N. 318 ORDINANZA 21 - 23 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte  e  tasse  -  Accertamento  delle  imposte  sui   redditi   -
  Presunzione  di  corrispondenza  degli  importi  riscossi   o   dei
  prelevamenti finanziari non giustificati  e  non  contabilizzati  a
  compensi  professionali  -  Applicazione  ai   compensi   percepiti
  nell'esercizio di arti e professioni solo a decorrere  dal  periodo
  d'imposta in corso al  1°  gennaio  2005  -  Mancata  previsione  -
  Denunciata  violazione   dei   principi   di   uguaglianza   e   di
  ragionevolezza, nonche' asserita lesione del diritto  di  difesa  -
  Insufficiente   motivazione    della    rilevanza    -    Manifesta
  inammissibilita' delle questioni. 
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art.  32,  primo  comma,  n.  2),
  secondo periodo, come modificato dall'art. 1, commi 402, lett.  a),
  n. 1), e 572, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.50 del 30-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale del  secondo  periodo  del
numero 2) del primo comma dell'art. 32 del d.P.R. 29 settembre  1973,
n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle  imposte
sui redditi), come modificato dal numero  1)  della  lettera  a)  del
comma 402 e dal comma 572 dell'art. 1 della legge 30  dicembre  2004,
n. 311  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), promossi  con  due
ordinanze,  entrambe  del  14  dicembre   2010,   dalla   Commissione
tributaria  provinciale  di  Pescara  nei  giudizi  vertenti  tra  un
contribuente e la Direzione provinciale di Pescara dell'Agenzia delle
entrate, iscritte al n. 156 ed al n. 157 del registro ordinanze  2011
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  29,  prima
serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 9 novembre  2011  il  Giudice
relatore Franco Gallo. 
    Ritenuto che con due ordinanze di analogo contenuto, entrambe del
14 dicembre 2010, la Commissione tributaria provinciale di Pescara  -
nel corso di due giudizi nei quali un professionista aveva  impugnato
gli avvisi di accertamento delle  imposte  sui  redditi,  dell'IVA  e
dell'IRAP  degli  anni,  rispettivamente,   2003   e   2004,   emessi
dall'Agenzia delle entrate in conseguenza della mancata presentazione
delle correlative dichiarazioni - ha sollevato, in  riferimento  agli
artt.  3  e  24  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale del secondo periodo del  numero  2)  del  primo  comma
dell'art. 32 del d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600  (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte  sui  redditi),  come
modificato dal numero 1) della lettera a) del comma 402 «e dal  comma
572» dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n.  311  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
legge finanziaria 2005), entrata in vigore il 1° gennaio 2005,  nella
parte in cui stabilisce che «sono [...] posti come ricavi o  compensi
a base delle [...] rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non
ne indica il soggetto beneficiario e sempreche' non  risultino  dalle
scritture  contabili,  i  prelevamenti   o   gli   importi   riscossi
nell'ambito dei [...] rapporti od operazioni» di natura finanziaria; 
        che, secondo il rimettente: a)  la  disposizione  denunciata,
nel testo vigente fino al 31 dicembre 2004, pone la presunzione che i
«prelevamenti»  (e  non  anche  gli  «importi  riscossi»),   se   non
giustificati e non contabilizzati e se effettuati da un imprenditore,
sono considerati «ricavi» d'impresa, con conseguente inapplicabilita'
della presunzione ai prelevamenti effettuati da un esercente  un'arte
o professione; b) la stessa disposizione, nel testo in vigore  il  1°
gennaio 2005 ed applicabile ratione temporis nei giudizi  principali,
amplia la portata di tale  presunzione  stabilendo  che  non  solo  i
«prelevamenti», ma anche gli «importi riscossi» (se non  giustificati
e non contabilizzati)  costituiscono  «ricavi  o  compensi»,  con  la
conseguenza che  la  presunzione  opera  anche  nel  caso  in  cui  i
prelevamenti siano effettuati dagli esercenti un'arte o  professione;
c) quest'ultimo testo dell'articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973  e'
applicabile anche ai periodi d'imposta anteriori a  quello  in  corso
alla data della sua entrata in vigore e, quindi,  riguarda  anche  le
attivita'  di  arti  o  professioni  ed  i   correlativi   «compensi»
professionali che si presumono percepiti in tali periodi; 
        che pertanto, ad avviso  del  giudice  a  quo,  la  censurata
normativa - per effetto del rilevato ampliamento della portata  della
presunzione, applicabile agli esercenti arti e professioni anche  con
riguardo agli anni d'imposta  anteriori  a  quello  in  corso  al  1°
gennaio 2005 - viola: a) l'art.  3  Cost.,  perche':  a.1.)  assimila
irragionevolmente, per  il  passato,  due  figure  (l'imprenditore  e
l'esercente un'arte o professione) che seguivano, di  norma,  diverse
regole di gestione  dell'attivita':  l'imprenditore,  infatti,  aveva
cura  che  la  contabilita'  dei  movimenti  finanziari  dell'impresa
rimanesse separata da quella relativa agli altri affari;  l'esercente
un'arte o professione, invece, utilizzava in modo promiscuo  i  conti
correnti bancari, impiegandoli per finalita'  sia  professionali  che
familiari ed effettuando, percio', una  molteplicita'  di  operazioni
anche di piccolo  importo,  delle  quali  di  solito  non  conservava
traccia e memoria; a.2.) trascura il fatto che l'assunto secondo  cui
una spesa "occulta" e' finalizzata ad un ricavo "occulto" costituisce
una presunzione  «generalmente  sostenibile»,  per  i  suddetti  anni
d'imposta, se riferita non ad un esercente un'arte o professione,  ma
ad un imprenditore;  b)  l'art.  24  Cost.,  perche'  la  difesa  dei
contribuenti che esercitano  arti  o  professioni  puo'  essere  resa
troppo difficile dalla necessita' di dover ricostruire a  posteriori,
con riferimento ai periodi d'imposta anteriori a quello in  corso  al
1° gennaio 2005, «operazioni professionali per le  quali  non  veniva
richiesta - neanche da principi aziendalistici o  civilistici  -  una
contabilita' separata» e per le quali,  quindi,  non  e'  ragionevole
pretendere, ora per allora, l'adempimento dell'onere di precostituire
una prova contraria «puntuale e documentale», al fine  di  consentire
in futuro l'indicazione del soggetto beneficiario e superare cosi' la
presunzione legale di percezione di un compenso professionale; 
        che  il  rimettente  conclude,  in  punto  di  non  manifesta
infondatezza delle questioni, nel senso che la  normativa  denunciata
si pone in contrasto con gli evocati parametri costituzionali,  nella
parte in cui non prevede che essa «si applichi ai compensi  percepiti
nell'esercizio di arti e professioni solo  a  decorrere  dal  periodo
d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge n.  311
del 2004» (1° gennaio 2005); 
        che per il medesimo giudice, infine, le  sollevate  questioni
sono rilevanti, perche', da un lato, non e' possibile  fornire  della
disposizione censurata  una  interpretazione  adeguatrice  che  possa
«spingersi [...] fino al punto  di  disapplicare  la  presunzione  di
corrispondenza  di  ciascun  movimento  finanziario  non  formalmente
giustificato a un compenso da attivita' professionale» e, dall'altro,
l'applicazione  della  presunzione   porterebbe   ad   un   risultato
«sproporzionato, tenuto conto che al di  la'  della  indicazione  dei
beneficiari e delle  incertezze  sulla  natura  dei  versamenti,  gli
imponibili accertati appaiono incongrui rispetto alle  condizioni  di
salute del professionista negli anni in questione e  alle  medie  dei
redditi dichiarati da professionisti»; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
entrambi i giudizi di legittimita' costituzionale, chiedendo  che  le
questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque,  manifestamente
infondate; 
        che l'inammissibilita' e' eccepita sotto il  profilo  che  le
ordinanze di rimessione motiverebbero la rilevanza delle questioni in
modo meramente apparente, non chiarendo quale concreto  vantaggio  il
contribuente  potrebbe  conseguire  dalla  auspicata   pronuncia   di
illegittimita' costituzionale, posto che per la ricostruzione del suo
reddito sarebbero comunque applicabili,  per  effetto  della  mancata
presentazione  delle  dichiarazioni  degli  anni  2003  e  2004,   le
presunzioni previste dall'art. 41 del d.P.R. n. 600  del  1973,  piu'
sfavorevoli per il contribuente (perche' non richiedono  i  requisiti
di gravita', precisione e concordanza)  rispetto  a  quelle  previste
dalla disposizione denunciata; 
        che, nel merito, la difesa  statale  osserva  che:  a)  anche
prima della legge n. 311 del 2004 - in base alle modifiche introdotte
dall'art. 18 della legge 30 dicembre 1991, n. 413  (Disposizioni  per
ampliare  le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare   e
potenziare  l'attivita'  di   accertamento;   disposizioni   per   la
rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle  imprese,  nonche'
per riformare il contenzioso  e  per  la  definizione  agevolata  dei
rapporti tributari pendenti; delega al  Presidente  della  Repubblica
per la concessione di amnistia per reati tributari;  istituzioni  dei
centri di assistenza fiscale e del conto fiscale),  all'art.  32  del
d.P.R. n. 600 del 1973, in tema di imposte sui redditi,  ed  all'art.
51 del d.P.R. 26 ottobre  1972,  n.  633  (Istituzione  e  disciplina
dell'imposta sul valore aggiunto), in tema di IVA - gli  accertamenti
bancari erano esperibili nei confronti  degli  esercenti  di  arti  e
professioni  (come  riconosciuto  dalla  Corte   costituzionale   con
l'ordinanza n. 260 del 2000); b) la legge  n.  311  del  2004  si  e'
limitata ad  estendere  ai  professionisti  non  la  possibilita'  di
accertamento del reddito mediante movimentazioni bancarie, «ma  -  se
mai - unicamente  la  norma  concernente  il  regime  probatorio  dei
prelevamenti», nel senso che a base delle rettifiche sono  posti,  in
qualita' di «compensi», i prelevamenti bancari non  risultanti  dalle
scritture contabili e per i quali  il  contribuente  non  indichi  il
soggetto beneficiario; c) la presunzione prevista dal denunciato art.
32 del d.P.R. n. 600 del 1973 era applicabile al  reddito  di  lavoro
autonomo anche anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 311
del  2004,  come  piu'  volte  affermato  dalla  Suprema   Corte   di
cassazione; 
        che pertanto, a parere della medesima  difesa,  le  sollevate
questioni sono manifestamente infondate  perche'  non  sussistono  le
dedotte violazioni degli evocati parametri; 
        che, in particolare, non e' violato l'art. 3  Cost.,  perche'
l'inapplicabilita' della  presunzione  ai  professionisti  (esercenti
un'arte o professione) ed ai loro  compensi  avrebbe  comportato  una
irragionevole discriminazione tra due  categorie  di  contribuenti  e
perche', comunque, la stessa Agenzia delle entrate, con la  circolare
del  19  ottobre  2006  n.  32/E,  proprio  in  considerazione  della
eventuale promiscuita' dei conti degli esercenti arti o  professioni,
ha previsto che le presunzioni a carico  di  questi  siano  applicate
secondo criteri di proporzionalita' e ragionevolezza e,  quindi,  con
valutazioni «non particolarmente rigide e formali»; 
        che, sempre per l'Avvocatura generale  dello  Stato,  non  e'
violato neppure l'art. 24 Cost., perche' l'art. 1 della legge n.  311
del  2004  ha  «natura  procedimentale»,  con  la  conseguente   «sua
possibile  e  legittima  retroattivita'»,  in  quanto  si  limita  ad
apportare  la  «regolamentazione  istruttoria  e  probatoria  di  una
particolare ipotesi di movimento bancario» ed a  prevedere  «in  modo
vincolato  come  vada  fornita  la  prova  liberatoria»  avverso   le
«presunzioni bancarie» introdotte, anche a carico dei professionisti,
«fin dal 1991». 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Pescara,
con due distinte ordinanze  di  contenuto  sostanzialmente  identico,
dubita - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione -  della
legittimita' del secondo  periodo  del  numero  2)  del  primo  comma
dell'art. 32 del d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600  (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte  sui  redditi),  come
modificato dal numero 1) della lettera a) del comma 402 e  dal  comma
572 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004,  n.  311  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
legge finanziaria 2005), entrata in vigore il 1° gennaio 2005,  nella
parte in cui stabilisce che «sono [...] posti come ricavi o  compensi
a base delle [...] rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non
ne indica il soggetto beneficiario e sempreche' non  risultino  dalle
scritture  contabili,  i  prelevamenti   o   gli   importi   riscossi
nell'ambito dei [...] rapporti od operazioni» di natura finanziaria; 
        che il richiamo, nelle ordinanze di  rimessione,  del  «comma
572» dell'art. 1 della legge n. 311 del 2004 (in forza del  quale  la
legge entra in vigore  il  1°  gennaio  2005)  ha  il  solo  fine  di
precisare che il testo dell'art.  32  del  d.P.R.  n.  600  del  1973
denunciato dal rimettente e' quello entrato in vigore il  1°  gennaio
2005; 
        che, ad avviso del giudice a quo, detto art. 32  si  pone  in
contrasto con gli artt. 3 e 24  della  Costituzione  in  quanto  «non
prevede che» la presunzione  da  esso  introdotta  -  secondo  cui  i
prelevamenti  finanziari  non  giustificati  e   non   contabilizzati
integrano  «compensi»  professionali  -  «si  applichi  ai   compensi
percepiti nell'esercizio di arti e professioni solo a  decorrere  dal
periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge
n. 311 del 2004», e cioe' solo a decorrere dal periodo  d'imposta  in
corso al 1° gennaio 2005; 
        che il rimettente muove dalla doppia premessa  interpretativa
che la presunzione secondo cui gli importi riscossi o i  prelevamenti
finanziari non giustificati e non contabilizzati integrano «compensi»
professionali e' stata introdotta dalla disposizione denunciata e che
detta  presunzione  e'  applicabile  anche  nei   periodi   d'imposta
anteriori a quello in corso alla data della sua entrata in vigore; 
        che, per il giudice a quo, la censurata  disposizione,  cosi'
interpretata, viola: a) l'art. 3 Cost., perche', da un lato, assimila
irragionevolmente, con riguardo  ai  periodi  d'imposta  anteriori  a
quello in corso al 1° gennaio 2005,  alla  figura  dell'imprenditore,
che segue la regola di tenere separata la contabilita' dei  movimenti
finanziari dell'impresa, la ben diversa figura dell'esercente un'arte
o professione, che, invece, e'  solito  utilizzare  promiscuamente  i
suoi conti correnti bancari, per finalita' professionali e familiari,
senza  conservare  traccia  e  memoria  delle   piccole   operazioni;
dall'altro,  pone  una  equivalenza  tra  spesa  "occulta"  e  ricavo
"occulto", la quale,  se  costituisce  -  con  riguardo  ai  suddetti
periodi d'imposta -  un'ipotesi  «generalmente  sostenibile»  per  un
imprenditore, e' pero'  irragionevole  per  un  esercente  un'arte  o
professione;  b)  l'art.  24  Cost.,  perche'  rende   eccessivamente
difficile  la  difesa  del  contribuente  che  eserciti   un'arte   o
professione, costringendolo a ricostruire, per gli  indicati  periodi
d'imposta,  «operazioni  professionali  per  le  quali   non   veniva
richiesta - neanche da principi aziendalistici o  civilistici  -  una
contabilita' separata»; 
        che  i  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  hanno   il
medesimo oggetto e, pertanto, debbono essere congiuntamente  trattati
e decisi; 
        che  le  questioni  sono  manifestamente  inammissibili   per
insufficiente motivazione della rilevanza; 
        che, sotto un primo profilo,  il  rimettente  non  indica  le
ragioni per  le  quali  deve  fare  applicazione  della  disposizione
denunciata; 
        che,  infatti,  dopo  aver  precisato  che  gli   avvisi   di
accertamento impugnati dal contribuente (esercente la professione  di
avvocato) sono stati emessi dall'Agenzia delle entrate in conseguenza
della mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi  per  gli
anni d'imposta 2003 e 2004, il giudice a quo  non  chiarisce  perche'
ritenga di dover fare applicazione  delle  presunzioni  previste  dal
censurato secondo periodo del numero 2) del primo comma dell'art.  32
del d.P.R. n. 600 del 1973 invece di quelle che  il  successivo,  non
censurato, art. 41, prevede proprio per il caso - a  lui  prospettato
nei giudizi principali - di omessa presentazione della  dichiarazione
(presunzioni, queste, che sono piu' sfavorevoli per il  contribuente,
perche'  possono  essere  anche  prive  di  gravita',  precisione   e
concordanza); 
        che, sotto un secondo profilo, il rimettente  non  indica  le
ragioni poste a fondamento della prima delle sopra indicate  premesse
interpretative da cui muove, secondo  cui  la  presunzione  a  carico
degli  esercenti  arti  o  professioni  e'  stata  introdotta   dalla
disposizione denunciata; 
        che, al riguardo,  il  giudice  a  quo  non  precisa  perche'
ritiene di dover disattendere, sul punto, il diritto vivente, secondo
cui, invece, una identica presunzione era operante gia' prima del  1°
gennaio 2005 ed  era  applicabile  sia  agli  imprenditori  che  agli
esercenti arti o professioni; 
        che, in particolare, tale diritto vivente ha sempre  ritenuto
che, nelle previgenti formulazioni dell'art. 32 del d.P.R. n. 600 del
1973, il legislatore, nel prevedere che le movimentazioni finanziarie
non giustificate e non contabilizzate integrano «ricavi»,  ha  inteso
designare con tale termine non solo i redditi d'impresa, ma  anche  i
«compensi» professionali e di lavoratore autonomo  (ex  plurimis,  le
sentenze della Suprema Corte di cassazione n.  19692,  n.  14041,  n.
10577, n. 10576, n. 10574 e n. 802 del 2011; n.  4560  del  2010;  n.
23852 e n. 6618 del 2009; n. 11750 e n. 430 del 2008;  n.  13819,  n.
12290, n. 11221 e n. 2437 del 2007; n. 19330 del 2006); 
        che, pertanto,  il  rimettente  omette  di  chiarire  perche'
l'accoglimento delle sollevate questioni impedirebbe di applicare  al
contribuente,  quale  esercente  la  professione  di  avvocato,   una
presunzione identica a quella prevista dalla disposizione  denunciata
e desumibile dalla previgente formulazione dello stesso art.  32  del
d.P.R. n. 600 del 1973. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta  inammissibilita'  delle
questioni di legittimita'  costituzionale  del  secondo  periodo  del
numero 2) del primo comma dell'art. 32 del d.P.R. 29 settembre  1973,
n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle  imposte
sui redditi), come modificato dal numero  1)  della  lettera  a)  del
comma 402 e dal comma 572 dell'art. 1 della legge 30  dicembre  2004,
n. 311  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato -  legge  finanziaria  2005),  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Pescara con le due  ordinanze  indicate  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                         Il redattore: Gallo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti