N. 258 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile 2011
Ordinanza del 13 aprile 2011 emessa dal Tribunale di Venezia nel procedimento civile promosso da Adria Trading s.r.l. in liquidazione contro Banca Nazionale del Lavoro s.p.a.. Banca e istituti di credito - Operazioni bancarie regolate in conto corrente - Diritti nascenti dall'annotazione in conto - Prescrizione - Decorrenza dal giorno dell'annotazione - Previsione in via di interpretazione autentica dell'art. 2935 del codice civile - Contestuale esclusione della restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge n. 10 del 2011 - Violazione dei limiti interni all'ammissibilita' della legge interpretativa - Violazione del principio di ragionevolezza - Violazione del principio di effettivita' della tutela giudiziaria e della riserva di poteri assegnati al potere giudiziario - Violazione del principio della tutela del risparmio - Disparita' di trattamento tra somme versate indebitamente prima e dopo l'entrata in vigore della legge n. 10 del 2011 - Contrasto con il divieto di interferenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia (salvo che per motivi imperativi di interesse generale), sancito dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretata dalla Corte di Strasburgo - Conseguente inosservanza di vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. - Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 61, aggiunto dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. - Costituzione, artt. 3, 24, (47), 101, 102, 104, 111 e 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.(GU n.52 del 14-12-2011 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 22 maggio 2008 Adria Trading srl in liquidazione esponeva di aver intrattenuto con la BNL spa agenzia di Mestre n. 7846 dal 1993 sino al mese di aprile 2003 piu' rapporti bancari e, precisamente, due rapporti di conto corrente bancario contraddistinti dai nn. 64100 e 681082, un conto anticipi (n. 281989) e un conto sovvenzioni (n. 281475) rilevando che la banca convenuta aveva applicato tassi superiori a quelli previsti dall'art. 117, n. 7, lett. A del T.U.L.B, tassi di interesse passivi non contrattualmente pattuiti. Precisava, altresi', che la banca aveva addebitato alla predetta societa' C.M.S., spese varie e commissioni non contrattualmente pattuite oltre che interessi ultralegali tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta. Chiedeva, quindi, previa dichiarazione della nullita' delle clausole che prevedono la contabilizzazione trimestrale degli interessi passivi, delle CMS, delle spese e degli interessi ultralegali che la banca fosse condannata alla restituzione delle somme indebitamente percepite per le causali suindicate, oltre al risarcimento dei danni, con vittoria di spese e competenze di lite. Instaurato regolarmente il contraddittorio, la banca eccepiva, in via preliminare, l'inammissibilita' dell'atto di citazione per genericita' ed indeterminatezza dei fatti costitutivi posti a base della domanda e nel merito tempestivamente eccepiva la prescrizione decennale dell'azione di ripetizione dell'indebito in quanto decorrente il periodo prescrizionale dalla data di annotazione di ogni singola posta contestata soprattutto in relazione al conto corrente agrario n. 681082 e al conto corrente sovvenzioni n. 281475 accesi nel 1993 ed estinti nel 1994. Deduceva, peraltro, l'avvenuta decadenza dalla contestazione degli estratti conto, ai sensi dell'art. 119 comma terzo del T.U. n. 385/93. Affermava, inoltre, la legittimita' delle pattuizioni (espressamente sottoscritte) - e delle annotazioni in conto corrente - relative alla capitalizzazione periodica degli interessi passivi e alla commissione di massimo scoperto, l'inapplicabilita' dell'art. 1283 c.c. dovendo il contratto di conto corrente ricondursi nella disciplina degli artt. 1823 e 1833 c.c. e, in via subordinata, in quella dell'art. 1194 c.c. con applicazione della capitalizzazione semestrale o annuale e, in ulteriore via gradata, l'applicazione di un tasso di interesse semplice o quello di cui all'art. 117, comma 7, lett. a) del d.lgs. n. 385/93. Il tutto con rifusione delle spese, diritti ed onorari di lite. Sulla base della documentazione in atti, il giudice istruttore ammetteva la consulenza tecnica di ufficio disponendo che il C.T.U. determinasse l'importo da restituire al correntista sia in base all'art. 117 comma 7° T.U.B., sia in base agli interessi convenzionali considerando sia l'ipotesi di capitalizzazione annuale che quella senza capitalizzazione, con scorporo della CMS. Il C.T.U. depositava la relazione con le seguenti ipotesi: ===================================================================== | | Somma da | | restituire al | | correntista -----------------------|---------------------------|----------------- con applicazione | Senza capitalizzazione | degli interessi con | degli | € 104.517,59 i tassi BOT | interessi | -----------------------|---------------------------|----------------- | Con capitalizzazione | € 95.430,04 | degli interessi | -----------------------|---------------------------|----------------- con applicazione dei | Senza capitalizzazione | tassi convenzionali | degli | € 59.795,86 | interessi | -----------------------|---------------------------|----------------- |Con capitalizzazione degli | | interessi | € 29.932,20 | | -----------------------|---------------------------|----------------- Successivamente, all'udienza del 25 marzo 2011 il procuratore dalla banca convenuta insisteva su tutte le eccezioni gia' formulate e, in particolare, su quella di prescrizione, alla luce del decreto c.d. «milleproroghe» convertito nella legge n. 10/2011 chiedendo che fosse disposta una integrazione della C.T.U. anche sulla base delle predetta disposizione legislativa o, in subordine, che il C.T.U. fosse chiamato a chiarimenti. Nelle more del giudizio e, precisamente, in data 26 febbraio 2011 e' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 - Supplemento ordinario n. 53 la legge 26 febbraio 2011 n.10 di conversione con modificazioni del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» (c.d. decreto Milleproroghe), la quale all'art. comma 1, richiamando l'allegato «Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225» ha introdotto nell'ordinamento giuridico (con decorrenza dal giorno successivo a quello della pubblicazione (art. 1) la seguente norma: «Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225: all'art. 2 dopo il comma 19 sono aggiunti i seguenti commi: ...omissis... "61.In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge" (per facilita' di comprensione e reperimento vedansi articolo art. 2 comma 61 del testo del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225 coordinato con le modifiche apportate con la legge di conversione 26 febbraio 2011 n. 10, secondo il testo redatto dal Ministero della giustizia ai sensi degli artt. 10 comma 2 e 3 e 11 comma 1 del D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092 - Testo Unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana). Conseguentemente: a) la c.t.u., pur dovendo essere espletata sulla base dei criteri sanciti dalla sentenza n. 24418/10 della Corte Suprema di Cassazione - Sezioni Unite Civili, non puo' prescindere dall'applicazione della nuova norma (c.d. Decreto Milleproroghe); b) la portata innovativa del c.d. «decreto Milleproroghe» si presta a varie interpretazioni, alcune delle quali palesemente in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 (principi di uguaglianza e di ragionevolezza), 24 e 102 ( diritto di tutela dei propri diritti davanti agli organi giurisdizionali ordinari), 41 e 47 ( principi di liberta' dell'iniziativa economica privata e di tutela del risparmio) della Costituzione. La banca convenuta, infatti, in comparsa di costituzione ha tempestivamente eccepito la prescrizione dell'azione di restituzione dell'indebito proposta dall'attore per cui, se la nuova norma dovesse interpretarsi nel senso che la prescrizione decennale decorre non dalla data di estinzione del rapporto di conto corrente (come di recente confermato da Cass. Civ. S.U. n. 24418/10), ma dal giorno di ogni singola annotazione in conto (art. 2-quinquies, comma 9 prima parte della impugnata legge), la conseguenza sarebbe l'estinzione per prescrizione del diritto dell'attore alla restituzione degli importi versati a titolo solutorio e annotati in data anteriore al 19 dicembre 1997, vale a dire annotati oltre dieci anni prima della data di notificazione della richiesta stragiudiziale di restituzione dell'indebito (raccomandata notificata alla banca in data 19 dicembre 2007), che rappresenta il primo degli atti interruttivi della prescrizione risultante in atti. c) se la seconda parte della norma impugnata (... In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge») dovesse interpretarsi nel senso che nelle operazioni bancarie regolate in conto corrente ciascuna delle parti puo' non restituire gli importi gia' versati alla data del 27 febbraio 2011, anche se non dovuti, la conseguenza sarebbe il rigetto totale della domanda di restituzione dell'attore, in quanto, il rapporto bancario in conto corrente principale su cui sono confluiti gli interessi passivi del conto corrente agrario e di quello convenzioni e' stato chiuso il 31 marzo 2003, per cui i versamenti sono tutti antecedenti alla data di entrata in vigore della legge 26 febbraio 2011, n. 10. Cio' posto, essendo evidente la rilevanza della questione di costituzionalita' ai fini della adozione dei provvedimenti istruttori e decisori della causa civile in esame, appare opportuno svolgere brevemente i motivi di diritto in base ai quali questo giudicante ritiene costituzionalmente illegittima l'impugnata norma. Motivazioni di diritto Con l'approvazione dell'art. 2, comma 61 legge n. 10/2011 (di conversione del d.l. n. 225/2010), entrata in vigore il 27 febbraio 2011 (in G.U. del 26 febbraio 2011) ed inserita nel pacchetto del c.d. «decreto milleproroghe 2011» il legislatore ha inteso «interpretare» l'art. 2935 c.c. precisando che: «In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'articolo 2395 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione». Detta disposizione, invero, sembrerebbe incidere, in maniera negativa, sul diritto dei correntisti di ottenere la restituzione delle somme oggetto delle rimesse indebitamente versate alla banca nel corso del rapporto di conto corrente per effetto dell'applicazione di meccanismi contrattuali inficiati da nullita', radicale ed insanabile, legate all'applicazione, da parte della banca, di interessi a suo favore a tassi ultralegali non espressamente determinati per iscritto e riconducibili ai c.d. «usi su piazza» (in violazione dell'art. 1284 c.c. e 117 T.U.B.); di costi aggiuntivi, quali ad esempio la commissione di massimo scoperto e le c.d. «valute-banca», affetti dalla stessa patologia; della clausola (ex art. 7 N.U.B.) in forza della quale la banca ha applicato in suo esclusivo favore il conteggio degli interessi capitalizzati su base anatocistica trimestrale (in violazione dell'art. 1283 c.c.). Da un'accurata analisi della norma, cosi' come predisposta, si evince che la stessa contiene al suo interno due differenti locuzioni letterali e dispositive, autonome che, di fatto, incidono sui rapporti trai correntisti e gli istituti di credito. In particolare, la prima allorche' dispone che «In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'articolo 2395 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa» si propone di «interpretare» la disposizione principale dettata in tema di prescrizione e, precisamente l'art. 2935 c.c.: «La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto puo' essere fatto valere». In particolare, a differenza di cio' che accade in via generale per ogni genere di diritto, la disposizione, nei rapporti di conto corrente bancario (e, dunque, con esclusione di qualsiasi altro rapporto che soggiace a quanto stabilito dalla disposizione generale), si deve interpretare nel senso che la prescrizione (evidentemente su base ordinaria decennale ex art. 2946 c.c.) riferibile all'esercizio degli specifici «diritti nascenti dall'annotazione in conto», decorre dall'annotazione stessa. Cio' premesso, il diritto del correntista di ottenere in restituzione dalla banca le somme alla stessa indebitamente corrisposte in applicazione di meccanismi e clausole contrattuali viziate da nullita' trova fondamento nell'assoluta improduttivita' di effetti della nullita' stessa. In altri termini, l'azione di accertamento della nullita' e' imprescrittibile ex art. 1422 c.c. Altra cosa e', invece, e' l'esercizio del diritto finalizzato, non gia' all'accertamento della nullita' (come detto imprescrittibile), bensi' alla ripetizione delle prestazioni eseguite in forza di titolo nullo, «altra essendo la domanda volta a far dichiarare la nullita' di un atto, che non si prescrive affatto, altra quella volta ad ottenere la condanna alla restituzione di una prestazione eseguita: sicche' ..., con riferimento a quest'ultima domanda, il termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data della decisione che abbia accertato la nullita' del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso» (1) E' evidente che solo e soltanto l'atto giuridico del «pagamento», puo' «dar vita ad un'eventuale pretesa restitutoria di chi assume di averlo indebitamente effettuato (2) », atteso che solo con riferimento ad un «pagamento» puo' dirsi esistente l'esecuzione di una prestazione in relazione alla quale si verifica uno spostamento patrimoniale dal solvens all'accipiens in ipotesi «indebita» e, quindi, ripetibile ex art. 2033 c.c. Ne consegue che «Non puo', pertanto, neppure ipotizzarsi il decorso del termine della prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico definibile come "pagamento", che l'attore pretende essere indebito, perche' prima di quel momento non e' configurabile alcun diritto di ripetizione» (3) . Orbene, la disposizione introdotta con il decreto c.d. «mille proroghe» allorche' fa riferimento all'art. 2935 c.c., non fa alcun riferimento ai diritti nascenti dalla ripetizione di pagamenti indebiti effettuati nel corso di operazioni bancarie di conto corrente, bensi' regola l'ipotesi, ben diversa e strutturalmente incompatibile con la prima dei «diritti nascenti dall'annotazione in conto». «Ed invero, il diritto di ripetizione ontologicamente non nasce e, non puo' "neppure ipotizzarsi", riguardo al fatto della "annotazione sul conto", bensi' solo riguardo al fatto del "pagamento sul conto". Non v'e' chi non veda, dunque, la differenza radicale e strutturale delle due diversi ipotesi fattuali considerate, ponendo la nuova disposizione, sedicente "interpretativa", una disciplina in tema di prescrizione riferibile soltanto a vicende controverse del tutto distinte ed incompatibili con quelle da cui trae origine il diritto del correntista ad ottenere la ripetizione di somme indebitamente versate, poiche' nascenti dall'applicazione di nullita' insanabili. E, come detto, non puo' neanche opinarsi che, a dispetto del contenuto e del significato letterale intrinseco della nuova disposizione, la stessa possa essere a sua volta interpretata in via estensiva, in guisa da far ricomprendere al suo interno fattispecie del tutto ad essa estranee, atteso che la stessa e' espressamente e tassativamente riferibile ai soli "diritti nascenti dall'annotazione in conto" (cfr.: avv. Domenico Guadalupi "Il Milleproghe 2011 salvabanche" in il Foro di Lecce n. 2/2011) . Ed infatti, "L'annotazione in conto di una siffatta posta ... in nessun modo si risolve in un pagamento, nei termini sopra indicati, perche' non vi corrisponde alcuna attivita' solutoria del correntista medesimo nei confronti della banca» (4) . L'annotazione in conto altro non e', invero, se non un mera descrizione «contabile» redatta unilateralmente dalla banca non idonea ad assumere alcuna efficacia estintiva di natura sostanziale dei diritti di credito sorti in capo al correntista per effetto di pagamenti indebiti poiche' nascenti da titolo nullo (5) In conclusione, la norma in questione nulla innova sul tema della prescrizione che qui interessa, in relazione alla quale la prescrizione del diritto del correntista di ottenere la ripetizione delle somme indebitamente versate alla banca, in considerazione del carattere unitario del rapporto di conto corrente, inizia a decorrere dalla chiusura del conto ove il versamento della somma controversa sia riconducibile ad una rimessa «ripristinatoria» (6) . La seconda parte della disposizione incide, invece, non sul tema della prescrizione, bensi' sul diritto stesso alla ripetizione, stabilendo che «In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione». E' evidente che, a differenza della prima proposizione, non assume alcun carattere interpretativo atteso che la stessa deroga (e non «interpreta») tout court all'art. 2033 c.c. Di conseguenza non puo' avere valenza retroattiva e modificare la disciplina in base alla quale va definita e risolta una controversia giudiziaria pendente alla data di entrata in vigore della nuova norma, il cui giudizio va deciso sulla base della disciplina previgente sulla base del noto principio tempus regit actum (art. 11, comma 1 Preleggi). Nessuna incidenza, pertanto, puo' avere sui giudizi pendenti, rispetto ai quali la decisione va assunta nel rispetto della regola sancita dall'art. 2033 c.c.. Alla luce di quanto sopra e' evidente il carattere precettivo della disposizione palesemente in deroga con il principio della ripetizione dell'indebito, genericamente previsto dall'art. 2033 c.c., che risulterebbe applicabile in qualsiasi rapporto giuridico tranne che per quello di conto corrente bancario. Di qui la ratio incomprensibile della norma frutto, probabilmente della fretta, pur in mancanza, come sopra detto, dei requisiti di urgenza. La sua formulazione lessicale non consente di ritenerla, pertanto, applicabile alle ipotesi riguardanti la tutela di diritti ripetitori nascenti da «pagamenti» su conto (e non da «annotazioni» su conto). Cio' tuttavia, poiche' entrambe le locuzioni possono incidere, l'una in via interpretativa (quella in tema di prescrizione) e l'altra e in via sostanziale (quella in tema di diritto alla ripetizione), sulle questioni che interessano il contenzioso in essere tra istituti di credito e correntisti, e' necessario verificare se, in ipotesi di ritenuta applicabilita' tout court della (duplice) nuova norma anche alle questioni in esame, la stessa risulti effettivamente coerente con i principi sanciti dalla Costituzione. La (duplice) nuova norma appare, infatti, in aperto contrasto ed in manifesta violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 47, 101, 102, 104 e 111, 117 Cost. per i seguenti Motivi 1) Violazione del limite costituzionale imposto nell'introduzione di norme interpretative. Come gia' rilevato, la prima proposizione vuoi avere la funzione di interpretare la disciplina applicabile alla prescrizione in tema di «operazioni regolate in conto corrente» con riferimento ai «diritti nascenti dall'annotazione in conto». Cosi' facendo, pero', finirebbe inevitabilmente per integrare una disposizione interpretativa sia delle norme in tema di prescrizione, che di quelle di cui all'art. 1283 c.c., all'art. 1284 comma 2 c.c. ed all'art. 117 T.U.B., con conseguente modifica dei contenuti di quest'ultime. E cio' va escluso perche' il legislatore si e' limitato ad introdurre la predetta disposizione in un corpus normativo del tutto eterogeneo e certamente non avente la funzione di riordinare la disciplina del settore sopra richiamato che, di fatto, va ad incidere su rapporti regolati da disposizioni di carattere generale. D'altra parte, il legislatore, con la norma citata, che non ha alcuna finzione di eliminare eventuali incertezze interpretative ovvero di rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti - tanto piu' a seguito del recente intervento della Cassazione a S.U. - si e', di fatto, sostituito al potere giudiziario, rilevandone i compiti. Tali sono, infatti, i principi chiaramente sanciti dalla Consulta, la quale ha affermato che «la legge di interpretazione autentica deve rispondere alla funzione che le e' propria: quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale, sia al fine di eliminare eventuali incertezze interpretative (sentenza nn. 163 del 1991 e 413 del 1988), sia per rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la linea politica del diritto perseguita dal legislatore (sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 424 e 402 del 1993; 455 e 454 del 1992 ed altre)» (7) Le sentenze richiamate nella detta decisione contengono, a loro volta, l'ulteriore principio per cui «Il carattere interpretativo deve desumersi dalla struttura della fattispecie normativa, in relazione cioe' ad un rapporto tra norme tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venire meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano tra loro, dando luogo ad un precetto normativa unitario». Orbene e' evidente che la norma in esame appare contraria ai principi costituzionali sopra richiamatati ove si consideri che: la stessa, con riferimento all'art. 2935 c.c., non si pone affatto in chiave «interpretativa» bensi' in finzione nettamente «derogativa ed innovativa», atteso che, in applicazione dell'univoco significato offerto dal detto principio generale, non v'e' alcuna incertezza nel ritenere che nei rapporti di conto corrente bancario i diritti del correntista nascano e possano essere fatti valere, non gia' dall'annotazione sul conto, bensi' dalla chiusura dello stesso; con riferimento agli artt. 2033, 1283 e 1284 comma 2 c.c., 117 T.U.B., la disposizione legislativa in maniera netta e rilevante, offrendo un precetto normativo che, riguardo al principio della prescrizione dei diritti nascenti in favore del cliente, e' tutt'altro che unitario (specie, ove si consideri il diverso trattamento che dovrebbe restare immutato in tema di rapporti bancari diversi da quello di conto corrente, a cui la norma esclusivamente dedica la propria attenzione); non si comprende quale siano le incertezze e divergenze interpretative sollevate dalla giurisprudenza. Vero e', invece, che la norma, lungi dal porsi il (solo apparente) fine di colmare oscillazioni di tipo interpretativo affatto esistenti, si propone, invece, l'evidente finalita' di imporre una linea «innovativa» in aperto contrasto col diverso orientamento giurisprudenziale, definitivamente conclamato anche dalla Suprema Corte regolatrice a Sezioni Unite, col chiaro intento di ribaltarne e rivoluzionarne forzosamente gli effetti. 2. Violazione del principio di ragionevolezza. Afferma la stessa Consulta che, comunque ed in ogni caso, «La riconosciuta natura effettivamente interpretativa di una legge, non e' sufficiente ad escludere che la stessa determini violazioni costituzionali. Invero, la sovrana volonta' del legislatore nell'emanare dette leggi incontra una serie di limiti che questa Corte ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, oltre che di norme costituzionali, di fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento (sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 424 e 283 del 1993; 440 del 1992 e 429 del 1993)» (8) . Il principio in parola, racchiuso nell'art. 3 Cost. (anche in conformita' di quello sovranazionale UE e CEDU cui quello interno e' tenuto a conformarsi per quanto appresso si dira'), impone il rispetto del piu' generale dogma della coerenza organica. In conformita' a quanto insegnato dal Giudice delle leggi, l'ordinamento viene meno allorche' una o piu' disposizioni di carattere generale risultino, senza una adeguata e giustificata spiegazione, derogate da una norma «particolare», ed addirittura «singolare», ossia riferita non gia' ad una molteplicita' indefinita di rapporti ma ad «uno in particolare». Rispetto a tale principio generale, la norma particolare (sia quella «interpretativa», sia quella «sostanziale») si pone in palese contrasto, svuotando completamente di significato l'intero tessuto normativo in cui essa incide e, di conseguenza, improvvisamente menomando, anzi annullando del tutto (l'esclusione del diritto alla ripetizione conduce, infatti, a tale aberrante effetto), i diritti che ne sarebbero conseguiti a tutela degli interessi lesi in danno del contraente debole. Detta norma che e' norma «particolare» perche', per l'appunto, salva soltanto, e paradossalmente, soltanto il contraente forte incidendo, peraltro, sui soli conti correnti e trascurando del tutto la disciplina di tutte le altre tipologie di rapporti bancari per la intuibile ed ovvia ragione che e' proprio il conto corrente lo strumento tipico attraverso cui si compiono gli squilibri sperequativi in danno del soggetto debole. 3. Violazione del principio di effettivita' della tutela giudiziaria e della riserva dei poteri assegnati al potere giudiziario. Afferma ancora la stessa Consulta che il legislatore incontra nella produzione normativa l'ulteriore limite della «tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 429 del 1993; 822 del 1988) e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (9) , con la conseguente implicazione che «Allorquando, invece, risulti l'intenzione della legge interpretativa di vincolare il giudice ad assumere una determinata decisione in specifiche ed individuate controversie, la funzione legislativa perde la propria natura ed assume contenuto meramente provvedi mentale» (10) . In altri termini, la disposizione normativa, dichiarandosi interpretativa, non puo' aggirare l'ostacolo insormontabile, posto alla base dello Stato di diritto, concernente il principio inderogabile della effettivita' della tutela giudiziaria e del giusto processo, nonche' della invulnerabilita' delle funzioni proprie costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Diversamente, come pure evidenziato dal Giudice delle leggi, si assiste ad un fenomeno, costituzionalmente illegittimo, per cui il legislatore giunge a porre nel nulla le funzioni giurisdizionali, intervenendo per annullare gli effetti del giudicato mediante l'introduzione di novellazione intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie gia' sub judice. Ben lungi dall'introdurre una normazione organica diretta a regolare una molteplicita' indeterminata di situazione e rapporti, la nuova disposizione e', invece, manifestamente diretta ad incidere soltanto sul contenzioso pendente tra correntisti e banche, al fine di sterilizzare i risultati cui e' pervenuta la giurisprudenza di legittimita'. Ed invero, l'applicazione tout court con efficacia retroattiva della nuova norma sulla prescrizione determinerebbe un effetto aberrante rispetto alle controversie pendenti alla data di sua entrata in vigore, compromettendone inevitabilmente gli esiti solo ed esclusivamente in favore delle banche, uniche reali beneficiarie di tale nuovo regime. E cio' contrasta con la Carta costituzionale. 4.Violazione del principio della tutela del risparmio. L'applicazione di tassi ultralegali illegittimi e dell'anatocismo mina alla radice il principio del risparmio, garantito dall'art. 47 Cost. L'indebita riscossione e ritenzione di tali somme, illegittimamente sottratte ai patrimoni ed ai risparmi dei cittadini, implica, infatti, grave violazione e compromissione del principio del risparmio, costituzionalmente garantito, idoneo ad incidere, per le sue proporzioni, sull'economia e sul reddito dell'intera collettivita'. 5. Disparita' di trattamento tra somme versate indebitamente, rispettivamente, prima e dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge. Come gia' rilevato la norma censurata prevede che «in ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge». Cio' comporta per il correntista la preclusione di ogni azione di ripetizione («non si fa luogo alla restituzione») delle somme gia' indebitamente corrisposte alla banca per le sole somme gia' versate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, con conseguente introduzione di una ingiustificata compressione del diritto di ripetere l'indebito per chi abbia posto in essere pagamenti fino alla suddetta soglia temporale, e non anche per chi non versi ancora nella predetta situazione giuridica. Anche in tale caso, si differenzia il regime riservato alla medesima situazioni giuridica (ovvero il pagamento di somme non dovute) sulla base di un mero dato temporale. 6. Violazione dell'art. 117 primo comma Cost. in relazione all'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia di diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n. 848. Su tale punto il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, ha gia' investito la Corte costituzionale sul presupposto che «la norma internazionale, che sancisce il diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, impone al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, di non interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie, attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per una parte del procedimento, salvo il caso di «ragioni imperative d'interesse generale». Di conseguenza, quando una norma nazionale e' in contrasto con una norma convenzionale - a condizione che quest'ultima non sia in conflitto con la costituzione - si ha violazione dell'art. 117 primo comma della Costituzione. La Corte europea ha, infatti, precisato che il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo sancito dall' articolo 6 della CEDU vietano l'interferenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia destinata a influenzare l'esito della controversia, fatta eccezione che per motivi imperativi di interesse generale. In virtu' del suddetto orientamento deve ritenersi in palese contrasto con l'art. 6 Cedu, quella norma che modifichi retroattivamente, in senso sfavorevole per gli interessati, le disposizioni di legge attributive di diritti, la cui lesione abbia dato luogo ad azioni giudiziarie ancora pendenti all'epoca della modifica. (1) Testualmente Cass., SS.UU., 02.1/2010, n. 244418, la quale richiama il precedente di Cass., 13.04.2005, n. 7651).. (2) Testualmente Cass., SS.UU., 244418/2010 cit. (3) Testualmente Cass., SS.UU., 244418/2010 cit. (4) Testualmente Cass., SS.UU., 244418/2010 cit. (5) Ex multis, Cass. , 11 marzo 1996, n. 1978; Cass. 1° febbraio 2002, n. 1287; Cass. 2 ottobre 2003, n. 14684). (6) Sulla differenza tra versamento «ripristinatorio» e «solutorio» Cass., SS.UU., 24418/2010 cit. Sul carattere unitario del contratto di conto corrente bancario e sulle implicazioni in tema di prescrizione dei diritti ripetitori del correntista, Cass., 9 agosto 1984, n. 2262; Cass., 14 maggio 2005, n. 10127; Cass. 14 aprile 1998, n. 3782; Cass. 19 giugno 1997, n. 5481; Cass. 18 aprile 1996, n. 3662. Nella giurisprudenza di merito App. Lecce, 6 febbraio 2001; App. Lecce, 22 ottobre 2001; App. Lecce, 9 gennaio 2009; Trib. Lecce, G.U. Positano, 10 marzo 2006; Trib. Benevento, 18 febbraio 2008, G.U. Cusani) (7) Testualmente Corte cost. 12 luglio 1995 (28 giugno 1995), n. 311. Oltre ai precedenti nella stessa richiamati, la decisione si conforma a Corte cost. nn. 525/2000; 374/2002; 26/2003; 274/2006; 234/2007; 170/2008).. (8) Testualmente Corte cost. 311/2005 cit. (9) Testualmente Corte cost. 311/1995 cit. (10) Testualmente Corte cost. 23 novembre 1994 (10 novembre 1994), n. 397
P.Q.M. Letti gli artt. 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, il Tribunale ordinario di Venezia, in persona del GOT dott. Giovanni Calasso, ritenuta non manifestamente infondata e rilevante, per la decisione del presente giudizio, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, della legge n. 10 del 2011, di conversione del Decreto Milleproroghe (d.l. 29 dicembre 2010 n. 225, pubblicato sul supplemento ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2011), per violazione, non solo dei limiti interni all'ammissibilita' di una legge interpretativa, ma anche degli artt. 3, 24, 101, 102, 104 e 111, 117 della Costituzione nei termini e per le ragioni di cui in motivazione; dispone la sospensione del procedimento in corso; ordina la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Si comunichi. Venezia, 12 aprile 2011 Il GOT: Calasso