N. 258 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile 2011

Ordinanza del 13 aprile 2011 emessa  dal  Tribunale  di  Venezia  nel
procedimento civile promosso da Adria Trading s.r.l. in  liquidazione
contro Banca Nazionale del Lavoro s.p.a.. 
 
Banca e istituti di credito - Operazioni bancarie regolate  in  conto
  corrente  -  Diritti   nascenti   dall'annotazione   in   conto   -
  Prescrizione - Decorrenza dal giorno dell'annotazione -  Previsione
  in via di  interpretazione  autentica  dell'art.  2935  del  codice
  civile - Contestuale esclusione della restituzione di importi  gia'
  versati alla data di entrata in vigore della legge n. 10 del 2011 -
  Violazione  dei  limiti  interni  all'ammissibilita'  della   legge
  interpretativa -  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  -
  Violazione del principio di effettivita' della tutela giudiziaria e
  della  riserva  di  poteri  assegnati  al  potere   giudiziario   -
  Violazione del principio della tutela del risparmio - Disparita' di
  trattamento tra somme versate indebitamente prima e dopo  l'entrata
  in vigore della legge n. 10 del 2011 - Contrasto con il divieto  di
  interferenza del legislatore nell'amministrazione  della  giustizia
  (salvo che per motivi imperativi di  interesse  generale),  sancito
  dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU),
  come  interpretata  dalla  Corte  di   Strasburgo   -   Conseguente
  inosservanza di vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. 
- Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 61,  aggiunto
  dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. 
- Costituzione, artt. 3, 24, (47), 101, 102, 104, 111  e  117,  primo
  comma,  in  relazione  all'art.  6   della   Convenzione   per   la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 
(GU n.52 del 14-12-2011 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Con atto di citazione notificato in data  22  maggio  2008  Adria
Trading srl in liquidazione esponeva di aver intrattenuto con la  BNL
spa agenzia di Mestre n. 7846 dal 1993 sino al mese  di  aprile  2003
piu' rapporti bancari e, precisamente, due rapporti di conto corrente
bancario contraddistinti dai nn. 64100 e 681082,  un  conto  anticipi
(n. 281989) e un conto sovvenzioni (n. 281475) rilevando che la banca
convenuta aveva applicato tassi superiori a quelli previsti dall'art.
117, n. 7, lett. A  del  T.U.L.B,  tassi  di  interesse  passivi  non
contrattualmente pattuiti. Precisava, altresi', che  la  banca  aveva
addebitato alla predetta societa' C.M.S., spese varie  e  commissioni
non contrattualmente pattuite oltre che interessi ultralegali tra  la
data di effettuazione  delle  singole  operazioni  e  la  data  della
rispettiva valuta. 
    Chiedeva,  quindi,  previa  dichiarazione  della  nullita'  delle
clausole  che  prevedono  la  contabilizzazione   trimestrale   degli
interessi  passivi,  delle  CMS,  delle  spese  e   degli   interessi
ultralegali che la banca fosse  condannata  alla  restituzione  delle
somme indebitamente percepite per le  causali  suindicate,  oltre  al
risarcimento dei danni, con vittoria di spese e competenze di lite. 
    Instaurato regolarmente il contraddittorio, la banca eccepiva, in
via  preliminare,  l'inammissibilita'  dell'atto  di  citazione   per
genericita' ed indeterminatezza dei fatti costitutivi  posti  a  base
della domanda e nel merito tempestivamente eccepiva  la  prescrizione
decennale  dell'azione  di  ripetizione   dell'indebito   in   quanto
decorrente il periodo prescrizionale dalla  data  di  annotazione  di
ogni singola posta  contestata  soprattutto  in  relazione  al  conto
corrente agrario n. 681082 e al conto corrente sovvenzioni n.  281475
accesi nel 1993 ed estinti nel 1994. 
    Deduceva,  peraltro,  l'avvenuta  decadenza  dalla  contestazione
degli estratti conto, ai sensi dell'art. 119 comma terzo del T.U.  n.
385/93.  Affermava,  inoltre,  la  legittimita'   delle   pattuizioni
(espressamente sottoscritte) - e delle annotazioni in conto  corrente
- relative alla capitalizzazione periodica degli interessi passivi  e
alla commissione di massimo  scoperto,  l'inapplicabilita'  dell'art.
1283 c.c. dovendo il contratto di  conto  corrente  ricondursi  nella
disciplina degli artt. 1823 e 1833 c.c. e,  in  via  subordinata,  in
quella dell'art. 1194 c.c. con  applicazione  della  capitalizzazione
semestrale o annuale e, in ulteriore via gradata,  l'applicazione  di
un tasso di interesse semplice o quello di cui all'art. 117, comma 7,
lett. a) del d.lgs. n. 385/93. Il tutto con  rifusione  delle  spese,
diritti ed onorari di lite. 
    Sulla base della documentazione in atti,  il  giudice  istruttore
ammetteva la consulenza tecnica di ufficio disponendo che  il  C.T.U.
determinasse l'importo da  restituire  al  correntista  sia  in  base
all'art.  117  comma  7°  T.U.B.,  sia   in   base   agli   interessi
convenzionali considerando sia l'ipotesi di capitalizzazione  annuale
che quella senza capitalizzazione, con scorporo della CMS. 
    Il C.T.U. depositava la relazione con le seguenti ipotesi: 
 
    

=====================================================================
                       |                           |     Somma da
                       |                           |  restituire al
                       |                           |    correntista
-----------------------|---------------------------|-----------------
  con applicazione     |  Senza capitalizzazione   |
 degli interessi con   |          degli            |   € 104.517,59
    i tassi BOT        |        interessi          |
-----------------------|---------------------------|-----------------
                       |   Con capitalizzazione    |   € 95.430,04
                       |     degli interessi       |
-----------------------|---------------------------|-----------------
 con applicazione dei  |  Senza capitalizzazione   |
 tassi convenzionali   |         degli             |   € 59.795,86
                       |       interessi           |
-----------------------|---------------------------|-----------------
                       |Con capitalizzazione degli |
                       |        interessi          |   € 29.932,20
                       |                           |
-----------------------|---------------------------|-----------------

    
 
     Successivamente, all'udienza del 25 marzo  2011  il  procuratore
dalla banca convenuta insisteva su tutte le eccezioni gia'  formulate
e, in particolare, su quella di prescrizione, alla luce  del  decreto
c.d. «milleproroghe» convertito nella legge n. 10/2011 chiedendo  che
fosse disposta una integrazione della C.T.U. anche sulla  base  delle
predetta disposizione legislativa o,  in  subordine,  che  il  C.T.U.
fosse chiamato a chiarimenti. 
    Nelle more del giudizio e, precisamente, in data 26 febbraio 2011
e' stato pubblicato sulla Gazzetta  Ufficiale  n.  47  -  Supplemento
ordinario n. 53 la legge 26 febbraio 2011  n.10  di  conversione  con
modificazioni del decreto-legge 29  dicembre  2010  n.  225,  recante
«Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni  legislative  e  di
interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e
alle famiglie» (c.d. decreto Milleproroghe), la quale all'art.  comma
1,  richiamando  l'allegato  «Modificazioni  apportate  in  sede   di
conversione al decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225»  ha  introdotto
nell'ordinamento giuridico (con decorrenza dal  giorno  successivo  a
quello della pubblicazione (art. 1) la seguente norma: «Modificazioni
apportate in sede di conversione al decreto-legge 29 dicembre 2010 n.
225: all'art. 2 dopo il comma 19  sono  aggiunti  i  seguenti  commi:
...omissis... "61.In ordine  alle  operazioni  bancarie  regolate  in
conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel  senso
che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione  in
conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In  ogni
caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia'  versati  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto-legge" (per facilita' di comprensione e  reperimento  vedansi
articolo art. 2 comma 61 del testo del decreto-legge 29 dicembre 2010
n. 225  coordinato  con  le  modifiche  apportate  con  la  legge  di
conversione 26 febbraio 2011 n. 10,  secondo  il  testo  redatto  dal
Ministero della giustizia ai sensi degli artt. 10 comma 2 e  3  e  11
comma 1 del D.P.R. 28 dicembre 1985, n.  1092  -  Testo  Unico  delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi  e  sulle  pubblicazioni
ufficiali della Repubblica italiana). 
    Conseguentemente: 
        a) la c.t.u., pur dovendo essere  espletata  sulla  base  dei
criteri sanciti dalla sentenza n. 24418/10  della  Corte  Suprema  di
Cassazione   -   Sezioni   Unite   Civili,   non   puo'   prescindere
dall'applicazione della nuova norma (c.d. Decreto Milleproroghe); 
        b) la portata innovativa del c.d. «decreto Milleproroghe»  si
presta a varie interpretazioni, alcune  delle  quali  palesemente  in
contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 (principi
di uguaglianza e di ragionevolezza), 24 e 102 ( diritto di tutela dei
propri diritti davanti agli organi giurisdizionali ordinari), 41 e 47
( principi di liberta' dell'iniziativa economica privata e di  tutela
del risparmio) della Costituzione. 
    La banca convenuta,  infatti,  in  comparsa  di  costituzione  ha
tempestivamente eccepito la prescrizione dell'azione di  restituzione
dell'indebito proposta dall'attore per cui, se la nuova norma dovesse
interpretarsi nel senso che la  prescrizione  decennale  decorre  non
dalla data di estinzione del rapporto  di  conto  corrente  (come  di
recente confermato da Cass. Civ. S.U. n. 24418/10), ma dal giorno  di
ogni singola annotazione in conto (art. 2-quinquies,  comma  9  prima
parte della impugnata legge), la conseguenza sarebbe l'estinzione per
prescrizione del diritto dell'attore alla restituzione degli  importi
versati a titolo  solutorio  e  annotati  in  data  anteriore  al  19
dicembre 1997, vale a dire annotati oltre dieci anni prima della data
di  notificazione  della  richiesta  stragiudiziale  di  restituzione
dell'indebito (raccomandata notificata alla banca in data 19 dicembre
2007),  che  rappresenta  il  primo  degli  atti  interruttivi  della
prescrizione risultante in atti. 
        c) se la seconda parte della norma  impugnata  (...  In  ogni
caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia'  versati  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto-legge») dovesse interpretarsi nel senso che nelle  operazioni
bancarie regolate in conto corrente ciascuna  delle  parti  puo'  non
restituire gli importi gia' versati alla data del 27  febbraio  2011,
anche se non dovuti, la conseguenza sarebbe il rigetto  totale  della
domanda di restituzione dell'attore, in quanto, il rapporto  bancario
in conto corrente principale su  cui  sono  confluiti  gli  interessi
passivi del conto corrente agrario e di quello convenzioni  e'  stato
chiuso il 31 marzo 2003, per cui i versamenti sono tutti  antecedenti
alla data di entrata in vigore della legge 26 febbraio 2011,  n.  10.
Cio'  posto,  essendo  evidente  la  rilevanza  della  questione   di
costituzionalita' ai fini della adozione dei provvedimenti istruttori
e decisori della causa civile in  esame,  appare  opportuno  svolgere
brevemente i motivi di diritto in base  ai  quali  questo  giudicante
ritiene costituzionalmente illegittima l'impugnata norma. 
 
                       Motivazioni di diritto 
 
    Con l'approvazione dell'art. 2, comma 61  legge  n.  10/2011  (di
conversione del d.l. n. 225/2010), entrata in vigore il  27  febbraio
2011 (in G.U. del 26 febbraio 2011) ed  inserita  nel  pacchetto  del
c.d.  «decreto  milleproroghe  2011»   il   legislatore   ha   inteso
«interpretare» l'art. 2935  c.c.  precisando  che:  «In  ordine  alle
operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'articolo  2395  del
codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai
diritti nascenti dall'annotazione in conto  inizia  a  decorrere  dal
giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non  si  fa  luogo  alla
restituzione di importi gia' versati alla data di entrata  in  vigore
della legge di conversione». 
    Detta disposizione,  invero,  sembrerebbe  incidere,  in  maniera
negativa, sul diritto dei correntisti  di  ottenere  la  restituzione
delle somme oggetto delle rimesse indebitamente  versate  alla  banca
nel   corso   del   rapporto   di   conto   corrente   per    effetto
dell'applicazione di meccanismi contrattuali inficiati  da  nullita',
radicale ed  insanabile,  legate  all'applicazione,  da  parte  della
banca,  di  interessi  a  suo  favore   a   tassi   ultralegali   non
espressamente determinati per iscritto e riconducibili ai  c.d.  «usi
su piazza» (in violazione dell'art. 1284 c.c. e 117 T.U.B.); di costi
aggiuntivi, quali ad esempio la commissione di massimo scoperto e  le
c.d. «valute-banca», affetti dalla stessa patologia;  della  clausola
(ex art. 7 N.U.B.) in forza della quale la banca ha applicato in  suo
esclusivo favore il conteggio degli interessi capitalizzati  su  base
anatocistica trimestrale (in violazione dell'art. 1283 c.c.). 
    Da un'accurata analisi della norma, cosi'  come  predisposta,  si
evince che la stessa contiene al suo interno due differenti locuzioni
letterali  e  dispositive,  autonome  che,  di  fatto,  incidono  sui
rapporti trai correntisti e gli istituti di credito. 
    In particolare, la prima allorche' dispone che  «In  ordine  alle
operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'articolo  2395  del
codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai
diritti nascenti dall'annotazione in conto  inizia  a  decorrere  dal
giorno dell'annotazione  stessa»  si  propone  di  «interpretare»  la
disposizione  principale  dettata  in   tema   di   prescrizione   e,
precisamente l'art. 2935 c.c.: «La prescrizione comincia a  decorrere
dal giorno in cui il diritto puo' essere fatto valere». 
    In particolare, a differenza di cio' che accade in  via  generale
per ogni genere di diritto, la disposizione, nei  rapporti  di  conto
corrente bancario (e,  dunque,  con  esclusione  di  qualsiasi  altro
rapporto  che  soggiace  a  quanto   stabilito   dalla   disposizione
generale),  si  deve  interpretare  nel  senso  che  la  prescrizione
(evidentemente  su  base  ordinaria  decennale  ex  art.  2946  c.c.)
riferibile   all'esercizio   degli   specifici   «diritti    nascenti
dall'annotazione in conto», decorre dall'annotazione stessa. 
    Cio'  premesso,  il  diritto  del  correntista  di  ottenere   in
restituzione  dalla  banca  le  somme   alla   stessa   indebitamente
corrisposte in applicazione di  meccanismi  e  clausole  contrattuali
viziate da nullita' trova fondamento nell'assoluta improduttivita' di
effetti  della  nullita'  stessa.  In  altri  termini,  l'azione   di
accertamento della nullita' e' imprescrittibile ex art. 1422 c.c. 
    Altra cosa e', invece, e' l'esercizio  del  diritto  finalizzato,
non   gia'    all'accertamento    della    nullita'    (come    detto
imprescrittibile), bensi' alla ripetizione delle prestazioni eseguite
in forza di titolo nullo, «altra  essendo  la  domanda  volta  a  far
dichiarare la nullita' di un atto,  che  non  si  prescrive  affatto,
altra quella volta ad ottenere la condanna alla restituzione  di  una
prestazione eseguita: sicche' ...,  con  riferimento  a  quest'ultima
domanda, il termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data
della  decisione  che  abbia  accertato  la   nullita'   del   titolo
giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso» (1) 
    E' evidente che solo e soltanto l'atto giuridico del «pagamento»,
puo' «dar vita ad un'eventuale pretesa restitutoria di chi assume  di
averlo  indebitamente  effettuato  (2)  »,  atteso   che   solo   con
riferimento ad un «pagamento» puo' dirsi  esistente  l'esecuzione  di
una prestazione in relazione alla quale si verifica  uno  spostamento
patrimoniale dal  solvens  all'accipiens  in  ipotesi  «indebita»  e,
quindi, ripetibile ex art. 2033 c.c. 
    Ne consegue che  «Non  puo',  pertanto,  neppure  ipotizzarsi  il
decorso del termine della prescrizione del diritto  alla  ripetizione
se non da quando sia intervenuto un atto  giuridico  definibile  come
"pagamento", che l'attore pretende essere indebito, perche' prima  di
quel momento non e' configurabile alcun diritto di ripetizione» (3) . 
    Orbene, la disposizione introdotta con  il  decreto  c.d.  «mille
proroghe» allorche' fa riferimento all'art. 2935 c.c., non  fa  alcun
riferimento  ai  diritti  nascenti  dalla  ripetizione  di  pagamenti
indebiti  effettuati  nel  corso  di  operazioni  bancarie  di  conto
corrente, bensi' regola  l'ipotesi,  ben  diversa  e  strutturalmente
incompatibile con la prima dei «diritti nascenti dall'annotazione  in
conto». 
    «Ed invero, il diritto di ripetizione ontologicamente  non  nasce
e,  non  puo'  "neppure  ipotizzarsi",  riguardo   al   fatto   della
"annotazione sul conto", bensi' solo riguardo al fatto del "pagamento
sul conto". 
    Non  v'e'  chi  non  veda,  dunque,  la  differenza  radicale   e
strutturale delle due diversi ipotesi fattuali  considerate,  ponendo
la nuova disposizione, sedicente "interpretativa", una disciplina  in
tema di prescrizione riferibile soltanto a  vicende  controverse  del
tutto distinte ed incompatibili con quelle da  cui  trae  origine  il
diritto  del  correntista  ad  ottenere  la  ripetizione   di   somme
indebitamente versate, poiche' nascenti dall'applicazione di nullita'
insanabili. 
    E, come detto, non puo' neanche  opinarsi  che,  a  dispetto  del
contenuto  e  del  significato  letterale  intrinseco   della   nuova
disposizione, la stessa possa essere a sua volta interpretata in  via
estensiva, in guisa da far ricomprendere al suo  interno  fattispecie
del tutto ad essa estranee, atteso che la stessa e'  espressamente  e
tassativamente riferibile ai soli "diritti nascenti  dall'annotazione
in  conto"  (cfr.:  avv.  Domenico  Guadalupi  "Il  Milleproghe  2011
salvabanche" in il Foro di Lecce n. 2/2011) . 
    Ed infatti, "L'annotazione in conto di una siffatta posta ...  in
nessun modo si risolve in un pagamento, nei termini  sopra  indicati,
perche' non vi corrisponde alcuna attivita' solutoria del correntista
medesimo nei confronti della banca» (4) . 
    L'annotazione in conto altro non  e',  invero,  se  non  un  mera
descrizione  «contabile»  redatta  unilateralmente  dalla  banca  non
idonea ad assumere alcuna efficacia estintiva di  natura  sostanziale
dei diritti di credito sorti in capo al correntista  per  effetto  di
pagamenti indebiti poiche' nascenti da titolo nullo (5) 
    In conclusione, la norma in questione nulla innova sul tema della
prescrizione  che  qui  interessa,  in  relazione   alla   quale   la
prescrizione del diritto del correntista di ottenere  la  ripetizione
delle somme indebitamente versate alla banca, in  considerazione  del
carattere unitario del rapporto di conto corrente, inizia a decorrere
dalla chiusura del conto ove il versamento  della  somma  controversa
sia riconducibile ad una rimessa «ripristinatoria» (6) . 
    La seconda parte della disposizione incide, invece, non sul  tema
della prescrizione,  bensi'  sul  diritto  stesso  alla  ripetizione,
stabilendo che «In ogni caso non si fa  luogo  alla  restituzione  di
importi gia' versati alla data di entrata in vigore  della  legge  di
conversione». 
    E' evidente che,  a  differenza  della  prima  proposizione,  non
assume alcun carattere interpretativo atteso che la stessa deroga  (e
non «interpreta») tout court all'art. 2033 c.c. 
    Di conseguenza non puo' avere valenza retroattiva e modificare la
disciplina in base alla quale va definita e risolta una  controversia
giudiziaria pendente alla data  di  entrata  in  vigore  della  nuova
norma,  il  cui  giudizio  va  deciso  sulla  base  della  disciplina
previgente sulla base del noto principio tempus regit actum (art. 11,
comma 1 Preleggi). 
    Nessuna incidenza, pertanto, puo'  avere  sui  giudizi  pendenti,
rispetto ai quali la decisione va assunta nel rispetto  della  regola
sancita dall'art. 2033 c.c.. Alla luce di quanto sopra e' evidente il
carattere precettivo della disposizione palesemente in deroga con  il
principio della  ripetizione  dell'indebito,  genericamente  previsto
dall'art.  2033  c.c.,  che  risulterebbe  applicabile  in  qualsiasi
rapporto giuridico tranne che per quello di conto corrente  bancario.
Di qui la ratio incomprensibile  della  norma  frutto,  probabilmente
della fretta, pur in mancanza, come sopra  detto,  dei  requisiti  di
urgenza. 
    La  sua  formulazione  lessicale  non  consente   di   ritenerla,
pertanto, applicabile alle ipotesi riguardanti la tutela  di  diritti
ripetitori nascenti da «pagamenti» su conto (e non  da  «annotazioni»
su conto). 
    Cio' tuttavia, poiche' entrambe le  locuzioni  possono  incidere,
l'una in via  interpretativa  (quella  in  tema  di  prescrizione)  e
l'altra e  in  via  sostanziale  (quella  in  tema  di  diritto  alla
ripetizione), sulle  questioni  che  interessano  il  contenzioso  in
essere  tra  istituti  di  credito  e  correntisti,   e'   necessario
verificare se, in ipotesi di ritenuta applicabilita' tout court della
(duplice) nuova norma  anche  alle  questioni  in  esame,  la  stessa
risulti  effettivamente  coerente  con  i  principi   sanciti   dalla
Costituzione. 
    La (duplice) nuova norma appare, infatti, in aperto contrasto  ed
in manifesta violazione dei principi costituzionali di cui agli artt.
3, 24, 47, 101, 102, 104 e 111, 117 Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Violazione del limite costituzionale imposto nell'introduzione  di
norme interpretative. 
    Come gia' rilevato, la prima proposizione vuoi avere la  funzione
di interpretare la disciplina applicabile alla prescrizione  in  tema
di  «operazioni  regolate  in  conto  corrente»  con  riferimento  ai
«diritti nascenti dall'annotazione in conto». 
    Cosi' facendo, pero', finirebbe inevitabilmente per integrare una
disposizione interpretativa sia delle norme in tema di  prescrizione,
che di quelle di cui all'art. 1283 c.c., all'art. 1284 comma  2  c.c.
ed all'art. 117 T.U.B., con conseguente  modifica  dei  contenuti  di
quest'ultime. 
    E cio' va escluso  perche'  il  legislatore  si  e'  limitato  ad
introdurre la predetta disposizione in un corpus normativo del  tutto
eterogeneo e certamente non  avente  la  funzione  di  riordinare  la
disciplina del settore sopra richiamato che, di fatto, va ad incidere
su rapporti regolati da disposizioni di carattere generale. 
    D'altra parte, il legislatore, con la norma citata,  che  non  ha
alcuna finzione  di  eliminare  eventuali  incertezze  interpretative
ovvero di rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti -
tanto piu' a seguito del recente intervento della Cassazione a S.U. -
si e', di fatto, sostituito  al  potere  giudiziario,  rilevandone  i
compiti. 
    Tali  sono,  infatti,  i  principi  chiaramente   sanciti   dalla
Consulta, la quale ha affermato  che  «la  legge  di  interpretazione
autentica deve rispondere alla funzione che le e' propria: quella  di
chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una  delle
possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale, sia  al
fine di eliminare eventuali incertezze interpretative  (sentenza  nn.
163 del 1991 e 413 del 1988), sia per  rimediare  ad  interpretazioni
giurisprudenziali  divergenti  con  la  linea  politica  del  diritto
perseguita dal legislatore (sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 424 e  402
del 1993; 455 e 454 del 1992 ed altre)» (7) 
    Le sentenze richiamate nella detta decisione contengono,  a  loro
volta, l'ulteriore principio per  cui  «Il  carattere  interpretativo
deve  desumersi  dalla  struttura  della  fattispecie  normativa,  in
relazione cioe' ad un rapporto tra norme  tale  che  il  sopravvenire
della norma interpretante non fa venire meno la  norma  interpretata,
ma l'una e l'altra si saldano tra loro, dando luogo  ad  un  precetto
normativa unitario». 
    Orbene e' evidente che la norma  in  esame  appare  contraria  ai
principi costituzionali sopra richiamatati ove si consideri che: 
        la stessa, con riferimento all'art. 2935 c.c.,  non  si  pone
affatto in chiave  «interpretativa»  bensi'  in  finzione  nettamente
«derogativa ed innovativa», atteso che, in applicazione  dell'univoco
significato offerto dal detto principio  generale,  non  v'e'  alcuna
incertezza nel ritenere che nei rapporti di conto corrente bancario i
diritti del correntista nascano e possano essere  fatti  valere,  non
gia' dall'annotazione sul conto, bensi' dalla chiusura dello stesso; 
        con riferimento agli artt. 2033, 1283 e 1284  comma  2  c.c.,
117 T.U.B., la disposizione legislativa in maniera netta e rilevante,
offrendo un precetto  normativo  che,  riguardo  al  principio  della
prescrizione  dei  diritti  nascenti  in  favore  del   cliente,   e'
tutt'altro  che  unitario  (specie,  ove  si  consideri  il   diverso
trattamento che dovrebbe restare immutato in tema di rapporti bancari
diversi da quello di conto corrente, a cui  la  norma  esclusivamente
dedica la propria attenzione); 
        non si comprende  quale  siano  le  incertezze  e  divergenze
interpretative sollevate dalla giurisprudenza. 
    Vero  e',  invece,  che  la  norma,  lungi  dal  porsi  il  (solo
apparente)  fine  di  colmare  oscillazioni  di  tipo  interpretativo
affatto  esistenti,  si  propone,  invece,  l'evidente  finalita'  di
imporre una  linea  «innovativa»  in  aperto  contrasto  col  diverso
orientamento  giurisprudenziale,  definitivamente  conclamato   anche
dalla Suprema Corte regolatrice a Sezioni Unite, col  chiaro  intento
di ribaltarne e rivoluzionarne forzosamente gli effetti. 
2. Violazione del principio di ragionevolezza. 
    Afferma la stessa Consulta che, comunque ed  in  ogni  caso,  «La
riconosciuta natura effettivamente interpretativa di una  legge,  non
e' sufficiente  ad  escludere  che  la  stessa  determini  violazioni
costituzionali.  Invero,  la   sovrana   volonta'   del   legislatore
nell'emanare dette leggi incontra una  serie  di  limiti  che  questa
Corte ha da tempo individuato, e  che  attengono  alla  salvaguardia,
oltre che di norme costituzionali, di fondamentali valori di civilta'
giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e  dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza, che ridonda  nel  divieto  di  introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento (sentenze nn. 397  e  6  del
1994; 424 e 283 del 1993; 440 del 1992 e 429 del 1993)» (8) . 
    Il principio in parola, racchiuso nell'art.  3  Cost.  (anche  in
conformita' di quello sovranazionale UE e CEDU cui quello interno  e'
tenuto a  conformarsi  per  quanto  appresso  si  dira'),  impone  il
rispetto del piu' generale dogma della coerenza organica. 
    In conformita'  a  quanto  insegnato  dal  Giudice  delle  leggi,
l'ordinamento  viene  meno  allorche'  una  o  piu'  disposizioni  di
carattere generale  risultino,  senza  una  adeguata  e  giustificata
spiegazione, derogate da  una  norma  «particolare»,  ed  addirittura
«singolare», ossia riferita non gia' ad una molteplicita'  indefinita
di rapporti ma ad «uno in particolare». 
    Rispetto a tale principio generale,  la  norma  particolare  (sia
quella «interpretativa», sia quella «sostanziale») si pone in  palese
contrasto, svuotando completamente di  significato  l'intero  tessuto
normativo in cui  essa  incide  e,  di  conseguenza,  improvvisamente
menomando, anzi annullando del tutto (l'esclusione del  diritto  alla
ripetizione conduce, infatti, a tale aberrante  effetto),  i  diritti
che ne sarebbero conseguiti a tutela degli interessi  lesi  in  danno
del contraente debole. 
    Detta norma che e' norma «particolare»  perche',  per  l'appunto,
salva soltanto,  e  paradossalmente,  soltanto  il  contraente  forte
incidendo, peraltro, sui soli conti correnti e trascurando del  tutto
la disciplina di tutte le altre tipologie di rapporti bancari per  la
intuibile ed ovvia ragione  che  e'  proprio  il  conto  corrente  lo
strumento  tipico  attraverso   cui   si   compiono   gli   squilibri
sperequativi in danno del soggetto debole. 
3. Violazione del principio di effettivita' della tutela  giudiziaria
e della riserva dei poteri assegnati al potere giudiziario. 
    Afferma ancora la stessa Consulta  che  il  legislatore  incontra
nella  produzione  normativa   l'ulteriore   limite   della   «tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  quale  principio
connaturato allo Stato di diritto (sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 429
del  1993;   822   del   1988)   e   il   rispetto   delle   funzioni
costituzionalmente riservate al potere  giudiziario»  (9)  ,  con  la
conseguente   implicazione   che   «Allorquando,   invece,    risulti
l'intenzione della legge interpretativa di vincolare  il  giudice  ad
assumere una  determinata  decisione  in  specifiche  ed  individuate
controversie, la funzione legislativa  perde  la  propria  natura  ed
assume contenuto meramente provvedi mentale» (10) . 
    In  altri  termini,  la  disposizione  normativa,   dichiarandosi
interpretativa, non puo' aggirare  l'ostacolo  insormontabile,  posto
alla  base  dello  Stato  di  diritto,   concernente   il   principio
inderogabile della effettivita' della tutela giudiziaria e del giusto
processo,  nonche'  della  invulnerabilita'  delle  funzioni  proprie
costituzionalmente riservate al potere giudiziario. 
    Diversamente, come pure evidenziato dal Giudice delle  leggi,  si
assiste ad un fenomeno, costituzionalmente illegittimo,  per  cui  il
legislatore giunge a porre nel  nulla  le  funzioni  giurisdizionali,
intervenendo  per  annullare  gli  effetti  del  giudicato   mediante
l'introduzione di novellazione intenzionalmente diretta  ad  incidere
su concrete fattispecie gia' sub judice. 
    Ben lungi  dall'introdurre  una  normazione  organica  diretta  a
regolare una molteplicita' indeterminata di situazione e rapporti, la
nuova disposizione e', invece,  manifestamente  diretta  ad  incidere
soltanto sul contenzioso pendente tra correntisti e banche,  al  fine
di sterilizzare i risultati cui e'  pervenuta  la  giurisprudenza  di
legittimita'. 
    Ed invero, l'applicazione tout court  con  efficacia  retroattiva
della  nuova  norma  sulla  prescrizione  determinerebbe  un  effetto
aberrante rispetto  alle  controversie  pendenti  alla  data  di  sua
entrata in vigore, compromettendone inevitabilmente gli esiti solo ed
esclusivamente in favore delle banche, uniche reali  beneficiarie  di
tale nuovo regime. 
    E cio' contrasta con la Carta costituzionale. 
4.Violazione del principio della tutela del risparmio. 
    L'applicazione di tassi ultralegali illegittimi e dell'anatocismo
mina alla radice il principio del risparmio, garantito  dall'art.  47
Cost. 
    L'indebita   riscossione   e   ritenzione    di    tali    somme,
illegittimamente sottratte ai patrimoni ed ai risparmi dei cittadini,
implica, infatti, grave violazione e compromissione del principio del
risparmio, costituzionalmente garantito, idoneo ad incidere,  per  le
sue   proporzioni,   sull'economia   e   sul   reddito    dell'intera
collettivita'. 
5.  Disparita'  di  trattamento  tra  somme  versate   indebitamente,
rispettivamente, prima e dopo l'entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto-legge. 
    Come gia' rilevato la norma censurata prevede che «in  ogni  caso
non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati  alla  data
di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del  presente
decreto-legge». 
    Cio' comporta per il correntista la preclusione di ogni azione di
ripetizione («non si fa luogo alla restituzione»)  delle  somme  gia'
indebitamente corrisposte alla banca per le sole somme  gia'  versate
alla data di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del
presente  decreto-legge,  con   conseguente   introduzione   di   una
ingiustificata compressione del diritto di  ripetere  l'indebito  per
chi abbia  posto  in  essere  pagamenti  fino  alla  suddetta  soglia
temporale, e non anche  per  chi  non  versi  ancora  nella  predetta
situazione giuridica. 
    Anche in tale caso,  si  differenzia  il  regime  riservato  alla
medesima situazioni giuridica  (ovvero  il  pagamento  di  somme  non
dovute) sulla base di un mero dato temporale. 
6. Violazione dell'art. 117 primo comma Cost. in relazione all'art. 6
della Convenzione Europea per la salvaguardia di diritti dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali ratificata e resa esecutiva con  legge  4
agosto 1955 n. 848. 
    Su tale punto il Tribunale di  Brindisi,  sezione  distaccata  di
Ostuni, ha gia' investito la Corte costituzionale sul presupposto che
«la norma internazionale,  che  sancisce  il  diritto  ad  un  giusto
processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed  imparziale,  impone
al legislatore di uno Stato  contraente,  nell'interpretazione  della
Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, di non interferire
nell'amministrazione della  giustizia  allo  scopo  d'influire  sulla
singola causa o su di  una  determinata  categoria  di  controversie,
attraverso  norme  interpretative  che  assegnino  alla  disposizione
interpretata  un  significato   vantaggioso   per   una   parte   del
procedimento,  salvo  il  caso  di  «ragioni  imperative  d'interesse
generale». Di conseguenza, quando una norma nazionale e' in contrasto
con una norma convenzionale - a condizione che quest'ultima  non  sia
in conflitto con la costituzione - si  ha  violazione  dell'art.  117
primo  comma  della  Costituzione.  La  Corte  europea  ha,  infatti,
precisato che il principio dello Stato di diritto  e  la  nozione  di
processo  equo  sancito  dall'  articolo   6   della   CEDU   vietano
l'interferenza del legislatore nell'amministrazione  della  giustizia
destinata a influenzare l'esito della controversia,  fatta  eccezione
che per motivi imperativi di interesse generale. 
    In virtu' del suddetto  orientamento  deve  ritenersi  in  palese
contrasto  con  l'art.   6   Cedu,   quella   norma   che   modifichi
retroattivamente,  in  senso  sfavorevole  per  gli  interessati,  le
disposizioni di legge attributive di diritti, la  cui  lesione  abbia
dato luogo ad azioni  giudiziarie  ancora  pendenti  all'epoca  della
modifica. 

(1) Testualmente  Cass.,  SS.UU.,  02.1/2010,  n.  244418,  la  quale
    richiama il precedente di Cass., 13.04.2005, n. 7651).. 

(2) Testualmente Cass., SS.UU., 244418/2010 cit. 

(3) Testualmente Cass.,   SS.UU., 244418/2010 cit. 

(4) Testualmente Cass., SS.UU., 244418/2010    cit. 

(5) Ex multis, Cass. , 11 marzo 1996,  n.  1978;  Cass.  1°  febbraio
    2002, n. 1287; Cass. 2 ottobre 2003, n. 14684). 

(6) Sulla differenza tra versamento «ripristinatorio»  e  «solutorio»
    Cass.,  SS.UU.,  24418/2010  cit.  Sul  carattere  unitario   del
    contratto di conto corrente bancario e sulle implicazioni in tema
    di prescrizione dei diritti ripetitori del correntista, Cass.,  9
    agosto 1984, n. 2262; Cass., 14 maggio 2005, n. 10127;  Cass.  14
    aprile 1998, n. 3782; Cass. 19 giugno 1997,  n.  5481;  Cass.  18
    aprile 1996, n. 3662. Nella giurisprudenza di merito App.  Lecce,
    6 febbraio 2001; App. Lecce,  22  ottobre  2001;  App.  Lecce,  9
    gennaio 2009; Trib. Lecce, G.U. Positano, 10  marzo  2006;  Trib.
    Benevento, 18 febbraio 2008, G.U. Cusani) 

(7) Testualmente Corte cost. 12 luglio 1995 (28 giugno 1995), n. 311.
    Oltre ai precedenti nella  stessa  richiamati,  la  decisione  si
    conforma a Corte cost. nn. 525/2000; 374/2002; 26/2003; 274/2006;
    234/2007; 170/2008).. 

(8) Testualmente Corte cost. 311/2005 cit. 

(9) Testualmente Corte cost. 311/1995 cit. 

(10) Testualmente Corte cost. 23 novembre 1994 (10 novembre 1994), n.
     397 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letti gli artt. 134 e  137  della  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n.
87, il Tribunale ordinario di  Venezia,  in  persona  del  GOT  dott.
Giovanni Calasso, ritenuta non manifestamente infondata e  rilevante,
per la decisione del presente giudizio, la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 61, della legge n. 10 del 2011,  di
conversione del Decreto Milleproroghe (d.l. 29 dicembre 2010 n.  225,
pubblicato sul supplemento ordinario n. 53 della  Gazzetta  Ufficiale
n. 47 del 26 febbraio 2011), per  violazione,  non  solo  dei  limiti
interni all'ammissibilita' di  una  legge  interpretativa,  ma  anche
degli artt. 3, 24, 101, 102, 104 e 111, 117  della  Costituzione  nei
termini e per le ragioni di cui in motivazione; 
    dispone la sospensione del procedimento in corso; 
    ordina la notificazione della presente  ordinanza  al  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  e  la  comunicazione  della  stessa  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; 
    ordina la trasmissione dell'ordinanza alla  Corte  costituzionale
insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle  notificazioni
e delle comunicazioni prescritte. 
    Si comunichi. 
        Venezia, 12 aprile 2011 
 
                           Il GOT: Calasso