 1° marzo  2008,  a
firma  del  medico  di  fiducia,  e  29  febbraio   2008,   a   firma
dell'ortopedico della ASL  Roma-A,  contenenti  l'attestazione  degli
esiti riconducibili o meno alle lesioni riportate dal Castucci. 
    Senza dubbio i  menzionati  documenti,  che  il  danneggiato  non
forniva  all'Assicuratore,  rivestivano  e   rivestono   fondamentale
importanza per la valutazione della sussistenza  o  meno  di  postumi
permanenti,  e  per  la  proponibilita'  della  domanda   in   virtu'
dell'espresso disposto dell'art. 148 comma secondo C.d.A., richiamato
dall'art. 145 comma primo C.d.A.. 
    Il danneggiato, nel corso della procedura stragiudiziale, violava
quindi gli oneri di cooperazione imposti dagli artt. 145 comma  primo
C.d.A.-  art.  148  C.d.A.  ;  egli  ometteva  di  compiere   "quanto
necessario" perche' l'assicuratore potesse  adempiere  l'obbligazione
(violazione dell'art. 1206 cc.). 
    Osserva sul punto il GdP che  l'attore  non  ha  assolto  l'onere
probatorio che gli incombeva ex  art.  2697  cc.,  onere  che  doveva
puntualmente adempiere con riferimento al contenuto  della  richiesta
risarcitoria e delle relative integrazioni,  da  compiere  nel  corso
della obbligatoria procedura stragiudiziale (v. artt. 145 comma primo
C.d.A. - art. 148 commi- secondo-quinto C.d.A.). 
    A4 avviso della sottoscritta  GdP,  i  vizi  di  contenuto  della
richiesta stragiudiziale del signor 
    Castucci rimasti non sanati, che rilevano ai fini della questione
di proponibilita' della domanda (art. 145 comma  primo  C.d.A.-  art.
148 comma secondo C.d.A.), e della  questione  di  costituzionalita',
sono i seguenti: 
        1) mancata indicazione dell'entita' delle lesioni subite; 
        2) mancata allegazione  di  attestazione  medica  comprovante
l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, in  particolare
mancata allegazione dei documenti medici n. 2  e  n.  4  allegati  al
fascicolo dell'attore, del 3  marzo  2008,  a  firma  del  medico  di
fiducia, e del 29 febbraio 2008, a firma  dell'ortopedico  della  ASL
Roma A, contenenti l'attestazione degli esiti  riconducibili  o  meno
alle lesioni riportate dal Castucci. 
    Sussiste  quindi  il  vizio  della  richiesta  risarcitoria   del
Castucci per la violazione degli oneri  di  contenuto  sanciti  dagli
artt. 145 comma primo C.d.A.  -  art.  148  comma  secondo  e  quinto
C.d.A., con conseguente improponibilita' della domanda giudiziale. 
    Le circostanze dedotte dall'attore nelle note autorizzate del  26
febbraio 2010  (in  definitiva,  mancata  nomina  del  medico  legale
dell'assicuratore,  nel   corso   della   procedura   stragiudiziale;
intempestivita'  dell'offerta;  incongruita'  dell'offerta;   mancata
formulazione di. una ulteriore offerta al danneggiato, dopo la  prima
offerta del 21 dicembre 2007), sono circostanze che  non  rilevano  e
che non rendono proponibile la domanda, sia in  considerazione  dell'
inadempimento del Castucci agli oneri di cooperazione imposti a  pena
di improponibilita' ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A.,
sia perche' nulla prevede al riguardo la normativa in esame. 
    La normativa in esame non contempla alcuna "sanatoria"  dei  vizi
della richiesta risarcitoria ex art.  145  comma  primo  C.d.A.,  per
effetto  delle  eventuali  negligenze  o  ritardi   della   Compagnia
assicurativa, nella istruzione della  pratica  e  nella  liquidazione
della offerta ai, sensi dell'art. 148 C.d.A. 
    2.2 - La questione di proponibilita' della domanda giudiziale  in
oggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 145 comma  primo
C.d.A. - art. 148 commi primo e secondo C.d.A.. 
    Infondatezza della seconda eccezione  di  improponibilita'  della
domanda, sollevata dalla Compagnia convenuta (rinvio al  punto  n.  3
della presente ordinanza). 
    L'eccezione di improponibilita' sollevata  da  Axa  Assicurazioni
S.p.A.  Assicurazioni  nel  presente  giudizio,  si  incentra   sulla
violazione degli oneri di' cooperazione imposti  al  danneggiato  nel
corso della obbligatoria procedura stragiudiziale, e  sulla  mancanza
della mora dell'assicuratore. 
    Tale eccezione, in sintesi, si risolve e puo' essere scomposta in
due profili della asserita "mancanza di mora"  dell'assicuratore,  di
seguito descritti. 
    a) Il "contenuto" della richiesta di risarcimento del 5.9.07  per
le lesioni personali  patite  dal  pedone  signor  Castucci,  non  e'
conforme all'art. 148 comma secondo C.d.a. (violazione del  combinato
disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma  secondo
C.d.A.). Questa circostanza (violazione  degli  oneri  di  contenuto)
avrebbe quindi impedito alla Compagnia Axa  Assicurazioni  S.p.A.  di
istruire  adeguatamente  la  pratica,  e  le  avrebbe  consentito  di
formulare offerta di  soli  euro  300,00,  ritenuta  "incongrua"  dal
danneggiato signor Castucci, e da  questi  accettata  soltanto  quale
acconto sul maggior avere. 
    In definitiva Axa Assicurazioni S.p.A. eccepisce di non essere in
mora; che l'offerta di euro 300,00 sarebbe da considerarsi  "congrua"
ai sensi dell'art. 148 C.d.A.,  valutata  in  relazione  allo  scarno
contenuto della. richiesta risarcitoria del Castucci; che la  domanda
giudiziale  di  risarcimento  del  maggior  danno  sarebbe   comunque
improponibile, in quanto fondata su allegazioni e documenti  diversi,
rimasti  estranei  alla  trattativa  stragiudiziale,  in   violazione
dell'espresso disposto dell'art. 145 comma primo C.d.A.  nella  parte
in cui impone precisi oneri di "contenuto", descritti  nell'art.  148
comma secondo C.d.A. 
    L'accertamento   del   vizio   di   contenuto   della   richiesta
stragiudiziale,  cosi'  come  l'accertamento  giudiziale   circa   la
"congruita'" della somma gia' versata  (con  valutazione  "ex  ante",
ossia riferita al momento della procedura stragiudiziale ex art.  148
C.d.A.), determinerebbero l'improponibilita' della domanda. 
    b) Mancata  decorrenza  dello  "spatium  deliberandi"  di  giorni
novanta, i cui termini - ad avviso  di  Axa  Assicurazioni  S.p.A.  -
risulterebbero in definitiva interrotti ai sensi dell'art. 148  comma
quinto C.d.a., non avendo il danneggiato provveduto ad  inoltrare  ad
Axa Assicurazioni S.p.A. i chiarimenti e la documentazione da  questa
richiesti con missive  del  19  settembre  2007  e  30  gennaio  2008
(violazione dell'art. 145 comma primo C.d.A.-art.  148  comma  quinto
C.d.A). 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  sorge  dunque  in
relazione alla descritta eccezione  sollevata  dalla  difesa  di  Axa
Assicurazioni  S.p.A.,  precisamente  in  relazione  al  profilo  sub
lettera a), sopra evidenziato. 
    Questa GdP, in forza di  una  interpretazione  costituzionalmente
orientata della normativa di cui si tratta, ritiene invece  infondata
la  stessa  eccezione,  limitatamente  al  profilo  descritto   nella
lettei-a  b),  come  evidenziato  nel  punto  n.  3  della   presente
ordinanza. 
    Precisato quanto innanzi, occorre rimarcare che il  nuovo  regime
della condizione di proponibilita' comporta le seguenti conseguenze. 
    L'eccezione  di  improponibilita'  della  domanda  proposta   dal
Castucci  e'  fondata   e   deve   essere   immediatamente   accolta,
relativamente alla parte di  domanda  fondata  sulle  informazioni  e
documenti sopra descritti di cui in atti vi e'  prova  che  non  sono
stati   offerti   all'assicuratore   nel   corso   della    procedura
stragiudiziale. 
    Nel presente giudizio, non potra' dunque tenersi conto di  questi
documenti, non forniti dal Castucci all'assicuratore nel corso  della
obbligatoria procedura stragiudiziale,  in  violazione  dell'espresso
disposto di cui agli artt. 145 comma primo C.d.A. -  art.  148  commi
primo  e  secondo  C.d.A..,  in  relazione  ai   quali   la   domanda
(precisamente: la parte di domanda che su di essi si fonda) e'  senza
dubbio improponibile. 
    In definitiva, la prescrizione di un ben determinato  "contenuto"
della richiesta risarcitoria stragiudiziale, e di un ben  determinato
corredo  documentale  della  stessa,  comporta  la  declaratoria   di
improponibilita' della domanda, o del capo o parte di domanda, che e'
connesso   ad   allegazioni   rimaste   estranee   alla    "procedura
stragiudiziale", come emerge nel caso in esame. 
    Quanto alla restante "parte" o "capo"  di  domanda  (fondata  sui
documenti offerti dal danneggiato all'assicuratore  nel  corso  della
procedura  stragiudiziale  ex  art.  148  C.d.A.)  ,   la   questione
pregiudiziale di rito (proponibilita' della  domanda)  potra'  essere
definita integralmente soltanto all'esito del giudizio di merito, con
l'accertamento giudiziale relativo ai documenti ed alle  informazioni
effettivamente forniti all'assicuratore  nel  corso  della  procedura
stragiudiziale, alla fondatezza della domanda in punto an  e  quantum
debeatur, alla eventuale corresponsabilita' del pedone per l'illecito
aquiliano ex art. 190 codice della strada (eccepita  dalla  Compagnia
convenuta  nel  presente  giudizio),  e  quindi,  con  l'accertamento
relativo  alla   "congruita'"   o   "non   congruita'"   dell'offerta
stragiudiziale di euro 300,00 (effettuata da Axa Assicurazioni S.p.A.
in data 21 dicembre 2007). 
    In definitiva,  questa  GdP  e'  chiamata  a  valutare  anche  la
correttezza  del  comportamento  dell'assicuratore,  verificando   se
questi abbia o meno usato l'ordinaria diligenza professionale da  lui
esigibile (cfr. art. 1176 comma 2 cc.) nella stima del  danno,  sulla
scorta degli elementi forniti dal danneggiato  con  la  richiesta  ex
art. 145 comma primo C.d.A. 
    Questa valutazione, da effettuare "ex ante" (ossia avuto riguardo
al momento della procedura stragiudiziale ex art. 148 C.d.A.),  rende
evidente la complessita' dell'accertamento in questione, che  implica
la ricostruzione delle trattative stragiudiziali,  del  comportamento
(collaborativo o meno) delle parti, con  un  aggravamento  dell'onere
probatorio  a  carico  del  danneggiato,  che  si  ripercuote   sulla
definizione della questione pregiudiziale di rito. 
    E' poi appena il caso di evidenziare che la valutazione circa  la
"congruita'" o meno dell'offerta stragiudiziale, implica comunque  un
accertamento complesso, perche' si tratta del diritto al risarcimento
del danno scaturente da un illecito aquiliano  ex  art.  2054  codice
civile, espressamente richiamato dall'art. 122 C.d.A. 
    2.  3  -  Conclusioni  sulla  "rilevanza"  della   questione   di
legittimita' costituzionale. 
    In primo luogo, occorre  precisare  che  la  domanda  del  signor
Castucci e' stata proposta nel rispetto dello spatium deliberandi  di
giorni 90,  e  che  l'eccezione  di  improponibilita'  e'  sul  punto
infondata (non avendo, la richiesta di integrazioni ex art. 148 comma
quinto C.d.A., efficacia interruttiva del termine ex art.  145  comma
primo C.d.A.). 
    Questa GdP ritiene  infatti  di  accogliere  una  interpretazione
costituzionalmente orientata della normativa in  esame,  esposta  nel
punto n. 3 della presente ordinanza, cui si rinvia. 
    Cio' posto, la domanda del signor Castucci e' improponibile sotto
ulteriori   profili,   che   suscitano    dubbi    di    legittimita'
costituzionale. 
    Sussiste dunque il requisito della  "rilevanza"  della  questione
proposta. 
    Ebbene, ove si ritenesse che l'art. 145 comma  primo  C.d.A.  sia
conforme alla Costituzione, si verificherebbe la seguente situazione. 
    In primo luogo, come rilevato, questa GdP dovrebbe senza  indugio
dichiarare improponibile il capo di domanda  giudiziale  fondato  sui
documenti medici sopra descritti, del 29.2.08 e 5.3.08 (v. doc.  sub.
n. 2 e n. 4 del fascicolo dell'attore), essendo provato che essi  non
sono stati allegati alla richiesta stragiudiziale del 5/12  settembre
2007, ne' comunque forniti alla Axa Assicurazioni  S.p.A.  nel  corso
della procedura stragiudiziale, in violazione del combinato  disposto
dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148 comma secondo C.d.a. 
    In  secondo  luogo,  una   volta   identificati,   con   apposita
istruttoria, i documenti effettivamente forniti all'Assicuratore  nel
corso   della   procedura   stragiudiziale,   occorrerebbe   comunque
verificare la sussistenza  o  meno  della  "mora"  dell'assicuratore,
valutando se l'offerta di euro basata su quelle  allegazioni,  sia  o
non sia stata "congrua" ai sensi del combinato disposto dell'art. 145
comma  primo  C.d.a.  -  art.  148  comma  primo  e  secondo  C.d.a.,
valutazione speculare alla  "completezza"  o  "non  completezza"  del
contenuto della richiesta risarcitoria. 
    La definizione della questione  pregiudiziale  di  rito  verrebbe
dunque procrastinata, finendo per coincidere sostanzialmente  con  lo
stesso esame globale del merito, con  cognizione  piena,  per  quanto
sopra precisato. 
    Esaurita l'istruzione ed esaminato il merito della  controversia,
questa  GdP,  tuttavia,  noti  dovrebbe  necessariamente  decidere  e
definire "il merito", potendo quella dispendiosa attivita' risolversi
in una decisione di mero rito, di improponibilita'. 
    Ed infatti, ove l'esito dell'istruttoria dimostrasse la  mancanza
della mora dell'assicuratore e la "congruita'" della somma da  questi
gia' offerta e versata  nel  corso  della  procedura  stragiudiziale,
("congruita'" da valutarsi "ex ante", sulla scorta delle  allegazioni
e del contenuto della richiesta stragiudiziale ), la domanda proposta
dal danneggiato sarebbe invero  "infondata",  ma  questa  GdP  ,  pur
avendo accertato l'infondatezza della domanda,  non  potrebbe  invero
dichiararla (con una pura e semplice pronunzia di  rigetto),  dovendo
invece limitarsi ad  una  declaratoria  di  "improponibilita'"  della
domanda stessa, in applicazione dell'art.  145  comma  primo  C.d.a.-
art. 148 comma secondo C.d.A.. 
    La   pronunzia   in   questione   deve   essere,   infatti,    di
"improponibilita'", e non di "rigetto", perche': 
        a) il Giudice di Pace non potrebbe porre a  fondamento  della
decisione documenti non allegati alla  richiesta  stragiudiziale,  in
violazione dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 comma  secondo
C.d.A..; 
        b) alla mancanza della mora  dell'assicuratore,  connessa  al
deficit di "contenuto" della richiesta stragiudiziale, consegue,  per
espresso  disposto  normativo,  l'improponibilita'   dell'azione   di
risarcimento, con una indubbia connotazione sanzionatoria. 
    Una diversa interpretazione della norma non  sembra  praticabile,
non essendo consentito all'interprete di svuotare di ogni significato
l'espressa previsione  di  obblighi/oneri  di  contenuto,  sanzionati
dall'improponibilita'. 
    In conseguenza di tale peculiare disciplina, l'attore si vedrebbe
costretto a riproporre la stessa domanda  giudiziale,  soltanto  dopo
aver introdotto una nuova procedura  stragiudiziale  ai  sensi  dell'
art. 145 comma primo C.d.a. - art. 148  comma  secondo  C.d.A..,  con
nuove allegazioni e nuovi documenti. 
    Se  invece   l'esito   dell'istruttoria   dimostrasse   la   mora
dell'assicuratore e l'incongruita' dell'offerta  stragiudiziale  (con
riferimento alle allegazioni ritualmente introdotte nel  corso  della
procedura stragiudiziale), tale parte di domanda sarebbe proponibile,
e soltanto in tal caso la sottoscritta giudicante, accertata  insieme
- con unitario giudizio - la fondatezza" e la "proponibilita'"  della
domanda, potrebbe finalmente emettere una pronunzia di merito,  nella
specie di accoglimento  parziale,  liquidando  la  differenza  dovuta
Ball' assicuratore al soggetto danneggiato. 
    Tuttavia i dubbi  di  legittimita'  sussistono  anche  in  questa
ultima ipotesi. 
    Come piu' volte evidenziato,  la  pronunzia  di  merito  potrebbe
fondarsi  unicamente  sui  documenti  e  le  allegazioni  ritualmente
introdotte nel corso della procedura  stragiudiziale,  posto  che  la
domanda fondata su documenti diversi sarebbe  comunque  improponibile
ai sensi dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art.  148  comma  secondo
C.d.A.; e nel  caso  in  esame  risulta  accertato  che  i  documenti
prodotti in giudizio dall'attore, attestanti  i  postumi  permanenti,
non furono allegati alla richiesta risarcitoria  ex  art.  145  comma
primo C.d.A. del 5/12 settembre 2007, ne' tanto meno alla  successiva
missiva spedita il 22 gennaio 2008. 
    In  definitiva,  l'accoglimento  della  domanda  sarebbe   sempre
"parziale" (parziale accoglimento e parziale improponibilita'), e  il
danno liquidato all'esito del giudizio potrebbe non coincidere con il
danno effettivamente  patito,  atteso  che  resta  comunque  preclusa
l'acquisizione,   al   processo,   dei    documenti    non    forniti
all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale. 
    Se invece, al contrario, si  ritenesse  l'art.  145  comma  primo
C.d.a., in contrasto con la Costituzione, quanto meno nella parte  in
cui impone i requisiti di contenuto previsti nell'art. 148 C.d.A., la
questione   pregiudiziale   di   rito   potrebbe   essere    definita
immediatamente sulla scorta dei documenti in atti prodotti (al  pari,
ad. es. dell'art. art. 38 ultimo comma c.p.c., per  le  questioni  di
competenza), e la  domanda  proposta  dal  signor  Castucci  dovrebbe
considerarsi  integralmente  "proponibile",  atteso  che   la   prova
documentale delle trattative intercorse tra le  parti,  e  la  stessa
corresponsione di una somma, pur ritenuta non congrua dal danneggiato
e da  questi  accettata  a  titolo  di  acconto,  consentirebbero  di
ritenere raggiunto lo scopo della norma, al pari del previgente  art.
22 legge n. 990/69. 
    La   domanda   del   Castucci   sarebbe,   quindi,    interamente
"proponibile", e potrebbero essere  acquisiti  al  processo  tutti  i
documenti allegati al  fascicolo  dell'attore,  inclusi  i  documenti
medici del 29 febbraio 2008 e del 5 marzo 2008, restando  irrilevante
la circostanza che non siano stati forniti all'assicuratore nel corso
della  procedura  stragiudiziale  ex  art.  148  C.d.A.  Inoltre,  la
questione relativa alla proponibilita'  della  domanda  verrebbe,  in
tale ipotesi, definita immediatamente, e non gia'  procrastinata  (in
tutto o in parte) all'esito del giudizio di merito. 
    In  conclusione,  ad  avviso  della  G.d.P.,  la   questione   di
costituzionalita' e' rilevante nel presente  giudizio,  per  tutti  i
motivi esposti e per gli ulteriori di seguito evidenziati. 
    3    -    Sulla    impossibilita'    di    una    interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    La possibilita' di una interpretazione conforme a Costituzione e'
soltanto parziale (per l'art. 145  comma  primo  C.d.A.,  applicabile
alla fattispecie in esame), e lascia aperto  dubbio  di  legittimita'
costituzionale. 
    L'interpretazione  costituzionalmente  orientata  dell'art.   145
comma secondo C.d.A. 
    Il  vigente  art.  145   comma   primo   C.d.A.   (Proponibilita'
dell'azione  di  risarcimento)  testualmente  recita:  "Nel  caso  si
applichi la procedura  di  cui  all'articolo  148,  l'azione  per  il
risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli  e  dei
natanti, per i quali vi e'  obbligo  di  assicurazione,  puo'  essere
proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero  novanta
in caso di danno  alla  persona,  decorrenti  da  quello  in  cui  il
danneggiato   abbia   chiesto   all'impresa   di   assicurazione   il
risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata  con  avviso  di
ricevimento, anche se inviata per  conoscenza,  avendo  osservato  le
modalita' ed i contenuti previsti all'articolo 148. (.)" 
    Dunque ai fini della proponibilita'  della  domanda,  l'art.  145
comma 1 C.d.A. oltre a prevedere  il  decorso  di  un  certo  spatium
deliberandi, prescrive  (ed  e'  questa  la  novita')  anche  che  la
richiesta risarcitoria debba  rispettare  un  certo  contenuto,  come
individuato dall'art. 148 C.d.A.  (articolo  al  quale  la  norma  fa
esplicito rinvio, limitatamente  alle  "modalita'  ed  ai  contenuti"
della racc. a.r.  come  emerge  dal  chiaro  tenore  letterale  della
norma). 
    A ben vedere, l'innovazione apportata consiste nell'aver fuso  le
discipline di cui agli artt. 22 legge n. 990/69 e 3 legge  n.  39/77,
istituendo una procedura  stragiudiziale  obbligatoria,  destinata  a
definirsi   con    l'esatto    adempimento    dell'obbligo    imposto
all'assicuratore di formulare l'offerta congrua. 
    La ratio della  norma  e'  quella  di  favorire  la  formulazione
dell'offerta congrua, ponendo l'assicuratore in grado di adempiere la
propria obbligazione, con l'uso dell'ordinaria diligenza. 
    La ratio legis della nuova disciplina e' chiara. 
    La valutazione giudiziale  circa  la  "completezza"  o  meno  del
contenuto della richiesta risarcitoria e',  infatti,  speculare  alla
valutazione di "congruita'" dell'offerta  stragiudiziale,  effettuata
sulla scorta di quella richiesta. 
    La ratio della norma si rinviene nel collegamento funzionale  tra
gli oneri di contenuto ex art. 145 comma  primo  C.d.A.  -  art.  148
C.d.A., e la formulazione della "offerta congrua e motivata" ex  art.
148 commi primo e secondo C.d.A., con finalita'  deflattive  rispetto
contenzioso giudiziario. 
    Nel linguaggio comune (v. art. 12 disp. prel.  cc.)  "congruo"  -
che deriva dal latino congruu(m), congruere,  "coincidere"  -  ha  il
significato di qualcosa che  corrisponde  perfettamente  al  bisogno,
alla  necessita';  che  e'  proporzionato  a  determinate   esigenze.
L'offerta  "congrua"  e'   soltanto   quella   idonea   a   risarcire
integralmente  il  danno  subito,  con  la  precisazione   che   tale
valutazione andra' compiuta dall'Assicuratore nei  limiti  di  quanto
allegato  e  provato  dal  danneggiato  nel  corso  della   procedura
stragiudiziale ex art. 148 C.d.A.. 
    E' evidente  che  l'Assicuratore  potra'  formulare  una  offerta
"congrua" al danneggiato, solamente ove questi collabori,  adempiendo
diligentemente alle prescrizioni di contenuto imposte  dall'art.  145
comma primo C.d.A., per la richiesta risarcitoria stragiudiziale. 
    La "proponibilita'" dell'azione viene cosi',  sostanzialmente,  a
coincidere con la condizione di "mora" dell'assicuratore,  nel  senso
precisato (v. artt. 145 comma  primo  C.d.A.-  art.  148  commi  1-2-
C.d.A. - art. 1218 ss c.c.). 
    Il contenuto della  richiesta  risarcitoria  stragiudiziale  deve
essere tale da consentire all'assicuratore di valutare il danno e  di
formulare al danneggiato una offerta "congrua" (v. art. 148 commi 1-2
C.d.A.), intendendosi con  tale  espressione  soltanto  quell'offerta
idonea a risarcire integralmente il danno subito. 
    E' allora evidente che l'esame della questione  pregiudiziale  di
rito, relativa alla proponibilita' o meno della  domanda  giudiziale,
implichi logicamente l'esame delle questioni attinenti al merito vero
e proprio,  implichi  l'accertamento,  con  cognizione  piena  e  non
sommaria, dei fatti  costitutivi  del  diritto  azionato,  per  poter
procedere alla liquidazione integrale del danno e valutare quindi  la
congruita'  o  meno   dell'offerta   stragiudiziale.   L'accertamento
giudiziale circa la  "congruita'"  dell'offerta  ,  in  relazione  al
contenuto della richiesta stragiudiziale imposto dall'art. 145  comma
primo C.d.A., non puo' che essere effettuato con cognizione  "piena",
e non sommaria. 
    Non si vede, infatti, come si potrebbe procedere in via  sommaria
e sulla base degli atti (al pari dell'art. 38 ultimo comma c.p.c.)  a
valutare se una determinata somma sia  o.  meno  idonea  a  risarcire
integralmente il danno alla salute, subito a seguito di  un  illecito
extracontrattuale. 
    L'art. 148 comma secondo C.d.A. (richiamato dall'art.  145  comma
primo  C.dA.)  testualmente   dispone:   "(..).   La   richiesta   di
risarcimento deve essere presentata dal danneggiato  o  dagli  aventi
diritto con le modalita' indicate  al  comma  1.  La  richiesta  deve
contenere l'indicazione del codice fiscale degli  aventi  diritto  al
risarcimento e la descrizione delle circostanze  nelle  quali  si  e'
verificato   il   sinistro   ed   essere   accompagnata,   ai    fini
dell'accertamento  e   della   valutazione   del   danno   da   parte
dell'impresa,  dai  dati   relativi   all'eta',   all'attivita'   del
danneggiato, al suo reddito, all'entita'  delle  lesioni  subite,  da
attestazione medica comprovante l'avvenuta  guarigione  con  o  senza
postumi   permanenti,   nonche'   dalla   dichiarazione   ai    sensi
dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di  decesso,  dallo  stato  di
famiglia della vittima. (...). 
    Dal tenore letterale della norma appena riportata emerge, dunque,
che per la validita' della richiesta stragiudiziale e' necessario che
essa  contenga,  in  definitiva,  l'esposizione  dei  fatti  che   ne
costituiscono la ragione o fondamento, e l'allegazione dei  mezzi  di
prova che l'impresa potra' (e dovra') utilizzare  per  "accertare"  e
"valutare" il danno, in mancanza incorrendo nella "mora". 
    Cio' premesso, si tratta di capire: 
        a) se tutti vizi di "contenuto", o soltanto  alcuni,  possano
comportare l'improponibilita' della domanda giudiziale ai  sensi  del
combinato disposto degli artt. 145 comma primo  C.d.A.  -  148  comma
secondo C.d.A.; 
        b) se la corresponsione di una somma,  ritenuta  non  congrua
dal danneggiato, rendi comunque "proponibile" la domanda giudiziale; 
        c) se la mancata offerta, o la corresponsione di una offerta,
o il diniego di offerta  privi  di  motivazione  o  tardivi,  rendano
comunque "proponibile" la domanda giudiziale; 
        d) se la richiesta di integrazioni ex art. 148  comma  quinto
C.d.A., alla quale danneggiate non abbia ottemperato, sia  idonea  ad
"interrompere" i termini ai fini della proponibilita' dell'azione  di
risarcimento. Se l'omessa richiesta di integrazioni ex art. 148 comma
quinto C.d.A., renda la domanda comunque "proponibile". 
    Quanto ai quesiti  sub  d),  questa  GdP  ritiene  di  rispondere
negativamente, aderendo  ad  una  interpretazione  costituzionalmente
orientata, consentita dalla lettera della legge. Si  osserva  infatti
che la relatio dell'art. 145 comma primo C.d.A. all'art. 148  C.d.A.,
riguarda unicamente le "modalita' ed  i  contenuti"  della  richiesta
stragiudiziale, che hanno  rilevanza  ai  fini  della  proponibilita'
della  domanda,  ma  non  le  conseguenze  dell'omessa  richiesta  di
chiarimenti  da  parte  dell'assicuratore,   ovvero   della   mancata
integrazione ad opera  del  danneggiato  ex  art.  148  comma  quinto
C.d.A.. 
    L'art.   148   comma   quinto   C.d.A.    contempla    unicamente
l'interruzione dei "termini di cui ai commi 1 e 2" dello stesso  art.
148, da intendersi, in assenza di  esplicito  richiamo  all'art.  145
C.d.A., come termini strettamente relativi alla costituzione in  mora
dell'assicuratore,  i  cui  effetti  sono  stabiliti   dalle   regole
ordinarie di cui agli artt. 1218 ss codice civile. 
    In forza di tale interpretazione, condivisa  da  questa  GdP,  la
richiesta  di  integrazioni  ex  art.  148  comma  quinto  C.d.A.  ha
l'effetto di interrompere i  termini  per  la  costituzione  in  mora
dell'assicuratore, disciplinati dall'art. 148 C.d.A., mentre  non  ha
l'effetto di interrompere il termine  dello  spatium  deliberandi  ex
art. 145 c.d.a., che dunque continua a  decorrere.  In  tal  modo  si
evita una eccessiva dilatazione dei tempi per l'accesso  alla  tutela
giurisdizionale,  in  dipendenza  delle  unilaterali   determinazioni
dell'impresa di assicurazione, secondo una opzione interpretativa che
sarebbe difficilmente compatibile con l'art. 24 Cost., e con l'art. 3
Cost. 
    In definitiva, in caso di mancata  integrazione  della  richiesta
risarcitoria lacunosa, decorso il termine contemplato  dall'art.  145
comma primo C.d.A., il danneggiato ha comunque la facolta'  di  agire
in giudizio,  ma  "a  suo  rischio",  atteso  che,  laddove  in  sede
giudiziaria  risulti  accertato  il  vizio  di   contenuto   eccepito
dall'assicuratore, la domanda sarebbe  improponibile  per  violazione
dell'art. 145 comma primo C.d.A. in combinato disposto con l'art. 148
commi 1-2- C.d.A.. 
    Da cio' consegue che questa GdP ritiene, sul punto, infondata  la
seconda eccezione di improponibilita' della domanda, sollevata  dalla
difesa di Axa Assicurazioni S.p.A., posto che  le  due  richieste  di
integrazioni ex art. 148 comma quinto C.d.A., con lettere  datate  19
settembre 2007 e 30 gennaio 2008, non hanno interrotto il termine  di
giorni novanta contemplato dall'art. 145 comma primo C.d.A.,  termine
che era comunque  ampiamente  spirato  alla  data  del  deposito  del
ricorso, in data 5 novembre 2008 e -  ovviamente  -  alla  successiva
data di notifica dell'atto introduttivo,  unitamente  al  decreto  di
conversione del rito e fissazione di udienza, avvenuta in data 3 e  6
marzo 2009 per Samich srl ed Axa Assicurazioni S.p.A.. 
    Parimenti, lettera della legge e  coerenza  logica  impongono  di
ritenere irrilevante, ai fini della questione di proponibilita' della
domanda ai sensi dell'art. 145 comma primo C.d.A., l'ipotesi  in  cui
l'assicuratore abbia omesso di richiedere le integrazioni ex art. 148
comma quinto C.d.A. 
    Ribadito che  comunque,  nel  caso  che  occupa,  deve  ritenersi
accertato  che  l'assicuratore  abbia  provveduto  ben  due  volte  a
richiedere le  integrazioni  ai  sensi  dell'art.  148  comma  quinto
C.d.A., in data 19.9.07 e 30.1.08;  e  che  l'offerta  di  sali  euro
300,00 trova  la  sua  motivazione  o  giustificazione  nei  vizi  di
contenuto della richiesta del Castucci, rimasti non  sanati,  occorre
inoltre precisare quanto segue. 
    La mancata offerta, l'offerta tardiva o priva di motivazione,  il
diniego immotivato di offerta, la mancata richiesta  di  integrazioni
ex art. 148 comma quinto  C.d.A.,  sono  tutte  circostanze  che  non
hanno, in se', alcuna efficacia sanante rispetto ai vizi di contenuto
della richiesta risarcitoria stragiudiziale ex art. 145  comma  primo
C.d.A., perche' nulla in tal senso e' esplicitamente previsto. 
    Ubi lex voluit, dixit; ubi noluit tacuit. 
    Come  sopra  rilevato,  l'art.  148  C.d.A.  e'  in  rapporto  di
specialita' bilaterale rispetto all'art. 145 comma primo  C.d.a.;  in
secondo luogo  e'  evidente  che  l'opposta  interpretazione  avrebbe
l'effetto di svuotare di ogni significato l'imposizione  di  obblighi
di contenuto ai fini della proponibilita' della domanda ex  art.  145
comma  primo   C.d.A.   (interpretatio   abrogans,   non   consentita
all'interprete). 
    Si e' detto che "Ubi lex voluit, dixit; ubi noluit tacuit". 
    Il   fatto   che   l'Assicuratore    abbia    negato    l'offerta
(esplicitamente ovvero attraverso un comportamento  omissivo)  o  che
abbia formulato una offerta  non  congrua  ("mancato  accordo"),  non
rende la  domanda  "proponibile",  perche'  nulla  in  tal  senso  e'
previsto nella normativa di cui si  discute  (art.  145  comma  primo
C.d.A. - art. 148 C.d.A. ), a differenza di quanto  previsto  per  la
ben diversa procedura di cui all'art. 149  C.d.A.  (cfr.  l'art.  145
comma secondo C.d.A. in combinato disposto con l'art. 149 comma sesto
C.d.A.). 
    Quindi, anche la risposta al quesito sub lettera "c" deve  essere
negativa. 
    Venendo  ora  al  quesito  sub  b),  sopra  enunziato   ("se   la
corresponsione di una somma, ritenuta non  congrua  dal  danneggiato,
renda comunque "proponibile" la domanda giudiziale"), la risposta  e'
indubbiamente negativa. 
    Osserva al riguardo  il  Gdp  che  una  interpretazione  siffatta
("congruita' in senso soggettivo"),  avrebbe  l'effetto  di  abrogare
l'espresso  disposto  normativo,  che  impone   (combinato   disposto
dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi 1-2  -  C.d.A.)  ai
fini della proponibilita' della domanda, un certo  "contenuto"  della
richiesta stragiudiziale, che sia idoneo rispetto alla  finalita'  di
consentire all'assicuratore di formulare una  offerta  oggettivamente
"congrua", ossia realmente  "adeguata"  o  "proporzionata"  al  danno
subito, in forza dei parametri di cui agli artt. 2043 ss cc.  -  art.
1223  ss  cc.  (an  e  quantum  debeatur),  la  cui   osservanza   e'
verificabile   in   sede   giudiziaria,   al    pari    della    mora
dell'assicuratore ex art. 1218  ss  cc.  Ritenere  che  l'espressione
"congruita'" dell'offerta possa essere intesa in senso  "soggettivo",
e' interpretazione illogica, che svuota di ogni significato la  norma
in esame, in quanto consentirebbe  al  danneggiato  di  formulare  le
richieste risarcitorie dal contenuto piu' generico, in contrasto  con
l'espresso disposto dell'art. 145 comma primo C.d.A., che  impone  -i
contenuti previsti dall'art. 148". 
    Questa interpretazione non puo' dunque essere accolta, perche' si
pone in contrasto con il dato testuale-letterale, con il  significato
del  discorso  normativo,  quale  emerge  anche   da   un   raffronto
sistematico delle disposizioni in esame. 
    Esaminando le espressioni utilizzate dal legislatore, emerge  con
chiarezza che l'ipotesi del "mancato  accordo"  quale  condizione  di
proponibilita', e' contemplata unicamente nella  diversa  fattispecie
di cui all'art. 149 comma  sesto  C.dA.  -  art.  145  comma  secondo
C.d.A.. Nel caso in esame, ove si applica la procedura "ordinaria" di
cui all'art. 148 C.d.A., in mancanza  di  una  espressione  letterale
analoga a quella utilizzata dal legislatore per la diversa  procedura
di cui all'art. 149 C.d.A., non e' dunque  consentito  all'interprete
di ritenere che la formulazione di una offerta  ritenuta  "incongrua"
con soggettiva valutazione del danneggiato, e da questi  rifiutata  o
magari trattenuta a titolo di acconto ("mancato accordo"),  renda  la
domanda "proponibile". 
    Questa opzione  interpretativa  non  e'  praticabile,  in  quanto
esclusa  dal  dato  testuale-letterale,  ed  esclusa  altresi'  dalla
differenza di ratio tra il vigente art.  145  comma  primo  C.d.A.  e
l'abrogato art. 22 legge n. 990/69. 
    Invero, nel regime dell'art.  22  legge  n.  990/69,  la  domanda
giudiziale  era  proponibile  anche  a  fronte   di   una   richiesta
risarcitoria incompleta, ed anche a fronte di semplici atti  ritenuti
"equipollenti" dalla giurisprudenza della S.C. 
    La riforma del 2005 ha  apportato  innovazioni  al  regime  della
condizione di proponibilita' (art. 145 comma primo-  art.  148  commi
primo e secondo d.lgs. n. 209/2005, TU. Codice delle  Assicurazioni),
avendo "fuso" la disciplina contenuta nell'art. 22 legge n. 990/69  e
nell'art. 3 della legge n. 39/77. 
    A seguito della fusione  delle  due  discipline,  l'obiettivo  di
porre un "filtro" all'azione giudiziaria, viene  perseguito  in  modo
assolutamente diverso da quello di cui all'art. 22 legge n. 990/69. 
    Nel  vigore  dell'art.  22  legge  n.  990/69,   tale   finalita'
deflattiva veniva  giustamente  descritta  dalla  giurisprudenza  nel
semplice obiettivo di favorire la "composizione stragiudiziale" delle
istanze di risarcimento, evitando i costi di una lite giudiziaria. 
    Con l'entrata in vigore dell'art. 145  comma  primo  C.d.A.,  che
impone - ai fini della proponibilita' - requisiti di contenuto  della
richiesta risarcitoria finalizzati alla formulazione della congrua  e
motivata offerta ex art. 148 C.d.a, non puo' piu' sostenersi  che  la
ratio  del  filtro  all'azione  giudiziaria  sia  circoscritta   alla
semplice "composizione stragiudiziale" delle istanze di risarcimento. 
    L'art. 145 comma primo C.d.a., e' finalizzato  alla  formulazione
di una offerta  effettivamente  congrua,  ossia  idonea  a  risarcire
integralmente il danno patito, in tempi rapidi. 
    In altre parole, con l'entrata in vigore dell'art. 145  C.d.A.  e
l'abrogazione dell'art. 22 legge n. 990/69, si e'  assistito  ad  una
indubbia estensione della nozione di "filtro all'azione giudiziaria",
risultando modificato l'obiettivo perseguito dalla norma  che  regola
l'accesso alla giurisdizione. 
    Tale modifica ha  costituito  un  aggravio  della  posizione  del
danneggiato, che e' la parte debole della vicenda. 
    "Atti equipollenti" non sono piu' ammissibili  ne'  rilevanti  ai
fini della proponibilita'  dell'azione  giudiziaria,  atteso  che  la
norma in esame  (art.  145  comma  primo  -  art.148  C.d.A.)  impone
specifici requisiti di "contenuto" per la richiesta  risarcitoria,  e
specifici oneri di cooperazione, ai fini della  proponibilita'  della
domanda. 
    In definitiva, la disciplina dell'art. 145 comma primo  C.d.A.  -
art.  148  commi  1-2  C.d.A.  si  differenzia  da  quella  contenuta
nell'art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 C.d.A., che tali  "atti
equipollenti"   in   definitiva   ammette,   secondo   una    opzione
interpretativa coerente con il dettato costituzionale. 
    Ed invero, art. 149 comma sesto C.d.A., testualmente recita:  "In
caso di comunicazione dei  motivi  che  impediscono  il  risarcimento
diretto ovvero nel caso di mancata  comunicazione  di  offerta  o  di
diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo  148  o  di
mancato accordo, il danneggiato puo' proporre l'azione diretta di cui
all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della  propria  impresa
di  assicurazione.  (...)".  In  definitiva,  in  forza   di   questa
interpretazione costituzionalmente orientata,  resa  possibile  dalla
lettera della legge, la ratio dell'art.  145  comma  secondo  C.d.A.,
sostanzialmente coincide con quella dell'abrogato art.  22  legge  n.
990/69, dovendo lo scopo della norma ritenersi  raggiunto  anche  per
effetto di semplici trattative intercorse tra le parti, quale che sia
la  ragione  per  cui  esse  non  siano  sfociate   in   un   accordo
stragiudiziale. 
    In conclusione, nel caso in esame,  il  rifiuto  dell'offerta  di
euro 300,00, ritenuta non congrua e trattenuta a  titolo  di  acconto
dal signor Castucci, e' circostanza che resta irrilevante e  che  non
rende "proponibile" la domanda, atteso che alla fattispecie in  esame
deve essere applicato l'art. 145 comma primo C.d.A. - 148  C.d.A.,  e
non gia' l'art. 145 comma secondo C.d.A.- art. 149 C.d.A. 
    La  lettera  della  legge  non   consente   una   interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 145 comma  primo  C.d.A.,  non
rinvenendosi, nell'art. 148  C.d.A.,  alcuna  espressione  analoga  a
quella utilizzata dal legislatore nell'art. 149  comma  sesto  C.d.A.
(richiamato dal comma secondo dell'art. 145 C.d.A.). 
    Quanto al quesito sub. a) (se tutte le carenze di "contenuto",  o
soltanto alcune, possano comportare l'improponibilita' della  domanda
giudiziale ai sensi del combinato  disposto  degli  artt.  145  comma
primo C.d.A. - 148 comma secondo C.d.A.), si  osserva  quanto  segue.
Secondo una prima tesi, non condivisa da questa GdP, la  mancanza  di
uno qualsiasi degli elementi indicati (es. codice fiscale) renderebbe
improponibile la domanda. 
    Questa GdP ritiene di aderire ad un orientamento piu'  flessibile
e maggiormente coerente con  il  dettato  costituzionale,  escludendo
l'improponibilita'  della  domanda  nei  casi  in  cui  la  richiesta
stragiudiziale, pur incompleta,  contenga  gli  elementi  sufficienti
affinche' l'assicuratore, con l'uso dell'ordinaria diligenza  da  lui
esigibile (art. 1176 comma 2 cc.), possa  procedere  all'accertamento
della responsabilita' e alla stima del danno. 
    In definitiva il giudice deve procedere ad una  valutazione  caso
per  caso,  verificando  il   contenuto   della   singola   richiesta
stragiudiziale, valutando l'idoneita' di tale contenuto a  consentire
o meno all'assicuratore di adempiere la sua  obbligazione  formulando
"offerta congrua", in relazione al danno richiesto. 
    Il giudice deve quindi valutare  il  comportamento  delle  parti,
verificando da  un  lato,  se  l'assicuratore  si  sia  attivato  con
l'ordinaria diligenza  per  accertare  le  responsabilita',  valutare
danno  e  procedere  alla  liquidazione  di  una  offerta  "congrua";
dall'altro  lato,  valutare  la  conformita'  del  comportamento  del
danneggiato ai principi di buona fede, verificando  se  questi  abbia
effettivamente compiuto "quanto necessario" ai sensi  dell'art.  1206
cc.,  per  consentire  all'assicuratore  di  adempiere   la   propria
obbligazione. 
    In definitiva, una  richiesta  incompleta  potra'  comportare  la
declaratoria di improponibilita' della  domanda  ex  art.  145  comma
primo C.d.A., in forza di una valutazione che fara' il  giudice  caso
per  caso,  in  base  allo  specifico   contenuto   della   richiesta
risarcitoria, e in genere in base a tutti gli  elementi  concreti  da
cui egli riterra' di poter formare il  suo  libero  convincimento  ex
art. 116 c.p.c., in relazione al comportamento delle parti nel  corso
della procedura stragiudiziale obbligatoria ex art. 148 C.d.A. 
    La  richiesta  stragiudiziale  incompleta  con   riferimento   al
contenuto, in violazione del combinato disposto degli artt. 145 comma
1 - 148 comma 2 cod. ass., comporta l'improponibilita' della  domanda
(conseguenza espressamente prevista dall'art. 145 comma  C.d.A.)  nel
solo  caso  in  cui  le  omissioni  siano  state  tali  da   impedire
all'assicuratore la possibilita' di stimare adeguatamente il danno  e
di  formulare  l'offerta  congrua,  pur  con   l'uso   dell'ordinaria
diligenza. 
    Il GdP ritiene di aderire a tale interpretazione, che non risolve
tutti i dubbi di legittimita' costituzionale. ma che comunque  sembra
piu' coerente con il dettato costituzionale, rispetto alla tesi  piu'
estrema, che ricollega alla formale mancanza di uno  qualsiasi  degli
elementi   indicati   nell'art.   148   commi   l   -    2    C.d.A.,
l'improponibilita' della domanda. 
    Per  questi  motivi,  la  sottoscritta  GdP  ritiene  irrilevante
l'omessa  indicazione  dell'attivita'  e  del  reddito   del   signor
Castucci, non avendo  costui  richiesto  il  risarcimento  dei  danni
patrimoniali conseguenti alla temporanea  incapacita'  lavorativa,  e
posto che, rispetto alla lesione del  bene-salute  costituzionalmente
garantito, resta giuridicamente irrilevante il reddito  prodotto  dal
soggetto danneggiato. 
    In definitiva i menzionati  vizi  di  contenuto  della  richiesta
risarcitoria del  5.9.07  non  determinano  l'improponibilita'  della
domanda,  atteso  che  si  tratta  di  elementi  che  non   potevano,
logicamente e giuridicamente, influire nella  valutazione  del  danno
lamentato dal Castucci, e nella liquidazione  dell'offerta  "congrua"
ex art. 148 commi 1-2 C.d.A.. 
    Al  contrario,  come  gia'  osservato,  gli  ulteriori  vizi   di
contenuto della richiesta stragiudiziale ex  art.  145  comma.  primo
C.d.A., rimasti non sanati  (omessa  allegazione  dell'entita'  delle
lesioni, dell'attestazione medica comprovante  l'avvenuta  guarigione
con o  senza  postumi  permanenti,  dei  certificati  medici  del  29
febbraio 2008 e del 5 marzo 2008) , rendono improponibile la  domanda
giudiziale del signor Castucci, trattandosi di elementi che avrebbero
influito  in  modo  determinante  nella  stima  del  danno  e   nella
liquidazione dell'"offerta congrua" ex art. 148 commi 1-2- C.d.A.. 
    Questa conclusione, cui l'interprete non puo' sottrarsi,  suscita
dubbi di legittimita' costituzionale. 
    Tuttavia, una diversa interpretazione non sembra  consentita  dal
dettato letterale delle disposizioni in esame, posto che  l'art.  145
comma primo C.d.A. , impone a pena di improponibilita'  requisiti  di
contenuto della richiesta  stragiudiziale,  finalizzati  testualmente
alla formulazione della "congrua offerta" (si veda l'art.  148  commi
1-2- C.d.A.,  espressamente  richiamato  dall'art.  145  comma  primo
C.d.A.). 
    In forza del chiaro dato testuale-letterale,  la  ratio  di  tale
normativa  consiste  nel  favorire  la  formulazione  della  "offerta
congrua", attraverso l'imposizione, alle parti, di precisi  oneri  di
cooperazione (cfr. artt. 1176 comma 2 cc., art.  1206  cc.),  la  cui
violazione   -   per   il   danneggiato   -   e'    sanzionata    con
l'improponibilita' della domanda. 
    La ratio legis non consiste piu', semplicemente, nel favorire  il
contatto tra le parti e gli accordi stragiudiziali. 
    Quest' ultima soluzione, costituzionalmente  orientata,  e'  oggi
resa impraticabile anche dall'interpretazione  letterale-sistematica,
dal raffronto tra le distinte fattispecie contemplate nel C.d.A. 
    Laddove il legislatore ha  inteso  perseguire  quella  ratio,  e'
invero stato esplicito: cosi' nell'art. 149 comma sesto C.d.A.,  dove
espressamente si contempla il  semplice  "mancato  accordo"  ai  fini
della proponibilita'  della  domanda;  cosi'  nell'art.  287  C.d.A.,
laddove il legislatore non ha imposto ne' obblighi di  contenuto  per
la richiesta stragiudiziale, ne' ha previsto la procedura volta  alla
formulazione della "congrua offerta". 
    Permane dunque il dubbio di  costituzionalita'  della  menzionata
disciplina, che deve  essere  applicata  al  caso  in  esame,  e  che
comporta la dichiarazione di improponibilita' della domanda  proposta
dal signor Castucci. 
    4 - Valutazione della non manifesta infondatezza della questione. 
    4. 1 - Vizio nel procedimento di formazione legislativa.  Eccesso
di delega. Violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli artt. 1
e 4 della Legge delega n. 229/2003. Violazione  dell'art.  117  comma
primo Cost., in relazione all'art. 6 n. 1, e all'art. 13 della  CEDU-
Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle
liberta' fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950  -  e  all'art.  47
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea,  proclamata
a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di  Lisbona,
ratificato con legge n. 130/2008 ed entrato in vigore il 01.12.2009. 
    4.1.1 - Violazione dell'art. 76 Cost. con riferimento agli  artt.
1 e 4 della Legge delega n. 229/2003. Primo profilo. 
    Occorre brevemente premettere che  l'art.  76  Cost.  esprime  un
principio di legalita' formale e sostanziale, imponendo la preventiva
introduzione, con atto legislativo, di principi e  criteri  idonei  a
vincolare le scelte del Governo nell'esercizio  del  relativo  potere
(cfr. Corte cost. n. 359/1991;  Corte  cost.  250/1996;  Corte  cost.
307/2003; Corte cost. 303/2003 ); in particolare,  la  determinazione
dei principi e criteri direttivi da parte del  legislatore  delegante
deve essere sufficientemente specifica, affinche'  non  sia  alterato
l'assetto costituzionale delle fonti (cfr. Corte cost. 54/2007 ). 
    Cio' posto, si osserva che l'art. 145 comma primo C.d.A.  (d.lgs.
n. 209/2005), introduce una innovazione sostanziale  e  significativa
nella  disciplina   della   condizione   di   proponibilita'.   Detta
innovazione  si  pone  in  contrasto  con  l'esigenza  di  apprestare
rafforzata tutela al danneggiato, di ridurrei costi di  gestione  per
le  imprese  di  assicurazione  e  di  deflazionare  il   contenzioso
(violazione degli artt. 24 Cost., 111 Cost. 32 Cost., 3 Cost.). 
    L'innovazione  sostanziale  del  regime   della   condizione   di
proponibilita' della domanda avrebbe dovuto, quindi,  essere  oggetto
di una specifica delega in tal senso, contenente principi  e  criteri
direttivi utili a circoscrivere la potesta' normativa del Governo. 
    Tale  delega  non  risulta  tuttavia  contenuta  nella  legge  n.
229/2003. 
    La legge delega n.  229  del  «29  luglio  2003  ("Interventi  in
materia  di  qualita'  della  regolazione,  riassetto   normativo   e
codificazione. - Legge di semplificazione.2001") non era  finalizzata
ad innovare il diritto positivo, ma  semplicemente  a  realizzare  un
riassetto della disciplina in materia di  assicurazione  obbligatoria
per la r.c.a. 
    Inoltre, quale criterio guida, il legislatore delegante  indicava
il rafforzamento della tutela dei consumatori  e,  in  generale,  dei
contraenti piu' deboli, avendo riguardo  anche  al  profilo  relativo
alla liquidazione dei sinistri. 
    Recita infatti l'art. 4 della legge delega ("Riassetto in materia
di assicurazioni"): «1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro due
anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu'
decreti legislativi per il riassetto delle  disposizioni  vigenti  in
materia di assicurazioni, ai sensi e secondo  i  principi  e  criteri
direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo  1997,  n.  59,
come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel  rispetto
dei seguenti principi e criteri direttivi: 
        a) adeguamento della normativa alle disposizioni  comunitarie
e agli accordi internazionali; 
        b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu'
deboli,  sotto  il  profilo  della   trasparenza   delle   condizioni
contrattuali, nonche'  dell'informativa  preliminare,  contestuale  e
successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla
correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di  liquidazione
dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di  tale  servizio;  (
)». 
    L'innovazione apportata dall'art. 145 comma primo C.d.A., oltre a
non essere oggetto di una specifica delega, si risolve in  un  regime
sfavorevole per il danneggiato, vittima del  sinistro  stradale,  che
riveste anche  la  qualifica  di  "consumatore"  assicurato  (  avuto
riguardo alla obbligatoria  procedura  stragiudiziale  imposta  dagli
artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., ed al giudizio). 
    Sul punto, occorre rammentare che la ratio legis della disciplina
sull'assicurazione obbligatoria di cui alla legge n. 990/69, e' stata
indicata dalla Corte  costituzionale  (v.  Corte  cost.  n.  24/1973)
nell'esigenza, ritenuta  di  pubblico  interesse,  "di  garantire  il
risarcimento del danno alle vittime della circolazione stradale". 
    Il previgente art. 22 legge n. 990/69 aveva lo scopo di "favorire
accordi transattivi per la liquidazione del danno e di  evitare,  per
quanto possibile, azioni giudiziarie" (v. lavori preparatori legge n.
990/69, Relazione Dosi al Senato); si trattava, in definitiva, di uno
strumento predisposto nell'interesse della generalita'  degli  utenti
della strada, finalizzato a garantire  una  maggiore  e  piu'  sicura
protezione del diritto dei  danneggiati  al  risarcimento  (v.  Cass.
1974/1718; Corte cost. n. 24/1973) . 
    In    coerenza    con    l'evidenziata    ratio    della    legge
sull'assicurazione  obbligatoria,  i  principi  e  criteri  direttivi
contenuti nell'art. 4 della  legge-delega  29.7.2003  n.  229,  erano
quindi finalizzati a tutelare  il  soggetto  debole  nelle  procedure
liquidative, anche in attuazione della  direttiva  comunitaria  2005/
14/ CE, 
    La Corte costituzionale (Corte cost. ordinanza n. 85 del 5  marzo
2010; Corte cost. n. 180/2009; n. 441/2008; Corte cost. n.  440/2008;
Corte cost. n. 205/2008 ) ha affermato che il danneggiato, sia  nella
procedura di cui all'art. 148 C.d.A, sia in quella  di  cui  all'art.
149 C.d.A. e' un "soggetto debole". 
    Nella  legge  delega  in  esame  non  vi  e'  alcun  cenno  circa
l'introduzione, nell'ordinamento  giuridico,  di  modifiche  relative
alla  normativa  sulla  condizione  di   proponibilita'   dell'azione
risarcitoria del danneggiato, a seguito  di  un  sinistro  rientrante
nell'ambito di applicazione dell'ad.  122  C.d.A.  Mancano  dunque  i
principi ed i criteri direttivi cui il legislatore  delegato  avrebbe
dovuto attenersi. 
    In conclusione, la norma in  esame  non  trova  fondamento  nella
legge delega n. 229/03; essa apporta una innovazione significativa al
regime della condizione di proponibilita' della domanda,  che  incide
negativamente sul diritto di azione e difesa del danneggiato,  e  che
avrebbe richiesto una precisa volonta' espressa dal Parlamento. 
    4.1.2 - Violazione dell'art. 76 Cost. Secondo profilo. 
    La violazione della legge delega e, quindi, dell'art.  76  Cost.,
sussiste sotto ulteriore profilo. 
    L'art. 1 della legge delega stabilisce che: «L'art. 20, legge  15
marzo 1997, n. 59... e' sostituito dal seguente: "art. 20.  -  1.  Il
Governo, sulla base di  un  programma  di  priorita'  di  interventi,
presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno,  un  disegno
di legge per la semplificazione e il  riassetto  normativo,  volto  a
definire,  per  l'anno  successivo,  gli  indirizzi,  i  criteri,  le
modalita' e le materie di intervento, (....);  -  2.  Il  disegno  di
legge di cui al comma 1 prevede l'emanazione di decreti  legislativi,
relativamente alle norme legislative  sostanziali  e  procedimentali,
nonche' di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2,  della
legge 23 agosto 1988, n.400, e successive modificazioni, per le norme
regolamentari di competenza dello Stato. - 3.Salvi  i  principi  e  i
criteri direttivi specifici per le singole materie, stabiliti con  la
legge annuale di semplificazione e riassetto  normativo,  l'esercizio
delle deleghe legislative di cui  ai  commi  1  e  2  si  attiene  ai
seguenti principi e criteri direttivi: a) definizione  del  riassetto
normativo e  codificazione  della  normativa  primaria  regolante  la
materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato,  reso
nel termine di novanta giorni dal ricevimento  della  richiesta,  con
determinazione   dei   principi   fondamentali   nelle   materie   di
legislazione concorrente; a-bis) coordinamento formale e  sostanziale
del  testo  delle  disposizioni  vigenti,  apportando  le   modifiche
necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e  sistematica
della  normativa  e  per  adeguare,  aggiornare  e  semplificare   il
linguaggio normativo (47) (...)». 
    Cio' posto, la norma relativa alla proponibilita' dell'azione  di
risarcimento prevista nello schema di decreto legislativo  sottoposto
a parere parlamentare n. 468, trasmesso alla Presidenza del Senato il
18 marzo 2005, ed al  parere  obbligatorio  del  Consiglio  di  Stato
depositato il 14 febbraio 2005, era diversa da quella attuale. 
    Invero, il testo di questa  disposizione  ha  subito  consistenti
modifiche nel periodo successivo al parere del Consiglio di Stato  ed
al vaglio parlamentare. 
    Ai sensi dell'art. 179 dello schema di decreto legislativo  (c.d.
bozza del Codice delle Assicurazioni) l'azione per il risarcimento di
danni poteva essere proposta dopo che fossero decorsi 60 giorni o  90
giorni (per il danno alla persona) da quello in  cui  il  danneggiato
aveva chiesto il risarcimento a mezzo lettera raccomandata con avviso
di ricevimento, contenente una  serie  di  indicazioni;  in  caso  di
richiesta  incompleta  l'azione  era  comunque  proponibile  dopo  il
decorso di 120 giorni. 
    E' dunque evidente la discrepanza  con  il  testo  dell'art.  145
comma primo C.d.A. entrato in vigore, che ha  profondamente  innovato
il regime di proponibilita' dell'azione diretta ex art.144  C.d.A.  e
141  C.d.A.,prescrivendo  che   la   richiesta   risarcitoria   debba
rispettare le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148 C.d.A. 
    Non siamo, quindi, in presenza di un riassetto delle disposizioni
vigenti in materia di assicurazioni nel rispetto della  (...)  tutela
dei consumatori e, in  generale,  dei  contraenti  piu'  (...)  vendo
riguardo anche alla correttezza (...) del  processo  di  liquidazione
dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio, cosa
come previsto dai principi e criteri direttivi  dettati  dall'art.  4
della legge delega al C.d.A. (legge 29 luglio 2003 n. 229). 
    Il legislatore del 2005 pone,  infatti,  il  danneggiato  in  una
posizione deteriore rispetto al regime previgente (art. 22  legge  n.
990/69), ove anche una richiesta dal contenuto generico, ovvero  atti
ritenuti equipollenti, rendevano la domanda proponibile. 
    Infine, occorre sottolineare che il parere del Consiglio di Stato
non e' stato espresso, sul punto, neanche a posteriori. 
    La Corte costituzionale, con la  sua  ordinanza  n.  180  del  19
giugno del 2009 in tema di risarcimento  diretto,  ha  affermato  che
tale istituto, pur non  essendo  presente  nello  schema  di  decreto
legislativo sul quale il Consiglio di Stato ha  previamente  espresso
il suo parere, e' stato oggetto di un esame puntuale  della  coerenza
della nuova normativa da parte del Consiglio di Stato a posteriori in
sede  di   consultazione   sulla   normativa   secondaria   attuativa
dell'art.150 del C.d.A.; dall'interpretazione coerente  della  delega
non e' sembrato, alla Corte costituzionale, emergere la  possibilita'
di uno stravolgimento  del  sistema  visto  che  la  nuova  procedura
agevola la tutela del danneggiato e, in prospettiva,  si  propone  di
creare  le  condizioni  per  un   miglioramento   delle   prestazioni
assicurative. 
    Secondo la Consulta, l'istituto del risarcimento diretto  non  ha
sovvertito i criteri posti dalla legge  delega,  non  modificando  la
modalita' di ottenimento della tutela da parte del danneggiato. 
    Al contrario, la prescrizione dell'art. 145 comma  primo  C.d.A.,
nella parte  in  cui  impone  che  la  richiesta  risarcitoria  debba
rispettare le modalita' ed i contenuti previsti dall'art. 148  C.d.A,
non e' stata oggetto di alcun  parere  del  Consiglio  di  Stato  ne'
preventivo ne' successivo. 
    Anzi, dalla lettura del parere del Consiglio di' Stato n. 746 del
27  febbraio  2006,  (relativo,  al  d.P.R.  n.  254/2006,  attuativo
dell'art. 150 C.d.A. ), emerge  (v.  punto  n.  5)  che  tale  organo
conveniva con le ulteriori  modifiche  in  tema  di  procedimento  di
liquidazione assentite dall'Antitrust e dai Ministero, tra  le  quali
vi era ".... la  previsione  di  un  mero  allungamento  dei  termini
(anziche' della interruzione) in caso di  richiesta  di  risarcimento
incompleta". 
    Di conseguenza non vi e' stata alcun tipo di "sanatoria" ex  post
da parte del  Consiglio  di  Stato  come,  invece,  e'  avvenuto  per
l'istituto del risarcimento diretto. 
    Il parere del Consiglio di Stato del 27 febbraio  2006  conforta,
indirettamente,       la       correttezza       dell'interpretazione
costituzionalmente orientata accolta da  questa  G.d.P  in  relazione
alla "interruzione  dei  termini"  contemplata  nell'art.  148  comma
quinto C.d.A., per il caso di "richiesta incompleta" (v. punto n.  3.
della presente ordinanza). 
    Tuttavia,  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  permangono
comunque, in relazione alla imposizione dei  requisiti  di  contenuto
per la richiesta risarcitoria, di' cui al  combinato  disposto  degli
artt. 145 comma primo C.d.A. - art. 148  C.d.A.,  problematica  sulla
quale non si e' espresso il Consiglio di Stato. 
    In conclusione, la norma in esame contrasta con l'art.  76  della
Costituzione, per aver superato i limiti imposti dalla  legge  delega
n. 229/2003, ed inoltre per la mancata acquisizione  del  parere  del
Consiglio di Stato. 
    4.1.3  -  Terzo  profilo.  Violazione  dell'art.  76  Cost.,   in
relazione ai principi delle direttive europee  recepiti  dalla  legge
delega (direttiva 2005/14/CE). 
    Il  contrasto  dell'art.  145  C.d.A.   con   l'art.   76   della
Costituzione, per aver superato i limiti imposti dalla  legge  delega
n. 229/2003, si ravvisa anche sotto il profilo della  violazione  dei
principi delle direttive  europee  recepiti  dalla  legge  delega,  e
dunque inglobati nei principi e criteri direttivi imposti al Governo,
finalizzati  a  tutelare   il   soggetto   debole   nelle   procedure
liquidative. 
    Come  sopra  evidenziato  (v.  punto  n.  4.1.1  della   presente
ordinanza), l'art. 4 comma 1 lettera a) della legge delega ha imposto
al Governo anche il rispetto dei principi e  criteri  direttivi  resi
necessari  per  l'"adeguamento  della  normativa  alle   disposizioni
comunitarie e agli accordi internazionali". 
    La legge delega n. 229/2003 ha dunque  recepito  le  disposizioni
comunitarie   in   materia,   ed   anche    la    quinta    direttiva
sull'assicurazione  della  responsabilita'  civile  risultante  dalla
circolazione di autoveicoli, n. 14  dell'11  maggio  2005  (direttiva
2005/14/CE, Gazzetta Ufficiale U. E. n. L 149 11.06.2005), che regola
espressamente l'azione  diretta  e  che  non  condiziona  l'esercizio
dell'azione risarcitoria ad alcuna  condizione  di  proponibilita'  o
procedibilita' (v. direttive n. 2005/14/CE; n. 2000/26/CE, art. 3, in
Gazzetta Ufficiale CE., n. L 181 del 20 luglio 2000). 
    Il legislatore delegato, muovendosi in direzione opposta rispetto
ai principi fissati nella legge delega. ha  inasprito  la  disciplina
della   condizione   di   proponibilita'   dell'azione   risarcitoria
(introducendo nuovi  oneri  "di  contenuto"),  anziche'  abrogare  la
stessa  o,  quanto  meno,  prevedere  una  semplice  "condizione   di
procedibilita'". 
    Sul punto si rammenta la sentenza n. 93/1979  della  Corte  cost.
che, in caso analogo (procedura  di  conciliazione  preventiva  nelle
controversie di lavoro in materia di  pubblici  servizi),  dichiarava
l'illegittimita'  costituzionale  della  legge  nella  parte  in  cui
disponeva l'improponibilita' anziche' l'improcedibilita' dell'azione. 
    4.1.4 - Violazione dell'art. 117 comma primo Cost. 
    La norma in esame (art. 145 C.d.A.) viola,  inoltre,  l'art.  117
comma primo Cost., contrastando coni principi  sull'equo  processo  e
sulla effettivita' della tutela giurisdizionale, sanciti  all'art.  6
n. 1,  e  all'art.  13  della  CEDU  -  Convenzione  Europea  per  la
salvaguardia dei Diritti  dell'Uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il  7.12.2000  e
resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona, ratificato con legge n.
130/2008 ed entrato in vigore  il  01.12.2009,  (principi  desumibili
anche dagli artt. 24 e 111 della  nostra  Costituzione,  che  ben  si
integrano con le norme appena menzionate). 
    L'art. 117 comma 1 Cost., a seguito della 1. Cost. 3/2001,  cosi'
sancisce il limite della funzione legislativa statale (e  regionale):
'La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato ...  nel  rispetto
della Costituzione, nonche' dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali". 
    Sul punto, la legge n. 131/ 2003 (Disposizioni per  l'adeguamento
dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18  ottobre  2001,  n.
3), ha chiarito (art. 1) che  "costituiscono  vincoli  alla  potesta'
legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell' articolo 117,
primo comma, della Costituzione,  quelli  derivanti  dalle  norme  di
diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all'articolo
10 della Costituzione, da  accordi  di  reciproca  limitazione  della
sovranita',   di   cui   all'articolo    11    della    Costituzione,
dall'ordinamento comunitario e dai trattati internazionali". 
    Queste  norme  fungono,  quindi,  da  norme  interposte  atte  ad
integrare il  parametro  per  la  valutazione  di  conformita'  della
normativa statale (e regionale) all'art. 117 primo comma Cost.  (cfr.
Corte cost. sentt. n. 348/2007; 349/2007; 284/2007;  Corte  cost.  n.
39/2008; Corte cost. 102/2008; Corte cost. 93/2010). 
    In particolare e' stato chiarito che "il dovere di rispettare gli
obblighi  internazionali  incide  globalmente  ed  univocamente   sul
contenuto della legge statale" (Corte cost. sent. n.  348/2007,  p.to
4.3). 
    Cio' posto, si osserva che il  diritto  ad  un  equo  processo  e
contemplato anche dall'art. 6 n. 1 della  CEDU,  Convenzione  Europea
per  la  salvaguardia  dei  Diritti  dell'Uomo   e   delle   liberta'
fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950, a  mente  del  quale  "Ogni
persona ha diritto a  che  la  sua  causa  sia  esaminata  equamente,
pubblicamente, ed  entro  un  termine  ragionevole  da  un  tribunale
indipendente ed imparziale... il quale sia  chiamato  a  pronunciarsi
sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere  civile....
". 
    L'art. 13 della CEDU, sancisce inoltre che " Ogni persona  i  cui
diritti e le cui liberta'  riconosciuti  nella  presente  Convenzione
siano stati violati, ha diritto ad un ricorso  effettivo  davanti  ad
un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia  stata  commessa
da  persone  che  agiscono   nell'esercizio   delle   loro   funzioni
ufficiali". 
    L'art.  47  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000  (GU  C  364  pag.  1),.come
adattata a Strasburgo il  12.12.2007  (GU  C  303,  pag.  1)  e  resa
obbligatoria con il Trattato di Lisbona (ratificato  dall'Italia  con
legge n. 130/2008, entrato in vigore il 1°  dicembre  2009),  dispone
che "Ogni persona i cui diritti  e  le  cui  liberta'  garantiti  dal
diritto dell'Unione siano stati violati,  ha  diritto  a  un  ricorso
effettivo dinanzi  ad  un  giudice,  nel  rispetto  delle  condizioni
previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la  sua
causa sia esaminata equamente, pubblicamente,  ed  entro  un  termine
ragionevole da un giudice indipendente ed  imparziale,  precostituito
per legge. Ogni persona ha facolta' di farsi consigliare, difendere e
rappresentare (...)" 
    Come  e'  noto,  con  il  nuovo  articolo  6  del  Tue  (Trattato
sull'Unione Europea), la Carta di Nizza ha assunto lo  stesso  valore
giuridico dei trattati; il Trattato di Lisbona ha  inoltre  conferito
la qualifica  di  "principi  generali  dell'ordinamento  comunitario"
anche ai diritti fondamentali all'equo  processo  e  all'effettivita'
del ricorso, garantiti dalla CEDU. 
    Si e' infatti stabilito che "I  diritti  fondamentali,  garantiti
dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali  comuni  agli
Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto  principi
generali". 
    L'art. 145 C.d.A. si pone dunque in contrasto  anche  con  l'art.
117 comma primo Cost., per quanto evidenziato. 
    4. 2 - L'innovazione introdotta con l'entrata in vigore dell'art.
145 C.d.A. La ratio della legge sull'assicurazione obbligatoria. 
    La ratio della "condizione di  proponibilita'"  nella  disciplina
previgente (art. 22 legge n.  990/1969)  e  nella  riforma  del  T.U.
Codice delle Assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005). 
    L'art. 22 della legge n. 990/1969, era una "norma processuale" di
stretto diritto (v. Cass. 1974 n. 1718) che non  prevedeva  "elementi
essenziali" o requisiti di "contenuto" della richiesta  risarcitoria,
ne' imponeva obblighi di comportamento al danneggiato, ai fini  della
proponibilita' della domanda. 
    La "procedura ordinaria" per il risarcimento del danno,  prevista
dal menzionato art. 22 legge n. 990/1969, contemplava una  condizione
di proponibilita' della domanda giudiziale, e si differenziava  dalla
cosiddetta "procedura rapida" prevista dall'art.  3  della  legge  n.
39/77, come modificato dall'art. 5 legge n. 57/2001. 
    La "procedura  rapida"  ex  art.  31,  n.  39/77,  era  strumento
facoltativo di cui poteva usufruire il  danneggiato,  il  quale,  per
ottenere la rapida liquidazione del danno, ossia la "congrua offerta"
da parte dell'assicuratore, doveva adempiere una serie  di  oneri  di
"collaborazione" nell'istruzione della pratica. 
    In  definitiva,  prima  dell'entrata  in   vigore   del   C.d.A.,
esistevano due ben distinte  procedure,  quella  ordinaria  e  quella
"rapida", finalizzata al conseguimento della  "offerta  congrua";  il
danneggiato aveva la possibilita' di scegliere liberamente tra queste
due procedure; inoltre, una richiesta risarcitoria  "generica"  o  la
mancata  collaborazione  all'istruzione  della   pratica,   avrebbero
comportato, quale unica conseguenza,  il  mancato  ottenimento  della
offerta  congrua,   mentre   l'azione   giudiziaria   sarebbe   stata
proponibile (in tal senso, v. Cass. n. 6507/1991; Cass. 11132/  1999;
cfr. anche Cass. 2005/11601). 
    Infatti secondo la giurisprudenza di legittimita'  gli  oneri  di
collaborazione  contemplati  dall'art.  3  legge  n.   39/77,   erano
prescritti  per  ottenere  effetti  di  ordine  sostanziale,  e   non
incidevano  sulla  proponibilita'   della   domanda   giudiziale   di
risarcimento. 
    Per la S.C., la sanzione di improponibilita'  prevista  dall'art.
22 legge n. 990/69 non poteva dunque essere estesa alla  inosservanza
delle disposizioni dell'art. 3 legge n. 39/77. 
    Nel regime dell' art.  22  legge  n.  990/69,  la  condizione  di
proponibilita' aveva lo scopo di "favorire accordi transattivi per la
liquidazione del danno e di evitare,  per  quanto  possibile,  azioni
giudiziarie" (v. lavori preparatori legge n. 990/69,  Relazione  Dosi
al Senato); lo scopo di giungere ad "una sollecita e non  dispendiosa
risoluzione  delle  vertenze"  in  via  stragiudiziale,  evitando  le
lungaggini del contenzioso, con conseguente aggravio dei costi per il
danneggiato e per la gestione del  servizio  assicurativo  (v.  Cass.
1974/ 1718). 
    Si  trattava,  in  definitiva,  di  uno   strumento   predisposto
nell'interesse  della  generalita'   degli   utenti   della   strada,
finalizzato a garantire una maggiore e  piu'  sicura  protezione  del
diritto dei danneggiati al risarcimento (v. Cass. 1974/  1718;  Corte
cost. n. 24/1973). 
    La Corte costituzionale (Corte cost. n.  24/1973)  aveva  infatti
chiarito    che    l'introduzione,     nel     nostro     ordinamento
dell'assicurazione obbligatoria di  cui  alla  legge  n.  990/1969  ,
rispondeva  all'esigenza,  ritenuta  di   pubblico   interesse,   "di
garantire il risarcimento del danno alle vittime  della  circolazione
stradale", a fronte dell'enorme sviluppo  del  mezzo  motorizzato  di
circolazione che implica, per la vastita' del  fenomeno,  un  rischio
immanente di carattere generale. 
    La Corte in particolare precisava che ".. la vera  finalita'  del
nuovo  sistema  non  sta  nel  salvaguardare   il   patrimonio   .del
responsabile, ma piuttosto, attraverso una distribuzione mutualistica
del rischio, nel garantire il risarcimento  del  danneggiato  "(Corte
cost. n. 24/1973). 
    In particolare, la  specifica  ratio  dello  spatium  deliberandi
previsto  dall'art.  22  legge  n.  990/69,  consisteva   nel   porre
l'assicuratore in grado di istruire la pratica, di raccogliere  tutti
gli  elementi  di  valutazione  e   favorire   la   possibilita'   di
liquidazione dell'indennizzo in via di  composizione  stragiudiziale,
"evitando una troppo sollecita proposizione di giudizi, le cui spese,
quando non finissero  col  gravare,  almeno  in  parte  sullo  stesso
danneggiato, nel caso di eccessivita' delle sue pretese risarcitorie,
si risolverebbero comunque in un aggravio del costo di gestione delle
imprese,  con  riflessi  pregiudizievoli  per  l'intero  settore  del
servizio assicurativo" (cosi'; Corte  cost.  n.  24/1973;  v.  anche:
Corte cost: n. 97/1973;  Corte  cost.  n.  59/1974;  Corte  cost  .n.
19/1975; Corte cost. n. 132/1983; Corte cost.n. 60/!98S; Corte  cost.
n. 251/2003; Corte cost. n. 128/2004; cfr., anche Cass. 07/22883, che
ha ritenuto ammissibili "atti equipollenti", etc. ). 
    Lo scopo perseguito dall'art.  22  legge  n.  990/69  era  dunque
quello di evitare premature  e  dispendiose  domande  giudiziali,  di
favorire  il  soddisfacimento   stragiudiziale   delle   istanze   di
risarcimento, motivo per cui se ne e' ritenuta l'applicabilita' anche
nell'ipotesi di sola azione  ex  art.  2054  cc.  nei  confronti  del
responsabile del danno (v., tra le altre:  Corte  cost.  n.  24/1973;
Cass.  n,.  1718/1974;  Cass.  12189/1998;  Cass.  15138/2000;  Cass.
2003/2655, Cass. 2001/6026). 
    Costante giurisprudenza ha quindi ritenuto raggiunto lo  scopo  a
cui e' preposta la norma di cui all'art. 22  legge  n.  990/69,  ogni
qual volta l'assicuratore e' stato messo a conoscenza del sinistro  e
della volonta' del danneggiato di essere risarcito, ed abbia avuto il
tempo previsto dalla legge  per  valutare  le  responsabilita'  e  le
richieste. 
    A titolo esemplificativo, tra  le  altre  si  riporta  Cassazione
22883/2007:   «In   tema   di   assicurazione   obbligatoria    della
responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei
natanti, l'onere imposto al danneggiato dall'art. 22 della  legge  24
dicembre  1969  n.  990  di  richiedere  il  risarcimento  del  danno
all'assicuratore almeno sessanta giorni prima di proporre la relativa
azione  giudiziaria  puo'   essere   soddisfatto   anche   con   atti
equipollenti a quello previsto dalla norma, purche' egualmente idonei
al   soddisfacimento   dello   scopo   perseguito    di    consentire
all'assicuratore di valutare l'opportunita' di  un  accordo  con  il.
danneggiato e prevenire premature domande giudiziali, con conseguente
dispendio economico (come quando sia intercorsa corrispondenza fra le
parti e siano state, poi, condotte  trattative  di  liquidazione  del
danno, o sia stata pagata una  provvisoriale),  purche'  risulti  che
l'assicuratore sia stato  messo  a  conoscenza  del  sinistro,  della
volonta' del danneggiato di essere risarcito e abbia potuto  valutare
le responsabilita' e la fondatezza delle richieste» (Cass. civ., Sez.
3, 30/10/2007, n.22883). 
    Nella  vigenza  dell'art.  22  legge  n.   990/1969   quindi   la
giurisprudenza riteneva proponibile la domanda di risarcimento ,anche
sulla base di "atti equipollenti", come ad  esempio,  la  circostanza
che tra le parti era intercorsa corrispondenza, da  cui  si  evinceva
che  la   Compagnia   di   Assicurazioni   aveva   avuto   conoscenza
dell'avvenuto incidente, della richiesta di risarcimento dei danni  e
della  possibilita'  di  una  transazione,  sollecitata   anche   dal
danneggiante. 
    Con la riforma  del  C.d.A.,  il  legislatore  ha  apportato  una
innovazione  sostanziale,  avendo  "fuso"  la  disciplina  delle  due
diverse procedure cui si e' sopra accennato, ossia quella "ordinaria"
ex art. 22 legge  n.  990/69,  con  la  procedura  "rapida"  prevista
dall'art. 3 legge n. 39/1977 nel testo modificato dall'art.  5  legge
n. 2001/57. 
    In tal modo, si e' in dottrina osservato che  il  legislatore  ha
istituito un "meccanismo  obbligatorio"  destinato  a  definirsi  con
l'esatto adempimento dell'obbligo imposto agli istituti  assicuratori
di formulare la congrua offerta. 
    L'evidenziata "fusione" delle. due discipline resa evidente dalla
lettura del combinato disposto degli artt. 145 C.d.A. -  148  C.d.A.,
in esame - ha comportato un indubbio svantaggio per  il  danneggiato,
su cui grava un maggior onere di allegazione e di prova, che.  rileva
non soltanto ai. fini dell'ottenimento della "congrua offerta", ma ai
fini della proponibilita' della domanda giudiziale. 
    Una  richiesta  risarcitoria  generica  ed  incompleta,  come  il
mancato assolvimento degli obblighi- di collaborazione da  parte  del
danneggiato, sono sanzionati con l'improponibilita'  della..  domanda
giudiziale. 
    Nel regime dell'art. 22 legge n.  990/69  ,  invece,  la  domanda
giudiziale  era:  proponibile  anche  a  fronte  di  .una   richiesta
risarcitoria incompleta, ed anche a fronte di semplici atti  ritenuti
"equipollenti" dalla giurisprudenza della S.C. 
    La riforma del 2005 quindi ha apportato  innovazioni  sostanziali
che si sono tradotte in maggiori oneri a carico del  danneggiato,  ai
fini dell'accesso alla giurisdizione, in relazione ai quali sorge  il
dubbio di legittimita' costituzionale. 
    Con la riforma della condizione di proponibilita' introdotta  con
il T.U. Codice  delle  assicurazioni  (d.lgs.  n.  209/2005),  ed  in
particolare. con la fusione delle menzionate discipline, si  persegue
sempre l'obiettivo  di  porre  un  "filtro"  all'azione  giudiziaria,
obiettivo che viene tuttavia perseguito in modo assolutamente diverso
da quello di cui all'art. 22 legge n. 990/69. 
    Nel  vigore  dell'art.  22  legge  n.  990/69,   tale   finalita'
deflattiva veniva  giustamente  descritta  dalla  giurisprudenza  nel
semplice obiettivo di favorire la "composizione stragiudiziale" delle
istanze di risarcimento, evitandovi costi di una lite giudiziaria. 
    Con l'entrata in vigore dell'art. 145 C.d.A.,  che  impone  -  ai
fini della proponibilita' - requisiti di  contenuto  della  richiesta
risarcitoria finalizzati alla formulazione della congrua  e  motivata
offerta ex art. 148 C.d.a, non puo' piu' sostenersi che la ratio  del
filtro  all'azione  giudiziaria  sia   circoscritta   alla   semplice
"composizione stragiudiziale" delle istanze di risarcimento. 
    La ratio dell'art. 145 C.d.a., si  e'  per  cosi'  dire  "estesa"
all'obiettivo di formulazione di una offerta effettivamente  congrua,
ossia   idonea   a   risarcire   integralmente   il   danno   patito,
nell'obiettivo di deflazionare, per tale via, il contenzioso. 
    In altre parole, con l'entrata in vigore dell'art. 145  C.d.A.  e
l'abrogazione dell'art. 22 legge n. 990/69, si e'  assistito  ad  una
indubbia estensione della nozione di "filtro all'azione giudiziaria",
risultando modificato l'obiettivo perseguito dalla norma  che  regola
l'accesso alla giurisdizione. 
    Tale  modifica  ha  costituito  un  consistente  aggravio   della
posizione del danneggiato, che e' la parte debole della vicenda. 
    "Atti equipollenti" non sono piu'  ammissibili  ne'  rilevano  ai
fini della proponibilita'  dell'azione  giudiziaria,  atteso  che  la
norma (art.  145-148  C.d.A.)  oggi  impone  specifici  requisiti  di
"contenuto" per la richiesta risarcitoria, e specifici oneri/obblighi
di cooperazione, ai fini della proponibilita' della domanda. 
    Oggi, ritenere che le intercorse trattative  rendano  la  domanda
comunque  "proponibile",   e'   operazione   ermeneutica   non   piu'
percorribile, avendo l'effetto di abrogare la  lettera  della  legge,
che impone specifici requisiti di "forma-contenuto", e di aggirare la
stessa ratio legis che - come evidenziato - non  e'  piu'  costituita
semplicemente dall'obiettivo  di  "favorire  accordi  stragiudiziali"
identificandosi, invece, nell'obiettivo piu'  specifico  di  giungere
alla  formulazione   della   "offerta   congrua",   con   l'integrale
soddisfazione dell'interesse sostanziale del danneggiato. 
    Invero, il "filtro all'azione giudiziaria"  di  cui  all'art.  22
legge n. 990/69 e' stato giudicato compatibile con gli artt. 24 Cost.
-  3  Cost.,  considerato  che  "la  limitata  remora   all'esercizio
dell'azione di  risarcimento  del  danno"  si  inquadra  nel  sistema
dell'assicurazione  obbligatoria,  ispirato  "...   all'esigenza   di
garantire il risarcimento del danno alle vittime  della  circolazione
stradale.. ritenuta di pubblico interesse",onde, la vera finalita' di
tale  sistema  "...non  sta  nel  salvaguardare  il  patrimonio   del
responsabile, ma piuttosto, attraverso una distribuzione mutualistica
del rischio, nel garantire il risarcimento del danneggiato";  che  lo
strumento  dell'assicurazione  obbligatoria  di  cui  alla  legge  n.
990/1969 persegue finalita' di ordine sociale e garantisce "una  piu'
rafforzata tutela della vittima" del sinistro; (cosi' Corte cost.  n.
24/1973). 
    La condizione di proponibilita' della domanda di cui all'art.  22
legge n.990/1969  rappresentava  dunque  uno  strumento  concepito  e
predisposto,  nel   quadro   dei   fini   complessivi   della   legge
sull'assicurazione  obbligatoria,  nell'interesse  del   danneggiato,
della vittima del sinistro stradale. 
    La questione di costituzionalita' viene sollevata da  questa  GdP
in relazione alle consistenti innovazioni apportate  alla  disciplina
del "filtro all'azione giudiziaria" con l'entrata in vigore dell'art.
145 comma 1 C.d.A., innovazioni che comportano un  indubbio  aggravio
per la posizione del danneggiato, e  che  costituiscono  un  ostacolo
all'esercizio del diritto al risarcimento del danno, come emerge  dal
raffronto con il previgente art. 22 legge n.990/1969. 
    4.3 - Violazione del diritto di azione, del  diritto  di  difesa,
dei principi del  giusto  processo  e  della  tutela  giurisdizionale
effettiva (violazione dell'art. 24 commi primo e  secondo  Cost.,  in
relazione agli artt. 2 e 32 Cost. 111  Cost.  commi  primo,  secondo;
artt. 2907 - 2697 codice civile; artt.  99-163-164  codice  procedura
civile). Violazione degli artt. 24 Cost., 111 Cost., 117 comma  primo
Cost., dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione
Europea, proclamata a Nizza il 7.12.2000 e resa obbligatoria  con  il
Trattato di Lisbona, ratificato con legge n. 130/2008 ed  entrato  in
vigore il 01.12.2009. Violazione dell'art. 3 commi  primo  e  secondo
Cost. in relazione al diritto di azione, al  diritto  di  difesa,  ai
principi del giusto processo, alla legge processuale. 
    4.3.1.   -   L'incerto   regime   giuridico    della    richiesta
stragiudiziale  contemplata  nell'art.   145   C.d.A.   Gli   effetti
distorsivi   sull'applicazione   della   regola   processuale   della
soccombenza. 
    L'art. 145 comma primo C.d.A. contempla un singolare  atto  dalla
natura ibrida ed incerta (la richiesta risarcitoria  stragiudiziale),
che  deriva   dall'aver   voluto   configurare   la   condizione   di
proponibilita', contraddittoriamente,  come  fatto  sia  esterno  che
interno al processo. 
    Questa operazione si e' realizzata  assimilando  il  "presupposto
processuale" (con funzione di "filtro all'azione giudiziaria") ad una
sorta di "condizione dell'azione in senso  concreto,  assimilando  la
richiesta  risarcitoria  stragiudiziale  ad  una   sorta   di   "atto
processuale",  come  traspare  dalla  imposizione  di  requisiti   di
'forma-contenuto" (v. combinato disposto degli artt. 145, comma primo
C.d.A. - art. 148 commi  1-2-  C.d.A.),  che  evocano  la  disciplina
dell'atto introduttivo del giudizio (cfr. art. 163 comma terzo n. 4 e
5 c.p.c.). 
    Il tutto, anche  in  contrasto  con  la  giurisprudenza  costante
("diritto vivente")  costituzionalmente  orientata,  secondo  cui  le
condizioni dell'azione vanno riscontrate in chiave di "affermazione",
ossia con riferimento a cio' che e' affermato nella domanda  (m,  tra
le altre: Cass. 2206/1970; Cass.  7634/1986;  Cass.  6998/1986;  S.U.
1751/89;  Cass.  2049/00;  Cass.   2326/2004;   24457/05;   13403/05;
20819/06; 4796/06; Cass. Sez. 3 ordinanza n. 3940/2010). 
    La. richiesta risarcitoria stragiudiziale  contemplata  nell'art.
145 comma primo C.d.A., e' soggetta  ad  una  disciplina  di  incerta
natura, incoerente,  che  si  risolve  ai  danni  della  vittima  del
sinistro stradale. Ed infatti: 
    Da un lato, per espressa  lettera  (perfezionamento  "prima"  del
processo) e volonta' della legge (perseguire l'obiettivo del  "filtro
all'azione"), la richiesta stragiudiziale non e', e non deve  essere,
un "atto  processuale",  perche'  l'atto  iniziale  del  procedimento
giurisdizionale resta la "domanda". 
    Ovvio coronario, e' che alla  richiesta  stragiudiziale  ed  alla
relativa procedura  ex  art.  148  C.d.A.,  non  debba  e  non  possa
applicarsi la tipica disciplina processuale,  ne'  il  principio  del
contraddittorio, ne' tanto meno il regime delle spese di cui all'art.
91 cpc. 
    Non potra' quindi dolersi il danneggiato se il giudice, all'esito
del giudizio che lo veda vittorioso, non liquidera' in suo favore  le
spese sostenute nella procedura stragiudiziale  ex  art.  148  C.d.A.
(che seguono il regime sostanziale di cui agli artt. 1223 ss cc.), in
quanto  ritenute  eccessive  o   superflue,   evitabili   con   l'uso
dell'ordinaria diligenza. 
    La regola oggettiva della  soccombenza  ex  art.  91  cpc,  trova
infatti la sua ragione  giustificatrice  nei  principi  azione  e  di
difesa tutelati dall'art. 24 Cost., ed il suo ambito di  applicazione
naturale e' unicamente il "processo" ove  essa,  nel  contemperamento
voluto dal legislatore, e' destinata a "controbilanciare"  tutti  gli
oneri di allegazione e  prova  gravanti  sull'attore,  in  forza  del
principio dispositivo espresso anche nell'art. 2697 cc. 
    D'altro  canto,  sempre  per   espressa   lettera   della   legge
(imposizione di  elementi  essenziali  di  contenuto,  allegazioni  e
corredo documentale ex art. 145 comma primo C.d.A. - art.  148  commi
1-2- C.d.A.), sembra che  la  richiesta  risarcitoria  stragiudiziale
venga, sotto altro profilo,  assimilata  ad  un  "atto  processuale",
quanto ai requisiti di  "forma-contenuto"  (cfr.  art.  163  c.p.c.),
assoggettata ai piu' ampi poteri che il giudice esercita  nel  vaglio
delle "condizioni  dell'azione",  che  implicano  la  trattazione  di
questioni  di  merito  (relative,  in  tal  caso,  all'idoneita'  del
contenuto della richiesta e delle allegazioni probatorie ex art.  145
comma primo C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A.,  a  consentire  o
meno la formulazione di una "offerta congrua" ex art. 148  commi  1-2
C.d.A., valutazione speculare alla  sussistenza  o  meno  della  mora
dell'assicuratore). 
    Ma,  ancora  una  volta,  la  disciplina  rivela  tutta  la   sua
contraddittorieta': mentre  per  le  "condizioni  dell'azione"  resta
sostanzialmente irrilevante il momento cronologico  in  cui  esse  si
perfezionano (cfr., ad es. artt. 110- 111 commi  2-3  c.p.c.),  cosi'
non e' per il presupposto processuale contemplato dall'art. 145 comma
primo  C.d.A.,  che  deve  necessariamente  perfezionarsi  prima  del
processo, nel rispetto del termine dello spatium deliberandi. 
    Da cio' consegue che non potra', il danneggiato,  nel  corso  del
giudizio, sopperire alle carenze di contenuto e probatorie della  sua
richiesta  stragiudiziale,  in  violazione  del  combinato   disposto
dell'art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 commi  1-2-  C.d.A.;  non
potra' il danneggiato invocare che la domanda giudiziale, questa  si,
contiene tutte le necessarie allegazioni  e  prove  non  fornite  nel
corso della procedura stragiudiziale. Al  contrario,  proprio  questa
circostanza  e  discrepanza,  gli  costera'   la   dichiarazione   di
improponibilita' della domanda, con l'automatica condanna alle spese,
in forza della regola oggettiva della soccombenza ex art. 91 c.p.c. 
    In questo sistema, infatti, la regola della soccombenza  ex  art.
91 c.p.c., nei fatti, finisce per operare a svantaggio della  vittima
del sinistro, come verra' meglio evidenziato a breve. 
    4.3.2. - Il primo ostacolo al diritto di azione. La  dilatazione,
di fatto, dello "spatium deliberandi". La dilatazione  dei  tempi  di
accesso alla tutela giurisdizionale effettiva. La proliferazione  del
contenzioso. 
    Come sopra evidenziato, e' senza dubbio improponibile la  domanda
giudiziale del signor Castucci  Renato,  fondata  su  informazioni  e
documenti non allegati alla richiesta stragiudiziale,  in  violazione
del combinato disposto dell'art. 145 comma primo C.d.a.  -  art.  148
comma secondo C.d.a. 
    Il signor Castucci, infatti, non indicava l'entita' delle lesioni
subite, ne' provvedeva ad allegare,  alla  richiesta  stragiudiziale,
l'"attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o  senza
postumi permanenti". 
    Sul  punto  si  osserva  che,  per  adempiere   tale   onere   di
"contenuto", il danneggiato si vede costretto ad attendere il decorso
del tempo necessario per la stabilizzazione dei postumi (nel caso che
occupa, qualche mese). 
    In definitiva.  per  tale  via,  di  fatto  risulta  dilatato  lo
"spatium deliberandi" ben oltre il termine di giorni 90, di cui  agli
artt. 145 comma primo- art. 148 C.d.A., il che comprime ulteriormente
il diritto di azione del danneggiato,  in  contrasto  con  l'art.  24
Cost. 
    La tutela giurisdizionale (intesa come risposta alla  domanda  di
tutela del diritto sostanziale azionato, come decisione  sul  merito)
viene ostacolata sotto ulteriore  profilo.  Questa  norma  (combinato
disposto dell'art. 145 comma primo C.d.a. - art.  148  comma  secondo
C.d.a.), imponendo, per la richiesta risarcitoria ed  ai  fini  della
proponibilita', le "modalita' ed i contenuti"  di  cui  all'art.  148
C.d.A.,  ha  trasformato  quella  che  doveva  essere  una   semplice
questione preliminare di rito, di agevole soluzione, in  una  vera  e
propria "questione di merito", suscettibile di definizione  integrale
soltanto all'esito del giudizio vero e proprio. 
    Infatti questa disciplina assimila il presupposto processuale  in
essa contemplato, ad una speciale "condizione  dell'azione  in  senso
concreto". 
    In definitiva, ritiene il Giudice di Pace che  questa  disciplina
possa comportare (e  comporta  nel  caso  in  esame)  una  confusione
logico-giuridica  tra  la  questione   pregiudiziale   di   rito   (o
preliminare  di  rito)  ed  il  giudizio  di  merito,  e   con   essa
ripercussioni   negative    su    altri    diritti    ed    interessi
costituzionalmente protetti. 
    L'art. 145 comma primo C.d.a. accoglie una diversa e  piu'  ampia
nozione di filtro all'azione giudiziaria"; assimila  il  "presupposto
processuale"  ad  una  speciale  condizione  dell'azione   in   senso
concreto; impone  (evocando  la  disciplina  dell'  atto  processuale
introduttivo del giudizio) requisiti di "forma-contenuto", con poteri
di cognizione dell'organo giudiziario estesi a questioni  di  merito,
la cui definizione, tuttavia, rilevera' ai soli fini del rito,  della
proponibilita' o improponibilita' dell'azione. 
    La proponibilita' della domanda viene subordinata ad un complesso
accertamento di fatto del  giudicante  il  quale,  volta  per  volta,
esercitando il suo libero convincimento, valutando le  prove  offerte
dalle parti ed il comportamento da  queste  tenuto  nel  corso  della
procedura stragiudiziale, riterra' o non riterra' sussistente la mora
dell'assicuratore. 
    Inoltre - come  gia'  evidenziato  -  il  giudice,  per  valutare
l'applicabilita', alla fattispecie al suo esame, dell'art. 145  comma
primo  C.d.A.,  dovra'  anche  accertare  se  sussistano  o  meno  le
ulteriori speciali "condizioni dell'azione" contemplate  negli  artt.
149 C.d.A. e 287 C.d.A. Non e' poi prevista  alcuna  possibilita'  di
sanatoria, integrando l'improponibilita'  ex  art.  145  comma  primo
C.d.A. un  vizio  insanabile,  e  dunque  un  ostacolo  all'esercizio
dell'azione (a differenza della disciplina sulla incompetenza e sulla
carenza di  giurisdizione:  v.  artt.  3844  c.p.c.,  art.  59  legge
n.69/2009). 
    L'ampliamento della nozione di "filtro  all'azione  giudiziaria",
si  traduce  in  maggiori  oneri  a  carico  del   danneggiato,   con
riferimento agli elementi essenziali  di  contenuto  della  richiesta
stragiudiziale e del relativo corredo probatorio-documentale. 
    A tale ampliamento, nei fatti (non essendo garantita l'assistenza
tecnica),  corrispondera'  l'aumento  delle   probabilita'   di   una
soccombenza giudiziale in mero  rito  che  implica.  oltre  all'onere
economico     delle     spese     giudiziali     a     carico     del
consumatore-danneggiato,  la  dilatazione  dei   tempi   di   accesso
effettivo alla tutela  giurisdizionale  (intesa  come  decisione  sul
merito del diritto sostanziale azionato). 
    E' evidente che tale disciplina  comporta  una  eccessiva  e  non
giustificata   compressione   del   diritto   di   azione,   ed   una
proliferazione del contenzioso in contrasto con gli artt. 24 Cost.  e
111 Cost. 
    4.3.3 - Ulteriori profili della violazione del diritto di azione,
del diritto di difesa, dei principi del giusto processo. Gli  effetti
"negativi-distorsivi" della disciplina di cui  all'art.  145  C.d.A.,
sull'applicazione delle ordinarie regole processuali, e sulla  regola
processuale della soccombenza. 
    Gli effetti pratici di tale consistente innovazione, che comprime
oltre il necessario il diritto di azione e di difesa ex art. 24 Cost.
- 111 Cost. del soggetto  danneggiato,  possono  essere  sintetizzati
come segue. 
    L'ampliamento della nozione del "filtro all'azione  giudiziaria",
coni  requisiti  di  "forma-contenuto",  con  i  maggiori  oneri   di
allegazione e probatori riferiti  alla  richiesta  stragiudiziale  ex
art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148  C.d.A.,  incide  direttamente
sul diritto di difesa del danneggiato, ex ari 24 Cost.  comprimendolo
significativamente. 
    Lo  scopo  deflattivo  e'  perseguito  dalla  normativa   vigente
attraverso  l'imposizione  di  oneri-obblighi  di  contenuto  per  la
richiesta risarcitoria stragiudiziale, finalizzati alla  formulazione
della "congrua offerta" che, come sopra evidenziato,  e'  definizione
che implica l'integrale risarcimento del  danno  (v.  punto  3  della
presente ordinanza). 
    Nei fatti, tuttavia, tale normativa  limita  la  possibilita'  di
chiedere e di provare in giudizio il danno realmente patito. 
    Il diritto al risarcimento  integrale  del  danno  (nel  caso  in
esame,  per   la   lesione   del   bene-salute   dell'individuo)   e'
costituzionalmente garantito, come evidenziato  nel  punto  n.  4.4.1
della presente ordinanza. 
    La "congrua offerta" contemplata dall'art. 148 C.d.A., non potra'
che essere  effettuata  dall'Assicuratore  sulla  scorta  delle  sole
allegazioni, informazioni e documenti forniti dal danneggiato con  la
richiesta ex art. 145 comma primo C.d.A., ed  eventuali  integrazioni
ex art. 148 comma quinto C.d.A. 
    La definizione della questione di  proponibilita'  della  domanda
del signor Castucci implica, dunque, che la  sottoscritta  giudicante
dovra' valutare la congruita' o. meno  dell'offerta  di  euro  300,00
effettuata   dall'assicuratore   prima   dei    presente    giudizio,
esclusivamente con riferimento alle informazioni ed ai documenti  che
si provera' essere stati  forniti  dal  danneggiato  signor  Castucci
all'Assicuratore, nel corso della procedura stragiudiziale. 
    La domanda  o  il  capo  di  domanda  fondato  su  allegazioni  e
documenti non forniti all'assicuratore nel corso  della  obbligatoria
procedura stragiudiziale ex art. 148  C.d.A.,  sono  infatti  colpiti
dalla sanzione dell'improponibilita' (v. art. 145 comma primo -  art.
148 comma secondo C.d.A.). 
    L'eventuale valutazione  di  "congruita'"  della  somma  di  euro
trecento, offerta e versata al danneggiato signor Castucci nel  corso
della procedura ex  art.  148  C.d.A.,  potrebbe  non  comportare  la
definizione integrale della presente controversia, e  il  danneggiato
potrebbe  vedersi  costretto  ad   instaurare   un   nuovo   giudizio
(proliferazione del contenzioso, in  contrasto  con  la  ratio  legis
sopra evidenziata e con l'art. 111 Cost.). 
    Infatti, quella somma di euro 300,00, pur considerata dal giudice
"congrua" con valutazione "ex ante", ossia riferita al momento  della
obbligatoria procedura stragiudiziale, potrebbe non coincidere con la
somma  idonea  a  risarcire  integralmente  il  danno  effettivamente
patito,  perche'  questa  giudicante  dovra'  dichiarare  la  domanda
improponibile, e non potra' utilizzare nel presente  giudizio  quelle
allegazioni e quei documenti (segnatamente, quanto meno, i  documenti
medici del 29 febbraio 2008 e del 5 marzo 2008 allegati al  fascicolo
dell'attore) non forniti all'assicuratore nel corso  della  procedura
stragiudiziale, in violazione  dell'espresso  disposto  di  cui  agli
artt. 145 comma primo C.d.A. art. 148 comma secondo C.d.A. 
    L'accertamento relativo alla "congruita'" della somma versata  in
fase stragiudiziale, e l'accertamento relativo alla  "mancanza  della
mora  dell'assicuratore'',  comportano  infatti  la  declaratoria  dl
improponibilita' della domanda. 
    La  riforma  del  2005  ha  ampliato  gli  oneri  a  carico   del
danneggiato, ancorandoli alla procedura stragiudiziale,  sottraendoli
alle garanzie processuali (diritto di difesa, contraddittorio tra  le
parti in condizioni di  parita',  davanti  ad  un  giudice  terzo  ed
imparziale etc.), e prevedendo, al contempo, che la  loro  violazione
venga   sanzionata   nel   processo,   con   la   dichiarazione    di
improponibilita' (vizio insanabile), alla quale consegue la  condanna
alle spese secondo la regola oggettiva della soccombenza ex  art.  91
c.p.c.. 
    Il mancato adempimento di questi oneri, come l'accertamento della
"congruita'" dell'offerta stragiudiziale,  sono  infatti  sanzionati,
nel processo, con la dichiarazione di improponibilita'.  Si  osserva,
inoltre, che le nullita' della citazione ex artt. 163 comma terzo cpc
n. 3 e n. 4, possono essere sanate senza particolari conseguenze  (v.
art. 164 comma 4 e 5 cpc), che la mancata indicazione  dei  mezzi  di
prova ex art. 163 comma terzo n. 5 cpc,  non  e'  sanzionata  con  la
nullita' della citazione. 
    Del tutto diversa  la  disciplina  della  richiesta  risarcitoria
stragiudiziale, ove la mancata allegazione di circostanze e documenti
e'   contemplata   quale    vizio    insanabile,    sanzionato    con
l'improponibilita' della domanda giudiziale (v. art. 145 comma  primo
C.d.A. - art. 148 comma secondo C.d.A.). 
    L'art. 145 comma  primo  C.d.A.,  nell'imporre  i  requisiti  "di
contenuto" di cui all'art. 148 commi  1-2-  C.d.A.,  ha  "esteso"  la
nozione di "filtro  all'azione  giudiziaria",  rispetto  all'abrogato
art. 22 legge n. 990/69, finendo per incidere sull'applicazione delle
ordinarie  regole  processuali,  creando   un   regime   speciale   e
sfavorevole per il danneggiato, che comprime e  rende  eccessivamente
gravoso l'esercizio del suo diritto di azione e di difesa. 
    Tale normativa limita la possibilita' di chiedere e di provare in
giudizio il danno realmente patito. 
    Si assiste quindi ad  una  indubbia  violazione  del  diritto  di
azione e di difesa ex art.  24  Cost.,  atteso  che,  in  virtu'  del
combinato disposto degli artt. 145 comma  primo  C.d.A.  -  art.  148
comma secondo C.d.A., non potranno essere utilizzate in  giudizio  le
allegazioni e le prove rimaste estranee alla  procedura  risarcitoria
stragiudiziale, perche' il capo o parte di domanda  che  ad  esse  si
riferisca e' colpito dalla sanzione dell'improponibilita'. 
    Eppure gli artt. 2907 cc., art. 2697  cc.  -  99  cpc,  163  cpc,
collegano la tutela giurisdizionale  dei  diritti.  alla  domanda  di
parte, collegano l'onere  di  allegazione  e  l'onere  probatorio  al
processo giurisdizionale, e non ad un momento ad esso antecedente. 
    La normativa in  esame,  sembra  voler  assimilare  la  richiesta
stragiudiziale all'atto introduttivo del giudizio, quanto a requisiti
di forma-contenuto, senza tuttavia garantire in alcun modo la  difesa
tecnica (violazione dei diritto di difesa, art. 24 Cost.). 
    Nella procedura  stragiudiziale  non  e'  garantita  l'assistenza
tecnica di un legale, a fronte dei complessi adempimenti richiesti al
consumatore-danneggiato,  con   conseguente   aumento   del   rischio
dell'errore. 
    Inoltre,  anche  nel  caso  in  cui  il  danneggiato   risultera'
vittorioso  nel  giudizio,   le   spese   relative   alla   procedura
stragiudiziale non gli saranno riconosciute automaticamente  ex  art.
91 c.p.c., ma secondo i  criteri  di  cui  agli  arti.  1223  ss  cc.
restando  per  esse  inapplicabile  la   regola   processuale   della
soccombenza. 
    Tale  riforma  comporta  distorsioni  evidenti  nell'applicazione
della regola processuale della soccombenza, che si risolvono ai danni
della vittima del sinistro, in aperto contrasto con  la  ratio  della
disciplina sull'assicurazione obbligatoria, che intendeva  apprestare
in favore di questi una tutela rafforzata . 
    I maggiori  oneri  di  allegazione  e  probatori,  riferiti  alla
procedura stragiudiziale ex art. 145 comma primo C.d.A.  -  art.  148
C.d.A., ove non e'  garantita  l'assistenza  tecnica  di  un  legale,
implicano inevitabilmente un aumento delle  probabilita'  di  un  non
corretto adempimento degli stessi. 
    Da cio' conseguira' inevitabilmente un aumento delle probabilita'
della soccombenza giudiziale del danneggiato in una pronunzia di mero
rito,  cui  seguira'  la  condanna  alle  spese  secondo  la   regola
giudiziale (oggettiva) della soccombenza ex art. 91 c.p.c.. 
    L'aumento delle probabilita'  della  soccombenza  giudiziale  del
danneggiato in una pronunzia di mero rito, rende evidente il  rischio
di una moltiplicazione dei giudizi  aventi  ad  oggetto  il  medesimo
fatto storico, effetto che  evidenzia  l'irragionevolezza  di  questa
disciplina, che si pone in contrasto  anche.  con  l'art.  111  Cost.
(ragionevole durata dei processo). 
    4.3.4 - Violazione del principio di  eguaglianza.  Ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto  al  regime  processuale  generale
(art. 3 comma primo e secondo Cost., in relazione agli artt. 24 Cost.
111 Cost.). 
    L'applicazione  dell'  art.  145  comma  primo  C.d.A.   comporta
rilevanti   conseguenze   nell'ambito   del    processo,    incidendo
sull'applicazione delle ordinarie regole processuali,  e  quindi  sul
diritto di difesa, a svantaggio del  solo  soggetto  danneggiato  che
abbia agito in giudizio ai sensi degli artt. 144 C.d.A., 141  C.d.A.,
o   2054   cc.   nelle   correlative   ipotesi.   L'effetto   pratico
dell'applicazione di tale disciplina consiste, quindi, nel creare una
ingiustificata    disparita'    di    trattamento    tra     soggetti
dell'ordinamento, rispetto alla applicazione  delle  ordinarie  norme
processuali, che regolano l'onere  di  allegazione  e  l'onere  della
prova ancorandoli agli atti del processo. 
    In particolare, la norma realizza una  ingiustificata  disparita'
di trattamento tra danneggiati ed  impresa  di  assicurazione,  quali
soggetti legittimati attivamente e passivamente rispetto alle  azioni
ex art. 144 C.d.A. e 141 C.d.A. (per le quali vige  il  regime  della
condizione di proponibilita' di cui all'art. 145 comma primo C.d.A.). 
    Infatti non  potranno  essere  acquisite  al  processo  tutte  le
allegazioni e le prove che il  danneggiato  non  abbia  provveduto  a
fornire all'assicuratore nel corso della procedura stragiudiziale, in
violazione del combinato disposto degli artt. 145 comma primo C.d.A.-
art. 148 comma secondo C.d.A. 
    L'applicazione delle ordinarie regole  processuali  non  risulta,
invece, compromessa con riferimento alla posizione dell'  impresa  di
assicurazioni convenuta (ai sensi dell'art. 144 C.d.A.,  e  dell'art.
141  C.d.A.),  la  quale  e'  automaticamente   avvantaggiata   dalle
interferenze negative sulla posizione  processuale  dell'attore,  che
derivano dall' applicazione dell'art. 145 comma primo C.d.A. 
    Inspiegabilmente,  questa  indubbia  posizione   processuale   di
vantaggio (lesiva del principio di eguaglianza) risulta accordata  al
legislatore unicamente alle imprese  di  assicurazioni  convenute  ai
sensi dell'art. 144 C.d.A. o dell'art. 141  C.d.A.,  e  non,  invece,
all'impresa di assicurazioni convenuta ai sensi dell'art.  149  comma
sesto C.d.A. (cfr. art. 145 comma secondo C.d.A.), ne' all'impresa di
assicurazioni intervenuta  nel  giudizio  ex  art.  149  comma  sesto
C.d.A., ne', infine, al  Fondo  di  Garanzia  per  le  vittime  della
Strada, convenuto in giudizio in persona  dell'impresa  designata  ai
sensi dell'art. 287 C.d.A.. 
    Da  quanto  esposto,  emerge  la  violazione  del  principio   di
eguaglianza dei soggetti dell'ordinamento e delle parti innanzi  alla
legge processuale; la violazione del principio dello svolgimento  del
processo nel contraddittorio tra le parti in condizioni  di  parita',
davanti ad un giudice terzo ed imparziale; la violazione del  diritto
di difesa del danneggiato (violazione dell'art. 3 Cost. in  relazione
agli artt. 24 Cost. e 111 Cost. commi primo e secondo). 
    In particolare, come ampiamente esposto,  l'applicazione  pratica
della regola oggettiva della soccombenza ex art. 91  c.p.c.,  finisce
per operare, nei fatti, con uno sbilanciamento in favore dell'impresa
di assicurazioni convenuta ai sensi degli artt.  144  C.d.A.,  e  141
C.d.A. (azioni cui e' applicabile l'art. 145 comma primo C.d.A.),  il
nuovo sistema, infatti,  amplia  la  nozione  di  "filtro  all'azione
giudiziaria" (imponendo oneri di contenuto, v. art. 145 C.d.A.),  cui
inevitabilmente consegue l'aumento del rischio dell'errore nel  corso
della obbligatoria procedura stragiudiziale,  ove  non  e'  garantita
l'assistenza tecnica; questo errore verra' sanzionato in giudizio con
la declaratoria di improponibilita' e conseguente condanna alle spese
ex art. 91 c.p.c. 
    Al contrario, nel caso in cui il danneggiato  risulti  vittorioso
in giudizio, non trovera' comunque  applicazione  la  regola  di  cui
all'art.  91   cpc   con   riferimento   alla   redazione   dell'atto
stragiudiziale ed alle attivita' ad esso connesse. 
    Risulta quindi evidente la discriminazione che, di fatto, viene a
crearsi non soltanto a  svantaggio  della  categoria  di  danneggiati
legittimati alle azioni ex artt. 144 C.d.A. e 141 C.d.A., ma anche  a
svantaggio  dei  cittadini  meno  abbienti,  i  quali  non   potranno
permettersi di sostenere le spese per  l'assistenza  di  un  avvocato
niella procedura  stragiudiziale  (violazione  dell'art.  3  comma  2
Cost., in relazione all'art. 24 Cost). 
    4. 4 - violazione del principio di eguaglianza  (art.  3  Cost.).
Violazione dell'art. 3 Cost. in relazione al diritto  di  azione,  al
diritto di difesa,  ai  principi  del  giusto  processo,  alla  legge
processuale, alla tutela del diritto alla salute (art. 3 comma  primo
e secondo Cost., in relazione agli artt. 24  primo  e  secondo  comma
Cost.; 2 e 32 Cost.; art. 111 comma primo e secondo Cost.; art.  2907
cc.; art. 2697 cc.; art. 99  cpc;  art.  163464  c.p.c.).  Violazione
dell'art. 3 Cost. e dell'art. 117 comma  primo  Cost.,  in  relazione
agli artt. 1, 3, 47 della Carta di Nizza. Violazione del principio di
ragionevolezza. 
    4.4. 1 - Identita' del bene  giuridico  leso,  costituzionalmente
protetto, e pluralita'  di  azioni  dirette.  Il  diverso  regime  di
proponibilita' delle azioni dirette contemplate nel C.d.A.,  e  della
stessa azione ex art. 2054 cc. 
    In primo luogo occorre considerare  l'identita'  degli  interessi
costituzionali sottesi all'art. 145 comma primo C.d.A., all'art.  145
comma secondo C.d:A., all'art. 287 C.d.A. (cfr. Corte cost. sent.  n.
310/1996). 
    La disciplina dettata dall'art. 145  comma  primo  C.d.A.  arreca
lesione  ai  medesimo  bene   costituzionalmente   protetto   (tutela
giurisdizionale del diritto alla salute, ex artt. 2 Cost., 32  Cost.,
24 Cost., e normativa  comunitaria  sopra  richiamata,  in  relazione
all'art. 117 comma primo Cost.) che fonda la disposizione relativa al
caso diverso assunto come tertium comparationis (art. 287 C.d.A.). 
    Il diritto sostanziale leso (diritto alla salute) resta identico,
pur nella diversita' delle azioni dirette contemplate nel C.d.A.;  ed
identici sono i fatti principali rilevanti, ossia idonei a concretare
il  nucleo  della  fattispecie  astratta  in  questione  (diritto  al
risarcimento del danno prodotto a persone o cose  dalla  circolazione
del veicolo sulle  strade  di  uso  pubblico,  o  su  aree  a  queste
equiparate,  cfr.  artt.  2054  cod.  civ.  art.  122  Codice   delle
Assicurazioni). 
    Gli ulteriori fatti contemplati dalle norme di cui agli artt. 141
C.d.A., 144 C.d.A., 149 C.d.A., 287 C.d.A., a  ben  vedere  assolvono
alla  sola  funzione  di  identificare  i   soggetti   obbligati   al
risarcimento nel caso concreto. 
    Nelle fattispecie appena richiamate, muta unicamente il  soggetto
che per legge risulta obbligato al risarcimento del  danno,  rispetto
alla medesima lesione aquiliana  del  diritto  alla  salute  (diritto
assoluto  dell'individuo,  fondamentale  ed   inviolabile,   tutelato
dall'art. 32 Cost.). 
    In  particolare;  in  relazione   alla   struttura   dell'"azione
diretta", la giurisprudenza della S.C. (Cass  12376/07)  ha  chiarito
che il suo oggetto risulta complesso, e che si compone: 
        a) dell'azione  di  accertamento,  che  il  danneggiato  puo'
svolgere - ai sensi del terzo comma dell'art. 2054 c.c.  -  anche  in
via esclusiva nei confronti del responsabile, che  pero',  in  questo
caso viene svolta non solo tra le parti che rispetto al rapporto  che
ne e' oggetto sarebbero  legittimate  in  senso  sostanziale,  bensi'
anche nei riguardi di un soggetto estraneo  a  tale  rapporto,  cioe'
l'assicuratore; 
        b)  e  dell'azione  nascente  dal   contratto   assicurativo,
riguardo alla quale la stessa legge  attribuisce  al  danneggiato  la
legittimazione straordinaria e  rispetto  alla  quale  l'accertamento
della responsabilita' costituisce un presupposto. 
    La S.C. ha quindi precisato che: 
        "...nella descritta struttura complessa  dell'azione  diretta
la funzione di presupposto necessario e' svolta, tuttavia,  dal  solo
accertamento  della  responsabilita'  nell'an  e  nel   quantum   del
responsabile ai sensi dell'art. 2054 c.  c.,  comma  3.  Non  assume,
invece,  funzione  di  presupposto  la  richiesta  di  condanna   del
responsabile (...)" "... tale petitum non fa  parte  della  struttura
complessa dell'azione diretta per  come  si  e'  descritta,  ma  trae
titolo esclusivamente dalla norma  del  terzo  comma  dell'art.  2054
c.c., comma 3. 
    In  altri  termini,  quando  il  responsabile  esercita  l'azione
diretta  deve  necessariamente  chiedere  l'accertamento  concernente
l'azione di cui all'art. 2054 c.c., comma 3, perche'  esso  fa  parte
dell'oggetto dell'azione diretta. 
    La domanda ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma  3,  svolta  nella
sua  integralita'  e  quella  inerente  l'azione  diretta  presentano
parziale coincidenza di causa  petendi  e  di  petitum.  La  parziale
coincidenza della causa petendi concerne la  fattispecie  costitutiva
dell'accertamento della responsabilita' dell'assicurato responsabile. 
    Quella relativa al petitum concerne soltanto la richiesta di tale
accertamento" (Cass. 12376/07). 
    In definitiva, nella descritta  struttura  complessa  dell'azione
diretta, la funzione di presupposto necessario  e'  svolta  dal  solo
accertamento  della  responsabilita'  nell'an  e  nel   quantum   del
responsabile  ai  sensi  dell'art.  2054  c.c.,  comma  3  (v.  Cass.
12376/07).  Occorre,  inoltre,  rammentare  che  la   condizione   di
proponibilita' della domanda di cui all'art. 145 C.d.A., deve  essere
assolta anche nel caso in cui il  danneggiato  scelga  di  agire  nei
confronti del solo responsabile civile, ai sensi dell'art.  2054  cc.
(v., tra le altre, Corte cost., n. 24/1973; Corte cost., n.  19/1975;
Cass. n. 1718/1974). 
    Di conseguenza, anche la proponibilita' della  stessa  azione  ex
art. 2054 comma terzo c.c. segue un doppio regime, e precisamente: 
        a) il regime dettato dall'art. 145 comma  primo  C.d.A.,  nel
caso in cui il soggetto sia legittimato (anche) alle azioni  ex  art.
144 C.d.A. , ovvero ex art. 141 C.d.A.; 
        b) il diverso  regime  di  cui  all'art.  145  comma  secondo
C.d.A., nel caso in  cui  il  soggetto  danneggiato  sia  legittimato
(anche) all'azione ex art. 149 comma sesto C.d.A. 
    Queste  precisazioni  pongono   in   luce   alcuni   profili   di
illegittimita' dell'art. 145  comma  primo  C.d.A.  (norma  che  deve
essere applicata alla fattispecie in esame) per violazione  dell'art.
3 Cost., realizzando tale normativa una ingiustificata disparita'  di
trattamento tra situazioni di fatto eguali. 
    Infatti,  come  sopra  evidenziato,  nella  struttura   complessa
dell'azione diretta, la funzione di presupposto necessario e'  svolta
dal solo accertamento della responsabilita' nell'an e nel quantum del
responsabile, ai sensi dell'art. 2054 comma 3 cc. 
    Si consideri, inoltre, l'identita' degli interessi costituzionali
sottesi all'art. 145 comma primo C.d.A., all'art. 145  comma  secondo
C.d.A., all'art. 287 C.d.A. (cfr.  Corte  cost.  sent.  N.  310/1996,
sopra citata). 
    In tutte le fattispecie appena richiamate viene in  questione  la
tutela giurisdizionale del diritto  inviolabile  della  persona  alla
salute, costituzionalmente protetto (artt.  2  Cost.,  32  Cost.,  24
Cost.). 
    L' ingiustificata disparita' di  trattamento  tra  situazioni  di
fatto eguali, sussiste in primo luogo tra le ipotesi disciplinate nel
primo e nel secondo comma dell'art. 145 C.d.A. 
    La violazione dell'art. 3 Cost., sussiste  poi,  anche  sotto  il
profilo  della  irragionevole  disparita'  di  trattamento   tra   le
fattispecie contemplate  nell'art.  145  comma  primo  C.d.A.,  e  le
fattispecie cui  e'  applicabile  la  ben  diversa  disciplina  della
condizione di proponibilita' di cui all'art. 287 C.d.A. 
    44.2 - Ingiustificata ed irragionevole disparita' di  trattamento
tra soggetti  danneggiati,  rispettivamente  legittimati  attivamente
alle azioni ex artt. 144 C.dA., 141 C.d.A., ed alle  azioni  ex  art.
149 comma sesto C.d.A. e 287 C.d.A.. 
    Ingiustificata  disparita'  di   trattamento   tra   danneggiati,
legittimati all'azione ex art. 2054 codice civile. 
    L'art. 145 comma primo C.dA. (applicabile per le  fattispecie  di
cui agli artt. 144 C.d.A., 141 C.d.A., nonche' in caso di  azione  ex
art. 2054 cc. nelle correlative ipotesi), contempla una  problematica
figura  di  "presupposto  processuale",  che  e'   contemporaneamente
"condizione della giurisdizione" e "condizione  dell'azione";  impone
oneri di contenuto per la richiesta stragiudiziale, finalizzati  alla
corresponsione della "congrua offerta" ex art. 148 C.d.A. 
    Ulteriori problemi sorgono, in sede di applicazione  delle  norme
del C.d.A. che regolano la condizione di proponibilita', in quanto le
differenti  discipline  previste,   sono   collegate   alle   diverse
fattispecie di "azione diretta", introdotte con la novella del 2005. 
    Per stabilire se ad una fattispecie concreta  sia  applicabile  o
meno l'art. 145 comma primo C.d.A.,  occorre  infatti  verificare  la
sussistenza delle condizioni delle azioni ex art. 144 C.d.A.,  ovvero
ex art. 141 C.d.A. e, specularmente, l'insussistenza di alcuna  delle
ulteriori e speciali "condizioni  dell'azione",  che  legittimano  il
danneggiato ad agire ex art. 149 comma sesto C.dA.,  ovvero  ex  art.
287 C.d.A. 
    Questo complesso regime comporta significative  limitazioni  alla
effettiva possibilita' di agire in giudizio ai sensi degli artt.  144
C.d.A., 141 C.d.A., e 2054 cc. nelle  correlative  ipotesi;  comporta
ripercussioni sull'applicazione delle ordinarie  regole  processuali,
con uno sbilanciamento della posizione delle parti a  svantaggio  del
soggetto danneggiato, in violazione dell'art. 3 Cost.,  in  relazione
agli artt. 24 Cost. e 111 Cost. 
    Tale sfavorevole regime non sussiste, invece, per le  fattispecie
disciplinate dall'art. 145 comma secondo C. (azione ex art. 149 comma
sesto C.d.A.) ne'  per  le  fattispecie  disciplinate  dall'art.  287
C.d.A. 
    Infatti, l'art. 145  comma  secondo  C.d.A.  (v.  interpretazione
costituzionalmente orientata  esposta  nel  punto  3  della  presente
ordinanza) e l'art. 287 C.d.A., dettano una  disciplina  del  "filtro
all'azione  giudiziaria"  che  sostanzialmente  coincide  con  quella
dell'abrogato art.  22  legge  n.  990/69,  con  la  conseguenza  che
l'azione giudiziaria sara' proponibile anche qualora sussistano  atti
"equipollenti", ossia tutte le volte in cui le trattative  intercorse
consentano di ritenere  raggiunto  lo  scopo  di  quelle  norme,  che
consiste, semplicemente, nel favorire il contatto tra le parti  e  la
possibilita' di accordi transattivi per la liquidazione del danno (v.
punti n. 3 e n. 4.2 della presente ordinanza). 
    Cio',   fermo   restando   che    difficolta'    sorgono    anche
nell'individuare, concretamente, le ipotesi  riconducibili  al  comma
primo ovvero al comma  secondo  dell'art.  145  C.d.A.,  come  verra'
evidenziato a breve. 
    Ad  avviso  della  GdP,  queste   significative   differenze   di
disciplina  per  la  condizione  di  proponibilita'  della   domanda,
contrastano con l'art. 3 commi primo  e  secondo  Cost.,  trattandosi
sostanzialmente    di    casi    identici,    trattati    in     modo
ingiustificatamente diverso. Invero, il discrimina trai  due  diversi
regimi  e'  collegato  alla  diversita'  dei   soggetti   legittimati
attivamente alle diverse "azioni dirette" contemplate nel T.U. Codice
delle Assicurazioni. L'ambito soggettivo  di  applicazione  dell'art.
145 comma primo CdA. ricomprende i  soggetti  legittimati  alle  sole
azioni ex artt. 144 C.dA., 141 C.d.A. e 2054 cc. nelle correlative 
    L'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 145  comma  secondo
CdA. ricomprende i soggetti legittimati alle sole azioni ex artt. 149
comma sesto CdA. e 2054 cc. nelle correlative ipotesi. 
    In definitiva, soltanto per i soggetti legittimati attivamente ad
alcune azioni  rientranti  nell'ambito  di  applicazione  del  C.d.A.
(precisamente: art. 149 comma sesto C.d.A. ed  art.  2054  cc.  nelle
correlative ipotesi; art. 287  C.d.A.),  si  applichera'  il  diverso
regime sopra descritto (ex artt. 145 comma secondo C.d.A., ovvero  ex
art. 287 C.d.A.), piu' favorevole. 
    La discriminazione tra i  diversi  regimi  (e  quindi,  in  primo
luogo,  la   discriminazione   tra   soggetti   danneggiati)   sembra
arbitraria, perche' effettuata sulla  base  di  criteri  che  per  lo
stesso ordinamento appaiono infondati, inadeguati e contraddittori 
    Il  rispetto  del  principio  di   ragionevolezza   richiede   di
"..ricondurre le deroghe ingiustificate  e  le  arbitrarie  eccezioni
alle regole gia' stabilite dalla legge ovvero  ai  principi  generali
univocamente stabiliti dalla legge" (Corte cost. 314/1983; cfr  Corte
cost. 28/1957; 9/1975), e che la normativa sia conforme ai criteri di
"intrinseca ragionevolezza" (Corte cost. 78/2005), il che non ricorre
nel caso che occupa. 
    L'applicazione   dei   diversi   regimi   della   condizione   di
proponibilita' (art. 145 comma primo C.d.A. , in luogo dell'art.  145
comma secondo C.d.A. ovvero dall'art. 287  C.d.A.),  in  sintesi,  e'
legato a variabili relative al tipo di  sinistro  (coinvolgimento  di
due o piu' veicoli, o di veicoli e pedoni, velocipedi etc.)  al  tipo
di  veicoli  coinvolti  (veicoli  identificati  o  non  identificati,
"assicurati"  o  non  assicurati),  alla  condizione  soggettiva  del
danneggiato (conducente del  veicolo,  proprietario  ,  "assicurato",
soggetto trasportato, pedone), al tipo e all'entita' dei danni di cui
si chiede il risarcimento (es. danni  al  veicolo;  danni  alle  cose
trasportate; danni a cose esterne al veicolo; "fermo tecnico";  danni
alla persona inferiori o superiori.  al  9%  di  I.P.);  al  tipo  ed
eziologia  del  danno  (danni  alla  persona  subiti  dal  conducente
responsabile o non responsabile); alla circostanza che il veicolo sia
stato  o  meno  posto  in  circolazione  contro   la   volonta'   del
proprietario,  dell'usufruttuario,  dell'acquirente  con   patto   di
riservato dominio o del locatario in caso di  locazione  finanziaria;
alla circostanza che il sinistro  abbia  o  non  abbia  coinvolto  un
veicolo immatricolato all'estero (v. artt. 126 comma secondo  C.d.A.;
art. 149 comma secondo C.d.A). 
    I criteri  di  cui  sopra,  richiamati  sinteticamente,  sembrano
infondati,  in  quanto  estranei  alla  fattispecie  costitutiva  del
diritto sostanziale (costituzionalmente protetto) di cui si invoca la
tutela giurisdizionale, diritto che resta  sostanzialmente  identico,
pur nella diversita' delle "azioni  dirette"  contemplate  nel  T  U.
Codice   delle    Assicurazioni.    Identico    (ontologicamente    e
giuridicamente) il bene giuridico  leso  costituzionalmente  protetto
(salute), identico il danno alla salute. 
    Il diritto sostanziale del soggetto rimasto danneggiato a seguito
di un sinistro rientrante nell'ambito di applicazione  dell'art.  122
C.d.A.  (d.lgs.  n.  209/2005),   scaturisce   sempre   dall'illecito
aquiliano  di  cui  all'art.  2054   codice   civile,   espressamente
richiamato dall'art. 122 comma primo C.d.A. ( v.  punto  4.4.1  della
presente ordinanza). 
    La condizione di  proponibilita'  disciplinata  dagli  artt.  145
C.d.A. e 287  C.d.A.,  ha  ad  oggetto  il  diritto  al  risarcimento
scaturente  dalla  lesione  dell'integrita'  fisica  della   persona,
tutelato dagli artt. 2 Cost., 32 Cost., 24 Cost. e dagli artt. 1,  3,
35, 47 della Carta di Nizza. Il diritto  al  risarcimento  del  danno
(biologico,     non     patrimoniale,     patrimoniale,      azionato
indifferentemente ai sensi dell'art.  144  C.d.A.,  o  dell'art.  141
C.d.A., o dell'art. 149 comma sesto C.d.A., o dell'art. 2054 cc.  nei
confronti del solo responsabile  civile;  o  dell'art.  287  C.d.A.),
scaturisce sempre dalla lesione dell' integrita' fisica del soggetto,
cagionata dalla circolazione  di  un  veicolo  sulle  strade  di  cui
all'art. 122 C. d.A. (v. art.  2054  cc.,  richiamato  dall'art.  122
comma primo C.d.A.; art. 2043 ss cc., art. 2059 cc.; art. 32 Cost.). 
    Identico, in particolare, il diritto azionato ai sensi  dell'art.
2054 codice civile nei confronti del solo responsabile civile. 
    Eppure, la stessa azione ex art. 2054 comma terzo  codice  civile
(in relazione  alla  quale  deve  essere  assolta  la  condizione  di
proponibilita' in questione), e' sottoposta al regime di cui all'art.
145 comma primo C.d.A., nel caso in  cui  il  danneggiato  sia  anche
potenzialmente legittimato ad una delle azioni di  cui  all'art.  144
C.d.A., ovvero 141 C.d.A.; e' invece sottoposta al diverso regime  di
cui all'art. 145 comma secondo C.d.A., nel caso in cui il danneggiato
sia anche potenzialmente legittimato air azione di cui  all'art.  149
comma sesto C.d.A. 
    Il fine complessivo della legge sull'assicurazione  obbligatoria,
consiste  nell'  apprestare  una  tutela  rafforzata  al  diritto  al
risarcimento di cui e' titolare la vittima del sinistro (v. punto 4.2
della presente ordinanza; v. art. 122 comma  primo  C.d.A.),  diritto
che  resta  sostanzialmente  identico,  pur  nella  diversita'  delle
discipline di cui agli  artt.  145  comma  primo  C.d.A.;  145  comma
secondo C.d.A.; 287 C.d.A. 
    L'art.  145  comma  primo  del  TU  Codice  delle  Assicurazioni,
contrasta con il principio di ragionevolezza sotto ulteriore profilo,
atteso che la disciplina  in  esso  prescritta  produce  effetti  che
contrastano con il fine voluto dal legislatore (cfr. legge n.  990/69
ed art. 4 legge - delega n. 229/2003; v. punti n. 4.1 e n. 4.2  della
presente ordinanza) comportando un "indebolimento" della  tutela  del
consumatore e comunque della vittima dei sinistro. 
    I criteri utilizzati per discriminare tra le  diverse  discipline
sono, indubbiamente, estranei al quadro di interessi che ha  ispirato
la legge sull'assicurazione obbligatoria  (v.  punto  ti.  4.2  della
presente ordinanza), e comunque infondati. 
    Le norme processuali sulla condizione di  proponibilita'  di  cui
agli artt. 145 comma primo e secondo C.d.A., e di  cui  all'art.  287
C.d.A.,  regolano  l'accesso  alla  giurisdizione,  ed  hanno  natura
strumentale rispetto al diritto di cui si invoca la tutela. 
    I criteri utilizzati dal legislatore per discriminare  i  diversi
regimi della condizione di proponibilita' sono infondati,  posto  che
consistono in  fattori  contingenti  ed  occasionali,  giuridicamente
irrilevanti perche' non  contemplati  direttamente  o  indirettamente
dalle  norme  sostanziali  di  riferimento,  perche'  estranei   alle
fattispecie costitutive dei' diritti sostanziali azionati (v., ad es.
art. 2054 c.c., art. 2059 cc.; art. 590 c.p.; art. 32 Cost.). 
    Dall'esame della normativa sostanziale di riferimento emerge,  ad
esempio, che resta giuridicamente irrilevante la circostanza  che  il
medesimo  danno  alla  salute  sia  stato  cagionato  da  un  veicolo
identificato o non identificato (cfr. combinato  disposto  artt.  145
C.d.A. - art. 287 C.d.A.- art. comma 1 lettera  a)  C.d.A.);  che  la
circolazione del veicolo sia o non  sia  avvenuta  prohibente  domino
(cfr. combinato disposto artt. 145 C.d.A. - art. 287  C.d.A.  -  art.
comma 1 lettera d) C.d.A.). 
    Ancora, la "misura" concreta della accertata  responsabilita'  di
un conducente ("esclusiva" o "concorsuale": cfr.  combinato  disposto
artt.  145  C.d.A.  -  art.  149   comma   secondo   C.d.A),   rileva
essenzialmente ai fini della liquidazione  del  danno,  del  "quantum
debeatur" (cfr. artt. 2056 cc. , 1223 cc.). 
    Allo stesso modo, l'entita'  del  danno  biologico  concretamente
patito (invalidita' permanente inferiore  o  superiore  al  9%  della
totale, cfr. combinato disposto art. 145  C.d.A.  -  art.  149  comma
secondo C.d.A., art.  139  C.d.A.)  non  rileva  ai  fini  del  fatto
costitutivo del  diritto,  dell'obbligazione  risarcitoria  derivante
dall'illecito civile e/o penale, dell'an debeatur. 
    La nota e recente sentenza delle Sezioni Unite (Cass.  Civ.  Sez.
Un. 11 novembre 2008 n. 26972) non  ha  del  resto  delineato  alcuna
differenza tra lesioni micropermanenti (danni di lieve  entita'  alla
persona) e lesioni macropermanenti. 
    Identico   il   fatto   illecito,   identico   l'evento   lesivo,
ontologicamente e  giuridicamente;  identico  il  danno  alla  salute
patito dalla vittima, anche a fronte della diversa  eziologia,  delle
contingenti   ed   imprevedibili   circostanze    sopra    riportate,
irragionevolmente  assunte  dal   legislatore   quali   criteri   per
discriminare  l'applicabilita'  delle  differenti  discipline   della
condizione di proponibilita' della domanda (cfr. art. 145 comma primo
e secondo C.d.A.; art. 287 C.d.A.). 
    In definitiva, il diritto sostanziale leso  (diritto  inviolabile
alla salute) resta identico, pur nella  diversita'  delle  menzionate
azioni contemplate nel C.d.A., ed identici sono  i  fatti  principali
rilevanti, ossia idonei a  concretare  il  nucleo  della  fattispecie
astratta in questione (diritto al risarcimento del danno  prodotto  a
persone o cose dalla circolazione del veicolo  sulle  strade  di  uso
pubblico, o su aree a queste equiparate, cfr. artt.  2054  cod.  civ.
art. 122 Codice delle Assicurazioni). 
    Gli ulteriori fatti contemplati dalle norme richiamate, assolvono
alla  sola  funzione  di  identificare  i   soggetti   obbligati   al
risarcimento nel caso concreto. 
    La S.C., gia' richiamata (Cass. 12376 /2007) ha infatti precisato
che: "...nella .. struttura complessa dell'azione diretta la funzione
di presupposto necessario e' svolta... dal  solo  accertamento  della
responsabilita' nell'an e  nel  quantum  del  responsabile  ai  sensi
dell'art. 2054 c.c., comma 3. (...)". 
    "..In altri termini, quando  il  responsabile  esercita  l'azione
diretta  deve  necessariamente  chiedere  l'accertamento  concernente
l'azione di cui all'art. 2054 c.c., comma 3, perche'  esso  fa  parte
dell'oggetto dell'azione diretta". 
    In conclusione,  i  criteri  contemplati  dal  legislatore  quale
discrimine tra i diversi regimi della  condizione  di  proponibilita'
della domanda  sono  infondati,  perche'  estranei  alla  fattispecie
sostanziale costitutiva dei diritti azionati, e perche'  estranei  al
quadro di interessi  che  ha  ispirato  la  legge  sull'assicurazione
obbligatoria, ossia apprestare una tutela rafforzata del  diritto  al
risarcimento della vittima del sinistro. 
    I predetti criteri sono dunque arbitrari ed infondati,  e  l'art.
145 C.d.A. viola  l'art.  3  Cost.,  anche  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza. 
    Ancora a titolo esemplificativo, la fissazione del limite del  9%
della I.P. (cfr. combinato disposto artt. 145 comma  secondo  C.d.A.-
art. 149 comma secondo C.d.A.), quale criterio di discrimina  tra  il
regime di cui all'art. 145 comma primo C.d.A. e  di  cui  all'art.145
comma secondo C.d.A.,  non  trova  una  ragione  logica  e  coerente,
rapportata    all'evidenziato    fine    perseguito    dalla    legge
sull'assicurazione obbligatoria. 
    Incomprensibile resta il motivo per cui, in luogo del 9% non  sia
stato fissato altro limite "quantitativo" (es., 5% della I.P., ovvero
16% della I.P., etc.). 
    Il limite del 9% sembrerebbe, per una singolare  coincidenza  (v.
importi  approvati  con  D.M.  per  il  risarcimento  delle  "lesioni
micropermanenti" ai  sensi  dell'  art.  139  C.d.A.),  calibrato  in
funzione della competenza del Giudice di Pace, secondo un  quadro  di
interessi indubbiamente estraneo rispetto alla  ratio  di  apprestare
una rafforzata  tutela  al  diritto  sostanziale  della  vittima  del
sinistro, tutela che non puo' mutare in ragione  del  diverso  organo
giudiziario competente. 
    Ingiustificata,   dunque,   la   discriminazione   tra   soggetti
danneggiati i quali, a seconda dell'entita'  del  danno  alla  salute
lamentato  (ci  si  chiede:  o  "accertato"?),  dovranno  seguire  la
procedura stragiudiziale di cui all'art. 145  comma  primo  C.d.A.  -
art. 148 C.d.A., per poi adire il Tribunale, ovvero  la  ben  diversa
procedura di cui all'art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 C.d.A.,
per poi adire il Giudice di Pace. 
    I criteri in questione  appaiono  altresi'  inadeguati,  rispetto
alla ratio di rafforzare la tutela del soggetto debole-  danneggiato,
e di deflazionare il contenzioso. 
    Sotto ulteriore profilo, non si comprende  la  ragionevolezza  di
una  disciplina  della  condizione  di   proponibilita',   che   muta
significamente  in  relazione  ad  elementi  di  fatto   fortuiti   e
contingenti, oggetto di possibile contestazione e, dunque, incerti. 
    Si pensi alla circostanza che il  sinistro  abbia  coinvolto  due
veicoli ovvero un numero superiore di veicoli e/o pedoni; che le cose
danneggiate siano o  non  siano  state  trasportate  a  bordo  di  un
veicolo; che la circolazione sia o non sia avvenuta prohibente domino
etc. 
    Si pensi alla diversa misura della responsabilita',  esclusiva  o
concorsuale, o alla diversa quantificazione del  danno  biologico  da
I.P., inferiore o superiore al 9% della totale (cfr. art.  145  comma
secondo C.d.A. - art.  149  comma  secondo  C.d.A),  tutti  fatti  da
accertare, ancora incerti al momento della richiesta di  risarcimento
stragiudiziale e al momento della instaurazione del giudizio. 
    A titolo meramente esemplificativo, si consideri  che,  all'esito
dell'istruttoria, in un giudizio introdotto ai  sensi  dell'art.  149
comma sesto C.d.A. per  il  risarcimento  del  danno  biologico,  con
domanda  di  I.P.  inferiore  al   9%,   ove   fosse   accertata   la
corresponsabilita' del danneggiato-attore, potrebbe accadere  che  il
giudice dichiari  l'improponibilita'  della  domanda,  in  quanto  la
richiesta risarcitoria non rispetta i requisiti di contenuto  imposti
dall'art.  145  comma  primo  C.d.A.,  avendo  l'attore  erroneamente
richiesto il risarcimento ai sensi dell'art. 145 comma secondo C.d.A.
(si rammenta infatti che la "responsabilita'  esclusiva"  e'  assunta
quale condizione dell'azione  per  il  risarcimento  dei  danni  alla
persona del conducente ex art. 149 C.dA.). 
    Ma quell'errore non  potrebbe  certamente  essere  imputabile  al
danneggiato-attore, atteso che,  indubbiamente,  la  "responsabilita'
esclusiva", oggetto  di  contestazione,  e'  fatto  da  accertare  in
giudizio. 
    La declaratoria  di  improponibilita',  collegata  ad  un  errore
certamente non imputabile al danneggiato-attore, frustra la ratio  di
apprestare una tutela rafforzata a questo soggetto,  che  subisce  un
danno economico a seguito della soccombenza in rito e vede,  inoltre,
procrastinata la risposta alla propria domanda di tutela sostanziale. 
    Ne risulta, inoltre, frustrata anche la ratio di deflazionare  il
contenzioso e di ridurre, per  tale  via  i  costi  di  gestione  dei
sinistri,   atteso   che    l'aumento    delle    dichiarazioni    di
improponibilita' .favorisce il proliferare di contenzioso  avente  ad
oggetto il medesimo fatto storico. 
    Sembra dunque evidente l'irragionevolezza di  questa  disciplina,
inidonea  o  non  congrua  rispetto  alle   finalita'   della   legge
sull'assicurazione obbligatoria. 
    Ne' sembra ragionevole  collegare  l'applicazione  di  una  certa
disciplina   della   condizione   di   proponibilita'    (presupposto
processuale) piuttosto che un'altra (art. 145 comma primo C.d.A.,  in
luogo dell'art. 145 comma secondo C.d.A) alla semplice "domanda"  del
soggetto interessato. 
    In tal modo, ad esempio, alla semplice "domanda" di  risarcimento
del danno alla persona, quantificata in misura  superiore  al  9%  di
I.P., dovrebbe senz'altro conseguire l'applicazione del regime di cui
all'art. 145 comma primo C.d.A. - 148 C.d.A.; alla semplice "domanda"
di accertamento della responsabilita'  esclusiva  e  di  condanna  al
risarcimento del danno alla persona, quantificata in misura inferiore
al 9% di I.P., dovrebbe invece conseguire l'applicazione del  diverso
regime di cui all'art. 145 comma secondo C.d.A. - art. 149 C.d.A. 
    Sembra dunque evidente che, con questo metodo, si  finirebbe  col
lasciare l'applicazione di uno dei diversi regimi per l'accesso  alla
giurisdizione alla libera scelta del  soggetto  danneggiato,  secondo
una logica che sembra andare ben oltre la ratio del semplice  "filtro
all'azione giudiziaria". 
    Per tale via, infatti, si finisce per condizionare la scelta  del
danneggiato nella configurazione e quantificazione della sua domanda,
sulla base di fattori estranei  rispetto  al  danno  concretamente  e
realmente patito (violazione del diritto di difesa ex art. 24  Cost.;
violazione dell'art. 3 comma secondo Cost.). 
    In  particolare,  di  fatto,   questa   normativa   finisce   per
disincentivare una certa quantificazione  della  domanda  (es.  danno
biologico da I.P. superiore al 9%). 
    In altre parole, il danneggiato che sa bene  di  aver  patito  un
danno biologico da I.P. superiore al 9% potrebbe essere indotto, cio'
malgrado, a domandare il risarcimento in misura inferiore  al  9%  di
I.P., pur di non incorrere nel gravoso  regime  della  condizione  di
proponibilita' ex art. 145 comma primo C.d.A. - art. 148 C.d.A., che,
come  visto,  si  ripercuote  direttamente  sulle  ordinarie   regole
processuali sbilanciando la posizione delle parti a  vantaggio  della
compagnia di assicurazioni convenuta. 
    Ancora,  lo  stesso  danneggiato  potrebbe  essere  costretto  ad
azionare distinte procedure risarcitorie stragiudiziali, nel caso  in
cui alcuni dei danni patiti  rientrino  nell'ambito  di  applicazione
dell'art. 148 C.d.A. (es.,  danno  da  "fermo  tecnico",  danno  alla
persona del conducente superiore al 9% di I.P.) ed altri  nell'ambito
di applicazione dell'art. 149 comma secondo C.d.A. (es., danno a cose
trasportate, danno al veicolo). 
    All'applicazione dei " diversi  regimi  conseguono,  come  visto,
riflessi  diversi  sul  piano  processuale,  con  tutti  i   problemi
conseguenti, che si pongono inevitabilmente sia in caso  di  distinte
azioni giudiziarie ex art. 144 C.d.A.,  art.  141  C.d.A.,  art.  149
comma sesto C.d.A., sia nel caso in cui  le  diverse  voci  di  danno
siano state domandate nello  stesso  processo  ex  art.  144  C.d.A.,
secondo l'opzione interpretativa che ritiene facoltative  le  diverse
azioni giudiziarie contemplate nel T.U. Codice delle Assicurazioni. 
    In ogni caso sembra evidente l'irragionevolezza della  disciplina
in esame, che comprime oltre il necessario il diritto  di  difesa  di
alcuni danneggiati rispetto ad  altri,  parcellizzando  le  forme  di
tutela dello stesso diritto sostanziale leso. 
    Occorre poi rilevare la contraddittorieta' di tale  disciplina  e
di tali criteri. 
    In primo luogo, appare palese  la  contraddittorieta'  intrinseca
della stessa disposizione di cui  all'art.  145  C.d.A.,  per  quanto
ampiamente  evidenziato  nella  presente  ordinanza,  atteso  che  la
disciplina di cui al comma primo si pone in contrasto  con  tutte  le
richiamate disposizioni di legge, costituzionali ed  europee,  mentre
la (sola) disciplina di' cui al comma secondo consente di  accogliere
una interpretazione costituzionalmente orientata (v. punto n. 3 della
presente ordinanza). 
    La  contraddittorieta'  intrinseca  ed  estrinseca  emerge  sotto
molteplici profili,  gia'  evidenziati.  Occorre  aggiungere  che  il
criterio di discriminazione tra cittadini del "veicolo identificato",
utilizzato dal legislatore per rendere applicabile la  disciplina  di
cui all'art. 145 C.d.A., rispetto alla disciplina di cui all'art. 287
C.d.A.,  dedicata  (anche)  ai  "veicoli  non   identificati"   viene
disatteso nella  disposizione  di  cui  all'art.  287  comma  secondo
C.d.A.. 
    L'art. 287 comma secondo C.dA. testualmente prevede che, nel caso
di soggetto danneggiato in  un  sinistro  cagionato  da  veicolo  non
identificato, in relazione al quale si deve applicare  la  disciplina
del "filtro all'azione" di cui all'art. 287 C.d.A. (corrispondente al
previgente  art.  22  legge   n.   990/69   giudicato   dalla   Corte
costituzionalmente  conforme),  ebbene  costui  "non  e'   tenuto   a
rinnovare  la  domanda  qualora  successivamente  venga  identificata
l'impresa di assicurazione del responsabile", con cio' implicitamente
ed esplicitamente escludendo l'applicabilita'  dell'art.  145  C.dA.,
pur in presenza di "veicolo identificato". 
    In definitiva il criterio di discriminazione per l'applicabilita'
della disciplina di cui all'art. 287 C.d.A. in luogo della disciplina
di  cui  all'art.  145  C.d.A.,  indicato   dal   legislatore   nella
circostanza che il  sinistro  sia  stato  cagionato  da  veicolo  non
identificato,  risulta  smentito  dallo  stesso   legislatore   nella
particolare ipotesi descritta nell'art.  287  comma  secondo  C.d.A.,
senza alcuna ragione logica. 
    La contraddittorieta' del  dettato  normativo  e'  chiaro  indice
della sostanziale infondatezza  ed  irragionevolezza  del  menzionato
"criterio" di discriminazione  tra  le  due  diverse  discipline  del
presupposto processuale (ex  artt.  145  comma  primo  C.d.A.  e  287
C.d.A.). 
    Si vuoi dire che, se il criterio del "veicolo identificato o  non
identificato" e' senza dubbio "fondato e ragionevole", rispetto  alla
semplice  individuazione  del  soggetto  obbligato   e   ,legittimato
passivamente per le azioni ex  art.  287  C.d.A.  e  144  C.d.A.  (in
sintesi, il F.G.V.S. in luogo dell'impresa di assicurazioni),  quello
stesso criterio non sembra altrettanto fondato, ne' ragionevole,  ne'
congruo, quando rapportato alla diversa disciplina  della  condizione
di proponibilita' della domanda ex artt. 145 comma primo C.d.A. e 287
C.d.A. 
    Considerazioni  analoghe,  valgono  peri  criteri  del   "veicolo
assicurato  o  non  assicurato",  e   della   circolazione   avvenuta
prohibente domino, che non sembrano ne'  fondati,  ne'  congrui,  ne'
ragionevoli, ai fini del diverso regime applicabile per la condizione
di proponibilita' della domanda. 
    In particolare,  non  si  comprende  la  fondatezza  del  secondo
criterio (circolazione prohibente domino o meno) per giustificare  il
diverso regime della condizione di proponibilita' di cui  agli  artt.
145 C.d.A. - art. 287 C.d.A. 
    La circostanza  che  la  circolazione  sia  o  non  sia  avvenuta
prohibente domino, resta  giuridicamente  irrilevante  rispetto  alla
medesima lesione dell'integrita' fisica, da cui scaturisce il diritto
al risarcimento dei danno biologico, e la disparita'  di  trattamento
tra danneggiati in relazione al diritto di azione  e  difesa  appare,
anche sotto tale profilo, ingiustificata ed arbitraria. 
    Lo  stesso  criterio  sembra  anche  inadeguato,  rispetto   alle
finalita' della legge sull'assicurazione obbligatoria, di  rafforzare
la tutela del danneggiato e di deflazionare il contenzioso. 
    E' evidente che  la  contestazione  relativa  alla  "circolazione
prohibente domino" implichi un accertamento di fatto del  giudice  di
merito, non agevole, con conseguente protrarsi dell'incertezza  sulla
rituale instaurazione del giudizio. 
    In  definitiva,  la  disciplina  in  esame  e'  irragionevole  ed
illogica anche sotto  questo  profilo,  perche',  ancora  una  volta,
ricollega  la  sussistenza  del  presupposto  processuale  (questione
pregiudiziale di rito) ad un  complesso  accertamento  di  fatto  del
giudice di merito. 
    4.4.3 - Ingiustificata disparita'  di  trattamento  tra  soggetti
danneggiati ed impresa di assicurazione, quali  soggetti  legittimati
attivamente e passivamente rispetto alle azioni ex art. 144 C.d.A.  e
141 C.d.A. 
    Oltre quanto osservato nel punto 4.3.4. della presente  ordinanza
(cui si  rinvia),  l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra
danneggiato ed impresa  di  assicurazioni,  e  quindi  tra  attore  e
convenuto nei giudizi instaurati ai sensi dell'art. 144 C.d.A. ovvero
141 C.d.A., emerge sotto ulteriore profilo. 
    L'art. 148 comma primo C.d.A.  prevede  che  l'offerta  formulata
dall'assicuratore oltre che "congrua" debba essere "motivata",  cosi'
come il diniego di offerta. 
    I vizi di motivazione dell'offerta o del diniego di offerta, come
la mancata o tardiva offerta, non risultano  tuttavia  sanzionati  in
alcun modo, a differenza  del  vizio  di  contenuto  della  richiesta
risarcitoria  del  danneggiato,   dal   cui   accertamento   consegue
l'improponibilita' della domanda  ai  sensi  del  combinato  disposto
degli artt. 145 comma primo C.d.A. - 148 commi primo e secondo C.d.A.
(v. punto 3 della presente ordinanza). 
    Emerge dunque ancora una volta il disallineamento della posizione
delle parti, a svantaggio del soggetto debole-danneggiato. 
    5 - Conclusioni. 
    In conclusione, la rilevanza della questione di costituzionalita'
discende essenzialmente dalla impossibilita'  giuridica  di  ritenere
sussistenti  circostanze  "equipollenti"  alla  condizione   di   cui
all'art. 145  comma  primo  C.d.A.,  ossia  dalla  impossibilita'  di
attribuire  rilevanza,  ai  fini  della  proponibilita'   dell'azione
risarcitoria, alle trattative intercorse tra le parti nella procedura
stragiudiziale ex art. 148  C.d.A.,  che  si  e'  "conclusa"  con  la
corresponsione di una somma ritenuta "non congrua" dal danneggiato  e
trattenuta a titolo di acconto. 
    I profili di incostituzionalita'  dell'art.  145  C.d.A.  possono
essere sintetizzati in due grandi questioni: 
        La prima questione concerne la violazione dell'art. 76  Cost.
con riferimento agli artt. 1 e 4 della Legge delega n. 229/2003,  per
contrasto con i principi della legge delega,  e  con  i  principi  di
diritto europeo recepiti dalla legge delega (direttive n. 2005/14/CE;
n. 2000/26/CE, etc); la violazione dell'art. 117 comma  primo  Cost.,
in relazione all'art. 6 n. 1, e all'art. 13 della  CEDU-  Convenzione
Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo  e  delle  liberta'
fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 - e all'art. 47 della  Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a  Nizza  il
7.12.2000 e resa obbligatoria con il Trattato di Lisbona,  ratificato
con legge n. 130/2008 ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009. 
        La seconda questione concerne la  violazione  degli  artt.  2
Cost., 3 Cost., 32 Cost., 24 Cost., 111 Cost., 117 comma primo Cost.,
degli artt. 1, 3, 47 della Carta di Nizza, dei principi della  tutela
giurisdizionale effettiva, di eguaglianza, di proporzionalita'  e  di
ragionevolezza. La disciplina di cui all'art. 145 C.d.A. realizza una
eccessiva ed ingiustificata compressione del diritto di azione  e  di
difesa di una categoria di danneggiati, lesi nel diritto  inviolabile
alla  salute,  creando  un  ostacolo  procedurale   per   l'esercizio
dell'azione, per la tutela giurisdizionale del  diritto  intesa  come
decisione di merito,  come  risposta  definitiva  ed  integrale  alla
domanda di tutela sostanziale, in un tempo ragionevole. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 137 Cost., art. 23 legge  n.  87/1953,
ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza: 
        solleva   di   ufficio   la   questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 145 del decreto legislativo 7 settembre 2005
n. 209 (T. U. Codice delle  Assicurazioni),  per  contrasto  con  gli
artt. 3 Cost., 2 Cost., 32 Cost. 24 Cost., 111 Cost., 76  Cost.,  117
comma  primo   Cost.,   nonche'   con   i   principi   della   tutela
giurisdizionale effettiva e della ragionevolezza, nei sensi di cui in
motivazione; 
        solleva   di   ufficio   la   questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 145 comma primo del  decreto  legislativo  7
settembre 2005 n. 209 ( T.U. Codice delle Assicurazioni), nella parte
in  cui  impone,  a   pena   di   improponibilita'   dell'azione   di
risarcimento, che la richiesta  stragiudiziale  abbia  osservato  "le
modalita' ed i contenuti previsti all'art. 148",  per  contrasto  con
gli artt. 3 Cost., 2 Cost., 32 Cost. 24 Cost., 111 Cost.,  76  Cost.,
117  comma  primo  Cost.,  nonche'  con  i  principi   della   tutela
giurisdizionale effettiva e della ragionevolezza, nei sensi di cui in
motivazione. 
    Sospende il presente giudizio. 
    Manda alla cancelleria di provvedere alla immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    Manda alla cancelleria di notificare la presente  ordinanza  alle
parti costituite,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Roma, addi' 12 maggio 2010 
 
                     Il Giudice di pace: Artone