N. 310 SENTENZA 21 - 23 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Amministrazione pubblica - Norme della Regione Calabria  -  Collegato
  alla manovra di finanza regionale per l'anno  2011  -  Ricorso  del
  Governo - Eccepita inammissibilita' per inesistenza della  notifica
  effettuata ai sensi dell'art. 55 della  legge  n.  69  del  2009  -
  Reiezione. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010,  n.  34,  artt.  11,
  comma 1, 14, 15, 16, commi 1 e 5, 18, 29, 46, 49 e 50. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 51, 97,  117,  commi  primo,  secondo  e
  terzo, e 122, primo comma; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 22. 
Amministrazione pubblica  -  Norme  della  Regione  Calabria  -  Beni
  culturali - Costituzione di  una  societa'  in  house,  a  capitale
  interamente  pubblico,  con  partecipazione   maggioritaria   della
  Regione, allo scopo  di  valorizzare  e  provvedere  alla  gestione
  unitaria ed  integrata  del  patrimonio  archeologico  calabrese  -
  Trasporto aereo - Attribuzione ai servizi aeroportuali svolti dalle
  societa' partecipate dalla Regione della "missione di  servizio  di
  interesse economico generale con imposizione di servizio  pubblico,
  a vantaggio della collettivita' regionale" - Ricorso del Governo  -
  Sopravvenuta modifica delle disposizioni impugnate,  medio  tempore
  rimaste  inattuate,  in  senso  satisfattivo  della   pretesa   del
  ricorrente - Rinuncia al ricorso non accettata dalla controparte  -
  Carenza, in presenza di detti elementi, di ulteriore  interesse  al
  ricorso - Cessazione della materia del contendere. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010,  n.  34,  artt.  11,
  comma 1, e 49. 
- Costituzione, artt. 117, commi primo, secondo, lett. e), g) ed  s),
  e terzo; d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 112 e  115;  Trattato
  sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), art. 106, comma 2. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Calabria - Azienda forestale regionale (A.Fo.R.) -  Soppressione  e
  messa in liquidazione, con  trasferimento  del  relativo  personale
  amministrativo   alla   Regione   -   Inquadramento,   nelle   more
  dell'attuazione, dei  dipendenti  Afor  nel  ruolo  organico  della
  Regione, con precedenza per coloro che si trovano gia' in  servizio
  presso gli uffici regionali, con lo stato  giuridico  ed  economico
  dei dipendenti regionali - Violazione del  principio  del  pubblico
  concorso quale regola generale  per  l'accesso  all'impiego  presso
  pubbliche amministrazioni - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre  2010,  n.  34,  art.  14,
  comma 1. 
- Costituzione, art. 97, terzo comma. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Calabria - Incarichi  di  funzione  dirigenziale  conferiti,  entro
  precisi  limiti  percentuali  e  di  tempo,  a  soggetti   estranei
  all'Amministrazione  -  Conferma,  per   eccezionali   ragioni   di
  continuita' nell'azione amministrativa, degli  incarichi  conferiti
  in data anteriore al 17 novembre 2010  -  Contrasto  con  i  limiti
  stabiliti dalla normativa statale  -  Violazione  della  competenza
  legislativa esclusiva statale in materia di  ordinamento  civile  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, art. 15. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. l); d.lgs. 27  ottobre
  2009, n. 150, art. 40, comma 1, lett. f), che ha inserito il  comma
  6-ter nell'art. 19 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Calabria - Stabilizzazione dei lavoratori socialmente  utili  e  di
  pubblica utilita' - Fissazione al  31  dicembre  2011  del  termine
  finale per l'attuazione del piano di stabilizzazione del  personale
  appartenente  alla  categoria  dei  lavoratori  socialmente  utili,
  nonche' fissazione al 31 dicembre 2013 del termine per l'attuazione
  dei piani  di  stabilizzazione  occupazionali  dei  lavoratori  dei
  bacini  -  Mancata   osservanza   dei   vincoli   e   limiti   alle
  stabilizzazioni previsti dalla disciplina  nazionale  -  Violazione
  della competenza legislativa statale nella materia concorrente  del
  coordinamento   della    finanza    pubblica    -    Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre  2010,  n.  34,  art.  16,
  commi 1 e 5. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.l.  1  luglio  2009,  n.  78
  (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102),
  art. 17, comma 10. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Calabria - Copertura dei posti di  qualifica  dirigenziale  vacanti
  nei  ruoli  della  Regione  -  Corso-concorso  riservato  ai   soli
  dipendenti  regionali  in  possesso  dei  requisiti  previsti   per
  l'accesso alla qualifica dirigenziale - Violazione del principio di
  eguaglianza e del principio del pubblico concorso -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, art. 18. 
- Costituzione, artt. 3 e 97, terzo comma. 
Energia - Norme della Regione Calabria - Energia elettrica  da  fonti
  rinnovabili - Misure agevolative a favore di  enti  pubblici,  enti
  locali e consorzi di sviluppo industriale  che  intendano  proporre
  iniziative energetiche rinnovabili -  Contrasto  con  la  normativa
  nazionale di principio che prevede  il  regime  di  libero  mercato
  concorrenziale - Violazione dei vincoli derivanti  dall'ordinamento
  comunitario,  della  liberta'  di  iniziativa  economica  e   della
  potesta' legislativa statale nella materia concorrente dell'energia
  - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, art. 29,  che
  aggiunge l'art. 4-bis alla legge della Regione Calabria 29 dicembre
  2008, n. 42. 
- Costituzione, artt. 41 e 117, primo e terzo comma; d.lgs. 16  marzo
  1999, n. 79; d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387. 
Regione in genere - Enti locali -  Norme  della  Regione  Calabria  -
  Compatibilita' delle cariche di Presidente e Assessore della Giunta
  provinciale e di Sindaco ed Assessore comunale  con  la  carica  di
  Consigliere  regionale  -  Contrasto  con  il  principio   generale
  stabilito dalla disciplina statale  del  divieto  di  cumulo  degli
  incarichi - Violazione del principio  di  eguaglianza  nell'accesso
  alle cariche elettive - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, art. 46,  che
  inserisce il comma 6-ter nell'art.  1  della  legge  della  Regione
  Calabria 7 febbraio 2005, n. 1. 
- Costituzione, artt. 51 e 122, primo comma [art. 117, comma secondo,
  lett. p)]; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 65; legge  2  luglio
  2004, n. 165, art. 3. 
Caccia  -  Norme  della  Regione  Calabria  -  Calendario   venatorio
  regionale - Modifica  alle  specie  cacciabili  ed  ai  periodi  di
  attivita'   venatoria   -   Ricorso   del   Governo   -    Eccepita
  inammissibilita' per  l'avvenuta  cessazione  degli  effetti  della
  norma  e  per  la  mancata  dimostrazione   della   sua   effettiva
  applicazione - Reiezione. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, art. 50. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s); legge 11  febbraio
  1992, n. 157, art. 18, commi 2 e 4. 
Caccia  -  Norme  della  Regione  Calabria  -  Calendario   venatorio
  regionale - Modifica  alle  specie  cacciabili  ed  ai  periodi  di
  attivita' venatoria - Mancata acquisizione  del  parere  preventivo
  dell'Istituto superiore per la protezione e la  ricerca  ambientale
  (ISPRA) - Contrasto con la normativa nazionale -  Violazione  della
  competenza esclusiva statale in materia di tutela  dell'ambiente  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, art. 50. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s); legge 11  febbraio
  1992, n. 157, art. 18, commi 2 e 4. 
(GU n.50 del 30-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 11,  comma
1, 14, 15, 16, commi 1 e 5, 18, 29, 46, 49 e  50  della  legge  della
Regione Calabria 29 dicembre  2010,  n.  34  (Provvedimento  generale
recante norme di tipo ordinamentale e procedurale  -  Collegato  alla
manovra di finanza regionale per l'anno 2011. Articolo  3,  comma  4,
della legge regionale n. 8 del 2002),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso spedito  per  la  notifica  il  1°
marzo 2011, depositato in cancelleria il 7 marzo 2011 ed iscritto  al
n. 16 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  18  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    uditi gli avvocati dello Stato  Chiarina  Aiello,  Maria  Letizia
Guida e Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei  ministri  e
l'avvocato Giuseppe Naimo per la Regione Calabria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso spedito per la  notifica  il  1°  marzo  2011  e
depositato il successivo 7 marzo, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale  degli
articoli 11, comma 1, 14, 15, 16, commi 1 e 5, 18, 29, 46,  49  e  50
della  legge  della  Regione  Calabria  29  dicembre  2010,   n.   34
(Provvedimento  generale  recante  norme  di  tipo  ordinamentale   e
procedurale - Collegato alla manovra di finanza regionale per  l'anno
2011. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8 del  2002),  in
riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 41,  51,  97,  117,  primo,
secondo e terzo comma, e 122, primo comma, della Costituzione. 
    1.1. - L'art. 11, comma 1, della legge impugnata stabilisce:  «La
Giunta regionale e' autorizzata a promuovere e perfezionare, mediante
la stipula di tutti gli atti che si rendono  necessari  all'uopo,  la
costituzione  di  una  societa'  in  house,  a  capitale  interamente
pubblico, con partecipazione maggioritaria  della  Regione  Calabria,
allo scopo di valorizzare e  provvedere  alla  gestione  unitaria  ed
integrata del patrimonio archeologico calabrese». 
    La norma in questione, secondo il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettere
g) e s), Cost., in quanto inserirebbe «nell'organizzazione, che  deve
essere esclusivamente  statale,  finalizzata  alla  tutela  dei  beni
culturali,  un  elemento  del  tutto  estraneo  quale  una   societa'
regionale a capitale interamente pubblico». 
    In proposito, il  ricorrente  precisa  che  la  tutela  dei  beni
culturali consiste nella disciplina e nell'esercizio  delle  funzioni
connesse  all'individuazione  dei  beni  costituenti  il   patrimonio
culturale, alla loro protezione ed alla loro conservazione  per  fini
di  pubblica  fruizione.  Siffatte  funzioni   sarebbero   attribuite
dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  in  via  esclusiva,
alla competenza statale, e sarebbero esercitate dal Ministero  per  i
beni e le attivita' culturali  in  tutte  le  sue  articolazioni.  In
particolare, in sede  regionale,  le  soprintendenze  costituirebbero
l'organo competente a curare la gestione, i restauri, la manutenzione
e la fruizione dei beni culturali. 
    Pertanto  la  previsione  impugnata,  consentendo   alla   Giunta
regionale di costituire una societa'  competente  a  provvedere  alla
gestione unitaria e integrata del patrimonio archeologico  calabrese,
si porrebbe in  contrasto  con  la  tutela  unitaria  del  patrimonio
culturale, attribuita in via esclusiva al legislatore nazionale. 
    L'art. 11, comma 1, della legge reg.  Calabria  n.  34  del  2010
violerebbe, inoltre, l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  in  relazione
agli artt. 112 e 115 del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    L'art. 117, terzo comma, Cost. e' richiamato nella parte  in  cui
prevede, fra le materie di  competenza  legislativa  concorrente,  la
«valorizzazione dei beni culturali». A loro volta, i citati artt. 112
e 115 dispongono che lo Stato e gli altri enti pubblici  territoriali
assicurino la  valorizzazione  dei  beni  culturali  e  che  siffatte
attivita' siano gestite in forma diretta, per mezzo  delle  strutture
organizzative interne  alle  amministrazioni,  o  indiretta,  tramite
concessioni a terzi. 
    Il ricorrente osserva che, in virtu' delle norme  statali  appena
richiamate, la valorizzazione, quando non e' effettuata  direttamente
dallo Stato, «e' collegata» ad accordi  o  intese  stipulati  tra  lo
Stato e gli altri enti pubblici. Di conseguenza,  secondo  la  difesa
statale, la norma impugnata - anche nella denegata ipotesi in cui sia
ritenuta come finalizzata alla  sola  valorizzazione  del  patrimonio
archeologico calabrese - si pone in contrasto con l'art.  117,  terzo
comma, Cost., poiche' prevede, senza alcuna forma di cooperazione con
lo Stato, la costituzione di una  societa'  in  house,  della  quale,
peraltro, non sono precisati i compiti. 
    1.2. - L'art. 14  della  legge  reg.  Calabria  n.  34  del  2010
dispone: «1. In riferimento a quanto previsto dall'articolo 4,  comma
7, della legge regionale n. 9 del 2007 disciplinante il trasferimento
alla  Regione  dei  dipendenti  addetti  ai  servizi   amministrativi
dell'AFOR, nelle more dell'attuazione  complessiva  della  norma,  la
Giunta regionale e' autorizzata  a  coprire  i  posti  vacanti  della
dotazione organica, disponendo, in sede di  programmazione  triennale
dei   fabbisogni,    prioritariamente    e    progressivamente,    il
trasferimento, nel proprio ruolo organico, dei dipendenti AFOR,  gia'
in servizio presso gli uffici regionali alla  data  di  pubblicazione
della presente legge, dando  precedenza  al  personale  che  possiede
maggiore anzianita' di servizio  presso  gli  uffici  regionali,  nel
rispetto della disciplina in materia contenuta nell'articolo  30  del
decreto legislativo n. 165 del 2001. 2.  Il  personale  in  servizio,
alla data del 31.12.2010, presso il Centro Radio Regionale  dell'AFOR
e' assegnato  funzionalmente  al  servizio  della  Protezione  Civile
continuando a svolgere compiti e  mansioni  di  propria  e  specifica
pertinenza». 
    Per illustrare le  ragioni  dell'impugnazione  il  ricorrente  si
sofferma  sull'evoluzione   normativa   in   materia   di   personale
dell'Azienda forestale regionale (AFOR), sottolineando che  l'art.  4
della  legge  della  Regione  Calabria   11   maggio   2007,   n.   9
(Provvedimento  generale  recante  norme  di  tipo  ordinamentale   e
finanziario - Collegato alla manovra di finanza regionale per  l'anno
2007, art. 3, comma 4, della  legge  regionale  n.  8  del  2002)  ha
disposto la soppressione e la  messa  in  liquidazione  della  citata
Azienda. 
    Il  comma  7  del  medesimo  art.  4  ha,  inoltre,  previsto  il
trasferimento del relativo personale alla Regione e  alla  Provincia,
nel rispetto del regime contrattuale di appartenenza. 
    La   norma   oggetto   dell'odierna   impugnazione   dispone   il
trasferimento  dei  dipendenti   AFOR   alla   Regione   nelle   more
dell'attuazione della legge reg. Calabria n. 9 del 2007, prevedendone
l'inquadramento nel ruolo organico della Regione, con precedenza  per
coloro che si trovano gia' in servizio presso  gli  uffici  regionali
alla data di pubblicazione della legge impugnata. 
    Secondo il ricorrente, il censurato art. 14 si pone in  contrasto
con i principi di buon andamento e di  imparzialita'  della  pubblica
amministrazione  di  cui  all'art.  97  Cost.,  poiche'  prevede   il
trasferimento  nel  ruolo  organico  della   Regione   Calabria   dei
dipendenti  AFOR  gia'  in  servizio  presso   la   Regione   stessa,
attribuendo loro lo  stato  giuridico  ed  economico  dei  dipendenti
regionali, con la conseguenza di non tenere conto del  principio  del
mantenimento del regime contrattuale  di  appartenenza,  come  invece
stabilito dalla legge reg. Calabria n. 9 del 2007. 
    La difesa statale richiama, al riguardo, la giurisprudenza  della
Corte costituzionale, la quale  ha  ripetutamente  affermato  che  la
facolta' del legislatore  di  introdurre  deroghe  al  principio  del
concorso pubblico deve essere circoscritta ai soli  casi  in  cui  le
stesse    deroghe    siano    funzionali    al     buon     andamento
dell'amministrazione,   e   sempre   che   ricorrano   peculiari    e
straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle. 
    Nel caso in esame, il ricorrente sostiene  che  il  trasferimento
alla Regione Calabria del personale appartenente  all'AFOR,  se  puo'
risultare giustificato dall'esigenza straordinaria di inquadrare  nel
ruolo regionale il personale di un'azienda soppressa per  legge,  non
puo' comportare l'indiscriminata attribuzione a tale personale  dello
stato   giuridico   ed   economico    dei    dipendenti    regionali.
L'inquadramento  piuttosto,  per  essere  legittimo,  avrebbe  dovuto
rispettare il regime contrattuale  di  provenienza,  come  del  resto
previsto dalla legge reg. Calabria n. 9 del 2007. 
    Sulla base di tali  rilievi,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ritiene che la norma impugnata si ponga in contrasto con  il
principio  di  imparzialita',  risolvendosi  in   un   ingiustificato
privilegio a favore degli ex dipendenti AFOR, rispetto a  coloro  che
sono stati assunti nei ruoli regionali a seguito di regolare concorso
pubblico.    In    tal    modo,    infatti,    sarebbero     inseriti
nell'amministrazione regionale, con pienezza di diritti  economici  e
di carriera, dipendenti che non hanno sostenuto le prove di selezione
necessarie per accedere a tale amministrazione. 
    A parere del ricorrente, il legislatore regionale della  Calabria
avrebbe dovuto costituire un "ruolo a parte o ad esaurimento" in  cui
collocare i dipendenti in  questione  fino  al  compimento  del  loro
periodo di servizio, da  determinare  a  tutti  gli  effetti  secondo
l'originario stato giuridico ed economico dei dipendenti  AFOR.  Cio'
sarebbe confermato da quanto previsto negli artt. 4,  comma  7,  e  6
della legge reg. Calabria n. 9 del 2007; in particolare, l'art. 6  fa
riferimento alla possibilita' di concedere, ai dipendenti degli  enti
posti in liquidazione, incentivi per l'esodo anticipato dall'impiego. 
    Al   contrario,   l'automatica   "regionalizzazione"   degli   ex
dipendenti AFOR farebbe venir meno il loro interesse a  fruire  degli
incentivi all'esodo, e svuoterebbe di significato la norma di cui  al
citato art. 6, finalizzata a  ridurre  gli  oneri  complessivi  delle
spese per il personale di ruolo della Regione. 
    1.3. - Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna  anche
l'art. 46 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, il quale dispone:
«Dopo il comma 6-bis dell'articolo 1 della legge regionale 7 febbraio
2005, n. 1 e' aggiunto il seguente comma 6-ter: "Anche  in  deroga  a
quanto previsto dall'articolo 4, legge 154 del 1981  e  dall'articolo
65 d.lgs. n. 267 del 2000 le cariche di Presidente e Assessore  della
Giunta provinciale e di Sindaco e Assessore dei comuni  compresi  nel
territorio  della  Regione  sono  compatibili  con   la   carica   di
Consigliere  regionale.   Il   Consigliere   regionale   che   svolge
contestualmente anche l'incarico  di  Presidente  o  Assessore  della
Giunta Provinciale, di Sindaco o Assessore  Comunale  deve  optare  e
percepire solo una indennita' di carica"». 
    Il ricorrente sostiene che la norma in esame - nella parte in cui
prevede che  le  cariche  di  Presidente  e  assessore  della  Giunta
provinciale, e  di  Sindaco  e  assessore  dei  Comuni  compresi  nel
territorio regionale sono compatibili con la  carica  di  consigliere
regionale - si ponga in contrasto con gli  artt.  122,  primo  comma,
117, secondo comma, lettera p), e 51 Cost. 
    Quanto all'asserita violazione dell'art. 122, primo comma, Cost.,
la difesa statale sottolinea come l'art. 65,  comma  1,  del  decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali) stabilisca che «Il  presidente  e
gli assessori provinciali, nonche' il sindaco  e  gli  assessori  dei
comuni compresi nel territorio della Regione, sono incompatibili  con
la carica di consigliere regionale». 
    La  norma  impugnata,  eliminando  in   radice   dall'ordinamento
regionale qualsiasi  incompatibilita'  della  carica  di  consigliere
regionale con quelle di Presidente e assessore  provinciale,  nonche'
di Sindaco e assessore comunale, violerebbe il principio fondamentale
posto dall'art. 65, comma 1,  del  d.lgs.  n.  267  del  2000  e,  di
conseguenza, l'art. 122, primo comma, Cost. 
    In particolare, sarebbe violato  il  principio  fondamentale  del
divieto di  cumulo  di  funzioni  pubbliche,  a  cui  possono  essere
apportate deroghe soltanto in casi eccezionali. Siffatto  divieto  di
cumulo sarebbe volto  a  garantire  che  l'esercizio  delle  funzioni
pubbliche avvenga in modo imparziale e sia  immune  da  conflitti  di
interesse. Nel caso di specie, l'incompatibilita'  costituirebbe  una
garanzia anche dell'autonomia dei Comuni e  delle  Province  rispetto
all'ente regionale. 
    Inoltre, l'art. 46 della legge reg.  Calabria  n.  34  del  2010,
poiche' «in fatto» disciplinerebbe le cause di ineleggibilita'  e  di
incompatibilita' dei  Presidenti  della  Provincia,  degli  assessori
provinciali, dei Sindaci e degli assessori comunali, si  porrebbe  in
contrasto anche con l'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., che
prevede la potesta'  legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di
organi di governo di Comuni, Province e Citta' metropolitane. 
    Il ricorrente ritiene che competa al legislatore statale dettare,
in modo uniforme su tutto  il  territorio  nazionale,  le  regole  in
materia di ineleggibilita' e di incompatibilita' degli amministratori
di  Province  e  Comuni.  Tale  disciplina,  infatti,  sarebbe  parte
integrante di quella concernente gli organi  di  governo  di  Comuni,
Province e Citta' metropolitane, che, in quanto tale, non puo' essere
differenziata a seconda della Regione in  cui  si  trovano  gli  enti
locali interessati. 
    Sarebbe, infine, violato l'art. 51 Cost., che garantisce a  tutti
i cittadini il diritto di concorrere alle funzioni pubbliche elettive
in condizioni di eguaglianza nei limiti  stabiliti  dalla  legge.  In
particolare, la norma  impugnata  consentirebbe  di  concorrere  alla
carica di  consigliere  regionale  a  soggetti  che,  a  causa  della
titolarita' delle funzioni pubbliche sopra indicate,  non  potrebbero
candidarsi alla stessa carica in altre Regioni. 
    1.4. - L'art. 15  della  legge  reg.  Calabria  n.  34  del  2010
dispone:  «Per  eccezionali  ragioni   di   continuita'   nell'azione
amministrativa restano validi gli incarichi  dirigenziali  conferiti,
per la copertura dei posti vacanti, in data anteriore al 17  novembre
2010, ai sensi dell'articolo 10, commi 4, 4-bis e 4-ter, della  legge
regionale 7 agosto 2002, n.  31,  nonche'  i  consequenziali  effetti
giuridici». 
    La predetta norma e'  impugnata  in  quanto  inciderebbe  su  una
materia diversamente disciplinata  dalla  normativa  statale  di  cui
all'art. 40, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 27  ottobre
2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in  materia
di ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro  pubblico  e  di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni),  il  quale
ha  inserito  i  commi  6-bis  e  6-ter  nell'art.  19  del   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche).  In
proposito, il ricorrente rileva la violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in quanto la  norma  censurata  inciderebbe
sulla  materia  dell'ordinamento  civile,  di  esclusiva   competenza
statale. 
    La   difesa   statale,   prima   di   illustrare    le    ragioni
dell'impugnazione, evidenzia come gli incarichi dirigenziali previsti
dall'art. 10 della legge della Regione Calabria 7 agosto 2002, n.  31
(Misure organizzative di razionalizzazione e  di  contenimento  della
spesa per il personale) siano quelli che  possono  essere  conferiti,
entro limiti percentuali e di tempo  stabiliti  dalla  norma  stessa,
anche a soggetti estranei all'amministrazione. 
    La norma  impugnata,  confermando  la  validita'  e  gli  effetti
giuridici degli incarichi conferiti in  virtu'  del  citato  art.  10
della legge reg. Calabria n. 31 del 2002, interferirebbe  con  l'art.
40, comma 1, lettera f), del d.lgs. n.  150  del  2009,  il  quale  -
attraverso l'introduzione del comma 6-ter nell'art. 19 del d.lgs.  n.
165 del 2001 - ha reso applicabile alle Regioni i  commi  6  e  6-bis
dello stesso art. 19. I commi da ultimo citati dettano, infatti,  una
disciplina  analitica  in  materia  di  costituzione   del   rapporto
contrattuale con dirigenti di provenienza esterna all'amministrazione
interessata,  stabilendo  sia  i  limiti  percentuali  entro  cui  e'
consentita l'assunzione dei soggetti di cui sopra, sia la durata  del
rapporto di lavoro. 
    Il ricorrente sottolinea come l'ambito materiale sul quale incide
l'art. 40 del d.lgs.  n.  150  del  2009,  estendendo  la  disciplina
richiamata alle Regioni, sia quello dell'ordinamento  civile  di  cui
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  (sono  citate  al
riguardo le sentenze della Corte costituzionale n. 324 e n.  325  del
2010). Da quanto appena detto,  secondo  la  difesa  statale,  deriva
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  15  della   legge   reg.
Calabria n. 34 del 2010, il quale,  per  le  ragioni  sopra  esposte,
incide sulla  disciplina  del  contratto  dei  dirigenti  esterni  e,
segnatamente, sui profili connessi all'instaurazione ed  alla  durata
del rapporto. 
    1.5. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, inoltre,
i commi 1 e 5 dell'art. 16 della legge reg. Calabria n. 34 del  2010,
i quali rispettivamente  stabiliscono:  «1.  Il  termine  finale  per
l'attuazione del Piano di stabilizzazione  previsto  dall'articolo  8
della legge regionale 30 gennaio  2001,  n.  4,  come  modificato  da
ultimo dalla legge regionale 12 giugno 2009, n. 19, e' fissato al  31
dicembre 2011»  e  «5.  Il  comma  1  dell'articolo  10  della  legge
regionale n. 20 del 2003 e' sostituito dal seguente: "Le disposizioni
di cui alla presente legge cessano comunque di  avere  vigore  il  31
dicembre 2013, data entro la quale dovranno essere attuati i piani di
stabilizzazione  occupazionali  dei  lavoratori  dei  bacini  di  cui
all'articolo 2"». 
    Secondo il ricorrente, i censurati  commi  1  e  5  dell'art.  16
violano l'art. 117, terzo comma, Cost., ponendosi in contrasto con  i
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, posti dall'art. 17, comma 10, del decreto-legge  1°  luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'  proroga  di  termini),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 3 agosto 2009, n. 102. 
    Il citato art. 17, comma 10,  pone  una  serie  di  vincoli  alla
possibilita'  di  stabilizzare  personale  gia'   assunto   a   tempo
determinato da parte delle Regioni. Peraltro, il rispetto dei  limiti
in questione sarebbe necessario per garantire  che  le  assunzioni  a
tempo indeterminato intervengano solo nella misura  consentita  dalle
disponibilita' finanziarie esistenti. 
    Di conseguenza, l'art. 16, commi 1 e 5, della legge reg. Calabria
n. 34 del 2010, prevedendo un termine ultimo per  la  stabilizzazione
di determinate categorie di lavoratori, senza tenere conto dei limiti
posti dalle norme statali, si porrebbe in contrasto con il  principio
fondamentale del coordinamento della finanza pubblica di cui all'art.
17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009, il  quale  non  consente  «una
generica  salvaguardia  di  tutte   le   stabilizzazioni,   ancorche'
programmate e autorizzate». 
    1.6. - e' impugnato, ancora, l'art. 18 della legge reg.  Calabria
n. 34 del 2010, il quale cosi' dispone: «Per la copertura  dei  posti
di qualifica dirigenziale vacanti nei ruoli  della  Regione  Calabria
(Consiglio regionale e Giunta) si procede  tramite  corso-concorso  a
cui possono  partecipare  i  dipendenti  regionali  in  possesso  dei
requisiti previsti per l'accesso alla qualifica dirigenziale». 
    La norma regionale violerebbe i principi di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost. e del pubblico concorso di cui  all'art.  97  Cost.,
attesa la  previsione  di  un  corso-concorso,  tale  da  restringere
arbitrariamente la categoria dei soggetti legittimati  a  partecipare
alla selezione. In particolare, il principio di  eguaglianza  sarebbe
violato  poiche',  a  parita'  di  requisiti,  sono   esclusi   dalla
partecipazione alla procedura concorsuale coloro che non  siano  gia'
dipendenti  dell'amministrazione;  il  principio   dell'accesso   per
pubblico concorso, d'altro canto, non consentirebbe deroghe  che  non
siano giustificate da ragioni eccezionali di interesse pubblico. 
    1.7. - Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna  anche
l'art. 49 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, secondo  cui  «1.
La Regione Calabria attribuisce ai servizi aeroportuali, connessi  al
trasporto aereo di passeggeri e merci, svolti  dalle  societa'  dalla
stessa partecipate (Societa' aeroporto di S. Anna Spa,  Sacal  Spa  e
Sogas Spa) la missione di servizio di interesse economico generale ai
sensi dell'articolo 106, comma 2 del TFUE (Trattato sul funzionamento
dell'Unione  Europea)  con  imposizione  di  servizio   pubblico,   a
vantaggio della collettivita' regionale. 2. Al fine di assicurare gli
obblighi di servizio pubblico di cui al comma 1, la Giunta  regionale
approva, sentita la Commissione Assembleare competente, lo schema  di
convenzione da stipulare tra la Regione e le rispettive  Societa'  di
gestione,  che  deve  rispettare  le  condizioni  previste   per   la
compensazione degli oneri di servizio pubblico». 
    Secondo la difesa  statale  la  norma  impugnata,  prevedendo  la
possibilita' di derogare in parte alle regole della  concorrenza,  si
porrebbe in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., che  impone
il rispetto dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e
dagli obblighi internazionali,  e  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., che  riserva  in  modo  esclusivo  allo  Stato  la
materia della tutela della concorrenza. 
    1.8. - E' inoltre impugnato - per violazione degli artt. 3, 41  e
117, primo e terzo comma, Cost. - l'art. 29 della legge reg. Calabria
n. 34 del 2010, il quale introduce l'art.  4-bis  nella  legge  della
Regione Calabria 29 dicembre  2008,  n.  42  (Misure  in  materia  di
energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili). 
    Il detto art. 4-bis dispone una serie di privilegi per  gli  enti
pubblici, gli enti locali ed i consorzi di sviluppo  industriale  che
intendano proporre iniziative in materia di produzione delle  energie
rinnovabili. E' riconosciuta,  in  particolare,  quando  il  soggetto
proponente sia uno degli enti indicati,  priorita'  di  indizione  ai
procedimenti unici, con  esonero  dalla  concorrenza  dei  limiti  di
potenza autorizzati di cui alla stessa legge reg. Calabria n. 42  del
2008,  e  sono  consentite  deroghe  ai  procedimenti   di   verifica
preliminare di cui all'art. 6 dell'allegato  SUB1  della  legge  reg.
Calabria n. 42 del 2008. 
    Secondo il ricorrente, la norma  impugnata  non  e'  conforme  al
quadro normativo nazionale di principio (sono  richiamati  i  decreti
legislativi 16 marzo 1999, n. 79 «Attuazione della direttiva 96/92/CE
recante norme comuni per il mercato interno dell'energia  elettrica»,
e 29 dicembre 2003, n. 387  «Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE
relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti
energetiche  rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita'»),
secondo cui la produzione di energia,  anche  da  fonti  rinnovabili,
avviene in regime di libero mercato concorrenziale, incompatibile con
riserve, monopoli e privilegi pubblici. Inoltre, il censurato art. 29
si tradurrebbe in  un'irragionevole  distorsione  del  mercato  della
produzione di energia da fonti rinnovabili,  ponendosi  in  contrasto
con l'art. 41 Cost. (liberta' di iniziativa economica),  nonche'  con
l'art. 3 Cost. (principio di uguaglianza) e con l'art. 117,  primo  e
terzo comma, Cost. 
    1.9. - Da  ultimo,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
impugna l'art. 50 della legge reg.  Calabria  n.  34  del  2010,  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    L'art. 50, rubricato «Stagione  venatoria,  giornate  di  caccia,
legge regionale  n.  9  del  1996»,  fissa  il  calendario  venatorio
regionale e reca una disciplina delle specie cacciabili e dei periodi
di attivita' venatoria, che  si  porrebbe  in  contrasto  con  quanto
stabilito dall'art. 18 della legge 11 febbraio 1992,  n.  157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio). 
    Quest'ultima disposizione, al comma 2, stabilisce che  i  periodi
di  attivita'  venatoria,  previsti  dal  comma  1,  possono   essere
modificati  per  determinate  specie  in  relazione  alle  situazioni
ambientali delle diverse  realta'  territoriali,  e  che  le  Regioni
possono  autorizzare  le  modifiche   previo   parere   dell'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA); il comma
4  dispone  che  le  Regioni  pubblichino  il  calendario   venatorio
regionale acquisendo il parere dell'ISPRA. 
    La normativa impugnata non rispetterebbe, inoltre, la «Guida  per
la stesura dei calendari venatori ai sensi della  legge  n.  157  del
1992», redatta dall'ISPRA alla luce delle modifiche introdotte  nella
legge n. 157 del 1992, in  attuazione  della  direttiva  30  novembre
2009,  n.  2009/147/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e   del
Consiglio concernente la conservazione degli uccelli  selvatici).  Il
procedimento di  carattere  amministrativo,  sopra  richiamato,  deve
essere concluso entro il 15 giugno  di  ogni  anno,  ai  sensi  della
normativa statale. 
    Il  ricorrente  -  dopo  aver  sottolineato  che,  in  base  alla
giurisprudenza della Corte  costituzionale,  tale  materia  non  puo'
essere disciplinata con legge  regionale  -  deduce  l'illegittimita'
costituzionale  della  norma  impugnata,  in  quanto  invasiva  della
competenza esclusiva dello Stato in materia di  tutela  dell'ambiente
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    2. - Con atto depositato il 30 marzo 2011, la Regione Calabria si
e' costituita in giudizio  chiedendo  che  le  questioni  prospettate
siano dichiarate inammissibili e comunque infondate. 
    2.1.  -  In  via  preliminare,  la  difesa  regionale   eccepisce
l'inesistenza della notifica del ricorso, operata ai sensi  dell'art.
55 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia
di processo civile). Al riguardo, la resistente ricorda come la norma
citata  consenta  all'Avvocatura   dello   Stato   di   eseguire   la
notificazione di atti  civili,  amministrativi  e  stragiudiziali  ai
sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (Facolta'  di  notificazioni
di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per  gli  avvocati  e
procuratori legali)  e  come  quest'ultima  normativa  legittimi  gli
avvocati   ad   eseguire   direttamente   la   notificazione,   senza
l'intermediazione dell'agente notificatore, anche mediante l'utilizzo
del servizio postale. 
    La Regione Calabria ritiene, tuttavia, che l'art. 55 della  legge
n. 69 del 2009, avendo «carattere derogatorio  e  quindi  di  stretta
interpretazione», non sia applicabile ai giudizi davanti  alla  Corte
costituzionale, per le stesse ragioni  che  escludono  i  giudizi  di
costituzionalita' dall'ambito di applicazione della  normativa  sulla
sospensione  feriale  dei  termini.  In  particolare,  la  resistente
sottolinea  come  la  formulazione  letterale  del  citato  art.   55
circoscriva l'applicabilita' della norma ivi prevista  ai  soli  atti
civili, amministrativi e stragiudiziali. 
    2.2. - Nel merito delle  singole  censure,  la  difesa  regionale
ritiene che la questione  prospettata  nei  confronti  dell'art.  11,
comma  1,  della  legge  reg.  Calabria  n.  34  del  2010  muova  da
presupposti erronei,  in  quanto  la  valorizzazione  del  patrimonio
archeologico si differenzia dalla tutela dello stesso.  Peraltro,  lo
stesso Codice dei beni culturali riconosce  alla  Regione  competenze
(non  solo  legislative)  in  materia  sia   di   gestione   sia   di
valorizzazione del patrimonio archeologico. 
    La resistente precisa, altresi', come l'attivita' della  societa'
prevista dalla norma impugnata non  possa  che  svolgersi  nel  pieno
rispetto del riparto di  competenze  previsto  dal  Codice  dei  beni
culturali; pertanto,  la  Regione  Calabria  si  sarebbe  limitata  a
"ridisegnare"   la    propria    macchina    operativa,    demandando
all'istituenda  societa'   tutte   le   attivita'   (esclusa   quella
legislativa) in materia,  per  l'esercizio  delle  quali,  la  stessa
difesa regionale sottolinea la necessita' di accordi con il Ministero
competente. 
    Infine, la resistente ricorda che l'art. 115 del d.lgs. n. 42 del
2004 prevede la possibilita' di una gestione diretta delle  attivita'
di  valorizzazione  dei  beni  culturali  di  appartenenza  pubblica,
«svolta  per  mezzo   di   strutture   organizzative   interne   alle
amministrazioni,   dotate   di   adeguata   autonomia    scientifica,
organizzativa,  finanziaria  e  contabile,  e  provviste  di   idoneo
personale tecnico». 
    2.3. - Quanto all'impugnazione  dell'art.  14  della  legge  reg.
Calabria n. 34 del 2010, essa sarebbe «frutto di evidente  equivoco»,
in quanto la norma impugnata non comporterebbe un  «trasferimento  in
massa di dipendenti alla Regione, bensi' la copertura di alcuni posti
dell'organico regionale». Di conseguenza, la  norma  si  porrebbe  in
continuita' con i principi ispiratori della riforma (art. 4, comma 7,
della  legge  reg.  Calabria  n.  9  del  2007)  che  ha  operato  la
soppressione dell'AFOR, e ne costituirebbe mera attuazione. 
    In relazione  all'asserita  violazione  dell'art.  97  Cost.,  la
resistente rileva come l'art. 4, comma 8, della legge  reg.  Calabria
n. 9 del 2007 preveda che il personale  idraulico-forestale  continui
ad essere inquadrato nell'attuale comparto contrattuale e  non  possa
essere  trasferito  nei  ruoli  regionali  o  provinciali.  Pertanto,
secondo la difesa  regionale,  nessun  dipendente  AFOR  avente  tale
inquadramento sara' trasferito; di qui l'asserita infondatezza  della
questione prospettata. 
    2.4. - In merito all'art. 15 della legge reg. Calabria n. 34  del
2010,  la  resistente  sostiene,  sulla  scorta  di  un  parere  reso
dall'Ufficio legislativo della stessa Regione Calabria, che la  norma
impugnata afferisca alla materia  dell'organizzazione  amministrativa
regionale, rientrante  nella  potesta'  legislativa  residuale  della
Regione. 
    Il  censurato  art.  15  non  sarebbe  finalizzato,  dunque,   ad
«attribuire ex se validita' a  precedenti  atti  di  conferimenti  di
incarichi dirigenziali», ma intenderebbe «fare proprio  il  principio
generale del "funzionario di fatto", al dichiarato  intento  di  dare
"continuita'" alla propria azione amministrativa». 
    In ogni caso, la questione sarebbe  infondata  perche'  la  norma
impugnata si limiterebbe «a fotografare l'esistente», senza  innovare
rispetto a quanto previsto dall'art. 10 della legge reg. Calabria  n.
31 del 2002, come modificato dalla legge della  Regione  Calabria  17
agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale,  recante  norme  di  tipo
ordinamentale e finanziario - Collegato alla manovra di  assestamento
di bilancio per l'anno 2005 ai sensi  dell'art.  3,  comma  4,  della
legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), peraltro  non  impugnata  dal
Governo. 
    2.5. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  16,
commi 1 e 5, della legge  reg.  Calabria  n.  34  del  2010,  sarebbe
infondata, in quanto la norma in esame non inciderebbe sulla  materia
del coordinamento della finanza pubblica ma si limiterebbe a  dettare
regole per l'attuazione del piano di  stabilizzazione  di  lavoratori
precari, nel rispetto dell'art. 1, comma 557, della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello  Stato  -  legge  finanziaria  2007).  Tale  ultima
disposizione conterrebbe l'unica norma di  principio  applicabile  al
caso  di  specie,  mentre  la   fissazione   del   termine   per   la
stabilizzazione,  posto  dalla  norma  impugnata,  spetterebbe   alla
potesta' legislativa regionale. 
    2.6. - Quanto all'art. 18 della legge reg.  Calabria  n.  34  del
2010, la relativa questione sarebbe infondata perche',  nel  caso  di
specie, sussisterebbero  particolari  ragioni  giustificatrici  della
deroga al principio del pubblico concorso. Siffatte ragioni sarebbero
rappresentate  dalla  «pressante  esigenza   di   coprire   i   vuoti
nell'organico dirigenziale, con  immediatezza  e  mediante  personale
"interno" gia' formato». 
    2.7. - La Regione Calabria ritiene infondata anche  la  questione
avente ad oggetto l'art. 29 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010.
La norma impugnata,  infatti,  perseguirebbe  gli  obiettivi  fissati
dalla direttiva 27  settembre  2001,  n.  2001/77/CE  (Direttiva  del
Parlamento europeo e  del  Consiglio  sulla  promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'). 
    In particolare, il censurato art.  29  non  realizzerebbe  alcuna
distorsione della concorrenza,  limitandosi  a  stabilire  «una  mera
priorita' cronologica nella istruttoria delle iniziative proposte  da
enti  pubblici»,  e  sottolineerebbe  «la  necessita'   di   spingere
prioritariamente gli enti pubblici a destinare risorse  ed  attivita'
nel campo della  produzione  e  utilizzazione  di  energia  da  fonti
rinnovabili». 
    2.8. - La questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  46
della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 sarebbe infondata, in quanto
la norma in esame rientrerebbe nella competenza legislativa regionale
concorrente, prevista dall'art. 122 Cost., e non sarebbero violati  i
principi dettati dalla legge 2 luglio 2004, n. 165  (Disposizioni  di
attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione). 
    2.9. - In merito all'art. 49 della legge reg. Calabria n. 34  del
2010, la Regione Calabria  ritiene  che  la  relativa  questione  sia
inammissibile e, in ogni caso, infondata. 
    L'inammissibilita'  deriverebbe  dalla  carenza  di   un'adeguata
motivazione della censura, tale da chiarirne realmente la pertinenza,
e dalla evocazione solo sommaria  dei  parametri  costituzionali.  Al
riguardo,  la  resistente  ritiene  inconferente,  tra  l'altro,   il
parametro relativo alla competenza statale in materia di tutela della
concorrenza. 
    Quanto alle ragioni di infondatezza della  questione,  la  difesa
regionale sottolinea  come  il  Protocollo  n.  26  al  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea preveda, all'art. 1, che  i  valori
comuni dell'Unione, con riguardo al settore dei servizi di  interesse
economico  generale  ai  sensi   dell'articolo   14   del   Trattato,
comprendono in particolare  il  ruolo  essenziale  e  l'ampio  potere
discrezionale  delle  autorita'  nazionali,  regionali  e  locali  di
fornire, commissionare e organizzare servizi di  interesse  economico
generale il piu' vicino possibile alle esigenze degli utenti. 
    Secondo la resistente,  sarebbe  quindi  lo  stesso  Trattato  ad
attribuire alle amministrazioni regionali il potere (tra  gli  altri)
di «fornire, commissionare e organizzare» i servizi indicati,  mentre
spetterebbe allo Stato (Protocollo  n.  26,  art.  2)  la  competenza
correlata ai servizi di interesse generale non economico. 
    Pertanto, la Regione Calabria si sarebbe mossa nell'ambito  delle
proprie  competenze,  riconosciute  direttamente  dal  Trattato   sul
funzionamento  dell'Unione  europea.  La  difesa  regionale   ricorda
altresi' che la Commissione europea ha aperto una  formale  procedura
di verifica circa la compatibilita' del versamento di somme in favore
di una  delle  societa'  interessate  dalla  norma  impugnata  (SOGAS
s.p.a.) con il regime degli aiuti di Stato. 
    Da ultimo, la resistente  precisa  che  un'analoga  normativa  di
altra Regione (legge  della  Regione  Marche  17  marzo  2009,  n.  6
«Attivita' della societa' di gestione dell'aeroporto delle  Marche  -
Legge regionale 24 marzo 1986, n. 6»)  non  e'  stata  impugnata  dal
Governo, evidentemente perche'  ritenuta  non  in  contrasto  con  la
Costituzione. 
    2.10. -  Infine,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 50 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 dovrebbe essere
rigettata perche' la norma ha ormai cessato di produrre  effetti  (in
data 31 gennaio 2011) e non e' dimostrato che abbia  avuto  effettiva
applicazione. 
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Calabria   ha
depositato una memoria nella quale  insiste  nelle  conclusioni  gia'
rassegnate nell'atto di costituzione. 
    3.1. - In particolare, la difesa regionale riferisce che l'art. 1
della legge della Regione Calabria 10 agosto 2011,  n.  31  (Modifica
dell'articolo 11, comma 1, della legge regionale n.  34  del  2010  -
Partecipazione della Regione Calabria alla Societa'  «Progetto  Magna
Graecia») ha modificato l'art. 11, comma 1, della legge reg. Calabria
n. 34 del 2010, che oggi  cosi'  dispone:  «La  Giunta  regionale  e'
autorizzata a promuovere e perfezionare, mediante la stipula di tutti
gli atti che si rendono necessari all'uopo, la  costituzione  di  una
societa'   in   house,   a   capitale   interamente   pubblico,   con
partecipazione  maggioritaria  della   Regione   Calabria,   per   la
valorizzazione  delle  aree   archeologiche   site   nel   territorio
regionale,  d'intesa  con  lo  Stato  e  previ  appositi  accordi  di
valorizzazione stipulati ai sensi dell'articolo 112  del  Codice  dei
beni culturali  e  del  paesaggio,  anche  al  fine  della  eventuale
concessione della gestione di specifici beni o aree archeologiche  in
favore della costituenda societa'». 
    La resistente ritiene che, con la modifica intervenuta, sia stato
esplicitato  quanto  gia'  ricavabile  dal  testo  originario   della
disposizione.  La  Regione  segnala,  in  ogni  caso,  che  la  norma
impugnata non ha trovato applicazione prima  della  modifica  operata
dalla legge reg. n. 31 del 2011, e chiede pertanto che sia dichiarata
la cessazione della materia del contendere. 
    3.2. - In merito alla censura formulata nei  confronti  dell'art.
14 della legge reg. Calabria n. 34  del  2010,  la  difesa  regionale
evidenzia come - ai sensi degli artt.  25  e  26  della  legge  della
Regione Calabria 19 ottobre 1992, n.  20  (Forestazione,  difesa  del
suolo e foreste regionali in Calabria),  istitutiva  dell'AFOR  -  al
solo  personale  di  cantiere  si  applichi  la  correlata  specifica
contrattazione. Agli altri dipendenti (e quindi  a  coloro  che  sono
soggetti  al  trasferimento  disposto  dalla  norma   impugnata)   si
applicherebbe, invece, la contrattazione nazionale e  decentrata  del
Comparto Regioni EE.LL. 
    Pertanto, la resistente conclude rilevando che nessun  dipendente
AFOR,  avente   l'inquadramento   di   operaio   idraulico-forestale,
transitera' nei ruoli regionali, e che i soli dipendenti  oggetto  di
trasferimento sono gia' inquadrati presso l'ente  di  provenienza  in
base alla contrattazione di comparto della Regione. 
    In definitiva, la norma  impugnata  non  avrebbe  operato  alcuna
modifica del regime contrattuale  dei  dipendenti  AFOR,  sicche'  la
censura prospettata sarebbe infondata. 
    3.3. - Quanto alla questione avente ad oggetto  l'art.  15  della
legge reg. Calabria n. 34 del 2010, la resistente ribadisce  di  aver
agito in conformita'  al  parere  reso  dal  Comitato  di  consulenza
giuridica della Giunta regionale  in  data  6  dicembre  2010,  circa
l'incidenza della sentenza n. 324 del 2010 della Corte costituzionale
sui provvedimenti di conferimento di incarichi dirigenziali  a  tempo
determinato gia' adottati nei limiti di cui  all'art.  10,  comma  4,
della legge reg. Calabria n. 31 del 2002. 
    Secondo il parere in questione, richiamato  nella  memoria  della
Regione, l'applicazione  ragionevole  del  principio  di  continuita'
delle funzioni amministrative consente di  escludere  il  venir  meno
degli effetti prodotti dai provvedimenti di conferimento di incarichi
dirigenziali a tempo determinato, adottati  in  base  alla  normativa
regionale precedente la citata sentenza n. 324  del  2010.  Sempre  a
detta del Comitato di consulenza giuridica, nel caso di specie  trova
applicazione il principio tempus regit actum. 
    3.4.  -  In  relazione  all'impugnativa  proposta  nei  confronti
dell'art. 49 della legge reg. Calabria n.  34  del  2010,  la  difesa
regionale precisa che siffatta disposizione e'  stata  modificata,  a
seguito di contatti tra la Regione e  il  Ministero  per  gli  affari
regionali, dall'art. 1 della legge della Regione Calabria  18  luglio
2011, n. 25 (Modificazioni all'articolo 49 della legge  regionale  29
dicembre 2010, n. 34). 
    In particolare, l'art. 1, comma 1, della legge reg.  Calabria  n.
25 del 2011 stabilisce che la Regione «puo' attribuire» (e  non  piu'
«attribuisce») ai servizi aeroportuali, connessi al  trasporto  aereo
di passeggeri e merci, svolti nell'ambito  del  sistema  aeroportuale
calabrese, la missione di servizio di interesse economico generale. 
    Il comma 2 dello stesso art. 1 dispone: «Al fine di  imporre  gli
obblighi di servizio pubblico di cui al comma 1, la Giunta regionale,
nel rispetto della normativa  comunitaria  e  nazionale,  approva  la
convenzione da stipulare tra la Regione e le rispettive  societa'  di
gestione, previo nulla osta del Ministero delle Infrastrutture e  dei
Trasporti». 
    La resistente - sulla base delle anzidette modifiche,  concordate
con lo Stato, ed in assenza di alcuna applicazione del censurato art.
49  nella  sua  versione  originaria  -  chiede  sia  dichiarata   la
cessazione della materia del contendere. Qualora cio' non avvenga, la
difesa  regionale  ribadisce  quanto  gia'  affermato  nell'atto   di
costituzione riguardo alla propria ampia discrezionalita' in materia. 
    In ulteriore subordine,  nel  caso  in  cui  non  dovesse  essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere in  riferimento
alla questione  relativa  all'art.  49,  e  la  Corte  costituzionale
dovesse   ritenere   trasferita   la   questione   di    legittimita'
costituzionale sul testo dell'art. 1 della legge reg. Calabria n.  25
del 2011, la Regione  Calabria  chiede  sia  rimessa  alla  Corte  di
giustizia dell'Unione europea la  seguente  questione  pregiudiziale:
«Se la  normativa  comunitaria,  ed  in  particolare  l'art.  14  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ed il  Protocollo  n.
26 del Trattato stesso, osti ad una normativa  statale,  come  l'art.
117 della Costituzione, ove tale norma sia interpretata nel senso che
impedisca all'Ente (Regione) di fornire ed  organizzare  direttamente
SIEG di propria competenza, secondo le  norme  del  Trattato,  ma  lo
consenta solo previa apposita disposizione normativa statale». 
    4. - In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha depositato atto di  rinunzia  al  ricorso,  limitatamente
agli artt. 11, comma 1, e 49 della legge  reg.  Calabria  n.  34  del
2010. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 11, comma  1,
14, 15, 16, commi 1 e 5, 18, 29,  46,  49  e  50  della  legge  della
Regione Calabria 29 dicembre  2010,  n.  34  (Provvedimento  generale
recante norme di tipo ordinamentale e procedurale  -  Collegato  alla
manovra di finanza regionale per l'anno 2011. Articolo  3,  comma  4,
della legge regionale n. 8 del 2002), in riferimento, nel  complesso,
agli artt. 3, 41, 51, 97, 117, primo, secondo e terzo comma,  e  122,
primo comma, della Costituzione. 
    2.  -  Preliminarmente,  deve  essere  esaminata  l'eccezione  di
inesistenza  della  notifica,  sollevata   dalla   Regione   Calabria
sull'assunto che nei  giudizi  di  costituzionalita'  non  troverebbe
applicazione  l'art.  55  della  legge  18   giugno   2009,   n.   69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile). 
    2.1. - La norma citata consente  all'Avvocatura  dello  Stato  di
eseguire  la  notificazione  di   atti   civili,   amministrativi   e
stragiudiziali ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53  (Facolta'
di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali  per
gli avvocati  e  procuratori  legali).  Quest'ultima,  a  sua  volta,
legittima gli avvocati ad  eseguire  direttamente  la  notificazione,
senza  l'intermediazione  dell'agente  notificatore,  anche  mediante
l'utilizzo del servizio postale. 
    Secondo la Regione Calabria, l'art. 55 della legge n. 69 del 2009
ha «carattere derogatorio e quindi  di  stretta  interpretazione»,  e
pertanto  non  e'  applicabile  ai   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale, per le stesse ragioni  che  escludono  i  giudizi  di
costituzionalita' dall'ambito di applicazione della  normativa  sulla
sospensione feriale dei termini. 
    2.2. - L'eccezione non e' fondata. 
    Innanzitutto, deve  essere  disatteso  l'assunto  del  «carattere
derogatorio e quindi di stretta interpretazione» dell'art.  55  della
legge n. 69 del 2009.  Trattasi,  piuttosto,  di  norma  a  carattere
generale che eccettua dal suo ambito di applicazione  solo  gli  atti
giudiziari penali. 
    Quanto agli atti relativi ai giudizi di  costituzionalita',  essi
sono compresi nella formula  dell'art.  55  in  virtu'  del  richiamo
operato dall'art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87 alle «norme del
regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di  Stato  in  sede
giurisdizionale», che, «in  quanto  applicabili»,  si  osservano  nel
procedimento davanti alla Corte costituzionale. 
    Ne'  risulta  pertinente  il  riferimento,   come   elemento   di
comparazione, alle norme sulla sospensione feriale dei termini,  che,
com'e' stato  piu'  volte  ribadito  da  questa  Corte,  non  trovano
applicazione nei  giudizi  di  costituzionalita'.  Infatti,  la  mera
somiglianza dei dati letterali posti  a  raffronto  non  consente  di
pervenire alle medesime  conclusioni.  In  particolare,  quanto  alla
sospensione feriale  dei  termini,  questa  Corte  ha  ritenuto  tale
istituto   non   applicabile   al   processo   costituzionale,    «in
considerazione delle peculiari esigenze di rapidita' e  certezza  cui
il medesimo processo deve rispondere» (ancora di recente, sentenza n.
46 del 2011). 
    La medesima finalita' e' perseguita dalla norma  che  estende  la
possibilita' della  notifica  a  mezzo  del  servizio  postale  anche
all'Avvocatura dello Stato; l'art. 55 della  legge  n.  69  del  2009
risponde, infatti, ad un'esigenza di rapidita' e  di  semplificazione
delle modalita' di notifica, che  e'  particolarmente  avvertita  nei
giudizi di costituzionalita'. 
    Pertanto, il rinvio operato dall'art. 22 della legge  n.  87  del
1953, da un lato, e la ratio della norma di  cui  all'art.  55  della
legge   n.   69   del   2009,   dall'altro,   depongono   a    favore
dell'applicabilita'  del  citato  art.  55  anche   ai   giudizi   di
costituzionalita',  con   il   conseguente   rigetto   dell'eccezione
sollevata dalla Regione resistente. 
    3. - Sempre  in  via  preliminare,  devono  essere  esaminate  le
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 11, comma  1,  e
49 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010.  Entrambe  le  questioni
sono state, infatti, oggetto di rinunzia  al  ricorso  da  parte  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  dopo  che   le   relative
disposizioni  sono  state  modificate  dal   legislatore   regionale,
successivamente all'impugnazione. 
    In particolare, l'art. 11 della legge reg.  Calabria  n.  34  del
2010 e' stato  modificato  dall'art.  1  della  legge  della  Regione
Calabria 10 agosto 2011, n. 31 (Modifica dell'articolo 11,  comma  1,
della legge regionale n. 34 del 2010 - Partecipazione  della  Regione
Calabria alla Societa' «Progetto Magna Graecia»), mentre l'art. 49 e'
stato implicitamente abrogato dall'art. 1 della legge  della  Regione
Calabria 18 luglio 2011, n. 25 (Modificazioni all'articolo  49  della
legge regionale 29 dicembre 2010, n. 34). Per entrambe le  questioni,
la  difesa  regionale,  nella  memoria  depositata   in   prossimita'
dell'udienza, ha chiesto sia dichiarata la cessazione  della  materia
del contendere, per effetto della mancata  applicazione  della  norma
originaria. 
    La giurisprudenza di questa Corte ha piu' volte affermato che  la
dichiarazione di rinuncia non accettata, pur non  potendo  comportare
l'estinzione  del  processo,  puo'  fondare,  unitamente   ad   altri
elementi,  una  dichiarazione  di  cessazione   della   materia   del
contendere (ex plurimis, sentenze n. 199, n. 179 e n.  52  del  2010;
ordinanze n. 159 e n. 126 del 2010). Nel caso in esame, le due  norme
impugnate, in relazione alle quali il ricorrente ha  depositato  atto
di rinunzia, non hanno avuto medio tempore  attuazione;  inoltre,  le
modifiche operate dal legislatore regionale in relazione  agli  artt.
11 e 49 possono ritenersi satisfattive  delle  pretese  avanzate  col
ricorso. 
    Pertanto,  avuto  riguardo  anche  al  complessivo  comportamento
processuale delle parti, puo' essere dichiarata  cessata  la  materia
del contendere, in relazione al ricorso proposto dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, limitatamente agli artt. 11, comma 1, e 49. 
    4. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  pur  richiamando
tra le norme impugnate l'intero art. 14 della legge reg. Calabria  n.
34 del 2010, censura sostanzialmente il comma 1 del  detto  articolo,
ritenendolo in contrasto con l'art. 97  Cost.  e'  pertanto  al  solo
comma 1  che  occorre  circoscrivere  il  sindacato  di  legittimita'
costituzionale. 
    4.1. - La questione e' fondata. 
    La disposizione impugnata prevede che «nelle more dell'attuazione
complessiva» di quanto disposto dall'art. 4,  comma  7,  della  legge
della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9  (Provvedimento  generale
recante norme di tipo ordinamentale e finanziario  -  Collegato  alla
manovra di finanza regionale per l'anno 2007, art. 3, comma 4,  della
legge regionale n. 8 del 2002), disciplinante il  trasferimento  alla
Regione dei dipendenti addetti ai servizi amministrativi dell'Azienda
forestale regionale (AFOR), la Giunta  regionale  «e'  autorizzata  a
coprire i posti vacanti della dotazione organica, disponendo, in sede
di  programmazione  triennale  dei  fabbisogni,  prioritariamente   e
progressivamente, il trasferimento, nel proprio ruolo  organico,  dei
dipendenti AFOR, gia' in servizio presso gli  uffici  regionali  alla
data di pubblicazione  della  presente  legge,  dando  precedenza  al
personale che possiede maggiore anzianita'  di  servizio  presso  gli
uffici regionali, nel rispetto della disciplina in materia  contenuta
nell'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001». 
    Per intendere il senso della censura, e'  necessario  soffermarsi
sul contesto  normativo  in  cui  la  disposizione  sopra  citata  si
colloca. 
    La  legge  della  Regione  Calabria  19  ottobre  1992,   n.   20
(Forestazione, difesa del suolo e foreste regionali in Calabria)  ha,
tra  l'altro,  istituito  l'AFOR  (Azienda  Forestale  della  Regione
Calabria).  Il   personale   dell'AFOR   era   composto   da   operai
idraulico-forestali   e   da   dipendenti    addetti    ai    servizi
amministrativi. I primi, ai sensi degli artt. 25 e 26 della  suddetta
legge, rivestivano le qualifiche e ricoprivano i livelli previsti dai
contratti  di  lavoro   vigenti;   ai   secondi   si   applicava   la
contrattazione  nazionale  e  decentrata  del  Comparto  Regioni-Enti
locali. 
    L'art. 4 della legge reg. Calabria n. 9 del 2007 ha  disposto  la
soppressione e la messa in liquidazione dell'AFOR. Le funzioni svolte
da quest'ultima sono state trasferite o delegate alle Province ed  e'
stata altresi' prevista la nomina di un Commissario  liquidatore,  al
fine della definizione dei rapporti attivi e passivi. Il comma 7  del
citato art. 4 ha pure disposto che: «Il Commissario provvede  inoltre
al trasferimento alla  Regione  dei  dipendenti  addetti  ai  servizi
amministrativi,  mentre  gli  addetti  ai  lavori   di   sistemazione
idraulico-forestale sono  assegnati  in  titolarita'  alle  Province,
secondo il criterio  della  residenza  del  singolo  lavoratore,  nel
rispetto del regime contrattuale in essere alla data del 31  dicembre
2006 e fatto salvo quanto previsto dal successivo  articolo  6.  Alle
Province,  secondo  il  criterio  della  residenza,   sono   altresi'
assegnati in titolarita' i lavoratori inseriti nel  "Fondo  sollievo"
alla data del 31  dicembre  2006,  sempre  nel  rispetto  del  regime
contrattuale in essere». Infine, l'art. 6, comma  1,  della  medesima
legge regionale ha previsto, per il personale degli  enti  disciolti,
degli «incentivi per l'esodo anticipato dall'impiego». 
    4.2. - Alla  luce  di  quanto  sopra,  si  deduce  che  l'odierna
questione di legittimita' costituzionale riguarda i  soli  dipendenti
addetti ai servizi amministrativi, per i quali e' stato  previsto  il
trasferimento  alla  Regione,  mentre  gli  addetti  ai   lavori   di
sistemazione idraulico-forestale sono stati assegnati alle Province. 
    Questa precisazione consente alla difesa regionale  di  affermare
che la norma oggi impugnata non innoverebbe rispetto  a  quanto  gia'
previsto dalle leggi reg. Calabria n. 20 del 1992 e n.  9  del  2007,
poiche' i lavoratori trasferiti sarebbero gia' inquadrati  nel  ruolo
regionale. In particolare, la Regione sottolinea la continuita' della
norma censurata con le precedenti leggi regionali, evidenziando come,
al piu' concedere, il Governo avrebbe dovuto impugnare l'art. 4 della
legge reg. Calabria n. 9 del 2007. 
    L'interpretazione   prospettata   dalla   resistente    non    e'
condivisibile, poiche' proprio il tenore letterale della disposizione
scrutinata  dimostra  la  discontinuita'  rispetto   alla   normativa
regionale  pregressa,  sopra  esaminata.  La  disposizione  censurata
contiene infatti due precisazioni, che depongono  per  il  senso  ora
indicato: 1) innanzitutto, essa precisa che l'intervento  legislativo
si colloca «nelle more dell'attuazione complessiva della  norma»  (di
cui all'art. 4, comma 7, legge reg. Calabria n. 9 del 2007) e non  in
semplice attuazione della stessa;  2)  in  secondo  luogo,  la  norma
impugnata prevede che la Giunta regionale disponga  il  trasferimento
del personale AFOR nel proprio ruolo organico, con cio'  riconoscendo
che tale trasferimento non e' ancora avvenuto. 
    In base alla ricostruzione appena illustrata, si deve  concludere
per l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  14,  comma  1,  della
legge reg. Calabria n. 34 del 2010, sulla base  della  giurisprudenza
costante di questa Corte, che ha circoscritto in modo rigoroso i casi
di deroghe al principio del pubblico concorso, sancito dall'art.  97,
terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 52 del 2011 e n. 293 del
2009). 
    5. - L'art. 15 della legge reg. Calabria n.  34  del  2010  cosi'
stabilisce:  «Per  eccezionali  ragioni  di  continuita'  nell'azione
amministrativa restano validi gli incarichi  dirigenziali  conferiti,
per la copertura dei posti vacanti, in data anteriore al 17  novembre
2010, ai sensi dell'articolo 10, commi 4, 4-bis e 4-ter, della  legge
regionale 7 agosto 2002, n.  31,  nonche'  i  consequenziali  effetti
giuridici». 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   impugna   questa
disposizione per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., in quanto la stessa si porrebbe in contrasto  con  l'art.  40,
comma 1, lettera f), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.  150
(Attuazione  della  legge  4  marzo  2009,  n.  15,  in  materia   di
ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro   pubblico   e   di
efficienza  e  trasparenza  delle  pubbliche   amministrazioni).   Il
ricorrente muove dall'assunto  che  quanto  disposto  da  tale  norma
statale sia riconducibile alla  potesta'  esclusiva  dello  Stato  in
materia di ordinamento civile. 
    5.1. - La questione e' fondata. 
    Al riguardo, occorre precisare che la norma da ultimo  citata  ha
modificato l'art. 19 del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), aggiungendo  il  comma  6-ter,  il  quale
dispone che i commi 6 e 6-bis si applicano  alle  amministrazioni  di
cui all'art. 1, comma 2, del medesimo decreto. Quest'ultima norma,  a
sua volta, stabilisce che per amministrazioni pubbliche si  intendono
tutte le amministrazioni dello Stato e, per quanto qui interessa,  le
Regioni. 
    Posta tale premessa, si deve notare che il comma 6  della  stessa
disposizione statale stabilisce, con  riferimento  agli  incarichi  a
soggetti esterni ai ruoli  dell'amministrazione  conferente,  che  la
durata di questi ultimi «non puo'  eccedere,  per  gli  incarichi  di
funzione dirigenziale, di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni,
e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale,  il  termine  di
cinque anni». 
    La  suddetta  normativa   statale   in   materia   di   incarichi
dirigenziali conferiti  a  soggetti  esterni  all'amministrazione  e'
stata  ritenuta  da  questa   Corte   «riconducibile   alla   materia
dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost.,  poiche'  il  conferimento  di  incarichi  dirigenziali  a
soggetti esterni, disciplinato dalla normativa  citata,  si  realizza
mediante la  stipulazione  di  un  contratto  di  lavoro  di  diritto
privato». Nella medesima pronuncia e' statuito  altresi'  che  tra  i
precetti rientranti nella  materia  dell'ordinamento  civile,  devono
ritenersi  compresi  anche  quelli  relativi  alla  «durata   massima
dell'incarico (e, dunque, anche del relativo  contratto  di  lavoro)»
(sentenza n. 324 del 2010). 
    La conseguenza di  quanto  appena  rilevato  e'  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 15 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010,
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    6. - I commi 1 e 5 dell'art. 16 della legge reg. Calabria  n.  34
del 2010 modificano il termine finale  entro  il  quale  puo'  essere
disposta  la  stabilizzazione  di  alcune  categorie  di   lavoratori
precari. 
    Entrambe le disposizioni sono impugnate dal  Governo  perche'  si
porrebbero in contrasto con i principi  fondamentali  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, contenuti nell'art.  17,  comma
10, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi,
nonche' proroga di termini), convertito in legge, con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102.  Tale  norma
statale  stabilisce:  «Nel  triennio  2010-2012,  le  amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo  30
marzo 2001, n. 165 [...] possono bandire concorsi per le assunzioni a
tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per
cento dei posti messi a concorso, per il personale  non  dirigenziale
in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1,  commi  519  e  558,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296  e  all'articolo  3,  comma  90,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244». A loro volta, le  disposizioni
legislative richiamate dalla norma da ultimo  citata  stabiliscono  i
requisiti di cui  deve  essere  in  possesso  il  personale  a  tempo
determinato  delle  pubbliche  amministrazioni,  per   poter   essere
stabilizzato. 
    6.1. - La questione e' fondata. 
    Questa Corte ha  qualificato  le  norme  statali  in  materia  di
stabilizzazione dei lavoratori precari come principi fondamentali  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  poiche'  si  ispirano  alla
finalita' del  contenimento  della  spesa  pubblica  nello  specifico
settore del personale (ex plurimis, tra  le  piu'  recenti,  sentenze
numeri 108, 69 e 68 del 2011). 
    La proroga del termine finale sia del  piano  di  stabilizzazione
previsto dall'art. 8 della legge della Regione  Calabria  30  gennaio
2001, n. 4 (Misure di politiche attive dell'impiego in Calabria), sia
dei piani di stabilizzazione occupazionale dei lavoratori dei  bacini
di cui all'art. 2 della legge  della  Regione  Calabria  19  novembre
2003, n. 20  (Norme  volte  alla  stabilizzazione  occupazionale  dei
lavoratori impegnati  in  lavori  socialmente  utili  e  di  pubblica
utilita'), produce l'effetto di sottrarre le suddette stabilizzazioni
ai vincoli previsti dall'art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del  2009,
in quanto le normative regionali prorogate, anteriori  al  2009,  non
prevedevano alcuno dei suddetti vincoli. 
    Dalla  difformita'  sopra  illustrata  discende  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 5, della legge  reg.  Calabria
n. 34 del 2010. 
    7. - L'art. 18 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010  dispone:
«Per la copertura dei posti di  qualifica  dirigenziale  vacanti  nei
ruoli della  Regione  Calabria  (Consiglio  regionale  e  Giunta)  si
procede tramite corso-concorso a cui possono partecipare i dipendenti
regionali in possesso  dei  requisiti  previsti  per  l'accesso  alla
qualifica dirigenziale». Tale disposizione e' impugnata  dal  Governo
per violazione degli artt. 3 e 97, terzo comma, Cost. 
    La questione e' fondata. 
    La giurisprudenza consolidata di questa Corte in tema di  deroghe
al principio del pubblico concorso e' nel  senso  di  «consentire  la
previsione di condizioni di accesso intese  a  consolidare  pregresse
esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione,  purche'
l'area delle eccezioni sia delimitata in modo rigoroso e  subordinata
all'accertamento     di     specifiche     necessita'      funzionali
dell'amministrazione e allo  svolgimento  di  procedure  di  verifica
dell'attivita' svolta dal dirigente» (sentenza n. 189  del  2011,  in
conformita', ex plurimis, sentenze n. 108 e n. 52 del  2011,  n.  195
del 2010, n. 293 del 2009, n. 363 del 2006). 
    Nella norma regionale censurata non  sono  menzionate  specifiche
necessita' funzionali - che non  possono  essere  identificate  nella
generica necessita' di coprire posti vacanti -  ne',  almeno  in  via
generale, le modalita' di verifica da adottare  nel  «corso-concorso»
in  essa  previsto.  Per  tale  motivo   si   deve   concludere   per
l'illegittimita'  costituzionale  della  predetta  norma,  in  quanto
restringe ai soli dipendenti regionali, senza alcuna specificazione e
giustificazione,  l'accesso  ai  posti  di   qualifica   dirigenziale
nell'amministrazione della Regione Calabria. 
    8. - L'art. 29 della legge reg. Calabria  n.  34  del  2010,  che
introduce l'art. 4-bis nel testo della legge della  Regione  Calabria
29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di  energia  elettrica  da
fonti energetiche rinnovabili) e' impugnato in  quanto  -  prevedendo
una serie di privilegi per gli enti pubblici, gli enti  locali  ed  i
consorzi di sviluppo industriale, che intendano  proporre  iniziative
energetiche da fonti rinnovabili - si porrebbe  in  contrasto  con  i
principi fondamentali in materia di energia, nonche' con gli artt. 3,
41 e 117, primo  e  terzo  comma,  Cost.  Il  principio  fondamentale
asseritamene violato sarebbe quello per cui la produzione di energia,
anche da fonti rinnovabili, deve avvenire in regime di libero mercato
concorrenziale,  incompatibile  con  riserve,  monopoli  e  privilegi
pubblici. 
    8.1. - La questione e' fondata. 
    Il ricorrente non indica una precisa norma statale contenente  il
principio del libero mercato concorrenziale in materia di  produzione
dell'energia, ma si limita ad  indicare  genericamente  la  normativa
statale  in  materia:  decreto  legislativo  16  marzo  1999,  n.  79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica),  e  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'). Si deve  tuttavia
osservare che il principio  fondamentale  richiamato  dal  ricorrente
permea tutta la  normativa  statale  e,  ancor  prima,  la  normativa
comunitaria,  cui  il  legislatore  italiano  ha   dato   attuazione.
L'esigenza che la produzione e la  distribuzione  dell'energia  siano
realizzate in un regime  di  libera  concorrenza  e'  particolarmente
avvertita nel caso di energia  prodotta  da  fonti  rinnovabili,  sia
perche' la quantita' di energia prodotta e' di gran  lunga  inferiore
rispetto a quella derivante da altre fonti, sia perche' la  normativa
comunitaria ha imposto precise quote minime di  produzione,  che,  in
assenza di libera concorrenza, rischierebbero di essere assorbite  da
pochi operatori, in grado di realizzare veri e  propri  monopoli  nei
diversi territori. 
    Una conferma della necessita' che la produzione  di  energia  sia
svolta in regime di libera concorrenza si trae  dalla  giurisprudenza
di questa Corte sulle misure di compensazione in materia  di  energia
prodotta da fonti rinnovabili. In particolare, e' stato precisato che
«la costruzione e l'esercizio di impianti per l'energia  eolica  sono
libere  attivita'  d'impresa  soggette   alla   sola   autorizzazione
amministrativa della Regione», e che sono illegittime  le  previsioni
di «oneri e condizioni a carico del richiedente l'autorizzazione  che
si concretizzano in vantaggi economici per la Regione e per gli altri
enti locali» (sentenza n. 124 del 2010; in conformita',  sentenza  n.
119  del  2010).  La  previsione  contenuta  nella  norma   regionale
impugnata e' assimilabile a quelle che prevedono misure  compensative
a favore della Regione e degli enti locali interessati: in entrambi i
casi, infatti, le norme prevedono vantaggi economici per gli stessi. 
    Dalle   considerazioni   che   precedono   viene   in    evidenza
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  29  della   legge   reg.
Calabria n. 34 del 2010, per violazione  degli  artt.  117,  primo  e
terzo comma, e 41 Cost., poiche' le misure previste si  traducono  in
una distorsione del mercato nel campo della produzione di energia  da
fonti rinnovabili. 
    9. - L'art. 46 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010  dispone:
«Anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 4 legge 154 del 1981
e dall'art. 65 d.lgs. n. 267 del 2000  le  cariche  di  Presidente  e
Assessore della Giunta provinciale  e  di  Sindaco  e  Assessore  dei
comuni compresi nel territorio della Regione sono compatibili con  la
carica di Consigliere regionale. Il Consigliere regionale che  svolge
contestualmente anche l'incarico  di  Presidente  o  Assessore  della
Giunta Provinciale, di Sindaco a Assessore  Comunale  deve  optare  e
percepire solo una indennita' di carica». 
    Il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 122, primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 65 del  decreto  legislativo  18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali), dell'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. e  dell'art.
51, primo comma, Cost. 
    9.1. - La questione e' fondata. 
    Occorre notare che l'art. 65, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000
stabilisce: «Il presidente e gli assessori  provinciali,  nonche'  il
sindaco e gli assessori dei  comuni  compresi  nel  territorio  della
Regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale». 
    La  Regione  Calabria  eccepisce  che,  nel   caso   di   specie,
rileverebbe quanto stabilito  dalla  legge  2  luglio  2004,  n.  165
(Disposizioni  di  attuazione  dell'art.  122,  primo  comma,   della
Costituzione), che pero' nulla dispone al riguardo.  Anzi,  l'art.  3
dell'atto normativo statale  ora  citato  individua  fra  i  principi
fondamentali  in  tema  di   incompatibilita',   il   seguente:   «a)
sussistenza di cause di incompatibilita', in caso di conflitto tra le
funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della  Giunta
regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni  o  cariche,
comprese  quelle  elettive,  suscettibile,  anche  in   relazione   a
peculiari  condizioni  delle  regioni,  di  compromettere   il   buon
andamento e l'imparzialita'  dell'amministrazione  ovvero  il  libero
espletamento della carica elettiva». 
    La fondatezza dell'odierna  questione,  prima  ancora  che  dalla
violazione di una  specifica  prescrizione  normativa,  discende  dal
contrasto con il principio  ispiratore,  che  sta  a  fondamento  sia
dell'art. 65 del d.lgs. n. 267 del 2000, sia dell'art. 3 della  legge
n. 165 del 2004. Tale principio consiste, secondo  la  giurisprudenza
di questa Corte, «nell'esistenza di  ragioni  che  ostano  all'unione
nella stessa persona delle cariche di sindaco o assessore comunale  e
di consigliere regionale e nella necessita' conseguente che la  legge
predisponga  cause  di   incompatibilita'   idonee   a   evitare   le
ripercussioni che da tale unione possano derivare  sulla  distinzione
degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali  e,  in
ultima istanza, sull'efficienza e sull'imparzialita' delle funzioni».
Sul divieto di cumulo  degli  incarichi,  questa  Corte  ha  peraltro
precisato: «Non la regola dell'art. 65 del decreto legislativo n. 267
del 2000 [...] deve assumersi come limite alla  potesta'  legislativa
regionale, ma il principio ispiratore di  cui  essa  e'  espressione»
(sentenza n. 201  del  2003).  Questa  Corte  ha  inoltre  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di norme,  nella  parte  in  cui  non
prevedono come causa di incompatibilita'  la  sopravvenienza  di  una
carica costituente causa di  ineleggibilita',  confermando  cosi'  la
validita' generale del principio di non cumulo (sentenze n.  277  del
2011 e n. 143 del 2010). 
    Con riferimento  al  caso  di  specie,  si  deve  notare  che  il
principio di non cumulo - il quale, come detto sopra, sta  alla  base
sia dell'art. 65 del d.lgs. n. 267 del 2000, sia  dell'art.  3  della
legge n. 165 del  2004  -  e'  integralmente  disatteso  dalla  norma
regionale impugnata, che stabilisce invece l'opposto principio  della
generale compatibilita' delle  cariche  di  consigliere  regionale  e
presidente o assessore provinciale, sindaco o assessore comunale. 
    L'art. 46 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010  deve  essere,
per   i   motivi   sopra   esposti,   dichiarato   costituzionalmente
illegittimo, per violazione degli artt. 122, primo comma, e 51 Cost.,
in quanto contraddice, in materia di incompatibilita',  un  principio
generale contenuto nelle norme legislative statali  prima  citate,  e
lede, al contempo,  il  principio  di  eguaglianza  tra  i  cittadini
nell'accesso alle cariche elettive. 
    10. - L'art. 50 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 fissa il
calendario venatorio regionale e contiene una disciplina delle specie
cacciabili. 
    La Regione Calabria eccepisce che la norma in questione ha  ormai
cessato di produrre effetti (in  data  31  gennaio  2011)  e  non  e'
dimostrato che abbia avuto effettiva applicazione. 
    Le suddette eccezioni non sono fondate. 
    La prima non e'  fondata  perche'  questa  Corte  ha  piu'  volte
affermato che il venir meno degli effetti della norma non esclude  il
sindacato di costituzionalita' della stessa, che trova una  specifica
ragion d'essere nell'esigenza di ristabilire il corretto  riparto  di
competenze tra Stato e Regioni. 
    La seconda eccezione non e' fondata  perche'  dalla  formulazione
della norma impugnata si deve ritenere che la  stessa  abbia  trovato
applicazione nella stagione venatoria 2010/2011. Detta  applicazione,
infatti, non richiede alcun particolare adempimento. Non si comprende
pertanto su quali basi la Regione sostenga il contrario. 
    La norma in questione e' impugnata  dal  Governo  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto, ponendosi
in contrasto  con  quanto  stabilito  dall'art.  18  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e  per  il  prelievo  venatorio),  sarebbe  invasiva  della
competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente. 
    10.1. - La questione e' fondata. 
    La difesa statale, pur riconoscendo che i termini di cui al comma
1 del citato art. 18 della legge  n.  157  del  1992  possono  essere
modificati  per  determinate  specie  in  relazione  alle  situazioni
ambientali delle diverse realta'  territoriali  (art.  18,  comma  2,
della stessa legge), si duole del fatto  che  la  Regione  non  abbia
acquisito  il  parere  preventivo  dell'Istituto  superiore  per   la
protezione  e  la  ricerca  ambientale  (ISPRA),  che  ha  sostituito
l'Istituto nazionale  per  la  fauna  selvatica,  il  cui  parere  e'
richiesto (art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992) per fissare
il calendario regionale relativo all'intera annata venatoria. 
    Nella norma regionale impugnata il parere di  cui  sopra  non  e'
previsto. Ne consegue la violazione delle norme  statali  interposte,
che stabiliscono standard minimi e uniformi di tutela della fauna  in
tutto il territorio nazionale. Tale  violazione  si  traduce,  a  sua
volta, nella violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., secondo la giurisprudenza  consolidata  di  questa  Corte  (ex
plurimis, sentenze n. 191 del 2011, n. 315 del 2010). 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  degli  articoli  14,
comma 1, 15, 16, commi 1 e 5, 18, 29,  46  e  50  della  legge  della
Regione Calabria 29 dicembre  2010,  n.  34  (Provvedimento  generale
recante norme di tipo ordinamentale e procedurale  -  Collegato  alla
manovra di finanza regionale per l'anno 2011. Articolo  3,  comma  4,
della legge regionale n. 8 del 2002); 
    2) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 11, comma  1,  e
49 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, promosse, in riferimento
agli artt. 117, primo, secondo comma, lettere e), g) e  s),  e  terzo
comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei  ministri
con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti