N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 febbraio 2012

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  28  febbraio  2012  (della   Regione   Trentino-Alto
Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  la
  crescita, l'equita' ed  il  consolidamento  dei  conti  pubblici  -
  Previsione che le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano
  e gli Enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza,  adeguano
  i propri ordinamenti a quanto previsto dall'art. 6,  comma  5,  del
  D.L. 21 maggio  2010,  n.  78,  convertito  in  legge  n.  122/2010
  (previsione di un minimo fisso e ridotto di componenti degli organi
  di amministrazione e controllo), con riferimento alle Agenzie, agli
  Enti e agli organismi strumentali, comunque denominati,  sottoposti
  alla loro vigilanza, entro un anno dalla data di entrata in  vigore
  del decreto impugnato - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige -
  Denunciata   violazione   dell'autonomia   finanziaria    regionale
  disciplinata con  norme  statutarie,  mediante  imposizione  di  un
  limite non transitorio non alla spesa complessiva, ma ad una minuta
  voce di spesa senza alcun margine di scelta per le Regioni sul modo
  per conseguire il risparmio. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 22, comma
  3. 
- Costituzione, artt. 117, 118  e  119,  in  combinato  disposto  con
  l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; statuto
  della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, n. 1), 16, Titolo VI e,
  in particolare, artt. 69, 79, 103, 104 e 107 e  relative  norme  di
  attuazione, tra le quali il  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  266  (in
  particolare, artt. 2 e 4) e il d.lgs. 16 marzo  1992,  n.  268  (in
  particolare, artt. 9, 10 e 10-bis). 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  la
  crescita, l'equita' ed  il  consolidamento  dei  conti  pubblici  -
  Concorso  alla  normativa  degli  Enti  territoriali  ed  ulteriori
  riduzioni di spesa - Previsione  che,  con  le  procedure  previste
  dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto
  speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, assicurano,  a
  decorrere dall'anno 2012, un concorso alla finanza pubblica di  860
  milioni di euro annui - Previsione, altresi', che con  le  medesime
  procedure le Regioni Valle d'Aosta e  Friuli-Venezia  Giulia  e  le
  Province autonome di Trento  e  Bolzano,  assicurano  alla  finanza
  pubblica un concorso di 60 milioni  di  euro  annui,  da  parte  di
  comuni ricadenti nel proprio  territorio  -  Previsione,  che  fino
  all'emanazione delle norme di attuazione di cui  al  predetto  art.
  27, l'importo complessivo di 920 milioni di  euro  e'  accantonato,
  proporzionalmente alla media degli impegni  finali  registrata  per
  ciascuna autonomia nel triennio 2007-2009 a valere sulle  quote  di
  compartecipazione  ai  tributi  erariali  e  che  per  la   Regione
  Siciliana si tiene conto della rideterminazione del fondo sanitario
  nazionale  per  effetto  del  comma  2  -  Ricorso  della   Regione
  Trentino-Alto Adige - Denunciata ulteriore rilevante sottrazione di
  risorse  alle  Regioni  speciali,  in  contrasto  con   il   regime
  finanziario disciplinato dallo Statuto - Violazione  del  principio
  di leale collaborazione - Violazione del principio  di  uguaglianza
  relativamente alla previsione che  addossa  irragionevolmente  alle
  altre autonomie speciali una quota parte  del  finanziamento  della
  spesa sanitaria della Regione Siciliana. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 28, comma
  3. 
- Costituzione, artt. 3, 117, 118 e 119, in  combinato  disposto  con
  l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; statuto
  della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, n. 1), 16, Titolo VI e,
  in particolare, artt. 69, 79, 103, 104 e 107 e  relative  norme  di
  attuazione, tra le quali il  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  266  (in
  particolare, artt. 2 e 4) e il d.lgs. 16 marzo  1992,  n.  268  (in
  particolare, artt. 9, 10 e 10-bis). 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  la
  crescita, l'equita' ed  il  consolidamento  dei  conti  pubblici  -
  Previsione  che  le  maggiori  entrate  erariali,   derivanti   dal
  decreto-legge impugnato, siano riservate all'Erario, per un periodo
  di cinque anni, per essere destinate alle esigenze  prioritarie  di
  raggiungimento degli obiettivi di finanza  pubblica  concordati  in
  sede europea - Previsione che con apposito  decreto  del  Ministero
  dell'economia e  delle  finanze  sono  stabilite  le  modalita'  di
  individuazione   del   maggior   gettito,    attraverso    separata
  contabilizzazione - Previsione, altresi', che,  ferme  restando  le
  disposizioni degli  artt.  13,  14  e  28,  nonche'  quelle  recate
  dall'articolo impugnato, con le norme statutarie, sono definiti  le
  modalita'  di  applicazione  e  gli  effetti  finanziari  del  D.L.
  impugnato per le regioni a statuto speciale e per  le  Province  di
  Trento e Bolzano - Ricorso  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  -
  Denunciata    lesione    dell'autonomia    finanziaria    regionale
  disciplinata dallo Statuto e delle relative norme di  attuazione  -
  Denunciata deroga alle norme  statutarie  con  una  fonte  primaria
  ordinaria  -  Denunciata  violazione   del   principio   di   leale
  collaborazione per la  mancanza  della  preventiva  intesa  con  la
  Regione. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 48. 
- Costituzione,  artt.  117,  118  e  119;  statuto   della   Regione
  Trentino-Alto  Adige,  artt.  4,  n.  1),  16,  Titolo  VI  e,   in
  particolare, artt. 69, 79, 103, 104 e 107. 
(GU n.13 del 28-3-2012 )
    Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige/Autonome   Region
Trentino-Südtirol  (cod.  fiscale  80003690221),   in   persona   del
Presidente  della  Giunta  regionale  pro  tempore  Lorenzo   Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale  n.  30  del  14
febbraio 2012 (doc. 1),  rappresentata  e  difesa,  come  da  procura
speciale n. rep. 5555 del 15 febbraio 2012 (doc. 2), rogata dall'avv.
Edith  Engl,  Ufficiale  rogante  della  Regione,  dal   prof.   avv.
Giandomenico  Falcon  di  Padova  (cod.  fisc.  FLCGDM45C06L736E)   e
dall'avv. Luigi Manzi di  Roma  (cod.  fisc.  MNZLGU34E15H501Y),  con
domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, 5, 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale 
        dell'articolo 22, comma 3; 
        dell'articolo 28, comma 3; 
        dell'articolo 48, 
        del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201,  Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici, come convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre
2011, n. 214, pubblicata nella G.U. n. 300 del 27 dicembre 2011,  per
violazione: 
        degli articoli 4, n. 1), e 16 dello Statuto speciale; 
        del Titolo VI dello Statuto speciale, e in particolare  degli
articoli 69 e 79; 
        degli articoli 103, 104 e 107 del medesimo Statuto speciale; 
        delle relative norme di attuazione, tra le quali  il  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (in particolare, artt. 2 e  4),  il
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (in particolare articoli 9,
10 e 10-bis); 
        degli artt. 117, 118 e 119 Cost., in combinato  disposto  con
l'art. 10 1. cost. 3/2001; 
        dell'art. 2, co. 108, 1. 191/2009; 
        del principio di leale collaborazione, 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    Il decreto-legge n. 201 del 2011, come risultante dalla legge  di
conversione n. 214 del 2011, contiene  disposizioni  di  vario  tipo,
distribuite in quattro titoli: Sviluppo ed equita', Rafforzamento del
sistema finanziario nazionale e  internazionale,  Consolidamento  dei
conti pubblici, Disposizioni per la  promozione  e  la  tutela  della
concorrenza. 
    Tutte sono rivolte - come rivela il soprannome di decreto  "salva
Italia" che il  Governo  ha  attribuito  ad  esso  -  a  produrre  un
risultato utile per l'economia  del  Paese:  e  la  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol, come parte del
Paese, non puo' che augurarsi che le  misure  producano  i  risultati
sperati. Allo sforzo collettivo necessario al conseguimento  di  tali
risultati essa non intende certo sottrarsi. 
    Al tempo stesso, tuttavia, essa non puo'  rinunciare  a  chiedere
che ogni contributo ad essa richiesto sia  richiesto  legittimamente,
nel quadro e nel rispetto delle  regole  che  disciplinano  sotto  il
profilo finanziario - come sotto ogni altro profilo - i rapporti  con
lo Stato. 
    Ed essa Ritiene che nei punti che formano oggetto della  presente
impugnazione le regole costituzionali e statutarie di  tali  rapporti
non siano rispettate. 
    In  questa  prospettiva,  vengono  qui  in   considerazione   due
disposizioni del Titolo III ("Consolidamento dei conti pubblici")  ed
una del Titolo IV ("Disposizioni per la promozione e la tutela  della
concorrenza"). 
    Quanto al Titolo III,  si  tratta  dell'art.  22,  recante  Altre
disposizioni in materia di enti e organismi pubblici,  facente  parte
del Capo terzo (Riduzioni di spesa. Costi  degli  apparati),  nonche'
dell'art. 28, recante Concorso alla manovra degli Enti territoriali e
ulteriori riduzioni di spese, che  forma  ed  esaurisce  il  capo  VI
(Concorso alla manovra degli Enti territoriali). 
    Quanto al Titolo IV si tratta dell'art. 48, recante  Clausola  di
finalizzazione, facente parte del Capo IV,  Misure  per  lo  sviluppo
infrastrutturale. 
    Ad avviso della  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Autonome
Region Trentino¬Südtirol, le disposizioni succitate risultano  lesive
delle proprie prerogative costituzionali e statutarie per le seguenti
ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 3. 
    L'art. 22 e' inserito nel capo III  (Riduzioni  di  spesa.  Costi
degli apparati) del titolo III. Il comma 3 di  esso,  qui  impugnato,
stabilisce che "le Regioni, le Province autonome di Trento e  Bolzano
e gli Enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza, adeguano  i
propri ordinamenti a quanto previsto dall'articolo 6,  comma  5,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, . con riferimento alle  Agenzie,
agli  enti  e  agli  organismi  strumentali,   comunque   denominati,
sottoposti alla loro vigilanza entro un anno dall'entrata  in  vigore
del presente decreto". 
    L'art. 6, co. 5, d.l.  78/2010,  cosi'  richiamato,  dispone  che
"tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi  pubblici,
anche con  personalita'  giuridica  di  diritto  privato,  provvedono
all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare  che,  a
decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore
del presente decreto, gli  organi  di  amministrazione  e  quelli  di
controllo, ove non gia' costituiti in forma monocratica,  nonche'  il
collegio dei revisori, siano costituiti da un numero  non  superiore,
rispettivamente, a cinque e a tre componenti". Dispone ancora che  in
ogni caso, "le Amministrazioni vigilanti  provvedono  all'adeguamento
della relativa disciplina di organizzazione, mediante  i  regolamenti
di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24  dicembre  2007,  n.
244,  con  riferimento  a  tutti  gli  enti  ed  organismi   pubblici
rispettivamente  vigilati,  al  fine  di  apportare  gli  adeguamenti
previsti ai sensi del presente comma". Dispone infine che "la mancata
adozione  dei  provvedimenti   di   adeguamento   statutario   o   di
organizzazione previsti  dal  presente  comma  nei  termini  indicati
determina responsabilita' erariale e tutti gli  atti  adottati  dagli
organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli". 
    In sostanza, l'art. 22, co. 3, impone alle Regioni  e  agli  enti
locali situati nel loro territorio di adeguare i  propri  ordinamenti
in modo che gli enti pubblici (o comunque gli organismi  strumentali)
sottoposti alla loro vigilanza abbiano organi  di  amministrazione  e
controllo costituiti da un numero fisso e ridotto di componenti. 
    Tale vincolo  appare  di  per  se'  illegittimo  gia'  in  quanto
riferito alle autonomie regionali in generale. 
    Le ragioni di tale  illegittimita'  risultano  chiaramente  sent.
182/2011  di  codesta  ecc.ma  Corte   costituzionale,   riferita   a
fattispecie corrispondente a quella oggetto  della  disposizione.  In
tale sentenza codesta ecc. Corte ha rilevato "interventi analoghi per
i contenuti a quelli operati dalle diverse disposizioni  dell'art.  6
del decreto-legge n. 78 del 2010, disposti negli anni  trascorsi  dal
legislatore statale, non sono stati in grado di superare il vaglio di
legittimita'    costituzionale,    data    l'indebita    compressione
dell'autonomia  finanziaria  delle  Regioni  che  con   essi   veniva
realizzata", e che in particolare, "sono state ritenute  illegittime,
nella parte in cui pretendevano  di  imporsi  al  sistema  regionale,
rigide misure concernenti il numero massimo degli  amministratori  di
societa' partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008)". 
    Secondo  la  Corte,  l'art.  6  "puo'   rispettare   il   riparto
concorrente della potesta' legislativa in tema di coordinamento della
finanza pubblica, solo a condizione di  permettere  l'estrapolazione,
dalle singole disposizioni statali, di  principi  rispettosi  di  uno
spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale". 
    Ne risulta che l'art. 6 del decreto-legge n.  78  del  2010  "non
intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed  incondizionata
dei  singoli  precetti  di  cui  si  compone  e   puo'   considerarsi
espressione di un principio fondamentale della  finanza  pubblica  in
quanto stabilisce,  rispetto  a  specifiche  voci  di  spesa,  limiti
puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre  vincolano
le Regioni, le Province autonome e gli enti  del  Servizio  sanitario
nazionale solo come limite complessivo di  speso".  In  sostanza,  il
comma 20 dell'art. 6 "autorizza le Regioni, le  Province  autonome  e
gli enti del Servizio sanitario nazionale. a determinare, sulla  base
di una valutazione globale  dei  limiti  di  spesa  puntuali  dettati
dall'art. 6, l'ammontare complessivo dei risparmi  da  conseguire  e,
quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo,
le percentuali di riduzione delle singole voci di  spesa  contemplate
nell'art. 6". 
    Da tali  considerazioni  ed  argomentazioni  risulta  chiaramente
l'illegittimita' di una norma che pretende di  vincolare  le  Regioni
specificamente al rispetto di uno  dei  vincoli  posti  dall'art.  6,
cioe' a quello risultante dal comma 5 di esso: infatti, si tratta  di
un limite ad una voce minuta di spesa,  non  transitorio  e  che  non
lascia margine di scelta alle Regioni, indicando  gia'  il  modo  per
conseguire il risparmio. 
    E'  dunque  evidente  che  l'art.  6,  co.  5,  non  puo'  essere
considerato principio di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e,
dunque, non puo' far  scattare  un  dovere  di  adeguamento  anche  a
prescindere da quanto disposto dall'art. 79 dello Statuto speciale. 
    L'illegittimita' della norma e' altrettanto palese se considerata
in relazione allo Statuto speciale. 
    L'art. 79 dello Statuto, introdotto dalla legge n. 191  del  2009
con la procedura prevista dall'art.  104  dello  Statuto,  disciplina
esaustivamente il concorso  della  Regione  "al  conseguimento  degli
obiettivi di perequazione  e  di  solidarieta'  e  all'esercizio  dei
diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche'  all'assolvimento
degli  obblighi  di  carattere  finanziario  posti   dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  stabilite  dalla   normativa
statale" (comma 1), stabilendo che "le  misure  di  cui  al  comma  1
possono essere modificate esclusivamente con  la  procedura  prevista
dall'articolo  104  e  fino   alla   loro   eventuale   modificazione
costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica  di  cui
al comma 1" (comma 2). 
    Il comma 3 aggiunge che, "al fine di assicurare il concorso  agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione e  le  province  concordano
con il Ministro dell'economia e delle finanze gli  obblighi  relativi
al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi  di  bilancio
da conseguire in ciascun periodo". Si ribadisce inoltre che  "non  si
applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti  nel
restante territorio nazionale". 
    Anche dal comma 4 risulta che "le disposizioni  statali  relative
all'attuazione degli obiettivi di  perequazione  e  di  solidarieta',
nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di  stabilita'
interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle
province e sono in  ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal
presente articolo". Infine, lo stesso comma 4 precisa, per i rapporti
con le norme statali che non siano  direttamente  misure  di  finanza
pubblica, che "la regione e le province provvedono alle finalita'  di
coordinamento  della  finanza  pubblica   contenute   in   specifiche
disposizioni  legislative   dello   Stato,   adeguando   la   propria
legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4
e 5". 
    Dunque, poiche' l'art. 22, co.  3,  contiene  una  norma  che  e'
chiaramente volta al  coordinamento  finanziario,  l'applicazione  di
essa alla Regione  si  pone  in  contrasto  con  l'art.  79  St.:  in
particolare, con il comma 1, con il comma 2 e con il comma  3,  terzo
periodo, perche' si introduce per la Regione  un'ulteriore  modalita'
di concorso agli obiettivi di finanza pubblica, diversa ed aggiuntiva
rispetto a quelle previste dal predetto articolo 79, e si parifica la
Regione     autonoma     Trentino-Alto     Adige/Autonome      Region
Trentino-Südtirol alle Regioni ordinarie, mentre l'art.  79  in  piu'
punti esclude l'applicazione alla Regione delle misure  valevoli  per
le altre Regioni. Il contrasto tra l'art. 22, co.  3,  dell'impugnato
decreto-legge e l'art. 79 St.  comporta  anche  la  violazione  degli
artt. 103,  104  e  107  dello  Statuto  e  del  principio  di  leale
collaborazione,  perche'  una  fonte  primaria  ordinaria,   adottata
unilateralmente, non e' abilitata a derogare ad una norma statutaria,
adottata con la speciale procedura di cui all'art. 104 St. 
    Ne' le conclusioni muterebbero qualora si considerasse prevalente
la materia "organizzazione amministrativa". E' da ricordare, infatti,
che  la  Regione   autonoma   Trentino-Alto   Adige/Autonome   Region
Trentino-Südtirol e' titolare di competenza legislativa  primaria  in
materia di' organizzazione amministrativa, compresa quella degli enti
collegati (art. 4, n. 1, St.). L'art. 22, co. 3, viola questa  norma,
perche' pretende di vincolare la Regione, in  materia  regionale,  ad
una norma di dettaglio, che - come visto nella prima parte di  questo
motivo - non puo' essere qualificata come principio  fondamentale  e,
dunque, non puo' condizionare la potesta' concorrente  e  tanto  meno
quella primaria. 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 28, comma 3. 
    L'art. 28 ha ad oggetto  il  Concorso  alla  manovra  degli  Enti
territoriali e ulteriori riduzioni di spese. Il  comma  3  stabilisce
quanto segue: "Con le  procedure  previste  dall'articolo  27,  della
legge 5 maggio 2009, n. 42,  le  Regioni  a  statuto  speciale  e  le
Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  assicurano,  a  decorrere
dall'anno 2012, un concorso alla finanza pubblica di euro 860 milioni
annui.  Con  le  medesime  procedure  le  Regioni  Valle  d'Aosta   e
Friuli-Venezia Giulia e le Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano
assicurano, a decorrere dall'anno  2012,  un  concorso  alla  finanza
pubblica di 60 milioni di euro annui, da parte dei  Comuni  ricadenti
nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione
di cui al predetto articolo 27, l'importo complessivo di 920  milioni
e' accantonato, proporzionalmente alla  media  degli  impegni  finali
registrata per ciascuna autonomia nel triennio  2007-2009,  a  valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali". 
    Siamo, dunque, di fronte ad una ulteriore  rilevante  sottrazione
di risorse alle Regioni speciali, che si aggiunge a  quelle  previsti
dall'art. 14 d.l.  78/2010,  dall'art.  20,  co.  5,  di.  98/2011  e
dall'art. 1, co. 8, di. 138/2011, come sintetizzati e  ripartiti  dal
comma 10 dell'art. 32 della  legge  n.  183  del  2011  (quest'ultimo
oggetto di impugnazione da parte della Regione). 
    La sottrazione di risorse qui contestata non ha in effetti alcuna
base statutaria. 
    Al contrario,  le  disposizioni  dello  Statuto,  a  partire  dal
fondamentale art. 69, sono rivolte  ad  assicurare  alla  Regione  le
finanze necessarie all'esercizio delle funzioni: ed e' chiaro che  la
devoluzione statutaria di  percentuali  dei  tributi  riscossi  nella
regione non avrebbe alcun senso, se poi fosse consentito  alla  legge
ordinaria dello Stato di riportare all'erario tali  risorse,  per  di
piu' con determinazione unilaterale e meramente potestativa. 
    Per di piu', come gia' piu'  volte  ricordato,  l'art.  79  dello
Statuto di autonomia disciplina ormai in modo preciso,  esaustivo  ed
esclusivo  le  regole  secondo   le   quali   la   Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige/Autonome  Region  Trentino-Südtirol  assolve  gli
"obblighi   di   carattere   finanziario    posti    dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  stabilite  dalla   normativa
statale" (comma 1): e - come lo stesso art. 79 esplicitamente precisa
- tali  regole  "possono  essere  modificate  esclusivamente  con  la
procedura  prevista  dall'articolo  104",  mentre  "fino  alla   loro
eventuale modificazione costituiscono il concorso agli  obiettivi  di
finanza pubblica di cui  al  comma  1"  (comma  2).  Ed  il  comma  4
ribadisce che "le disposizioni statali relative all'attuazione  degli
obiettivi  di  perequazione  e   di   solidarieta'...   non   trovano
applicazione con riferimento alla regione e alle province e  sono  in
ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente  articolo".  Con
le disposizioni statutarie sopra ricordate l'impugnato art. 28, comma
3, si pone in insanabile conflitto. 
    Le  risorse   spettanti   alla   Regione   non   possono   essere
semplicemente "acquisite"  dallo  Stato,  mentre  la  Regione  stessa
concorre al risanamento della finanza pubblica nei modi  direttamente
previsti dall'art. 79 o comunque in quelli regolati dall'art. 79  (v.
il comma 3). Si tratta di un regime speciale,  che  non  puo'  essere
alterato unilateralmente dal legislatore ordinario. 
    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e
Regioni speciali e' dominato dal principio  dell'accordo,  pienamente
riconosciuto  nella  giurisprudenza  costituzionale:  v.  le   sentt.
82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010. 
    Non puo' ingannare, in questo come negli altri  casi,  il  rinvio
alle norme di attuazione dello Statuto. 
    In primo luogo, l'accantonamento previsto in attesa  delle  norme
di attuazione e'  gia'  autonomamente  lesivo,  traducendosi  in  una
sottrazione delle risorse disponibili per la  Regione,  al  di  fuori
delle regole di coordinamento finanziario stabilite dall'art. 79  (v.
anche argomenti esposti sopra). 
    In secondo luogo, quanto alle stesse norme di attuazione,  l'art.
79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art.  104  St.  e
non in sede  di  attuazione.  In  terzo  luogo,  l'art.  28,  co.  3,
determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme  di
attuazione,  per  cui  il  rinvio  alla  fonte  "concertata"   appare
fittizio. Inoltre, "fino all'emanazione delle  norme  di  attuazione.
l'importo complessivo di 920 milioni e' accantonato. a  valere  sulle
quote di compartecipazione ai tributi erariali". Dunque, la riduzione
delle  risorse  e'  operata  direttamente   e   unilateralmente   dal
legislatore statale, in contrasto con lo Statuto e con  il  principio
consensuale che domina i rapporti tra Stato  e  Regioni  speciali  in
materia finanziaria (v. le sentt. sopra citate). 
    In definitiva, come detto, l'art. 28, co. 3, viola l'art. 79 St.,
co. 1, 2, e 4, primo periodo,  perche'  i  modi  in  cui  la  Regione
concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica o sono
fissati direttamente dallo stesso art.  79  o  vanno  concordati  tra
Stato e Regione, sempre in base all'art. 79. 
    Corrispondentemente, e'  violato  l'art.  104,  che  richiede  il
consenso della Regione per la modifica  delle  norme  del  Titolo  VI
dello Statuto. 
    Inoltre, e' violato l'art. 107 St., perche'  una  fonte  primaria
pretende di vincolare il contenuto delle norme di attuazione. 
    Ancora, il terzo periodo dell'art. 28, co.  3,  viola  l'art.  69
St., perche' diminuisce l'importo spettante alla Regione a titolo  di
compartecipazioni, in base alla suddetta norma statutaria. 
    E', poi, ulteriormente e specificamente illegittimo e  lesivo  il
terzo periodo dell'art. 28, co. 3, la' dove prevede il  criterio  del
riparto  dell'accantonamento  ("proporzionalmente  alla  media  degli
impegni  finali  registrata  per  ciascuna  autonomia  nel   triennio
2007-2009").  Infatti,  tale  criterio  non  risulta  in  alcun  modo
pariteticamente concordato tra Stato e Regioni speciali, in contrasto
con  il  principio  consensuale  di   cui   sopra,   oggi   stabilito
espressamente nello Statuto speciale per la determinazione del  patto
di stabilita' (e  comunque  sempre  seguito  nelle  precedenti  leggi
finanziarie dello Stato). 
    Infine, risulta illegittimo il quarto periodo dell'art.  28,  co.
3, secondo il  quale,  in  relazione  al  riparto  della  sottrazione
complessiva di risorse tra le diverse  autonomie  speciali,  "per  la
Regione Siciliana si tiene conto  della  rideterminazione  del  fondo
sanitario nazionale per effetto del comma 2". 
    Posto che il richiamato comma 2 stabilisce che "l'aliquota di cui
al comma 1" (cioe' l'aumento dell'aliquota di  base  dell'addizionale
regionale all'IRPEF, regolata dall'art. 6 d. lgs. 68/2011, da 0,9 % a
1,23 %) "si applica anche alle Regioni  a  statuto  speciale  e  alle
Province autonome  di  Trento  e  Bolzano",  la  disposizione  appare
particolarmente oscura. 
    Tuttavia, essa sembra interpretabile nel senso che la  quota  del
taglio previsto nell'art. 28, co. 3  (€ 860  milioni),  che  dovrebbe
essere addossata alla  Regione  Siciliana,  deve  essere  ridotta  in
corrispondenza alle minori risorse del Fondo sanitario destinate alla
Regione stessa. 
    Posto che di cio' si tratti, e' chiaro che, in  questo  modo,  si
altererebbe addirittura  in  peggio  per  la  ricorrente  Regione  il
criterio proporzionale fissato dal terzo periodo del  comma  3  e  si
addosserebbe irragionevolmente  alle  altre  autonomie  speciali  una
quota parte del finanziamento della  spesa  sanitaria  della  Regione
Siciliana. 
    Ne risulterebbe la violazione dell'art.  3  cost.  e  la  lesione
dell'autonomia finanziaria e amministrativa  della  Regione,  perche'
essa verrebbe chiamata a contribuire al finanziamento parziale  della
sanita' siciliana (v., per l'ammissibilita' di una censura ex art.  3
Cost.,  ad  es.,  la  sent.  16/2010,  punto  5.1),  con  inevitabili
ripercussioni sulle proprie funzioni amministrative e  sulla  propria
autonomia di spesa. 
    3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 48. 
    L'art. 48 contiene una generale "clausola di finalizzazione". 
    In base al comma 1, "le maggiori entrate erariali  derivanti  dal
presente decreto sono riservate all'Erario, per un periodo di  cinque
anni,   per   essere   destinate   alle   esigenze   prioritarie   di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'  della  situazione
economica internazionale". Si prevede poi che "con  apposito  decreto
del Ministero  dell'economia  e  delle  finanze.  sono  stabilite  le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso  separata
contabilizzazione". 
    Il comma 1-bis aggiunge  che,  "ferme  restando  le  disposizioni
previste dagli articoli 13,  14  e  28,  nonche'  quelle  recate  dal
presente articolo,  con  le  norme  di  attuazione  statutaria.  sono
definiti le modalita' di applicazione e gli  effetti  finanziari  del
presente decreto per le regioni a statuto speciale e per le  province
autonome di Trento e di Bolzano". 
    Tale comma 1-bis, con il suo "rinvio" alle  norme  di  attuazione
dello statuto, ha l'apparenza di una clausola di  salvaguardia  delle
autonomie speciali e delle loro regole statutarie: ma al tempo stesso
la disposizione ribadisce la  diretta  applicazione  non  solo  degli
articoli 13, 14  e  28,  ma  anche  delle  disposizioni  "recate  dal
presente articolo": dunque, il regime di cui all'art. 48, co.  1,  si
riferisce anche alle entrate percepite  nella  regione  Trentino-Alto
Adige. 
    Maggiori entrate erariali deriveranno, ad esempio,  dall'art.  10
(a seguito dell'emersione della base imponibile) e dall'art. 18  (che
aumenta le aliquote Iva). 
    Ad avvisto della ricorrente Regione la riserva di  tali  maggiori
entrate all'erario e' illegittima per le ragioni di seguito esposte. 
    L'art. 69  dello  Statuto  stabilisce  che  "sono  devoluti  alla
regione  i  proventi  delle  imposte  ipotecarie  percette  nel   suo
territorio, relative ai beni situati nello stesso" (co. 1).  In  base
al comma 2, "sono altresi' devolute alla regione  le  seguenti  quote
del gettito  delle  sottoindicate  entrate  tributarie  dello  Stato,
percette nel territorio regionale: a) i  nove  decimi  delle  imposte
sulle successioni e  donazioni  e  sul  valore  netto  globale  delle
successioni; b)  i  due  decimi  dell'imposta  sul  valore  aggiunto,
esclusa quella relativa  all'importazione.;  c)  i  nove  decimi  del
provento del lotto, al netto delle vincite". 
    L'art. 2, co. 108, legge 191/2009 (approvato ai  sensi  dell'art.
104 St.) regola  la  corresponsione  alla  Regione  delle  quote  dei
tributi erariali ad essa spettanti. 
    L'art. 48, co. 1,  dunque,  riservando  all'Erario  le  "maggiori
entrate   erariali   derivanti   dal   presente   decreto",   risulta
contrastante con l'art. 69,  co.  2,  lett.  b)  dello  Statuto,  che
garantisce alla Regione una precisa compartecipazione all'Iva. 
    Ne' si potrebbe  affermare  che  la  riserva  all'erario  di  cui
all'art. 48 sia giustificata in virtu'  del  d.lgs.  268/1992.  Essa,
infatti, non rispetta affatto i requisiti posti  dall'art.  9  d.lgs.
268/1992  per  la  riserva  all'erario  del  "gettito  derivante   da
maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi". 
    Tali requisiti sono stati sintetizzati dalla sentenza di  codesta
Corte n. 182/2010, secondo la quale "tale articolo richiede,  per  la
legittimita'  della  riserva  statale,  che:  a)  detta  riserva  sia
giustificata da «finalita' diverse  da  quelle  di  cui  al  comma  6
dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso
d.lgs. n. 268 del 1992,  e  cioe'  da  finalita'  diverse  tanto  dal
«raggiungimento  degli  obiettivi  di  riequilibrio   della   finanza
pubblica» (art.  10,  comma  6)  quanto  dalla  copertura  di  «spese
derivanti  dall'esercizio  delle  funzioni  statali   delegate   alla
regione» (art. 10-bis,  comma  1,  lettera  b);  b)  il  gettito  sia
destinato per legge «alla copertura,  ai  sensi  dell'art.  81  della
Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo
che non rientrano nelle materie di competenza della regione  o  delle
province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»;  c)  il
gettito  sia  «temporalmente   delimitato,   nonche'   contabilizzato
distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". 
    Ora, l'assenza dei requisiti sub a) e b)  e'  evidente.  Infatti,
l'art. 48 riserva all'Erario "le maggiori entrate erariali  derivanti
dal presente decreto" (per un  periodo  di  cinque  anni,  attraverso
separata contabilizzazione) per destinarle "alle esigenze prioritarie
di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica  concordati  in
sede europea, anche alla luce della eccezionalita'  della  situazione
economica internazionale". In questi termini, la norma  censurata  ha
la medesima finalita' di cui all'art. 10, co.  6,  d.  lgs.  268/1992
(«raggiungimento  degli  obiettivi  di  riequilibrio  della   finanza
pubblica»), il che gia' da se' esclude la sussistenza  del  requisito
indicato sub a) nella sent. 182/2010 (che la riserva sia giustificata
da finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art.  10  e  al
comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del
1992). 
    Ugualmente la disposizione impugnata non  soddisfa  il  requisito
sub b), in quanto essa non  destina  le  maggiori  entrate  a  "nuove
specifiche spese": non si tratta  di  "spese",  ne'  la  destinazione
allude a qualcosa di "nuovo" e di "specifico". E'da ricordare che  la
sent. 182/2010 fece  salva  la  norma  impugnata  in  quell'occasione
(l'art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge l°  luglio  2009,  n.  78)
proprio  in  quanto  essa  destinava  il  gettito  dell'imposta   "al
finanziamento  della  ripresa  economica,  quali:  il  sostegno  alle
imprese, anche attraverso il finanziamento del timido di  garanzia  e
l'alleggerimento del carico fiscale...; gli  interventi  sul  mercato
del  lavoro,  anche  attraverso  il  finanziamento  del   fondo   per
l'occupazione...; il finanziamento degli investimenti  pubblici,  con
particolare riguardo alle infrastrutture e alle attivita' di  ricerca
e sviluppo...; il supporto alle famiglie, con misure di  salvaguardia
del potere  d'acquisto,  di  tutela  dei  piccoli  risparmiatori,  di
risposta   all'emergenza   abitativa...;   il   finanziamento   della
cooperazione internazionale allo sviluppo...; il finanziamento  delle
opere di ricostruzione dell'Abruzzo". Si tratta, come si puo' vedere,
di spese e finalita' nuove e  specifiche,  ben  diverse  dal  mero  e
generale  "raggiungimento  degli  obiettivi   di   finanza   pubblica
concordati in sede europea". 
    Escluso che l'art. 48 possa trovare  fondamento  nell'art.  9  d.
lgs. 268/1992, e'  anche  da  escludere  che  esso  possa  ricondursi
all'art. 10 e all'art. 10-bis del medesimo decreto. 
    In primo luogo, l'art. 10, co. 6, ha ad oggetto  "una  quota  del
previsto incremento del gettito tributario. spettante  alle  province
autonome", per cui esso non e' applicabile alla Regione. 
    Inoltre, abrogato l'art. 78 dello Statuto e  soppressa  la  somma
spettante in base ad esso (v. anche l'art. 79, co. 1, St.),  sono  da
ritenere inapplicabili le norme attuative dell'art. 78, quale  l'art.
10 d, lgs.  268/1992.  Questo  vale  anche  per  l'art.  10,  co.  6,
strettamente connesso alla disciplina dell'accordo (menzionato in due
punti  del  comma  6)  relativo  alla  determinazione   della   quota
variabile, ora soppressa. 
    Ancora, l'art. 10, co. 6, prevedeva un meccanismo consensuale per
far partecipare le Province "al  raggiungimento  degli  obiettivi  di
riequilibrio della finanza pubblica", che e' stato ora sostituito  da
quelli, sempre consensuali, regolati dall'art. 79: anche sotto questo
profilo, dunque, il meccanismo precedente non risulta piu' operativo.
Conferma espressa di cio' si ricava dal testo attuale  dell'art.  79,
co. 4, secondo cui "le disposizioni statali  relative  all'attuazione
degli  obiettivi  di  perequazione  e  di  solidarieta',  nonche'  al
rispetto degli obblighi derivanti dal patto  di  stabilita'  interno,
non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province
e sono in ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal  presente
articolo". 
    Qualora, in denegata ipotesi, non si  ritenesse  superato  l'art.
10, co. 6, si dovrebbe perlomeno riconoscere  che  la  determinazione
della quota in questione dovrebbe pur sempre rispettare il  principio
di leale collaborazione e, in particolare, il  principio  consensuale
che domina le  relazioni  finanziarie  fra  lo  Stato  e  le  Regioni
speciali. In  altre  parole,  anche  venuto  meno  l'accordo  per  la
determinazione della quota variabile, lo  Stato  avrebbe  pur  sempre
dovuto  cercare  l'accordo  con  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol, non potendo  unilateralmente
alterare le regole sulle compartecipazioni e gli strumenti con cui la
Regione partecipa al risanamento finanziario, disciplinati  dall'art.
79 dello Statuto. 
    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e
Regioni speciali e' dominato dal principio  dell'accordo,  pienamente
riconosciuto nella  giurisprudenza  costituzionale  (v.  le  sentenze
citate nel motivo 1 del ricorso). 
    In effetti, e' assolutamente incongruo ed ad avviso della Regione
illegittimo che lo Stato,  con  una  fonte  primaria  unilateralmente
adottata, alteri  in  modo  cosi  rilevante  l'assetto  dei  rapporti
finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio  consensuale  e'
da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito  proprio
con la recente riforma statutaria. 
    Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. l0, co. 6 (sempre
nella denegata ipotesi che  esso  sia  ritenuto  applicabile),  anche
perche' riserva all'erario tutte "le  maggiori  entrate",  mentre  la
norma di attuazione limita ad "una quota del previsto incremento  del
gettito   tributario"   la   possibilita'   di    destinazione    "al
raggiungimento  degli  obiettivi  di   riequilibrio   della   finanza
pubblica". 
    Ancora, l'art. 48, co. 1, del d.l. 201/2011 si pone in  contrasto
con l'art. 79 dello Statuto, che - come visto -  stabilisce  che  "la
regione e le province concorrono al conseguimento degli obiettivi  di
perequazione e di solidarieta' e  all'esercizio  dei  diritti  e  dei
doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi
di carattere  finanziario  posti  dall'ordinamento  comunitario,  dal
patto di stabilita' interno e dalle  altre  misure  di  coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi di
seguito indicati e "con le modalita' di coordinamento  della  finanza
pubblica definite al comma 3" (co. 1), aggiungendo che "le misure  di
cui al comma  1  possono  essere  modificate  esclusivamente  con  la
procedura prevista dall'articolo  104  e  fino  alla  loro  eventuale
modificazione costituiscono il concorso  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica di cui al comma 1" (co. 2). 
    Sia il comma 3 (" Non si applicano  le  misure  adottate  per  le
regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale")  che
il comma 4,  poi,  stabiliscono  la  non  applicazione  alla  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol  delle
norme statali che, in questa materia, valgono per altre Regioni. 
    Poiche' l'art. 48 riserva  le  maggiori  entrate  "alle  esigenze
prioritarie di raggiungimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
concordati in sede europea", ne deriva la violazione  delle  norme  -
sopra citate - contenute nell'art. 79 St., che configurano un sistema
completo  di  concorso  della  Regione  agli  obiettivi  di   finanza
pubblica, non derogabile se  non  con  le  modalita'  previste  dallo
Statuto. 
    Infine, proprio perche' agli artt. 69 e  79  St.  e  al  d.  lgs.
268/1992 si e'  derogato  con  una  fonte  primaria  "ordinaria"  (in
realta', un d.l. convertito), l'art. 48 viola  anche  gli  artt.  103
(che prevede il  procedimento  di  revisione  costituzionale  per  le
modifiche  dello  Statuto),  104  (che  prevede  la  possibilita'  di
modificare "le norme del titolo VI. con legge ordinaria  dello  Stato
su concorde  richiesta  del  Governo  e,  per  quanto  di  rispettiva
competenza, della regione o delle due province") e  l'art.  107  (che
disciplina la speciale  procedura  per  l'adozione  delle  norme  di'
attuazione dello Statuto) dello Statuto speciale. 
    Il secondo periodo dell'art. 48, co. 1, dispone che "con apposito
decreto del Ministero dell'economia e delle finanze... sono stabilite
le  modalita'  di  individuazione  del  maggior  gettito,  attraverso
separata contabilizzazione". Si tratta dunque di una  norma  volta  a
regolare l'attuazione del  primo  periodo:  la  quale,  pertanto,  e'
affetta dai medesimi vizi sopra illustrati. 
    In  subordine,  essa  e'  poi   censurabile   specificamente   ed
autonomamente sotto  un  ulteriore  aspetto,  cioe'  per  la  mancata
previsione  dell'intesa  con  la   Regione   autonoma   Trentino-Alto
Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol in relazione al  decreto  che
stabilisce  le  modalita'  di  individuazione  del  maggior  gettito.
Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse  che
spetterebbero alla Regione, in una  materia  dominata  dal  principio
consensuale, risulta specificamente illegittima, per  violazione  del
principio di  leale  collaborazione,  la  previsione  di  un  decreto
ministeriale senza intesa con la Regione. 
    Come  gia'  ricordato,  il  comma  1-bis  dello  stesso  art.  48
statuisce che "ferme restando le disposizioni previste dagli articoli
13, 14 e 28, nonche' quelle recate  dal  presente  articolo,  con  le
norme di attuazione statutaria di cui all'articolo 27 della  legge  5
maggio 2009, n. 42, e  successive  modificazioni,  sono  definiti  le
modalita' di applicazione  e  gli  effetti  finanziari  del  presente
decreto per le regioni a statuto speciale e per le province  autonome
di Trento e di Bolzano". 
    Premesso che gli artt. 13 e 14 non riguardano la Regione, si sono
gia' contestate singolarmente la disposizione dell'art.  28,  nonche'
quella dello stesso art. 48, comma 1. Ne' si vede -  a  parte  quanto
disposto gia' da tali  articoli -  che  cosa  d'altro  rimarrebbe  da
disciplinare quanto alle "modalita' di applicazione" ed agli "effetti
finanziari" del decreto n. 201. 
    In ogni modo, anche tale ultima disposizione appare  illegittima,
in  quanto  non  spetta  alla  legge  ordinaria  di  disciplinare  il
contenuto delle norme di attuazione  dello  Statuto.  Il  solo  senso
legittimo che ad essa si puo' attribuire e'  la  conferma  della  non
applicazione del decreto 201 alla Regione, per ogni  aspetto  per  il
quale l'applicazione non sia espressamente prevista: ferme  restando,
ovviamente, le contestazioni e le censure sopra esposte in  relazione
alle disposizioni di cui e' prevista l'applicazione.  
 
                                P.Q.M. 
 
    Chiede,   voglia   codesta   Corte   costituzionale    dichiarare
l'illegittimita'   costituzionale   dell'articolo   22,   comma    3;
dell'articolo 28, comma  3;  dell'articolo  48  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201,  Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici,  nelle  parti,  nei
termini,e sotto i profili esposti nel presente ricorso. 
      Padova-Roma, 23 febbraio 2012 
 
                   Prof. Avv.  Falcon - Avv. Manzi