N. 245 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 giugno 2011

Ordinanza del 13 settembre 2011 emessa dal  Consiglio  di  Stato  sul
ricorso proposto da Fibe s.p.a. contro Presidenza del  Consiglio  dei
ministri ed altri. 
 
Ambiente - Disposizioni urgenti per  la  cessazione  dello  stato  di
  emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania - Previsione
  nelle    more    del    trasferimento    della    proprieta'    del
  Termovalorizzatore  di  Acerra   del   mantenimento   della   piena
  disponibilita' e godimento dello stesso da parte  del  Dipartimento
  della Protezione civile  e  dell'autorizzazione  della  medesima  a
  stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto  per  la  durata
  fino a quindici  anni,  subordinato  a  fideiussione  anomala,  con
  rinuncia  all'escussione  da  parte  della  societa'   proprietaria
  dell'impianto a garanzia del debito dell'affittante  nei  confronti
  del Dipartimento della Protezione civile per le  somme  erogate  al
  proprietario stesso - Violazione del diritto al  giusto  indennizzo
  in caso di espropriazione - Violazione di  obblighi  internazionali
  derivanti dalla CEDU. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, art. 7, comma 4. 
- Costituzione, artt. 42 e 117, primo comma. 
Ambiente - Disposizioni urgenti per  la  cessazione  dello  stato  di
  emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania - Previsione
  della spettanza al Dipartimento della Protezione civile della piena
  disponibilita' e godimento del Termovalorizzatore di Acerra  e  dei
  ricavi  derivanti  dalla  vendita  di  energia  elettrica  prodotta
  dall'impianto - Violazione del diritto al giusto indennizzo in caso
  di espropriazione - Violazione di obblighi internazionali derivanti
  dalla CEDU. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, art. 7, comma 5. 
- Costituzione, artt. 42 e 117, primo comma. 
Ambiente - Disposizioni urgenti per  la  cessazione  dello  stato  di
  emergenza  in  materia  di  rifiuti  nella   Regione   Campania   -
  Termovalorizzatore di Acerra - Previsione  del  canone  di  affitto
  nella  misura  di  euro  2.500.000  mensili  e  della   risoluzione
  automatica del contratto di affitto per effetto  del  trasferimento
  di proprieta' dell'impianto -  Violazione  del  diritto  al  giusto
  indennizzo in caso  di  espropriazione  -  Violazione  di  obblighi
  internazionali derivanti dalla CEDU. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, art. 7, comma 6. 
- Costituzione, artt. 42 e 117, primo comma. 
(GU n.49 del 23-11-2011 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso  in  appello  n.
1236 del 2011,  proposto  da  FIBE  s.p.a.,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ennio
Magri e Benedetto  Giovanni  Carbone,  ed  elettivamente  domiciliata
presso quest'ultimo in Roma, via  degli  Scipioni  n.  288,  come  da
mandato a margine del ricorso introduttivo; 
    Contro: 
        Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  in  persona   del
presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e  difesa
dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa  domiciliata
ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12; 
        Presidenza del Consiglio dei Ministri  -  Dipartimento  della
protezione civile, in persona del legale rappresentante pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso
la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12; 
        Sottosegretario di Stato alla Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri, ex art. 1 d.l. n. 90/2008 convertito in legge n.  123/2008,
in  persona  del  titolare  della  carica,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa  domiciliato
ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti di: 
        GSE Gestore dei servizi  elettrici  s.p.a.,  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e  difesa  dall'avv.
Carlo Malinconico, ed elettivamente domiciliata  presso  quest'ultimo
in Roma, viale Bruno Buozzi n. 109, come da mandato a  margine  della
comparsa di costituzione e risposta; 
        A2A s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Gabriele  Pafundi,  Emanuela
Romanelli e Vito Salvadori, ed elettivamente  domiciliata  presso  il
primo dei difensori in Roma, viale Giulio Cesare  n.  14/a,  come  da
mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta; 
        Partenope   Ambiente   s.p.a.,   in   persona   del    legale
rappresentante pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti
Gabriele  Pafundi,  Emanuela   Romanelli   e   Vito   Salvadori,   ed
elettivamente domiciliata presso il  primo  dei  difensori  in  Roma,
viale Giulio Cesare n. 14/a, come da mandato a margine della comparsa
di costituzione e risposta; 
    Per l'annullamento della sentenza non  definitiva  del  Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 39180 del 30
dicembre 2010; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio della  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri, della Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento Protezione Civile, del  Sottosegretario  di  Stato  alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri ex art. 1 d.l. n. 90/2008 e  di
GSE Gestore dei servizi elettrici s.p.a.; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il Cons.
Diego Sabatino e uditi per le parti  gli  avvocati  Giovanni  Carbone
Benedetto,  Ennio  Magri,  Gabrielel  Pafundi,  Carlo  Malinconico  e
l'avvocato dello Stato Luca Ventrella; 
    1. - Con ricorso iscritto  al  n.  1236  del  2011,  FIBE  s.p.a.
propone appello avverso  la  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio, sezione prima, n. 39180 del 30 dicembre  2010
con la quale e' stato deciso il ricorso proposto contro la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, la Presidenza del Consiglio dei  Ministri
-Dipartimento della protezione civile ed il Sottosegretario di  Stato
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ex art. 1 d.l. n. 90/2008
convertito in legge n. 123/2008. 
    Dinanzi al giudice di prime cure, la ricorrente  Fibe  s.p.a.  ha
esposto che la Fibe S.p.a. e la Fibe  Campania  S.p.a.  (recentemente
fusa per incorporazione nella Fibe  S.p.a.),  all'esito  di  apposite
procedure di gara, erano divenute affidatarie, in via esclusiva,  del
servizio   di   smaltimento   rifiuti   nella    Regione    Campania,
rispettivamente, per la Provincia di Napoli  e  per  le  Province  di
Avellino, Benevento, Caserta e Salerno. 
    Ha soggiunto, tra l'altro, che con d.l. n.  245/2005,  convertito
in legge n. 21/2006, e' stata disposta la  risoluzione  ex  lege  dei
contratti di affidamento, con una fase transitoria protratta sino  al
18 giugno 2008, e che l'art. 6-bis, comma 4,  legge  n.  123/2008  ha
previsto il solo obbligo per le ex affidatarie  (e  nella  specie  la
Fibe S.p.a. quale proprietaria) di completare  il  termovalorizzatore
di Acerra, con la definitiva cessazione di ogni ulteriore attivita'. 
    Ha  evidenziato  ancora  che,  in  data  13  novembre  2008,   il
Sottosegretario delegato ha  affidato  alla  Societa'  A2A  (Societa'
pubblica degli enti locali lombardi e gestore del  termovalorizzatore
di Brescia) la futura gestione del termovalorizzatore  di  proprieta'
Fibe, pervenendo alla sottoscrizione di un  contratto  in  forza  del
quale detta Societa' e' tenuta a corrispondere al Sottosegretario  la
meta' dei proventi della vendita di energia elettrica trattenendo  la
restante meta' quale corrispettivo d'impresa. 
    Ha fatto altresi' presente che il Commissariato ha stipulato  con
il Gestore dei  Servizi  Elettrici  Nazionale  un  contratto  per  la
fornitura dell'elettricita' prodotta dal termovalorizzatore di  Fibe,
per  cui,  senza  nulla   riconoscere   alla   Fibe,   sta   vendendo
l'elettricita' prodotta  dall'impianto  appropriandosi  del  relativo
ricavato. 
    La  ricorrente  ha  quindi  sottolineato  che   il   Governo   e'
intervenuto con un nuovo provvedimento legislativo d'urgenza, decreto
legge 30  dicembre  2009,  n.  195,  per  far  fronte  alla  scadenza
dell'emergenza  fissata  al  31  dicembre  2009  e  disciplinare   il
passaggio al regime ordinario della gestione rifiuti in Campania. 
    Gli artt.  6  e  7  del  decreto  riguardano  la  previsione  del
trasferimento coattivo del termovalorizzatore di  Acerra  e  la  Fibe
S.p.a., nel rilevare che non e' stato  individuato  ne'  il  soggetto
destinatario  del  trasferimento  ne'  il  termine  entro  il   quale
l'operazione deve avere luogo, ne' soprattutto la quantificazione del
corrispettivo di tale cessione, ha proposto il  ricorso  introduttivo
del giudizio di primo grado, articolato nei seguenti motivi: 
    Violazione dell'art. 1 del protocollo 1 alla Convenzione di  Roma
del  1950  (Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo); violazione degli artt. 39,  43  e  56  del  Trattato  CE;
violazione dei principi  sanciti  dal  Trattato  CE  in  materia  del
legittimo affidamento e della certezza del diritto. 
    Per quanto riguarda la tutela del diritto di proprieta', le norme
della CEDU dovrebbero essere  applicate  immediatamente  dal  giudice
interno in ragione della  particolare  forza  precettiva  di  cui  la
Convenzione del 1950 e' dotata.  La  giurisprudenza  di  legittimita'
avrebbe  riconosciuto  la  natura  sovraordinata  alle  norme   della
Convenzione sancendo l'obbligo per  il  giudice  di  disapplicare  la
norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di  immediata
precettivita' nel caso concreto. 
    Pertanto,   le   amministrazioni   resistenti   non    potrebbero
legittimamente applicare  gli  artt.  6  e  7  del  decreto-legge  n.
195/2009 in quanto contrastanti con norme inderogabili  del  trattato
CE e, in particolare, non potrebbero assumere la disponibilita' ed il
godimento del termovalorizzatore di Acerra  con  effetto  addirittura
retroattivo, incassare i ricavi derivanti dalla  vendita  di  energia
prodotta dall'impianto ed assumere la  spettanza  di  quelli  futuri,
richiedere le garanzie propedeutiche all'affitto  ovvero  trasmettere
lo schema del contratto d'affitto. 
    Le violazioni dei diritti fondamentali tutelati dal Trattato  CE,
determinate  dagli  artt.  6  e  7   del   decreto-legge,   sarebbero
molteplici, atteso, soprattutto, che  e'  previsto  il  trasferimento
coattivo del termovalorizzatore, da decretarsi entro il  31  dicembre
2011, senza individuare ne' il soggetto  a  cui  sara'  intestato  il
trasferimento, ne' il termine dell'operazione ne' la  quantificazione
del  corrispettivo  della  cessione,  prevedendo,  nelle   more   del
trasferimento,  la  immediata  sottrazione  della  disponibilita'   e
gestione dell'impianto senza alcuna forma di corrispettivo. 
    La Corte di Strasburgo avrebbe imposto che, seppure per motivi di
pubblica  utilita',  la  privazione  autoritativa  del   diritto   di
proprieta'  deve  dar  seguito  necessariamente  ad  una  riparazione
integrale del valore del bene che forma oggetto del diritto. 
    L'esistenza di una norma che priva la Societa' di un  bene  senza
la determinazione di un corrispettivo  e  senza  riconoscere  ristori
conformi alle normali regole applicabili in casi  simili  inciderebbe
negativamente sulla valutazione che il mercato effettua  del  rischio
dell'eventuale   investimento   in   tale   Societa',    determinando
un'indebita alterazione alla libera circolazione dei capitali. 
    Nelle previsioni di cui  agli  artt.  6  e  7  d.l.  n.  195/2009
sarebbero riscontrabili violazioni ai principi sanciti  dal  Trattato
CE di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. 
    La  Fibe  avrebbe  anticipato  i  costi  per   la   realizzazione
dell'impianto nella prospettiva della cessione onerosa  dello  stesso
ad un prezzo determinato, mentre il decreto toglierebbe  il  possesso
del  bene  al  legittimo  proprietario  con   un   affitto   coattivo
assimilabile  alla  requisizione  di  azienda  di  militare  memoria,
prevederebbe il futuro trasferimento del bene senza la determinazione
di  alcun  valore  del  medesimo  e  confermerebbe  la  gestione   ad
un'impresa terza senza alcun corrispettivo. 
    La ricorrente ha pertanto chiesto di sottoporre alcune  questioni
pregiudiziali alla Corte di Giustizia della Comunita' Europea  e,  in
ulteriore  subordine,  di   sollevare   questione   di   legittimita'
costituzionale avendo gli artt. 6 e 7  d.l.  n.  195/2009  natura  di
legge provvedimento. 
    La ricorrente ha anche proposto azione di risarcimento del danno. 
    Il  d.l.  n.  195/2009e'   stato   convertito   in   legge,   con
modificazioni, dalla legge n. 26/2010, sicche', con motivi  aggiunti,
la ricorrente  ha  esteso  l'impugnazione  e  le  relative  questioni
pregiudiziali  gia'  avanzate  nei  confronti  del  decreto-legge  n.
195/2009 anche alla sua versione definitiva  quale  risultante  dalla
legge di conversione. 
    Con i motivi aggiunti,  la  Fibe  ha  inteso  anche  censurare  i
provvedimenti con i quali sarebbe stata recepita, senza il necessario
adeguamento,  la  valutazione  dell'ENEA  espressamente  riferita  al
2005-2006,  in  quanto  contrastanti  con  i  principi  e  le   norme
costituzionali e comunitarie del Trattato CE a tutela del diritto  di
proprieta'. 
    Ha sostenuto che le modifiche apportate in  sede  di  conversione
aggraverebbero e pregiudicherebbero ulteriormente  la  posizione  del
proprietario e costruttore dell'impianto. In  particolare,  la  nuova
formulazione dell'art. 6 definirebbe il  valore  dell'impianto  nella
misura di € 355 milioni, valore determinato sulla base dei criteri di
uno studio ENEA 2007 ed inteso come costo di investimento  tipico  di
un  moderno  impianto  di  termovalorizzazione  riferito  al  periodo
2005-2006,  laddove  il  legislatore,  nel  determinare   il   valore
dell'impianto «alla data di entrata in vigore della  legge»,  avrebbe
dovuto quantomeno adeguare il suddetto valore all'attualita'. 
    Parimenti illegittima sarebbe la previsione secondo  cui  non  e'
prevista   alcuna   copertura   di   spesa   per    l'acquisto    del
termovalorizzatore,  rimandandosi  ad  un  successivo  ed   eventuale
trasferimento ad un soggetto  pubblico,  con  la  precisazione  della
previa individuazione, con apposito  provvedimento  normativo,  delle
risorse finanziarie necessarie. 
    In  sostanza,  la  Fibe  ha  evidenziato  che,  a   seguito   del
decreto-legge n. 195/2009, come modificato dalla legge di conversione
n. 26/2010, viene a trovarsi nella seguente situazione: 
        e' immediatamente privata della  disponibilita'  del  bene  e
degli  incassi  derivanti  dalla  cessione   dell'energia   elettrica
prodotta dall'impianto; 
        e' solo previsto un  futuro  acquisto  dell'impianto  con  la
determinazione di un valore ancorato dall'ENEA al periodo 20052006  e
non  rivalutato  alla  data  del  trasferimento  o  quantomeno  della
pubblicazione della legge e senza copertura finanziaria; 
        e' obbligata ad un affitto dell'impianto  per  quindici  anni
senza neanche poter maturare una prospettiva certa ed  effettiva  del
pagamento del canone prefissato dalla legge  e  dei  relativi  tempi,
essendo l'erogazione subordinata alla costituzione di fideiussioni  e
garanzie  ulteriori  che  rendono  impossibile  per  il   costruttore
accedere a tale ipotesi. 
    Di qui, secondo la prospettazione della ricorrente, la violazione
dei diritti inderogabili sanciti dal Trattato  CE  e  dalla  CEDU  e,
quindi, la fondatezza della richiesta di disapplicazione della  norma
e del riconoscimento del diritto  di  proprieta'  sull'impianto,  con
ogni conseguenza anche in ordine alla spettanza dei ricavi  derivanti
dalla vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto stesso. 
    La ricorrente ha inoltre reiterato  la  richiesta  di  sottoporre
questione pregiudiziale  alla  Corte  di  Giustizia  della  Comunita'
Europea ai sensi dell'art. 234 del Trattato, ovvero, in subordine, di
sollevare questione di legittimita' costituzionale per contrasto  con
gli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 97 e 113 Cost. 
    L'Avvocatura Generale dello Stato  ha  contestato  la  fondatezza
delle  censure  dedotte  evidenziando,  in   particolare,   che   non
sussisterebbe  alcuna  violazione  del  diritto  di  proprieta'  come
stabilito dall'art. 1 del protocollo 1  della  CEDU,  atteso  che  la
ratio dello spossessamento del bene al privato e' individuabile in un
interesse superiore della comunita', e che sarebbe  stato  rispettato
il  principio  di  proporzionalita'  tra   l'interesse   generale   e
l'interesse del privato proprietario. Ha posto poi in rilievo che con
O.P.C.M.   n.   3745/2009   e'   stato   previsto   l'utilizzo    del
termovalorizzatore di Acerra ai  fini  della  produzione  di  energia
elettrica e la spettanza all'amministrazione dei proventi conseguenti
alla cessione della stessa, per cui, essendo tale ordinanza  divenuta
inoppugnabile, le relative censure sarebbero inammissibili. 
    La G.S.E. Gestore  dei  Servizi  Energetici  S.p.a.  ha  eccepito
l'inammissibilita' delle censure mosse avverso  il  provvedimento  di
acquisizione  dei  ricavi  derivanti  dalla   cessione   dell'energia
elettrica prodotta dal termovalorizzatore di Acerra  corrisposti  dal
GSE alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  in  quanto  tale
attribuzione sarebbe stata disposta con  l'O.P.C.M.  n.  3745  del  5
marzo 2009, divenuta inoppugnabile; ha  inoltre  evidenziato  che  la
relativa convenzione  di  cessione  dell'energia  elettrica  prodotta
dall'impianto  e'  stata  stipulata  in   data   3   dicembre   2009,
antecedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 195/2009,
e, in ogni  caso,  ha  sostenuto  l'infondatezza  delle  censure  nel
merito. 
    Le Societa' A2A e Partenope Ambiente (interamente partecipata  da
A2A per  la  gestione  degli  impianti  di  Acerra  e  Caivano)  sono
intervenute in giudizio ad opponendum,  evidenziando  di  essere  gli
unici  reali  controinteressati  ai  quali,  peraltro,   il   ricorso
introduttivo del giudizio non e' mai stato notificato, sicche'  hanno
eccepito l'inammissibilita' del ricorso; nel merito,  hanno  comunque
concluso per il rigetto del gravame. 
    All'udienza pubblica del 24 novembre  2010,  la  causa  e'  stata
trattenuta e deciso con la sentenza  appellata,  resa  in  forma  non
definitiva. In essa, il T.A.R, riservata al definitivo ogni ulteriore
decisione in rito, ha cosi' provveduto: 
        «dichiara  inammissibile  il  ricorso  nella  parte  in   cui
l'impugnativa estesa all'atto con cui  sono  state  disciplinate  "le
modalita' per la presa in carico dell'impianto da parte del  soggetto
aggiudicatario  della  procedura  di   affidamento   esperita   dalla
struttura del  Sottosegretario  di  Stato  all'emergenza  rifiuti  in
Campania"; 
        dichiara inammissibile il  ricorso  nella  parte  in  cui  e'
contestata  la  mancata  attribuzione  alla  ricorrente  dei   ricavi
derivanti  dalla  cessione  dell'energia   elettrica   prodotta   dal
termovalorizzatore di Acerra e, per l'effetto,  dichiara  irrilevante
la questione di legittimita' costituzionale con riferimento  all'art.
7, comma 5, d.l. n. 195/2009, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 26/2010; 
        dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 7, comma 4 e  6,
d.l. n. 195/2009,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  n.
26/2010; 
        da' atto che, con  ordinanza  di  pari  data,  ha  dichiarato
rilevante e non manifestamente infondata, per  contrasto  con  l'art.
117, comma 1, Cost., in relazione all'art.  1  del  primo  Protocollo
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta'  fondamentali   (CEDU),   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 6 e 7, commi 1, 2 e 3, d.l.  n.  195/2009,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2010 ed ha  disposto
la sospensione del giudizio ordinando la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale». 
    Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante
evidenzia l'erroneita' della sentenza, sottoponendo a questa  Sezione
due questioni specifiche, che non hanno visto  soddisfazione  davanti
al T.A.R. 
    In primo luogo, si sottolinea come il primo giudice abbia  omesso
di  individuare  la  vera  lesione  denunciata  da  FIBE   s.p.a.   e
consistente nel fatto che, a fronte dell'immediata utilizzazione  del
bene da parte dell'amministrazione, il  legislatore  avesse  previsto
l'autorizzazione alla stipula di un contratto  di  affitto  da  parte
dell'amministrazione  stessa,  peraltro  a  condizioni   estremamente
onerose per l'appellante. 
    In secondo luogo, ha ritenuto erronea la sentenza nella parte  in
cui ha dichiarato l'inammissibilita' della  doglianza  relativa  alla
devoluzione dei ricavi (e per l'effetto, l'irrilevanza della relativa
questione di legittimita' della norma) per mancata impugnazione della
precedente OPGM n. 3745 del 2009, che prevedeva  la  stipula  tra  il
sottosegretario e il GSE di  apposita  convenzione  per  regolare  la
cessione di energia elettrica prodotta  dal  termovalorizzatore,  con
attribuzione  delle  risorse  conseguenti  a  favore  del  fondo   di
protezione civile. 
    Nel giudizio di appello,  si  e'  costituita  l'Avvocatura  dello
Stato  per  le  amministrazioni  evocate,  GSE  Gestore  dei  servizi
elettrici s.p.a., A2A s.p.a. e Partenope Ambiente  s.p.a.,  chiedendo
di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. 
    All'udienza del 15 marzo  2011,  l'esame  dell'istanza  cautelare
veniva rinviato al merito. 
    Alla pubblica udienza del 14 giugno 2011,  il  ricorso  e'  stato
discusso ed assunto in decisione. 
    2. - In via preliminare, la Sezione ritiene necessario delimitare
il campo di indagine a cui si riferisce  il  presente  giudizio,  che
deve essere individuato dal raffronto  tra  le  domande  proposte  in
primo grado dall'attuale appellante ed il  contenuto  volitivo  delle
decisioni del giudice di primo grado, date dalla  sentenza  n.  39180
del 30 dicembre 2010, qui gravata, e dalla contestuale  ordinanza  n.
1991 della stessa data, con  cui  e'  stata  sollevata  questione  di
legittimita'  costituzionale  in  relazione  alle  norme   di   legge
invocate, e che nel complesso rappresentano un parziale  accoglimento
delle doglianze proposte. 
    Piu' in dettaglio, l'ambito cognitivo dell'attuale giudizio viene
conformato dal  contenuto  dispositivo  della  sentenza  gravata.  La
decisione ha, infatti, accolto sostanzialmente la prospettazione  del
ricorrente, tranne nella parte in cui: 
        «dichiara  inammissibile  il  ricorso  nella  parte  in   cui
l'impugnativa e' estesa all'atto con cui sono state disciplinate  "le
modalita' per la presa in carico dell'impianto da parte del  soggetto
aggiudicatario  della  procedura  di   affidamento   esperita   dalla
struttura del  Sottosegretario  di  Stato  all'emergenza  rifiuti  in
Campania"; 
        dichiara inammissibile il  ricorso  nella  parte  in  cui  e'
contestata  la  mancata  attribuzione  alla  ricorrente  dei   ricavi
derivanti  dalla  cessione  dell'energia   elettrica   prodotta   dal
termovalorizzatore di Acerra e, per l'effetto,  dichiara  irrilevante
la questione di legittimita' costituzionale con riferimento  all'art.
7, comma 5, d.l. n. 195/2009, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 26/2010; 
        dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 7, commi 4 e  6,
d.l. n. 195/2009,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  n.
26/20102». 
    Pertanto, le questioni su cui la  Sezione  si  dovra'  soffermare
sono le seguenti: 
        a)  in  merito  alla  lesione   lamentata   derivante   dalla
circostanza che, a fronte dell'immediata utilizzazione  del  bene  da
parte    dell'amministrazione,    il    legislatore    ha    previsto
l'autorizzazione alla stipula di un contratto  di  affitto  da  parte
dell'amministrazione  stessa,  peraltro  a  condizioni   estremamente
onerose per l'appellante, va verificata la fondatezza della questione
di costituzionalita' proposta in relazione all'art. 7, commi 4  e  6,
del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.195,  convertito  con
modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26  «Disposizioni  urgenti
per la cessazione dello stato di  emergenza  in  materia  di  rifiuti
nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale  nel
territorio  della  regione  Abruzzo  ed  altre  disposizioni  urgenti
relative  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri   ed   alla
protezione civile», che il T.A.R. non ha ritenuto di accogliere. 
    Il comma 4 del citato testo recita: 
        «A  decorrere  dal  1°   gennaio   2010,   nelle   more   del
trasferimento della  proprieta',  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri - Dipartimento della protezione  civile  mantiene  la  piena
disponibilita',  utilizzazione  e  godimento  dell'impianto   ed   e'
autorizzata a stipulare  un  contratto  per  l'affitto  dell'impianto
stesso, per una durata fino a  quindici  anni.  La  stipulazione  del
contratto di affitto e'  subordinata  alla  prestazione  di  espressa
fideiussione regolata dagli articoli 1936,  e  seguenti,  del  codice
civile, da parte della societa' a capo del gruppo cui  appartiene  il
proprietario del termovalorizzatore con la quale si garantisce,  fino
al  trasferimento  della  proprieta'  dell'impianto,  il  debito  che
l'affittante ha  nei  confronti  del  Dipartimento  della  protezione
civile per le somme erogate allo stesso proprietario di cui al  comma
3. La fideiussione deve  contenere,  espressamente,  la  rinuncia  da
parte  del  fideiussore  al  beneficio  di  escussione.   In   deroga
all'articolo 1957 del codice civile non si verifica, in  alcun  caso,
decadenza del diritto del creditore». 
    Il successivo comma 6 prevede: 
        «Il canone di affitto e' stabilito in euro 2.500.000 mensili.
Il contratto di affitto si risolve automaticamente  per  effetto  del
trasferimento della proprieta' di cui al comma 1. All'onere derivante
dall'attuazione del presente comma, pari a 30 milioni di  euro  annui
per quindici anni a decorrere dall'anno 2010, si fa fronte  ai  sensi
dell'articolo 18». 
    Tale coacervo di disposizioni, secondo  la  prospettazione  della
difesa  appellante,  evidenziano  una  lesione  del  suo  diritto  di
proprieta', atteso che, di fronte all'immediata apprensione del  bene
ed  in  attesa  del   successivo   trasferimento   della   proprieta'
dell'impianto   stesso,   viene   prevista   la   possibilita'    che
l'amministrazione affitti  lo  stesso  impianto,  con  un  canone  di
locazione  pari  a  2,3   milioni   di   euro   mensile   in   favore
dell'appellante, subordinando tuttavia tale evenienza al rilascio  di
una fideiussione dal valore esorbitante. 
        b) in relazione ai profili riguardanti l'apprensione da parte
pubblica dei proventi derivanti dalla cessione di  energia  elettrica
prodotta  dal  termovalorizzatore,  con  attribuzione  delle  risorse
conseguenti a favore del fondo di protezione  civile,  dovra'  essere
valutata l'effettiva inammissibilita'  della  doglianza  per  mancata
impugnazione dell'art. 1, comma 6,  della  precedente  Ordinanza  del
Presidente del Consiglio dei  Ministri  n.  3745  del  5  marzo  2009
«Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare
l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti  nella  regione
Campania» e, successivamente considerare la rilevanza della questione
costituzionale sottoposta in relazione all'art. 7, comma 5  del  gia'
citato decreto-legge n. 195 del 2009. 
    La prima disposizione citata dispone: 
        «Per le fasi di avviamento e  di  esercizio  provvisorio  del
termovalorizzatore  di  Acerra,  il  Sottosegretario  di  Stato  alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  di  cui  all'art.  1   del
decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 14 luglio  2008,  n.  123,  ed  il  Gestore  dei  Servizi
Elettrici (GSE), sottoscrivono, entro  il  30  marzo  2009,  apposita
convenzione preliminare al fine di regolare la cessione  dell'energia
elettrica   prodotta   dal    termovalorizzatore,    e    prevedente,
specificamente,  l'attribuzione  delle   risorse   conseguenti   alla
cessione della quota di energia prodotta a favore della  contabilita'
speciale n. 5146, intestata al  Capo  della  Missione  Amministrativo
Finanziaria ex ordinanza del Presidente del  Consiglio  n.  3756/2009
per il successivo impiego  per  le  esigenze  connesse  all'emergenza
rifiuti in Campania».  Va  peraltro  rammentato  che  tale  testo  e'
l'esito  della  modifica  data  con  Ordinanza  del  Presidente   del
Consiglio dei Ministri n. 3816 del 10 ottobre 2009,  che  all'art.  7
comma 1 ha sostituito le parole «a favore  del  Fondo  di  protezione
civile» con le parole «a favore della contabilita' speciale n.  5146,
intestata  al  Capo  della  Missione  Amministrativo  Finanziaria  ex
ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3756/2009». 
    La successiva norma oggetto di censura, ossia l'art. 7,  comma  5
del decreto-legge n. 195 del 2009, come  convertito  dalla  legge  26
febbraio 2010, n. 26, dispone: 
        «Al Dipartimento della protezione civile,  oltre  alla  piena
disponibilita', utilizzazione  e  godimento  dell'impianto,  spettano
altresi' i ricavi  derivanti  dalla  vendita  dell'energia  elettrica
prodotta dall'impianto, ai fini della successiva  destinazione  sulle
contabilita' speciali di cui all' articolo 2,  comma  2.  Sono  fatti
salvi i rapporti negoziali in essere alla data di entrata  in  vigore
del presente decreto tra la Presidenza del Consiglio dei  Ministri  -
Dipartimento della protezione civile ed  il  soggetto  aggiudicatario
delle    procedure    di    affidamento    della     gestione     del
termovalorizzatore». 
    Anche in questo caso, viene rilevato come il  disposto  normativo
venga, di fatto, a determinare un'espropriazione senza indennizzo dei
flussi monetari ricavabili dall'attivita' di impresa. 
    2.1. - Inquadrata la fattispecie in scrutinio, puo'  passarsi  ad
esaminare il merito della prima questione. 
    In prime cure, il T.A.R aveva ritenuto la manifesta  infondatezza
della  questione  di  legittimita'  costituzionale  con   riferimento
all'art. 7, commi 4 e 6,  del  decreto-legge  n.  195  del  2009  «in
quanto, da un  lato,  il  mantenimento  della  piena  disponibilita',
utilizzazione e godimento dell'impianto da parte della Presidenza del
Consiglio dei Ministri -  Dipartimento  della  protezione  civile  e'
intrinsecamente connessa alla qualificazione del sito  come  area  di
interesse strategico nazionale ed  e'  strettamente  funzionale  alla
necessita' che  l'impianto  sia  utilizzato  per  fini  di  interesse
generale, dall'altro, la stipulazione del  contratto  d'affitto,  sia
pure subordinata alla prestazione di espressa  fideiussione  fino  al
trasferimento di proprieta' dell'impianto, prevede un canone  mensile
di euro 2.500.000, il quale, rapportato al valore dell'impianto  come
determinato sulla base dello studio ENEA, quand'anche tale studio non
fosse attualizzato al 2010, non appare in alcun modo inadeguato». 
    Ritiene la Sezione che la  questione  debba  essere  diversamente
risolta.  Va  evidenziato  come   il   disposto   normativo   preveda
l'acquisizione dell'immediata disponibilita' dell'impianto alla parte
pubblica, e quindi  possegga  un  contenuto  di  carattere  ablatorio
attuale, sebbene non esteso fino a comprendere  anche  la  proprieta'
dell'immobile, stante la clausola  di  riserva  contenuta  nel  primo
periodo del comma 1 del decreto-legge  n.  195  del  2009.  A  fronte
dell'immediata ablazione (il testo precisa  che  «la  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri -Dipartimento della protezione civile mantiene
la piena disponibilita', utilizzazione e  godimento  dell'impianto»),
la norma prevede la possibilita' della stipula  di  un  contratto  di
affitto, del valore di € 2.500.000 mensili, come previsto dal comma 6
dello stesso articolo, all'evidente fine  di  indennizzare  la  parte
proprietaria per la perdita dei diritti sull'immobile. 
    Tuttavia, la  detta  possibilita'  e'  costituita  giuridicamente
mediante un'autorizzazione alla stipula in  favore  del  Dipartimento
della protezione civile ed  e'  quindi  una  mera  facolta'.  D'altra
parte, essa subordinata  alla  prestazione  di  un  terzo,  ossia  la
societa' a  capo  del  gruppo  cui  appartiene  il  proprietario  del
termovalorizzatore, di una garanzia, la cui natura appare  del  tutto
perplessa. Afferma, infatti, la norma che detta  fidejussione  ha  il
fine  di  garantire,  «fino   al   trasferimento   della   proprieta'
dell'impianto, il  debito  che  l'affittante  ha  nei  confronti  del
Dipartimento della protezione civile per le somme erogate allo stesso
proprietario di  cui  al  comma  3»,  dove  tali  somme  sono  quelle
riconosciute per il trasferimento della  proprieta'  dell'immobile  e
quindi non ancora corrisposte. 
    Emerge dunque l'inesistenza di uno stretto legame,  ontologico  e
cronologico, tra apprensione del bene, o  meglio  tra  espropriazioni
delle utilitates  legate  al  detto  bene,  e  corresponsione  di  un
adeguato  indennizzo,  atteso  che   il   profilo   economico   della
liquidazione del dovuto e' affidato ad un meccanismo  giuridico  solo
eventuale, collegato alla prestazione di garanzie ad opere di terzi e
non trasparente in relazione alla tutela degli interessi economici in
conflitto. La mancanza di un automatismo tra l'immediata acquisizione
del bene e l'indeterminatezza, sia nell'effettivo  conseguimento  che
nella sua collocazione temporale, dell'indennizzo dovuto rendono  del
tutto  palese  la  presenza  di  una  violazione  delle  disposizioni
costituzionali e internazionali in tema di proprieta'. 
    Tale profilo impone di ritenere del tutto rilevante la  questione
di legittimita' costituzionale proposta dall'appellante, in relazione
ai commi 4 e 6 del citato art. 7 del decreto-legge n. 195  del  2009,
per contrasto  con  l'art.  117,  comma  1,  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 1 del primo Protocollo della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    2.2. - In merito alla seconda questione, il T.A.R ha ritenuto che
la concreta lesione subita dall'appellante  dovesse  farsi  rinvenire
nel disposto dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri
5 marzo 2009, n. 3745, dove l'art. 1, comma 6, prevede  che,  per  le
fasi di avviamento e di esercizio provvisorio del  termovalorizzatore
di Acerra, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del  Consiglio
dei Ministri di cui all'art.  1  d.l.  n.  90/2008,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 123/2008, ed  il  Gestore  dei  Servizi
Elettrici (GSE), sottoscrivono, entro  il  30  marzo  2009,  apposita
convenzione preliminare al fine di regolare la cessione  dell'energia
elettrica prodotta dal termovalorizzatore. 
    Tale norma prevede  espressamente  l'attribuzione  delle  risorse
conseguenti alla cessione della quota di energia  prodotta  a  favore
del Fondo di protezione civile  per  il  successivo  impiego  per  le
esigenze connesse all'emergenza rifiuti in Campania, ed e'  quindi  a
questa che deve farsi  risalire  la  effettiva  lesione  subita.  Non
essendovi stata alcuna impugnativa tempestiva della  detta  ordinanza
«in quanto l'OPCM e' stata pubblicata nella G.U. n. 54  del  6  marzo
2009 - data da  cui  decorre  il  termine  decadenziale  di  sessanta
giorni, all'epoca stabilito dall'art. 21 legge n.  1034/1971,  atteso
che l'art. 5, comma 6, legge n.  225/1992  prevede  la  pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale  delle  ordinanze  emanate  ai  sensi  dello
stesso articolo - mentre il ricorso e' stato notificato  nel  gennaio
2010», la questione sarebbe inammissibile. 
    Ritiene la Sezione che tale ricostruzione non sia condivisibile. 
    Il disposto dell'art. 1 comma 6 della citata  ordinanza  n.  3745
del 2009 non conteneva una  previsione  univocamente  interpretabile.
Facendo riferimento alla «attribuzione delle risorse conseguenti alla
cessione della quota di energia prodotta a favore della  contabilita'
speciale n. 5146, intestata al  Capo  della  Missione  Amministrativo
Finanziaria ex ordinanza del Presidente del  Consiglio  n.  3756/2009
per il successivo impiego  per  le  esigenze  connesse  all'emergenza
rifiuti in Campania», la disposizione ben poteva essere  intesa  come
una mera appostazione contabile e quindi una modalita' organizzativa,
di carattere preliminare, funzionale ad una futura devoluzione  degli
incassi, che avrebbe anche potuto, e  forse  dovuto,  considerare  la
posizione dell'appellante nella sua qualita' di soggetto realizzatore
del manufatto produttivo. 
    La concreta lesivita' della disposizione si attualizzava, quindi,
non al  momento  della  sua  immissione  nell'ordinamento  ma  in  un
successivo  istante,  ossia  quando,  con  l'art.  1,  comma  5   del
decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 195, veniva disposta  la  spettanza
al Dipartimento  dei  ricavi  derivanti  dalla  vendita  dell'energia
elettrica prodotta dall'impianto. La  fattispecie  ablatoria  risulta
cosi' composta da due segmenti normativi, il primo indicante una mera
modalita'   contabile   e   suscettibile    di    applicazioni    non
necessariamente incidenti sui  diritti  della  parte  appellante,  il
secondo applicativo della prima disposizione e univocamente  teso  ad
attribuire alla mano pubblica i proventi della  vendita  dell'energia
elettrica, originariamente destinati a  costituire  il  corrispettivo
del  contratto  di  project  financing  per  la   realizzazione   del
termovalorizzatore. 
    In questi termini, il danno subito  dall'appellante  deve  essere
apprezzato in relazione al citato combinato disposto  normativo,  non
potendosi ritenere che FIBE s.p.a. dovesse  impugnare  immediatamente
un provvedimento la cui lesivita' e' stata determinata da  interventi
normativi successivi inseritisi nel quadro  disciplinare  determinato
dalla norma a monte. E parimenti non appare idoneo  ad  escludere  la
detta ricostruzione anche la circostanza dell'intervenuta stipula, in
data 3 dicembre 2009, ossia antecedentemente  all'entrata  in  vigore
del decreto-legge n. 195 del  2009,  della  convenzione  di  cessione
dell'energia elettrica prodotta dall'impianto con la  G.S.E.  Gestore
dei  Servizi  Energetici  S.p.a.,  trattandosi  di  atto  di   natura
contrattuale, nei cui confronti l'appellante e' soggetto terzo. 
    Ritiene  quindi  la  Sezione  che,   superata   la   censura   di
inammissibilita'    per    tardivita',    le    questioni    inerenti
all'appropriazione dei proventi della produzione di energia elettrica
vadano   riguardati   come   fatto   di   carattere    espropriativo,
determinatosi nella sua compiutezza da  un  precedente  provvedimento
amministrativo seguito da un  atto  normativo  ad  esso  accedente  e
complementare.  Sulla  scorta   della   concretizzazione   data   dal
decreto-legge n. 195 del 2009 al meccanismo previsto  dall'OPCM,  non
vi e' dubbio che il sistema preveda  un'appropriazione  dei  proventi
della vendita di energia elettrica prodotta  dal  termovalorizzatore,
ossia un'ablazione in favore della parte pubblica  di  una  somma  di
denaro originariamente dedotta in contratto come corrispettivo dovuto
alla parte appellante in pagamento dei lavori  di  realizzazione  del
manufatto che produce il flusso energetico. 
    La  norma,  quindi,  come  correttamente  indicato  nell'atto  di
appello,  si  pone  in  contrasto  non  solo  con   le   disposizioni
comunitarie in tema di modalita'  dell'espropriazione,  ma  anche  in
contrasto con le norme costituzionali che prevedono, da un  lato,  il
ricorso  al  provvedimento  legislativo   per   l'espropriazione   e,
dall'altro, la necessita' di  un  indennizzo  a  fronte  della  detta
ablazione. 
    La disposizione de qua, come congiuntamente composta da  un  atto
amministrativo e da una norma di legge, va quindi  scissa  nelle  sue
due componenti, riservando alle stesse un trattamento differenziato e
determinato dalla tipologia di  rimedi  esperibili  in  concreto.  In
particolare, la  Sezione  ritiene  di  dover  annullare  il  disposto
dell'OPCM, trattandosi di atto emesso in violazione e  del  quale  la
parte ha rilevato  l'illegittimita',  rimettendo  invece  alla  Corte
costituzionale  la  questione  relativa  all'art.  7,  comma  5,  del
decreto-legge n. 195 del 30 dicembre  2009  n.  195,  convertito  con
modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26, anche in  questo  caso
per contrasto  con  l'art.  117,  comma  1,  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 1 del primo Protocollo della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    3.   -   In   merito   alla   rilevanza   della   questione    di
costituzionalita', osserva la  Sezione  che  il  ricorso  in  appello
proposto mira a conseguire: 
        la   declaratoria   di   illegittimita'   del   comportamento
dell'amministrazione per non aver corrisposto  alla  FIBE  s.p.a.  il
giusto indennizzo dovuto  per  lo  spossessamento  e  l'utilizzo  del
termovalorizzatore di proprieta'; 
        in via gradata, la disapplicazione dell'art. 7, commi 4, 5  e
6, per violazione  delle  norme  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta', nella  parte  in
cui sostanzialmente prevede che l'indennizzo per lo spossessamento  e
l'utilizzo  del  termovalorizzatore  debba  avvenire  attraverso   la
stipula di un contratto di locazione; 
        in via ulteriormente gradata, la sottoposizione alla Corte di
giustizia CE la questione di compatibilita' delle norme invocate  con
il trattato stesso; 
        in via di ulteriore subordine, la sottoposizione  alla  Corte
costituzionale della verifica della sussistenza dei presupposti della
legge provvedimento ed il relativo contrasto con gli artt. 3, 24, 41,
42, 43, 97 e 113 della Costituzione. 
    Le norme, peraltro, come evidenziato  dall'amministrazione  nella
nota depositata in data 18 marzo 2010 davanti  al  giudice  di  prime
cure, non hanno avuto concreta attuazione. Pertanto,  in  carenza  di
atti  amministrativi   concretamente   lesivi,   l'appello   concerne
direttamente le norme contestate per cui  va  considerato  teso  alla
richiesta di proposizione della questione pregiudiziale comunitaria o
della questione di legittimita' costituzionale. Va quindi notato come
le norme in oggetto, risolvendo una questione specifica, hanno natura
strettamente  provvedimentale,  il   che   porta   a   ritenere   che
l'impugnativa sia ammissibile.  Infatti,  la  sindacabilita'  di  una
previsione  legislativa  volta  a  disciplinare   una   concreta   ed
individuabile fattispecie e quindi con natura  di  provvedimento,  e'
sottoposta   all'ordinario   sindacato   giurisdizionale   al    fine
dell'eventuale rimessione alla Corte costituzionale  della  questione
di  legittimita',  e  cio'  al   fine   di   assicurare   la   tutela
giurisdizionale  nei  confronti  di  atti   normativi   concretamente
incidenti su posizioni soggettive  individuali  e  differenziate  che
altrimenti   verrebbe   disattesa.   Come   affermato   dalla   Corte
costituzionale (sentenza n.  62/1993),  ammessa  la  categoria  delle
leggi  provvedimento,  «il  diritto  di  difesa  concesso   ...   non
risultera' annullato, ma verra' a connotarsi secondo il regime tipico
dell'atto  legislativo  adottato,  trasferendosi  dall'ambito   della
giustizia   amministrativa   a   quello   proprio   della   giustizia
costituzionale». 
    La valutazione della compatibilita'  costituzionale  delle  norme
assume quindi valenza dirimente nella fattispecie  in  esame,  atteso
che la principale azione esercitata,  di  carattere  risarcitorio  in
senso lato, e quindi il conseguimento del  bene  della  vita  sperato
dall'appellante  FIBE  s.p.a.,   e'   direttamente   collegata   alla
permanenza o alla eventuale eliminazione dal  mondo  giuridico  delle
fattispecie normative censurate. 
    4. - In  merito  alla  non  manifesta  infondatezza,  osserva  la
Sezione come la fattispecie in esame si ricolleghi direttamente  alle
norme a tutela del diritto di proprieta' previste dalla  Costituzione
e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle liberta' fondamentali. 
    In particolare, l'art. 1 del primo protocollo  alla  Convenzione,
dedicato alla protezione della proprieta', prevede che «ogni  persona
fisica o giuridica ha diritto  al  rispetto  dei  suoi  beni»  e  che
«nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di
pubblica utilita' e nelle  condizioni  previste  dalla  legge  e  dai
principi  generali  del  diritto  internazionale»,  mentre  parimenti
l'art. 42 della Costituzione, affermando che «la  proprieta'  privata
e' riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i  modi  di
acquisto, di godimento e  i  limiti  allo  scopo  di  assicurarne  la
funzione sociale e di renderla accessibile a tutti»,  impone  che  la
stessa  «puo'  essere,  nei  casi  preveduti  dalla  legge,  e  salvo
indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale». 
    L'elaborazione giurisprudenziale ha oramai  individuato  come  il
punto centrale della vicenda espropriativa risieda nel  bilanciamento
tra valori costituzionali in conflitto, e quindi  nell'individuazione
di un rapporto  di  proporzionalita'  ed  adeguatezza  tra  il  fine,
costituito dal perseguimento dell'interesse collettivo, ed il  mezzo,
costituito dalla restrizione della proprieta' privata, in  modo  tale
che il sacrificio del  privato  non  risulti  eccessivi  in  rapporto
all'obiettivo pubblico. Per tali ragioni, la maggiore  attenzione  si
e'  soffermata  sull'applicazione  dei  criteri  da  utilizzare   per
l'individuazione del calcolo dell'indennizzo, elemento necessario  ed
ineludibile della fattispecie espropriativa. 
    Rapportando tale quadro generale con le  questioni  sottoposte  a
scrutinio, emerge come il  quadro  normativo,  sul  quale  si  chiede
l'intervento del giudice delle leggi, non si presenti in linea con  i
principi consolidati in tema di bilanciamento degli  interessi  e  di
valutazione dell'indennizzo spettante ai privati. 
    In merito alla questione di legittimita' dell'art.  7,  comma  5,
del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n. 195, convertito  con
modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n. 26, la stessa  appare  non
manifestamente  infondata   in   relazione   alla   circostanza   che
l'attribuzione   alla   Presidenza   del   Consiglio   dei   Ministri
-Dipartimento della protezione civile dei  proventi  derivanti  dalla
cessione dell'energia elettrica  prodotta  dall'impianto  avviene  in
assenza di previsione di alcun tipo di corrispettivo, nonostante  che
il detto flusso produttivo fosse stato considerato come elemento  del
corrispettivo  spettante  alla  FIBE  s.p.a.  per  la   realizzazione
dell'opera mediante il sistema del cd. project financing. 
    Si assiste quindi ad una fattispecie dal carattere  espropriativo
non controbilanciata da alcuna misura di carattere indennitario. 
    In merito alla questione di legittimita' dell'art. 7, commi  4  e
6, del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009 n.  195,  convertito
con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n.  26,  si  deve  notare
come il disposto  normativo  disponga  l'acquisizione  dell'immediata
disponibilita' dell'impianto alla parte pubblica, con un contenuto di
carattere ablatorio attuale della piena disponibilita', utilizzazione
e  godimento  dell'impianto.  A  fronte  di  questa   ablazione,   il
corrispettivo indennizzo assume una posizione solo eventuale,  atteso
che esso e' collegato alla mera  possibilita'  della  stipula  di  un
contratto  di  affitto,  del  valore  di  € 2.500.000  mensili,  come
previsto dal comma 6 dello stesso articolo, peraltro subordinata alla
prestazione di un terzo, ossia la societa'  a  capo  del  gruppo  cui
appartiene il proprietario del termovalorizzatore, di  una  garanzia,
la cui natura appare del tutto perplessa. 
    In  sostanza,  qui  il  legislatore  configura  una  fideiussione
anomala, prestata da un soggetto  in  rapporto  di  collegamento  con
l'espropriato, al fine di garantire la restituzione di un valore pari
a  meno  di  un  terzo  del  valore  del  bene  ablato,   che   pero'
contestualmente e' gia'  interamente  acquisito  alla  disponibilita'
della mano pubblica, con  la  conseguenza  che  la  pretesa  garanzia
risulta del tutto priva di causa,  atteso  che  l'amministrazione  e'
gia' ampiamente tutelata dall'apprensione dell'impianto stesso. 
    Emerge dunque l'inesistenza di uno stretto legame,  ontologico  e
cronologico, tra apprensione del bene, o  meglio  tra  espropriazioni
delle utilitates  legate  al  detto  bene,  e  corresponsione  di  un
adeguato  indennizzo,  atteso  che   il   profilo   economico   della
liquidazione del dovuto e' affidato ad un meccanismo  giuridico  solo
eventuale, collegato alla prestazione di garanzie ad opere di terzi e
non trasparente in relazione alla tutela degli interessi economici in
conflitto. La mancanza di un automatismo tra l'immediata acquisizione
del bene e l'indeterminatezza, sia nell'effettivo  conseguimento  che
nella sua collocazione temporale, dell'indennizzo dovuto rendono  del
tutto  palese  la  presenza  di  una  violazione  delle  disposizioni
costituzionali e internazionali in tema di proprieta' (in merito alla
rilevanza di fattispecie  che  prevedano  incertezze  sull'an  o  sul
tempus   dell'indennizzo,   ove   non   rilevante   in   termini   di
ragionevolezza, Corte costituzionale, 20 maggio 1999, n.  1794;  id.,
21 luglio 1995 n. 344). 
    5. - Da quanto esposto, emerge la rilevanza e  la  non  manifesta
infondatezza, per contrasto con l'art. 42 e con l'art. 117, comma  1,
della Costituzione, in relazione  all'art.  1  del  primo  Protocollo
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 7, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre
2009 n.195, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010 n.
26 «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato  di  emergenza
in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della  fase
post emergenziale nel  territorio  della  regione  Abruzzo  ed  altre
disposizioni urgenti  relative  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri ed alla protezione civile». Per l'effetto, il giudizio  deve
quindi essere sospeso, rimettendo gli atti alla Corte  costituzionale
affinche' si pronunci sulla questione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e l'art. 23 della legge 11  marzo
1953, n. 87, cosi' provvede: 
        Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,   per
contrasto  con  l'art.  42  e  con  l'art.  117,   comma   1,   della
Costituzione, in relazione all'art.  1  del  primo  Protocollo  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 7, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre
2009 n. 195, convertito con modificazioni in legge 26  febbraio  2010
n.  26  «Disposizioni  urgenti  per  la  cessazione  dello  stato  di
emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania,  per  l'avvio
della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo  ed
altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri ed alla protezione civile»; 
        Dispone la sospensione  del  giudizio  e  ordina  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        Ordina  che,  a  cura  della  Segreteria  della  Sezione,  la
presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed   al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri   nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma, nella camera di  consiglio  del  giorno  14
giugno 2011. 
 
                        Il Presidente: Trotta 
 
 
                                                L'estensore: Sabatino