N. 168 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 novembre - 2 dicembre 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 dicembre 2011 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Caccia - Norme della Regione Lombardia - Piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 - Autorizzazione in deroga alla cattura di 47.000 uccelli - Adozione con legge anziche' con atto amministrativo - Mancata acquisizione del parere dell'ISPRA - Contrasto con le modalita' di adozione previste dalla normativa statale, per asserita finalita' di aggiramento del potere di annullamento da parte del Consiglio dei ministri - Lamentata assenza dei presupposti e delle condizioni poste dalla normativa comunitaria per l'autorizzazione in deroga e particolarmente del requisito della piccola quantita' - Lamentato contrasto con la normativa internazionale che inibisce l'uso di impianti e mezzi di cattura non selettivi e che impone il vaglio di soluzioni alternative - Lamentata riproposizione di norma gia' dichiarata illegittima con la sentenza n. 190 del 2011 - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, violazione dell'obbligo di osservanza dei vincoli comunitari e della normativa internazionale, violazione del giudicato costituzionale - Istanza di sospensione. - Legge della Regione Lombardia 26 settembre 2011, n. 16. - Costituzione, artt. 117, commi primo e secondo, lett. s), e 136; legge 11 febbraio 1992, n. 157, artt. 4, comma 3, e 19-bis; legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2007, n. 3, art. 1, comma 3; direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2011, artt. 8, comma 1, e 9; convenzione di Parigi 18 ottobre 1950, art. 5 D, ratificata con legge 24 novembre 1978, n. 812; sentenza della Corte di Giustizia CE del 7 marzo 1996, C-118/94; sentenza della Corte di Giustizia CE dell'11 novembre 2010, C-164/09; legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26, all. D, comma 5.(GU n.52 del 14-12-2011 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 21 novembre 2011, rappresentato e difeso ex lege dall'avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei portoghesi 12, contro la regione Lombardia, in persona del Presidente p.t., nella sede di Milano, piazza citta' di Lombardia 1, per sentir dichiarare l'illegittimita' costituzionale della l.r. Lombardia n. 16/2011, pubblicata sul BUR n. 39 del 29 settembre 2011, riguardante «Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012» per contrasto con gli artt. 117, primo comma, 117, secondo comma, lett. s, 136 della costituzione e degli artt. 8 e 9 dello statuto della regione autonoma Trentino Alto Adige Premesso La legge, che approva il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012, ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura di richiami vivi), presenta diversi aspetti di illegittimita' costituzionale. Violazione dell'art. 117, comma secondo s) Cost. - profilo formale delle modalita' di adozione dell'atto di deroga alla disciplina dell'art. 9 direttiva 2009/147/CE, fissato da legge dello Stato avente carattere di principio fondamentale. In via preliminare, si rappresenta che la scelta dello strumento legislativo per dettare tale disciplina anziche' quella dell'atto amministrativo - trattasi di legge provvedimento - rappresenta una violazione della normativa statale di riferimento, in quanto, come anche ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 250 del 25 giugno 2008, l'esercizio delle deroghe con legge provvedimento preclude l'esercizio del potere di annullamento da parte del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 19-bis della legge n. 157/1992, «finalizzato a garantire una uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale». Inoltre, nonostante le regioni abbiano una competenza in materia di autorizzazione alla approvazione del piano di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 3 della legge n. 157/1992, tale potesta' deve essere esercitata, ai sensi dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, nel rispetto del diritto comunitario nonche' dei principi stabiliti dal legislatore statale con la normativa su richiamata, contenente gli standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, secondo quanto disposto dall'art. 117, comma 2, lettera s, Cost. In tale quadro l'art. 19-bis legge n. 157/1992 e' norma interposta, facente parte della serie di presidi a tutela dei requisiti minimi di tutela della fauna selvatica, che attraverso il sistema della legge provvedimento viene aggirata. Infatti, fa parte delle norme di tutela anche la norma strumentale che preveda il procedimento per applicare tali minimi uniformi, e tale e' la procedura di annullamento del piano di cattura previsto dall'art 19-bis, non applicabile in presenza di legge provvedimento. Per questo la legge deve essere dichiarata incostituzionale. Violazione art. 117, primo comma Cost. sotto il profilo sostanziale delle condizioni della deroga ai disposti dell'art. 9 direttiva e della normativa internazionale. In primo luogo, l'autorizzazione alla cattura delle specie indicate nell'Allegato A della legge impugnata avviene in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9 della direttiva 2009/147/CE, configurandosi, pertanto, la chiara violazione del vincolo comunitario, di cui all'art. 117, comma 1, Cost. Infatti, la direttiva su richiamata subordina la possibilita' di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantita' alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalita' selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio. A1 contrario, leggiamo nell'allegato A, viene autorizzata la cattura di 47.000 uccelli. Quantita' che non puo' definirsi piccola ai sensi dell'art. 9 direttiva 147, cit., che viene quindi violata puntualmente dalla legge impugnata, che deve quindi essere dichiarata incostituzionale Ma vi e' di piu'. La legge impugnata costituisce esecuzione della l.r. quadro sulla cattura di uccelli da richiamo n. 3/2007, che all'art. 1, comma 3 prevede che le catture sono attuate secondo le disposizioni di cui all'all. D della l.r. n. 26/93, ed e' leggendo l'allegato D che si evince trattarsi di catture di massa con l'uso di reti, vietate dall'art. 5 D della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 ratificata con legge n. 812/78, e dall'art. 8, comma 1, direttiva 2009/147/CE e relativo all. IV, lettera a). In particolare il comma 5 dell'all. D alla l.r. n. 26/93 dispone che: «Gli impianti possono essere fissi o mobili, a reti verticali od orizzontali di tipo tramaglio o mist-netz, gli impianti fissi, costituiti da roccoli, bressane, copertoni o prodine, dovranno essere adeguatamente tabellati a cura della Provincia. «Ora la Corte costituzionale, con sentenza n. 165/09, richiamando precedente giurisprudenza, ha dichiarato l'illegittimita' di disposizioni di una l.r. della regione Friuli che consentivano l'utilizzo della bressana, del roccolo e della prodina, perche' mezzi non selettivi in contrasto con la normativa internazionale (Conv. Berna del 1979 rat. con l. n. 503/81). La legge impugnata consente il riuso di tali impianti assolutamente inibiti dal diritto internazionale e va dichiarata incostituzionale. Violazione art. 117, primo comma, lettera s) Cost. - Profilo sostanziale di violazione delle condizioni di esercizio della deroga all'art. 9 direttiva 2009/147/CE fissati da normativa nazionale inderogabile. La normativa in esame, disponendo l'autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria in corso, in assenza del parere favorevole dell'ISPRA, contrasta con l'art. 4, comma 3 della legge n. 157/1992 che richiede espressamente il suddetto parere. Ne' basta rifarsi, come la l.r. fa, a remoti pareri dell'ISPRA, perche' l'art. 4, comma 3 prevede un parere in sede di concessione, e se tale concessione avviene in deroga al citato art. 9, deve essere rinnovata, con valutazioni aggiornate, anno per anno. Infatti la disciplina dettata dalla citata norma statale prevede che il ricorso al regime di deroga implica la necessita' di attenersi a quanto previsto dall'art. 9, della direttiva n. 2009/147/CE, che prevede la possibilita' di autorizzare deroghe «per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantita'», subordinandole alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti. Pertanto l'ISPRA (ex INFS), nello svolgere il compito di «certificazione e controllo» dell'attivita' degli impianti assegnatogli dalla legge statale indica alle diverse regioni interessate la necessita' di rispettare alcuni presupposti essenziali per ottemperare agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria. Tale normativa vieta (art. 8 Direttiva) i metodi di cattura indiscriminati, e tali sono quelli degli impianti di cattura degli uccelli da richiamo, consistenti in boschi appositamente coltivati e muniti di reti, e vieta (art. 8, secondo comma, all. IV alla medesima direttiva) la cattura di uccelli con reti. Percio' la legge deve essere dichiarata incostituzionale. Violazione art. 117, primo comma Cost., sotto il profilo del vincolo comunitario per cui le deroghe all'art. 9 direttiva 2009/147/CE devono essere motivate. Infine, la motivazione posta a corredo dell'autorizzazione del piano di cattura regionale non appare rispettare il vincolo comunitario e nazionale, dettato da CGCE 8 giugno 06, C-118/94, che prevede che l'obbligo motivazionale faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2, tra cui il vaglio di soluzioni alternative. Infatti, l'affermazione regionale secondo cui «gli allevamenti presenti sul territorio regionale non sono in grado di soddisfare le richieste dei richiami da parte dei cacciatori e che, pertanto, l'unica soluzione perseguibile, per quanto da accompagnarsi con la riproduzione in cattivita', pare essere quella della cattura di esemplari viventi allo stato naturale» non e' sufficiente a chiarire perche' una campagna di allevamento in cattivita', tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il fabbisogno necessario di richiami vivi, cosi' come rilevato gia' dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 190 del 2011 che ha giudicato illegittima analoga disposizione della stessa regione Lombardia riferita alla passata stagione venatoria. Violazione del giudicato costituzionale (art. 136 Cost.). Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 266/2010 ha dichiarato illegittima la legge della stessa regione Lombardia n. 19/09, impugnata dal Governo e con sentenza n. 190 del 2011 ha dichiarato illegittima la legge regionale n. 16 del 2010, dagli analoghi contenuti, leggi regionali riferite alle stagioni venatorie 2009/2010 e 2010/11. La violazione del giudicato costituzionale si da' quando la medesima norma dichiarata illegittima dalla Corte viene nuovamente emanata dal legislatore. Cfr. C Cost. n. 922/88. Nel caso deciso da Corte cost. n. 266/10, la corte, con riferimento alla l.r. Lombardia n. 19/09, cosi' motivava. La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia' chiarito che si tratta di «un potere di deroga esercitabile in via eccezionale» che ammette «l'abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall'art. 9.1, e secondo le procedure e le modalita' di cui al punto 2 dello stesso art. 9» (sentenze n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008). Il carattere eccezionale del potere in questione e' stato peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza comunitaria (in particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa C-118/94), secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri a derogare al divieto generale di cacciare le specie protette e' subordinata alla adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2. Detti requisiti, infatti - precisa sempre la Corte di giustizia della Comunita' europea (oggi Corte di giustizia dell'Unione europea) - perseguono il duplice scopo di limitare le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli organi comunitari a cio' preposti. In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; d) l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i controlli che saranno effettuati. Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo comunitario derivante dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l'osservanza dell'obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e cio' a prescindere dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in concreto utilizzato per l'introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. 7. - Ebbene, tale onere non risulta rispettato in alcuno degli atti legislativi impugnati. In particolare, quanto alla legge della Regione Lombardia n. 19 del 2009, deve rilevarsi la completa omissione di qualsiasi cenno in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla direttiva. Quanto all'art. 2 della legge della Regione Toscana n. 53 del 2009, invece, la motivazione, seppure formalmente esistente, risulta fondata su petizioni di principio prive di alcun riferimento alle condizioni concrete che avrebbero potuto, in ipotesi, giustificare la deroga adottata. Inoltre, il mancato assolvimento di tale onere risulta ancora piu' evidente se si considerano le puntuali obiezioni svolte dall'ISPRA (nel parere datato 14 agosto 2009), secondo il quale «i dati relativi ai richiami attualmente detenuti» dalla Regione Toscana avrebbero mostrato «come la riproduzione in cattivita'» non solo rappresentasse «una valida alternativa alla cattura», ma costituisse anche «la principale fonte di approvvigionamento per i cacciatori». 8. - Pertanto, in accoglimento dei ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri, deve essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale di entrambe le disposizioni regionali impugnate, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 9 della direttiva 79/409/CEE - oggi riprodotto nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE. E' del tutto evidente che anche la l.r. qui impugnata presenta gli stessi vizi, come l'omissione del parere dell'ISPRA e la violazione dell'art. 9 della direttiva. Nel caso deciso da Corte cost. n. 190/11 la Corte, con riferimento alla l.r. Lombardia n. 16/10, cosi' motivava. 3.1. - Questa Corte, infatti, gia' con la recente sentenza n. 266 del 2010, e' stata chiamata a scrutinare delle disposizioni normative adottate dalla Regione Lombardia e dalla Regione Toscana aventi ad oggetto la disciplina della cattura dei richiami vivi. In quella occasione e' stato precisato che l'art. 9 della direttiva 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici) prevede che gli Stati membri, «sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti», possano derogare alle misure di protezione poste dalla medesima direttiva per il conseguimento di una serie di interessi generali tassativamente indicati fra i quali, per quanto riguarda il presente giudizio, quello di «consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di uccelli in piccole quantita'». Il carattere eccezionale del potere in questione e' stato peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza comunitaria (in particolare, con riferimento alla previsione, peraltro avente lo stesso tenore di quella ora richiamata, contenuta nell'art. 9 della direttiva 79/409/CEE: Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa C-118/94), secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri a derogare al divieto generale di cacciare le specie protette e' subordinata alla adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2. Detti requisiti, infatti, perseguono il duplice scopo di limitare le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli organi comunitari a cio' preposti. In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; d) l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i controlli che saranno effettuati. Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo comunitario derivante dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l'osservanza dell'obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e cio' a prescindere dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in concreto utilizzato per l'introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. Chiarito quanto sopra, rileva questa Corte che, per cio' che concerne la legge regionale della Lombardia n. 16 del 2010, la quale riproduce in termini sostanzialmente testuali il contenuto della legge regionale n. 19 del 2009, valgono le medesime considerazioni gia' svolte riguardo a quest'ultima nella citata sentenza n. 266 del 2010; cioe' che in essa vi e' la completa omissione di qualsiasi cenno in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla direttiva. Quanto all'art. 2 della legge regionale della Toscana n. 50 del 2010, anche se e' dato riscontrare nel suo preambolo, rispetto a quanto contenuto in quello della legge regionale n. 53 del 2009, lo sviluppo di qualche ulteriore linea argomentativa, va tuttavia evidenziato che, non diversamente che per il passato, e' fondata su di una mera petizione di principio la affermazione secondo la quale «Non esiste al momento altra condizione soddisfacente a fronte delle richieste pervenute se non quella del metodo delle catture» (punto 11 del preambolo della legge regionale n. 50 del 2010), non essendo affatto chiarito perche' una campagna di allevamento in cattivita', tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il fabbisogno necessario di richiami vivi, in tal modo costituendo, secondo le prescrizioni rese in sede consultiva dall'ISPRA, «una valida alternativa alla cattura» dei medesimi. L'affermazione della illegittimita' costituzionale delle norme censurate per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. assorbe l'ulteriore profilo di censura sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Parimenti assorbita viene ad essere la questione della sospensione dell'efficacia delle disposizioni legislative impugnate posta nei ricorsi (sentenze n. 326 e n. 10 del 2010). Anche qui si ripresenta la violazione negli stessi termini dell'art. 9 della direttiva anche per questa ragione la legge va dichiarata incostituzionale. La norma regionale quindi, oltre a violare il giudicato costituzionale con riferimento alle citate sentenze, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione, non rispettando i vincoli comunitari, e viola altresi' la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. Istanza cautelare di sospensione. Considerato, inoltre, che con la recente sentenza della Corte di Giustizia Cee in causa C-164/09, la Repubblica italiana e' stata condannata a causa di una deroga immotivata agli artt. 5/8 della Direttiva 79/409/CEE, circa le specie cacciabili, operata da una legge regionale del Veneto, si ritiene che ricorrano i presupposti per la sospensione dell'esecuzione delle norme impugnate di cui all'articolo 35 della legge n. 87/1953, cosi' come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 131/2003. Infatti, poiche' la stagione di caccia si chiude, per le specie oggetto delle norme regionali in esame, tra il 31 dicembre 2011 e il 31 gennaio 2012, quindi ben prima della ragionevole conclusione di questo giudizio, sussistono il fumus boni juris (confortato da precedenti giudicati costituzionali) e il periculum in mora di cui all'art. 35 legge n. 87/53, consistente nel rischio, irreparabile, di una condanna della Repubblica italiana. Alle sanzioni per inadempimento dell'obbligo gia' accertato come inadempiuto dalla CGCE nella citata sentenza c-164/09, rischio irreparabile in questi momenti drammatici per la finanza pubblica. Sussiste, poi, il rischio di un pregiudizio permanente per l'ordinamento, ogni anno violato e beffato dalla reiterazione delle stesse norme gia' dichiarate incostituzionali dalla Corte, sicche' unico rimedio e' la sospensione delle stesse in corso di causa.
P. Q. M. Alla luce dei suddetti motivi di censura, si ritiene che la legge provinciale debba essere impugnata dinanzi la Corte costituzionale e si richiede ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, sia dichiarata, previa sospensione dell'efficacia, l'illegittimita' costituzionale della l.r. Lombardia n. 16/11, pubblicata sul Bollettino ufficiale - n. 39 del 29 settembre 2011 riguardante «Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012» per contrasto con gli artt. 117, primo comma, 117, secondo comma, lettera s), 136 della Costituzione. Roma, 21 novembre 2011 p. L'Avvocato dello Stato: De Felice