N. 255 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 2011

Ordinanza dell'11 maggio 2011  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  delle  Marche  sul  ricorso  proposto  da  P.M.T.   contro
Ministero dell'interno e U.T.G. di Pesaro e  Urbino  Sportello  Unico
per l'Immigrazione.. 
 
Straniero  -  Procedura  di  emersione  per  la  regolarizzazione   -
  Esclusione per i lavoratori extracomunitari condannati,  anche  con
  sentenza non definitiva, per uno dei reati per i  quali,  ai  sensi
  degli artt. 380 e 381 c.p.p., e' previsto l'arresto obbligatorio  o
  facoltativo in flagranza di reato  -  Violazione  dei  principi  di
  ragionevolezza e proporzionalita' e del  principio  di  uguaglianza
  per l'automatismo della sanzione. 
- Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, art. 1-ter, comma 13, inserito
  dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.51 del 7-12-2011 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 344 del 2011, proposto da: 
        P.M.T., rappresentato e difeso  dall'avv.  Michele  Mariella,
con domicilio eletto presso l'avv. Andrea Speciale,  in  Ancona,  via
Calatafimi, 1; 
    Contro Ministero dell'interno,  U.T.G.  -  Prefettura  di  Pesaro
Urbino Sportello Unico per  l'Immigrazione,  rappresentati  e  difesi
dall'Avvocatura  Distrettuale  dello  Stato,  domiciliati  per  legge
presso la sede della stessa, in Ancona, piazza Cavour, 29; 
    Per l'annullamento, previa sospensione: 
        del provvedimento  (Proc.  n.  102508/2009)  emesso  in  data
20/1/2011 dallo Sportello Unico per l'Immigrazione di Pesaro e Urbino
con il quale e' stato disposto l'annullamento dell'accoglimento della
dichiarazione d'emersione del lavoro irregolare prodotta dal sig.  D.
N. e il rigetto della medesima, in  forza  della  legge  n.  102/2009
(c.d. sanatoria colf e badanti), con comunicazione del 20/01/2011, 
        nonche'  avverso  e   per   l'annullamento   di   ogni   atto
presupposto, consequenziale e/o comunque connesso a quello  impugnato
se  e  in  quanto  lesivo  degli  interessi  del  ricorrente,  ed  in
particolare il provvedimento presupposto della Questura di  Pesaro  e
Urbino (nota PAS/Imm/II Sez. s.b. del 12/01/2011). 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'interno e di U.T.G. -  Prefettura  di  Pesaro  Urbino  Sportello
Unico per l'Immigrazione; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 7  aprile  2011  il
dott. Tommaso Capitanio  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. Il sig. T.P.M., cittadino senegalese, impugna il provvedimento
con il quale la competente Prefettura di Pesaro e Urbino -  Sportello
Unico per l'Immigrazione, recependo  il  pedissequo  parere  negativo
della locale Questura,  gli  ha  negato  la  c.d.  emersione  di  cui
all'art. 1-ter del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito nella legge
3 agosto 2009, n. 102 (richiesta dal datore di lavoro sig. N. D.  con
istanza del 29/9/2009). Il diniego si fonda sulla circostanza che  il
ricorrente ha subito una condanna definitiva  per  il  reato  di  cui
all'art. 171-ter, comma 1, lett. c.), della legge 22 aprile 1941,  n.
633, con pena condonata  in  applicazione  dell'indulto.  Tale  reato
rientra fra quelli che il comma 13 dell'art. 1-ter considera ostativi
alla c.d. regolarizzazione, ed in particolare esso, in ragione  della
pena edittale prevista dalla norma incriminatrice, e' ricompreso  fra
quelli di cui all'art. 381 c.p.p. 
    2. L'atto prefettizio e' censurato per i seguenti motivi: 
        incostituzionalita' del predetto art. 1-ter, comma 13,  della
legge n. 102/2009, nella  parte  in  cui  riconnette  automaticamente
l'impossibilita' di accedere alla c.d. sanatoria alla condanna, anche
con sentenza non definitiva, per i reati di cui agli artt. 380 e  381
c.p.p., senza imporre all'amministrazione di valutare in concreto  la
pericolosita' sociale del beneficiario dell'emersione. Cio'  si  pone
in contrasto con i principi di uguaglianza e di proporzionalita',  in
quanto i suddetti articoli del  codice  di  rito  penale  comprendono
anche  reati  che,  pur  passibili  in  astratto  di  pene   edittali
significative, non creano in realta' allarme sociale. Inoltre,  anche
una sola condanna, a volte risalente nel tempo, preclude l'accesso al
beneficio previsto dall'art. 1-ter della legge n.  102/2009,  il  che
appare ugualmente confliggere con il principio di proporzionalita'; 
        violazione artt. 179 c.p. e 445 c.p.p., in quanto, alla  data
di presentazione della domanda di sanatoria, era trascorso il periodo
minimo (tre anni) per il conseguimento della  riabilitazione,  mentre
alla data del 1° febbraio 2011 era trascorso anche il quinquennio  di
cui all'art. 445 c.p.p. 
    3. Il secondo motivo e' infondato, in quanto: 
        la riabilitazione non consegue automaticamente al decorso del
termine  triennale,  dovendo   essere   concessa   con   un   formale
provvedimento  del  giudice  e  a  seguito  dell'accertamento   della
sussistenza di tutti i presupposti di legge; 
        poiche' le  condizioni  per  l'accesso  alla  c.d.  sanatoria
debbono sussistere con riferimento alla data di  presentazione  della
domanda (domanda che, nella specie, andava  presentata  entro  il  30
settembre 2009), e' del tutto irrilevante che,  in  data  addirittura
successiva a quella di adozione del  provvedimento  impugnato,  fosse
decorso anche il termine di cui all'art. 445 c.p.p. 
    4. Poiche', come detto, il reato per il quale  il  ricorrente  e'
stato  condannato  in  sede  penale  rientra  fra   quelli   ostativi
all'emersione, il ricorso andrebbe quindi respinto. 
    Peraltro, il Tribunale dubita della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1-ter, comma 13, della legge n. 102/2009,  nella  parte  in
cui riconnette automaticamente l'impossibilita' di accedere alla c.d.
sanatoria alla condanna, anche con sentenza  non  definitiva,  per  i
reati  di  cui  agli  artt.  380  e   381   c.p.p.,   senza   imporre
all'amministrazione di valutare in concreto la pericolosita'  sociale
del beneficiario dell'emersione. 
    5. A questo riguardo, il Tribunale (anche per ragioni di economia
processuale) ritiene di far proprie le argomentazioni rassegnate  dal
TAR Friuli Venezia Giulia nell'ordinanza 24 febbraio  2011,  n.  100,
con cui e' stata gia' sollevata la medesima questione di legittimita'
costituzionale della norma in questione.  Il  Tribunale  giuliano  ha
cosi' motivato la richiesta di  pronuncia  della  Consulta:  «.....il
Collegio ritiene  di  sollevare,  per  le  ragioni  che  verranno  in
prosieguo evidenziate, questione di legittimita' costituzionale della
norma applicabile alla fattispecie (e cioe' l'art. 1-ter,  comma  13,
del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, convertito - con  modificazioni  -  in
legge 3 agosto 2009 n. 102). 
    3.2. La rilevanza della questione deriva dalla  circostanza  che,
vigente la norma nella sua attuale formulazione, il ricorso  dovrebbe
essere rigettato. 
    3.3. Quanto alla non manifesta  infondatezza  si  osserva  quanto
segue. 
    L'art. 1-ter, comma 13, per quanto qui rileva, dispone  che  «Non
possono essere ammessi  alla  procedura  di  emersione  prevista  dal
presente articolo i lavoratori extracomunitari: 
        a) ... 
        b) ... 
        c)  che  risultino  condannati,  anche   con   sentenza   non
definitiva,  compresa  quella  pronunciata   anche   a   seguito   di
applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo  444  del
codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli
380 e 381 del medesimo codice.». 
    Il reato per il  quale  il  ricorrente  e'  stato  condannato  vi
rientra. 
    Tuttavia pare al Collegio che la  disposizione  che  inibisce  la
regolarizzazione  dello  straniero,  in  presenta   di   qualsivoglia
tipologia di condanna che rientri negli artt. 380 e 381 c.p.p., senza
che sia consentito all'Amministrazione di valutarne la rilevanza,  in
termini  di  pericolosita'  sociale,  contrasti  col   principio   di
ragionevolezza, proporzionalita' e di parita' trattamento. 
    Quanto al primo aspetto, si ritiene non risponda ai  principi  di
ragionevolezza e proporzionalita' che la medesima, grave, conseguenza
della  non  ammissione  alla  procedura  di  emersione  (che,  merita
sottolinearlo, vale a rendere regolari soggetti che  gia'  vivono  da
tempo  e  lavorano  nel  territorio  dello  stato  in  condizioni  di
precarieta') colpisca, allo stesso  modo,  gli  stranieri  che  hanno
compiuto reati di rilevante gravita', e che generano allarme sociale,
e coloro che - al pari del ricorrente - siano  incorsi  in  una  sola
azione disdicevole, di  scarsissimo  rilievo  penale,  dovuta  ad  un
oggettivo  stato  di  bisogno  e  di  disperazione,  e  che   abbiano
successivamente seguito un  percorso  di  riabilitazione,  o,  avendo
compreso il disvalore  del  proprio  operato,  abbiano  in  prosieguo
tenuto una condotta di vita esente da mende. 
    Ugualmente, pare violare il fondamentale principio di parita'  di
trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione, riservare,  con  un
automatismo   che   in   piu'    occasioni    e'    stato    ritenuto
costituzionalmente  non  corretto  (sia  pure   con   riferimento   a
fattispecie  diverse  da  quella  all'esame),  la  medesima  sorte  a
soggetti che si sono bensi' resi colpevoli  di  azioni  di  rilevanza
penale, ma profondamente diverse per gravita' e intensita' del dolo. 
    Pur essendo pacifico, come la Corte costituzionale ha piu'  volte
ribadito, che la disciplina  della  permanenza  degli  stranieri  sul
territorio  dello  Stato  e'  affidata  alla   discrezionalita'   del
legislatore, cui spetta il bilanciamento dei vari interessi in gioco,
e' altresi' vero che tale discrezionalita' incontra il  limite  della
ragionevolezza e proporzionalita', come riconosciuto  dalla  medesima
Corte in numerose pronunce (sentenze n. 104 del 1969, n. 144 del 1970
e n. 62 del 1994). 
    Il Collegio  e'  ben  consapevole  che  la  Corte  ha  dichiarato
inammissibili o respinto questioni analoghe a quelle  qui  sollevate,
ad  esempio  con  riferimento  all'automatismo  che  caratterizza  il
diniego  di  rinnovo  di  permesso  di  soggiorno  in   presenta   di
determinati reati (stupefacenti); ma non puo' esimersi dall'osservare
che in altre situazioni (si veda, ad esempio, la  decisione  n.  180/
08) ha ritenuto di  dichiarare  la  non  fondatezza  delle  questioni
sollevate sol perche', medio tempore, la  giurisprudenza  (in  alcuni
casi) aveva fornito un'interpretazione piu' «morbida» della norma, e,
in altri, lo stesso legislatore (in applicazione di norme o  principi
comunitari) ne aveva mitigato il rigore con  nuove  disposizioni,  ad
esempio prevedendo che, per i soggetti entrati  con  ricongiungimento
familiare e/o per i soggiornanti di lungo periodo,  l'Amministrazione
non potesse respingere l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno
per la sola preesistenza di una condanna, ma dovesse  valutare  altri
ed ulteriori elementi. A contrario,  si  puo'  quindi  ritenere  che,
tendenzialmente,  il  sistema  rifiuti  ogni  automatismo,  idoneo  a
generare  ingiustizie  e  disparita',  perche'  contrastante  con   i
richiamati principi di parita' di trattamento e di adeguatezza. 
    In  definitiva,  il  Collegio  ...  ritiene   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1-ter, comma 13, della legge 3.8.09 n. 102, nella parte  in
cui  dispone  che  non  possono  essere  ammessi  alla  procedura  di
emersione tutti  coloro  che  hanno  subito  qualsiasi  condanna  che
rientri negli artt. 380  e  381  c.p.p.,  senza  che  sia  consentito
all'Amministrazione  che  istruisce  il  procedimento   valutare   la
gravita' del reato, l'allarme sociale che lo stesso ha procurato,  la
condotta successiva tenuta dal soggetto; in una  parola,  la  attuale
pericolosita' di colui per il quale e' chiesta  la  regolarizzazione,
per violazione dei principi di ragionevolezza  e  proporzionalita'  e
per violazione del principio di  parita'  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione...». 
    6. In punto di fatto va solo aggiunto che l'odierno ricorrente e'
stato condannato - nel 2006 - per  avere  venduto  supporti  audio  e
video duplicati abusivamente (art. 171-ter, comma 1, lett. c),  della
legge n. 633/1941 e s.m.i.), ossia per un  reato  che  ordinariamente
non e' suscettibile di creare particolare allarme  sociale.  Per  cui
non e' da escludere a priori che, laddove la  legge  consentisse  una
valutazione caso per caso della concreta  pericolosita'  sociale,  la
competente  Prefettura  avrebbe  potuto  pervenire  ad  una   diversa
conclusione del procedimento, previo accertamento  dell'insussistenza
di altre cause preclusive alla c.d. emersione. 
    7. Per  le  ragioni  dianzi  esposte,  il  Tribunale  solleva  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter,  comma  13,
della  legge   n.   102/2009,   nella   parte   in   cui   riconnette
automaticamente l'impossibilita' di accedere alla c.d. sanatoria alla
sussistenza di condanne, anche non definitive, per  i  reati  di  cui
agli artt. 380 e 381 c.p.p., senza prevedere  una  valutazione  della
concreta pericolosita' sociale del lavoratore extracomunitario di cui
e' chiesta la regolarizzazione. 
    Il presente giudizio va quindi sospeso nelle more della decisione
della Corte costituzionale. 
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
P. Q.M. 
    A norma dell'art. 23 della legge 11 marzo  1953  n.  87,  solleva
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter,  comma  13,
della legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui dispone che non
possono essere ammessi alla procedura di emersione tutti  coloro  che
hanno subito qualsiasi condanna che rientri negli artt. 380 e 381 per
violazione dei principi di ragionevolezza e  proporzionalita'  e  del
principio di parita' di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    Sospende il giudizio  in  corso  e  dispone  che,  a  cura  della
Segreteria,  gli  atti  dello  stesso  siano  trasmessi  alla   Corte
costituzionale per la risoluzione della prospettata questione  e  che
la presente ordinanza sia comunicata alle parti,  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri ed ai Presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Ancona nella camera di  consiglio  del  giorno  7
aprile 2011. 
 
                      Il Presidente: Passanisi 
 
 
                                               L'estensore: Capitanio