N. 286 ORDINANZA 17 - 28 ottobre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Responsabilita' amministrativa e contabile  -  Danno  all'immagine  -
  Esercizio dell'azione di risarcimento da parte della Procura  della
  Corte dei conti in esito a sentenze penali irrevocabili di condanna
  nei confronti di dipendenti di amministrazioni o di  enti  pubblici
  ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,  limitatamente
  a specifici delitti contro la pubblica amministrazione  -  Ritenuta
  irragionevolezza della scelta legislativa di esclusione dell'azione
  risarcitoria anche in ipotesi non delittuose ma  caratterizzate  da
  rilevante  disvalore  sociale   idoneo   ad   arrecare   discredito
  all'amministrazione pubblica - Esclusione - Manifesta  infondatezza
  della questione. 
- D.l. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge  3  agosto  2009,  n.  102),  art.  17,  comma  30-ter,  come
  modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  d.l.  3
  agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla  legge  3
  ottobre 2009, n. 141. 
- Costituzione, art. 3. 
Responsabilita' amministrativa e contabile  -  Danno  all'immagine  -
  Esercizio dell'azione di risarcimento da parte della Procura  della
  Corte dei conti in esito a sentenze penali irrevocabili di condanna
  nei confronti di dipendenti di amministrazioni o di  enti  pubblici
  ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,  limitatamente
  a specifici delitti contro la pubblica amministrazione  -  Asserita
  violazione del diritto  fondamentale  all'immagine  della  pubblica
  amministrazione  -  Esclusione  -  Manifesta   infondatezza   della
  questione. 
- D.l. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge  3  agosto  2009,  n.  102),  art.  17,  comma  30-ter,  come
  modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  d.l.  3
  agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla  legge  3
  ottobre 2009, n. 141. 
- Costituzione art. 2. 
Responsabilita' amministrativa e contabile  -  Danno  all'immagine  -
  Esercizio dell'azione di risarcimento da parte della Procura  della
  Corte dei conti in esito a sentenze penali irrevocabili di condanna
  nei confronti di dipendenti di amministrazioni o di  enti  pubblici
  ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,  limitatamente
  a specifici delitti contro la pubblica amministrazione  -  Asserita
  ingiustificata    limitazione    della    tutela    giurisdizionale
  dell'amministrazione - Esclusione -  Manifesta  infondatezza  della
  questione. 
- D.l. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge  3  agosto  2009,  n.  102),  art.  17,  comma  30-ter,  come
  modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  d.l.  3
  agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla  legge  3
  ottobre 2009, n. 141. 
- Costituzione art. 24. 
Responsabilita' amministrativa e contabile  -  Danno  all'immagine  -
  Esercizio dell'azione di risarcimento da parte della Procura  della
  Corte dei conti in esito a sentenze penali irrevocabili di condanna
  nei confronti di dipendenti di amministrazioni o di  enti  pubblici
  ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,  limitatamente
  a specifici delitti contro la pubblica amministrazione -  Lamentata
  violazione dei principi di imparzialita' e di buon andamento  della
  pubblica amministrazione  -  Esclusione  -  Manifesta  infondatezza
  della questione. 
- D.l. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge  3  agosto  2009,  n.  102),  art.  17,  comma  30-ter,  come
  modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  d.l.  3
  agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla  legge  3
  ottobre 2009, n. 141. 
- Costituzione art. 97. 
(GU n.46 del 2-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Sabino   CASSESE,   Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo  17,  comma
30-ter, del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,  n.  102,  come  modificato
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  decreto-legge  3
agosto  2009,  n.  103  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge
3 ottobre 2009, n. 141,  promosso  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale per la Regione Toscana, nel procedimento vertente tra
il Procuratore regionale presso la  sezione  giurisdizionale  per  la
Toscana e M.F. con ordinanza del 30 luglio 2010, iscritta  al  n.  83
del registro ordinanze 2011 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta. 
    Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione Toscana, ha sollevato, in relazione agli articoli 2, 3, 24  e
97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1º luglio 2009,  n.  78
(Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga  di  termini),  convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  decreto-legge  3
agosto  2009,  n.  103  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge
3 ottobre 2009, n. 141; 
        che  la  Procura  contabile  aveva  evocato  in  giudizio  un
dipendente di un istituto  scolastico  affinche'  lo  stesso  venisse
condannato, per avere visionato durante le ore  di  lezione  un  sito
porno insieme  agli  studenti,  al  pagamento  della  somma  di  euro
20.000,00  a  titolo  di  danno  all'immagine  subito  dal  Ministero
dell'istruzione; 
        che il  procedimento  penale  per  il  reato  di  pornografia
minorile (art. 600-ter del codice penale) - sottolinea il  giudice  a
quo - e' stato archiviato; 
        che la norma impugnata prevede che le Procure regionali della
Corte dei conti possono esercitare l'azione per il  risarcimento  del
danno all'immagine nei soli casi  e  modi  previsti  dall'articolo  7
della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti  del  giudicato  penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche); 
        che il richiamato art. 7 della legge n. 97 del  2001,  a  sua
volta, allo scopo  di  delimitare  l'ambito  applicativo  dell'azione
risarcitoria, fa riferimento alle sentenze irrevocabili  di  condanna
pronunciate nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o di enti
pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione  pubblica  per  i
delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal  capo  I  del
titolo II del libro II del codice penale; 
        che con riguardo al giudizio di rilevanza, il giudice  a  quo
deduce come il censurato comma 30-ter dell'art. 17 - nella  parte  in
cui sancisce la nullita' degli atti istruttori e processuali salvo il
caso in cui sia stata gia' pronunciata sentenza anche non  definitiva
alla data di entrata in  vigore  della  legge  di  conversione  -  si
applicherebbe a tutti i procedimenti pendenti, con la conseguenza che
sarebbe  necessario  declinare  la  giurisdizione  e  dichiarare   la
nullita' degli atti compiuti; 
        che per quanto attiene alla  non  manifesta  infondatezza  si
assume, in primo luogo,  la  violazione  dell'art.  3  Cost.  per  la
irragionevolezza della scelta legislativa che non  configurerebbe  la
responsabilita' anche nelle ipotesi in  cui  il  dipendente  pubblico
tenga un comportamento caratterizzato da rilevante disvalore  sociale
idoneo  ad  arrecare,  come  nel  caso  di  specie,   un   discredito
all'amministrazione pubblica; 
        che, in secondo luogo, verrebbe violato  l'art  2  Cost.,  in
quanto la norma impugnata, limitando il  risarcimento  del  danno  ai
soli casi in cui la condotta incriminata integri gli  estremi  di  un
delitto contro la pubblica amministrazione, creerebbe  un  vulnus  al
diritto fondamentale all'immagine dell'amministrazione; 
        che, in terzo  luogo,  la  norma  censurata  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 24 Cost., atteso  che  essa  determinerebbe  una
ingiustificata    limitazione    della     tutela     giurisdizionale
dell'amministrazione; 
        che, infine, verrebbe violato l'art. 97 Cost. per la  lesione
recata   sia   al   principio   del   buon   andamento    dell'azione
amministrativa, in ragione della perdita  di  fiducia  dei  cittadini
nelle  istituzioni,  sia  al  principio  di  imparzialita'  «per  gli
evidenti effetti distorsivi  che  cio'  comporta  sull'organizzazione
della pubblica amministrazione sotto il duplice profilo della ridotta
potenzialita' operativa  dell'efficienza  nella  cura  dell'interesse
pubblico». 
    Considerato che la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per
la  Regione  Toscana,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 17, comma 30-ter, del  decreto-legge  1°
luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga  di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3  agosto  2009,
n. 102, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c),  numero
1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103  (Disposizioni  correttive
del  decreto-legge  anticrisi  n.  78  del  2009),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 3  ottobre  2009,  n.  141,  per  asserita
violazione degli artt. 2, 3, 24 e 97 della Costituzione; 
        che la questione e' manifestamente infondata; 
        che la norma censurata prevede che le Procure regionali della
Corte dei conti esercitino l'azione per  il  risarcimento  del  danno
all'immagine nei soli casi e modi previsti dall'art. 7 della legge 27
marzo 2001, n. 97 (Norme  sul  rapporto  tra  procedimento  penale  e
procedimento  disciplinare  ed  effetti  del  giudicato  penale   nei
confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche); 
        che il  richiamato  art.  7,  a  sua  volta,  ai  fini  della
delimitazione dell'ambito applicativo  dell'azione  risarcitoria,  fa
riferimento alle sentenze irrevocabili di condanna  pronunciate,  nei
confronti dei dipendenti di amministrazioni o di enti pubblici ovvero
di enti a prevalente partecipazione pubblica, per i delitti contro la
pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del  libro
II del codice penale; 
        che, con una prima censura, il giudice a quo ritiene che tale
disciplina  sia  in  contrasto   con   l'art.   3   Cost.,   per   la
irragionevolezza   della   scelta   legislativa   di   escludere   la
responsabilita' anche nelle ipotesi in  cui  il  dipendente  pubblico
tenga un comportamento caratterizzato da rilevante disvalore  sociale
idoneo ad arrecare un discredito all'amministrazione pubblica; 
        che questa Corte, con la sentenza  n.  355  del  2010  e  con
l'ordinanza n. 221 del 2011, ha affermato, in relazione  all'asserita
irragionevolezza della disposizione censurata, che la scelta  di  non
estendere l'azione risarcitoria anche in  presenza  di  condotte  non
costituenti reato, ovvero costituenti  un  reato  diverso  da  quelli
espressamente previsti, puo' essere  considerata  non  manifestamente
irragionevole; 
        che il legislatore ha ritenuto, infatti, nell'esercizio della
propria discrezionalita',  «che  soltanto  in  presenza  di  condotte
illecite,  che  integrino  gli  estremi  di  specifiche   fattispecie
delittuose, volte a tutelare, tra l'altro, proprio il buon andamento,
l'imparzialita' e lo  stesso  prestigio  dell'amministrazione,  possa
essere proposta  l'azione  di  risarcimento  del  danno  per  lesione
dell'immagine dell'ente pubblico»; 
        che  «la  circostanza  che  il   legislatore   abbia   inteso
individuare esclusivamente quei reati  che  contemplano  la  pubblica
amministrazione  quale  soggetto  passivo  concorre  a  rendere   non
manifestamente irragionevole la scelta legislativa in esame»; 
        che  con  una  ulteriore  censura  il  rimettente  assume  la
violazione dell'art. 2 Cost., in quanto la norma impugnata, limitando
il risarcimento del danno ai soli casi in cui la condotta incriminata
integri gli estremi di un delitto contro la pubblica amministrazione,
creerebbe   un   vulnus   al   diritto   fondamentale    all'immagine
dell'amministrazione; 
        che anche in relazione a tale censura questa  Corte,  con  le
citate  decisioni,  nell'escludere  l'illegittimita'   costituzionale
della previsione in esame, ha messo  in  rilievo  alcuni  profili  di
peculiarita' della disciplina censurata rispetto  a  quella  generale
prevista  per  la  tutela  del  diritto  all'immagine  delle  persone
fisiche; 
        che,  in  particolare,  questa  Corte  ha  affermato  che  la
responsabilita' amministrativa presenta una  peculiare  connotazione,
in  relazione  alle   altre   forme   di   responsabilita'   previste
dall'ordinamento,   derivante   dalla   combinazione   di    elementi
restitutori e di deterrenza; 
        che,  infatti,  il  legislatore  ha  «delimitato,  sul  piano
oggettivo, gli ambiti di rilevanza del giudizio  di  responsabilita',
ammettendo la risarcibilita'  del  danno  per  lesione  dell'immagine
dell'amministrazione soltanto in presenza di un fatto che integri gli
estremi di una particolare categoria di delitti» (ancora, sentenza n.
355 del 2010); 
        che «la scelta di non estendere l'azione  risarcitoria  anche
in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti  un
reato  diverso  da  quelli  espressamente  previsti»,   puo'   essere
considerata, come gia' rilevato, non manifestamente irragionevole; 
        che, sempre con le citate pronunce, si e'  messo  in  rilievo
come la presenza di un ente collettivo, quale e',  nella  specie,  la
pubblica  amministrazione,  impedisca  di  ritenere  che  la   tutela
costituzionale dei diritti delle persone giuridiche o piu' ampiamente
dei soggetti collettivi debba essere necessariamente la  medesima  di
quella assicurata alle persone fisiche; 
        che,  in  definitiva,  la   valutazione   contestuale   della
peculiarita' della responsabilita' amministrativa e della natura  del
soggetto tutelato  non  comporta  alcun  vulnus  al  principio  posto
dall'art. 2 Cost.; 
        che la Corte remittente assume, altresi', il contrasto  della
norma censurata con l'art. 24 della  Costituzione,  atteso  che  tale
norma determinerebbe  una  ingiustificata  limitazione  della  tutela
giurisdizionale dell'amministrazione; 
        che anche tale doglianza e' destituita di fondamento; 
        che, infatti, la giurisprudenza  costituzionale  e'  costante
nel ritenere che la garanzia  apprestata  dall'art.  24  Cost.  operi
«attribuendo  la  tutela  processuale  delle  situazioni   giuridiche
soggettive nei termini  in  cui  queste  risultano  riconosciute  dal
legislatore; di modo che quella garanzia trova confini nel  contenuto
del diritto al quale serve, e si modella sui concreti lineamenti  che
il diritto riceve dall'ordinamento» (ex multis, sentenze n. 453 e  n.
327 del 1998); 
        che, pertanto, come gia' sottolineato da questa Corte con  la
piu' volte citata sentenza n. 355 del 2010, qualora si reputi che  la
configurazione  ricevuta,  nel  caso  in   esame,   dalla   specifica
situazione giuridica qui in rilievo, sia esente dai prospettati  vizi
di costituzionalita', deve escludersi ogni  vulnus  alle  conseguenti
modalita' di tutela processuale; 
        che, infine, si  assume  la  violazione  dell'art.  97  della
Costituzione  per  la  lesione  recata  sia  al  principio  del  buon
andamento dell'azione amministrativa, in  ragione  della  perdita  di
fiducia  dei  cittadini  nelle  istituzioni,  sia  al  principio   di
imparzialita', «per gli evidenti effetti distorsivi che cio' comporta
sull'organizzazione della pubblica amministrazione sotto  il  duplice
profilo della ridotta potenzialita' operativa  dell'efficienza  nella
cura dell'interesse pubblico»; 
        che  anche  tale  ultima  censura  non   e'   meritevole   di
accoglimento; 
        che questa Corte  ha  affermato  come  sussista  una  stretta
correlazione tra le regole di efficacia, efficienza ed  imparzialita'
che  conformano,   all'"interno",   le   modalita'   di   svolgimento
dell'attivita' amministrativa e la proiezione "esterna" di  esse  che
impone il riconoscimento, in capo all'amministrazione, della  tutela,
anche risarcitoria, del diritto all'immagine (citata sentenza n.  355
del 2010); 
        che  «il  legislatore,  nell'esercizio   non   manifestamente
irragionevole della sua discrezionalita', ha ritenuto che tale tutela
sia  adeguatamente  assicurata   mediante   il   riconoscimento   del
risarcimento del danno soltanto in presenza di condotte che integrino
gli estremi di fatti di reato che tendono  proprio  a  tutelare,  tra
l'altro,   il   buon   andamento   e   l'imparzialita'    dell'azione
amministrativa»; 
        che, in altri termini, «il legislatore ha inteso  riconoscere
la tutela risarcitoria nei casi in cui il dipendente  pubblico  ponga
in essere condotte che, incidendo negativamente sulle stesse  regole,
di  rilevanza   costituzionale,   di   funzionamento   dell'attivita'
amministrativa, sono suscettibili di recare  un  vulnus  all'immagine
dell'amministrazione,   intesa,   come   gia'   sottolineato,   quale
percezione esterna che i  consociati  hanno  del  modello  di  azione
pubblica sopra descritto». 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,  comma  30-ter,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  3
agosto 2009, n.  102,  come  modificato  dall'articolo  1,  comma  1,
lettera c), numero  1,  del  decreto-legge  3  agosto  2009,  n.  103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre  2009,  n.  141,
sollevata,  in  riferimento  agli  articoli  2,  3,  24  e  97  della
Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione Toscana, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 2011. 
 
                 Il Presidente e redattore: Quaranta 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 28 ottobre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti