N. 312 ORDINANZA 21 - 23 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Criteri  di  scelta  delle  misure  cautelari  -
  Applicabilita' di misure cautelari meno afflittive  della  custodia
  in carcere nei confronti della persona raggiunta da gravi indizi di
  colpevolezza in ordine al delitto di omicidio volontario (art.  575
  cod. pen.) - Preclusione  -  Denunciata  lesione  dei  principi  di
  uguaglianza e di inviolabilita' della liberta'  personale,  nonche'
  asserito  contrasto  con  la  presunzione   di   non   colpevolezza
  dell'imputato  sino  alla  condanna   definitiva   -   Sopravvenuta
  declaratoria di illegittimita' costituzionale in  parte  qua  della
  norma censurata - Questioni divenute prive di oggetto  -  Manifesta
  inammissibilita'. 
- Cod. proc. pen., art. 275, comma 3, come modificato dall'art. 2 del
  d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito, con modificazioni,  dalla
  legge 23 aprile 2009, n. 38). 
- Costituzione, artt. 3, 13, primo comma, e 27, secondo comma. 
(GU n.50 del 30-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  275,  comma  3,
del codice di procedura  penale,  come  modificato  dall'art.  2  del
decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in  materia  di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche'  in
tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla legge
23  aprile  2009,  n.  38,  promossi  dal  Giudice  per  le  indagini
preliminari del Tribunale di Brescia con ordinanza  del  13  novembre
2010 e dalla Corte di cassazione con ordinanza  del  5  aprile  2011,
rispettivamente iscritte ai nn. 146 e 148 del registro ordinanze 2011
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  28,  prima
serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18 ottobre  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 13 novembre 2010, il Giudice  per
le indagini preliminari del Tribunale di  Brescia  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 13, primo comma, e 27, secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 275,
comma 3, del codice di procedura penale, come modificato dall'art.  2
del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in  materia
di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale,  nonche'
in tema di atti persecutori), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 23 aprile 2009, n. 38, nella parte  in  cui  «non  consente  la
sostituzione della misura della custodia  cautelare  in  carcere  con
quella degli  arresti  domiciliari  in  relazione  al  reato  di  cui
all'art. 575» del codice penale (omicidio volontario); 
        che  il  giudice  rimettente  e'  investito  della  decisione
sull'istanza di revoca  della  misura  della  custodia  cautelare  in
carcere o di sostituzione della stessa con gli  arresti  domiciliari,
proposta dal difensore di una persona sottoposta  a  giudizio,  nelle
forme del rito  abbreviato,  per  il  reato  di  omicidio  volontario
commesso in danno della madre convivente; 
        che, in punto di fatto, il giudice a  quo  riferisce  che  la
custodia cautelare era stata disposta  a  seguito  di  arresto  nella
«quasi flagranza» effettuato presso  l'abitazione  dell'imputato,  il
quale aveva chiamato telefonicamente le forze dell'ordine  affermando
di aver soffocato  poco  prima  la  madre  premendole  sul  volto  un
cuscino; 
        che,  nel  corso  dell'interrogatorio  reso  all'udienza   di
convalida dell'arresto, l'imputato, nel  rendere  ampia  confessione,
aveva dichiarato di avere commesso il fatto a causa  dello  stato  di
angoscia e di frustrazione in lui indotto dalla demenza senile e  dal
grave carcinoma da cui era afflitta la madre; 
        che, dopo la richiesta di giudizio  immediato  formulata  dal
pubblico ministero, il difensore munito  di  procura  speciale  aveva
chiesto la definizione del giudizio nelle forme del rito  abbreviato,
subordinando   la   richiesta   all'espletamento   di   una   perizia
psichiatrica volta a verificare la capacita' di intendere o di volere
dell'imputato al momento del fatto; 
        che, ammesso il rito abbreviato e  nelle  more  del  deposito
della relazione peritale, la difesa  aveva  presentato  richiesta  di
revoca  o  sostituzione  della  misura,  evidenziando  che  il  fatto
ascritto - pur grave - era «isolato  rispetto  al  contesto  di  vita
dell'imputato», persona incensurata e  dedita  al  volontariato,  che
aveva sempre convissuto  con  la  madre,  negli  ultimi  tempi  anche
accudendola; 
        che, ad avviso  del  rimettente,  le  ragioni  addotte  dalla
difesa, unitamente  alle  particolarita'  della  vicenda  concreta  -
seppure inidonee a dimostrare il venir meno delle esigenze cautelari,
connesse al pericolo di commissione di reati della  stessa  specie  -
farebbero ritenere effettivamente  adeguata  a  soddisfarle  la  meno
costrittiva misura degli arresti domiciliari; 
        che all'accoglimento  dell'istanza  osterebbe,  tuttavia,  la
preclusione,  introdotta  dalla  novella   legislativa   modificativa
dell'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in forza della quale, quando
sussistono gravi indizi di colpevolezza per una serie di  reati,  tra
cui  quello  di  omicidio  volontario,  «e'  applicata  la   custodia
cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti  elementi  dai  quali
risulti che non sussistono esigenze cautelari»; 
        che,  secondo   il   giudice   a   quo,   tale   disposizione
presenterebbe, pero', profili di illegittimita'  costituzionale,  con
riferimento agli artt. 3, 13,  primo  comma,  e  27,  secondo  comma,
Cost.; 
        che, al riguardo, il rimettente rileva come questa Corte, con
la sentenza n. 265 del 2010, abbia gia' dichiarato costituzionalmente
illegittima  la  norma  censurata,  per  contrasto  con  i  parametri
costituzionali dianzi indicati, nella parte in cui  -  nel  prevedere
che, quando sussistono gravi indizi  di  colpevolezza  in  ordine  ai
delitti di cui agli artt. 600-bis, primo comma, 609-bis e  609-quater
cod. pen., e' applicata la custodia cautelare in carcere,  salvo  che
siano  acquisiti  elementi  dai  quali  risulti  che  non  sussistono
esigenze cautelari - non fa salva, altresi', l'ipotesi in  cui  siano
acquisiti elementi specifici, in  relazione  al  caso  concreto,  dai
quali risulti che le esigenze cautelari  possono  essere  soddisfatte
con altre misure; 
        che, ad avviso del  rimettente,  le  medesime  considerazioni
svolte  dalla  Corte  nella  citata  sentenza  varrebbero  anche   in
relazione al delitto di omicidio volontario; 
        che, in  questa  prospettiva,  la  presunzione  censurata  si
porrebbe in contrasto sia con il principio  di  uguaglianza,  sancito
dall'art. 3 Cost., per l'irrazionale assoggettamento  a  un  medesimo
regime  cautelare  di  situazioni  oggettivamente  e  soggettivamente
differenti e per l'ingiustificata disparita' di trattamento  connessa
al fatto che, tra i reati a  «custodia  carceraria  necessaria»,  non
figurano  delitti  puniti  piu'  gravemente  di  quello  oggetto  del
giudizio a quo, quali quelli previsti dagli  artt.  285  e  422  cod.
pen.;  sia  con  il  principio  di  inviolabilita'   della   liberta'
personale, enunciato dall'art.  13  Cost.,  in  forza  del  quale  il
sacrificio  di  detto  bene  primario   va   contenuto   nei   limiti
indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari  riconoscibili  nel
caso concreto; sia, infine, con la presunzione di  non  colpevolezza,
espressa dall'art. 27, secondo comma, Cost., in quanto  attribuirebbe
alla misura cautelare tratti funzionali tipici della pena; 
        che   e'   intervenuto   nel   giudizio    di    legittimita'
costituzionale   il   Presidente   del   Consiglio   dei    ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o,  in
subordine, infondata; 
        che, con ordinanza del 22 marzo 2011, la Corte di  cassazione
ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale  del  medesimo
art. 275, comma 3, cod. proc. pen., per contrasto con  gli  artt.  3,
13, primo comma, e 27, secondo  comma  Cost.,  «nella  parte  in  cui
estende al delitto di omicidio volontario la presunzione assoluta  di
adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere»; 
        che  il  giudice  a  quo  riferisce  di  essere  chiamato   a
pronunciarsi sul ricorso per cassazione avverso un provvedimento  del
Tribunale  di  Trieste,  in  funzione  di  giudice  distrettuale  del
riesame, che ha confermato  un'ordinanza  di  custodia  cautelare  in
carcere del Giudice per le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
Pordenone, emessa nei  confronti  di  una  persona  indagata  per  il
delitto di omicidio premeditato e aggravato  dalla  crudelta'  (artt.
575 e 577 cod. pen.); 
        che, tra i motivi dedotti dal ricorrente, vi e' la censura di
mancata valutazione, da parte del Tribunale del riesame, dell'istanza
difensiva di applicazione degli arresti domiciliari, in  luogo  della
misura carceraria: censura formulata sul presupposto che,  alla  luce
di una interpretazione «costituzionalmente orientata», la presunzione
di adeguatezza della sola custodia cautelare  in  carcere,  stabilita
dall'art. 275, comma  3,  cod.  proc.  pen.,  dovrebbe  ritenersi  di
carattere  «relativo»  anche  in  rapporto  al  delitto  di  omicidio
volontario, in applicazione dei principi affermati  da  questa  Corte
con la sentenza n. 265 del 2010; 
        che, in subordine, il ricorrente  eccepisce  l'illegittimita'
costituzionale della norma, in parte qua; 
        che, ad avviso  della  Corte  rimettente,  l'univoco  dettato
letterale   della   norma   denunciata   impedirebbe   di    accedere
all'interpretazione "adeguatrice" prospettata in via  principale  dal
ricorrente, donde la necessita' di prendere in esame  l'eccezione  di
illegittimita' costituzionale sollevata in via subordinata; 
        che la questione sarebbe in effetti rilevante, giacche',  ove
venisse  escluso  il  carattere   assoluto   della   presunzione   di
adeguatezza della sola misura carceraria  anche  per  il  delitto  di
omicidio volontario, il provvedimento impugnato non  si  sottrarrebbe
alla censura di omesso esame della richiesta  di  applicazione  degli
arresti domiciliari, formulata dal  ricorrente  evocando  l'incidenza
limitativa sul grado  delle  esigenze  cautelari  della  costituzione
dell'indagato,  della   sua   confessione   e   della   condotta   di
collaborazione successiva al reato; 
        che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  la   Corte
rimettente svolge considerazioni in larga parte analoghe a quelle del
Giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Brescia,
reputando, del pari, che gli argomenti  posti  a  base  della  citata
sentenza n. 265 del 2010 valgano anche  in  rapporto  al  delitto  di
omicidio; 
        che, in  particolare,  la  norma  censurata  si  porrebbe  in
contrasto sia con il principio di uguaglianza,  sancito  dall'art.  3
Cost., per l'irragionevole equiparazione dei procedimenti relativi al
delitto di omicidio a quelli concernenti i delitti di mafia,  nonche'
per l'irrazionale assoggettamento  a  un  medesimo  regime  cautelare
delle diverse ipotesi concrete riconducibili  al  paradigma  punitivo
considerato; sia con il principio di  inviolabilita'  della  liberta'
personale, enunciato dall'art. 13,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto
comporterebbe il sacrificio di detto bene primario sulla base di  una
valutazione predeterminata che non tiene conto delle peculiarita' dei
casi concreti; sia, infine, con la presunzione di  non  colpevolezza,
espressa dall'art. 27, secondo comma, Cost., in quanto  attribuirebbe
alla misura cautelare tratti funzionali tipici della pena. 
    Considerato che le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni
sostanzialmente identiche, onde i relativi giudizi vanno riuniti  per
essere definiti con unica decisione; 
        che i giudici rimettenti dubitano, in riferimento agli  artt.
3, 13, primo comma, e 27, secondo comma,  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 275, comma  3,  del  codice  di
procedura penale, come modificato dall'art. 2  del  decreto-legge  23
febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica
e di contrasto alla  violenza  sessuale,  nonche'  in  tema  di  atti
persecutori), convertito, con modificazioni, dalla  legge  23  aprile
2009, n. 38, nella parte in cui  non  consente  di  applicare  misure
cautelari meno afflittive della custodia  in  carcere  nei  confronti
della persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza in ordine  al
delitto di cui all'art. 575 del codice penale; 
        che, al di la' della formulazione del petitum,  i  giudici  a
quibus chiedono, nella sostanza, di estendere al delitto di  omicidio
volontario la declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della
norma censurata gia' pronunciata da questa Corte con la  sentenza  n.
265 del 2010, in riferimento a  taluni  delitti  a  sfondo  sessuale:
sentenza con la quale la presunzione assoluta  di  adeguatezza  della
sola custodia in carcere a soddisfare le esigenze cautelari  relative
a tali delitti, sancita dal novellato art. 275, comma 3,  cod.  proc.
pen., e' stata trasformata in presunzione solo  relativa,  superabile
in presenza di elementi specifici  che  dimostrino  l'idoneita'  allo
scopo di altre misure; 
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte e' gia' intervenuta nei sensi auspicati dai rimettenti  con  la
sentenza n. 164 del 2011, dichiarando l'illegittimita' costituzionale
della norma censurata, nella parte in cui - nel prevedere che, quando
sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto  di  cui
all'art. 575  cod.  pen.,  e'  applicata  la  custodia  cautelare  in
carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non
sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresi', l'ipotesi  in
cui  siano  acquisiti  elementi  specifici,  in  relazione  al   caso
concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono  essere
soddisfatte con altre misure; 
        che,  dunque,  la  questione  va  dichiarata   manifestamente
inammissibile per  sopravvenuta  mancanza  di  oggetto,  giacche',  a
seguito della sentenza da  ultimo  citata,  la  norma  censurata  dai
giudici a quibus - ossia quella che  impedisce,  per  il  delitto  di
omicidio volontario, di applicare misure diverse  e  meno  afflittive
della custodia carceraria, in presenza di specifici elementi  che  ne
rivelino l'idoneita' a soddisfare le esigenze  cautelari  -  e'  gia'
stata rimossa dall'ordinamento con efficacia ex  tunc  (ex  plurimis,
sentenza n. 80  del  2011  e  ordinanza  n.  306  del  2010,  nonche'
ordinanza n. 225 del 2011, avente a  oggetto  identica  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 275, comma 3, cod. proc. pen.). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 275, comma  3,  del  codice  di
procedura penale, come modificato dall'art. 2  del  decreto-legge  23
febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica
e di contrasto alla  violenza  sessuale,  nonche'  in  tema  di  atti
persecutori), convertito, con modificazioni, dalla  legge  23  aprile
2009, n. 38, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 13, primo comma,
e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le  indagini
preliminari del Tribunale di Brescia e dalla Corte di cassazione  con
le ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                         Il redattore: Frigo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti