N. 122 SENTENZA 7 - 16 marzo 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Regione- Regione Umbria- Legislazione in materia di organici delle
 UU.SS.LL.- Riserva allo Stato in ragione di esigenze unitarie -
 Richiamo alle sentenze nn. 610 e 1061 del 1988 Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Legge regione Umbria riapprovata il 24 luglio 1989)
 
 (Cost., art. 117; art. 47 L. 23 dicembre 1978, n. 833 e art. 17
 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761).
(GU n.12 del 21-3-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Umbria riapprovata il 24 luglio 1989 dal Consiglio  regionale  avente
 per oggetto: "Norme per la trasformazione di posti di collaboratore e
 assistente in posti di coadiutore di vari profili  professionali  del
 personale  del  ruolo  nominativo  regionale  dei  Servizi  Sanitari"
 promosso con ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 notificato   l'11  agosto  1989,  depositato  in  cancelleria  il  18
 successivo ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 1989;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  dicembre  1989  il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e
 l'Avvocato Alberto Predieri per la Regione;
                            Ritenuto in fatto
     1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con ricorso
 notificato l'11 agosto 1989, ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale  della  legge  della Regione Umbria, riapprovata il 24
 luglio 1989, dal titolo "Norme per  la  trasformazione  di  posti  di
 collaboratore  e  assistente  in  posti di coadiutore di vari profili
 professionali  del  personale  del  ruolo  nominativo  regionale  dei
 Servizi   Sanitari".   Secondo  il  ricorrente,  la  legge  impugnata
 violerebbe l'art. 117 della Costituzione, come attuato  dall'art.  47
 della  legge  23  dicembre 1978, n. 833, e dall'art. 17 del d.P.R. 20
 dicembre 1979, n. 761.
    A  sostegno  della  propria richiesta, il Presidente del Consiglio
 dei ministri osserva, in generale,  che  la  materia  degli  organici
 delle  Unita'  sanitarie  locali,  come questa Corte ha ripetutamente
 affermato, e' riservata  alla  legislazione  statale  in  ragione  di
 esigenze unitarie, che, in relazione al caso di specie, sono espresse
 dall'art.  47,  quarto  comma,  lettera  c),  contenente  i   criteri
 direttivi  per  la  delega  al  Governo  della disciplina dello stato
 giuridico del personale delle UU.SS.LL., e  dal  d.P.R.  20  dicembre
 1979, n. 761, che ha attuato la predetta delega. Quest'ultimo decreto
 - dopo aver suddiviso il personale in questione in  quattro  distinti
 ruoli  articolati  in  posizioni  funzionali  e dopo aver ascritto al
 ruolo "sanitario" i medici, i farmacisti, i veterinari, i biologi,  i
 chimici, i fisici e gli psicologi e al ruolo "tecnico" i sociologi ha
 previsto, all'art. 17, una particolare  disciplina  per  l'assunzione
 mediante  pubblici concorsi nelle posizioni funzionali di "assistente
 medico" e di "veterinario collaboratore" ed ha stabilito,  all'ultimo
 comma   dello   stesso   articolo,   che,   nell'ambito  dei  servizi
 ospedalieri, la dotazione organica dei medici assistenti debba  esser
 pari a quella complessiva degli "aiuti" e "vicedirettori sanitari".
    In  contrasto con questa disciplina, la legge regionale impugnata,
 nell'esercizio di una potesta' legislativa di tipo attuativo, avrebbe
 innanzitutto  assoggettato  a  un'identica  trasformazione  di status
 figure appartenenti al ruolo "tecnico", come i sociologi, e personale
 appartenente  al  ruolo  "sanitario"  (art.  1), stabilendo cosi' una
 disciplina unificata in luogo di una distinta per ruoli.  In  secondo
 luogo,  sempre  con  l'art.  1,  la  legge estenderebbe la disciplina
 prevista dall'art. 17  del  d.P.R.  n.  761  del  1979  al  personale
 sanitario  estraneo  ai  servizi  ospedalieri  (mentre  l'art.  17 si
 riferirebbe soltanto al  personale  di  questi  ultimi  servizi  agli
 effetti  della trasformazione dei posti organici), perseguendo anche,
 rispetto a quest'ultimo, il risultato di una parita' numerica fra  le
 posizioni  funzionali di collaboratore e di assistente, da un lato, e
 quella di coadiutore, dall'altro. Infine, all'art. 2, la stessa legge
 regionale  si  porrebbe  in  contrasto  con il principio generale del
 concorso pubblico stabilito dal d.P.R. n. 761  del  1979,  in  quanto
 prevederebbe per la copertura dei posti trasformati l'espletamento di
 concorsi che sono aperti (cioe' riservati), mediante appositi  avvisi
 pubblici,   soltanto  al  personale  inizialmente  appartenente  alle
 posizioni funzionali di "collaboratore" e di "assistente".
     2.  -  Si  e'  costituita  la Regione Umbria, la quale eccepisce,
 preliminarmente, l'inammissibilita' del  rinvio  governativo  che  ha
 preceduto   l'instaurazione  del  presente  giudizio,  essendo  stata
 oggetto la legge impugnata di un precedente  rinvio  cui  la  Regione
 Umbria  si  sarebbe  parzialmente  adeguata  modificando,  in sede di
 riesame, l'art. 2. A seguito di tale modifica, sostiene  la  Regione,
 il   Governo   non  avrebbe  potuto  effettuare  il  secondo  rinvio,
 trattandosi di una legge che, ai sensi della giurisprudenza di questa
 Corte,  non  poteva esser considerata come "nuova", ma avrebbe potuto
 soltanto sollevare  questione  di  costituzionalita'.  Beninteso,  la
 Regione  precisa di essere a conoscenza che questa Corte considera la
 reiterazione del rinvio "un atto invalido, ma efficace"  e,  percio',
 sanabile  con  l'ulteriore  approvazione  della legge. Ma, poiche' la
 stessa Corte considera il rinvio come un potere non  ripetibile,  che
 si  consuma  con  il  suo stesso esercizio (v. sent. n. 79 del 1989),
 sembra possibile ritenere che il secondo rinvio sia stato  emesso  in
 totale  carenza  di  potere e sia, percio', un atto nullo, e non gia'
 annullabile. Il ricorso sarebbe, dunque, fuori termine e, come  tale,
 inammissibile.
    Un'ulteriore   ragione   di   inammissibilita'   del   ricorso  e'
 individuata dalla  Regione  nel  fatto  che  il  rinvio  non  farebbe
 riferimento  ne'  all'art. 117 Cost., ne' alla legge n. 833 del 1978,
 non ravvisandosi, cosi', la  dovuta  corrispondenza  fra  motivi  del
 rinvio  e  quelli  del  ricorso, e cioe' fra elementi che, secondo la
 giurisprudenza di questa Corte, costituiscono due distinte fasi di un
 procedimento unitario.
     In  ogni  caso,  la Regione ritiene che il ricorso vada rigettato
 nel merito. Riguardo alla prima censura  relativa  all'art.  1,  essa
 osserva  che,  anche  se  l'art. 17, all'ultimo comma, fa riferimento
 esplicito  ai  soli  "servizi  ospedalieri"  quando   stabilisce   la
 tendenziale  parita'  delle dotazioni organiche, non vi sarebbe alcun
 motivo (ne' il Governo e'  riuscito  ad  affermarlo)  per  indurre  a
 ritenere  che  la  disciplina  stabilita  sia applicabile soltanto al
 personale sanitario operante nei servizi  ospedalieri,  che  verrebbe
 cosi'  inconcepibilmente privilegiato.  Secondo la Regione, l'art. 17
 esprimerebbe  un  principio  generale  in  ordine  al   rapporto   di
 tendenziale  parita' numerica tra le posizioni funzionali dei diversi
 profili  professionali  applicabile  tanto  nei  servizi  ospedalieri
 quanto  negli  altri servizi sanitari (principio gia' riconosciuto in
 varie  leggi  regionali  regolarmente  vistate,  come  quelle   della
 Campania,  del  Lazio,  dell'Abruzzo, della Toscana).  D'altra parte,
 non si dovrebbe trascurare che la legge impugnata, a  giudizio  della
 Regione,  non  riguarderebbe  la  "materia" dello stato giuridico del
 personale sanitario (riservata allo Stato), ma quella delle dotazioni
 organiche,  che  potrebbe  esser  disciplinata  dalle  regioni  senza
 produrre trattamenti differenziati rispetto al personale del Servizio
 sanitario nazionale operante in altre regioni.
    Quanto  alle  censure  verso  l'art. 2, la Regione osserva che non
 potrebbe dubitarsi che  l'avviso  pubblico  corrisponda  al  concorso
 pubblico,  cui  ovviamente  potrebbero partecipare, trattandosi della
 qualifica di coadiutore, i  dipendenti  di  qualifica  immediatamente
 inferiore, cioe' gli assistenti e i collaboratori.
    3.  -  In prossimita' dell'udienza la Regione Umbria ha presentato
 una memoria per ribadire le proprie richieste.  Oltre  a  riformulare
 argomenti gia' svolti, la Regione osserva che l'art. 17 del d.P.R. n.
 761 del 1979 non esprimerebbe un  principio  fondamentale,  ai  sensi
 dell'art.  117 Cost., ne' potrebbe essere assimilato all'esercizio di
 una  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento,   dal   momento   che
 conterrebbe  solo  norme  di dettaglio. Dopo aver ribadito che non e'
 consentito  sottoporre  a   diverse   valutazioni   di   legittimita'
 costituzionale  norme di contenuto analogo sol perche' provenienti da
 regioni  diverse,  la  resistente  osserva  che  il  ricorso  sarebbe
 inammissibile in quanto contraddittorio rispetto al rinvio: mentre in
 quest'ultimo,     sarebbe     espresso     un     rilievo     fondato
 sull'assoggettamento   a   una   medesima  disciplina  del  personale
 extraospedaliero, nell'altro, invece, lo stesso  rilievo  apparirebbe
 basato  sull'assoggettamento  a una medesima disciplina del personale
 appartenente al ruolo sanitario e di  quello  appartenente  al  ruolo
 "tecnico".
                          Considerato in diritto
     1.  -  Il  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri
 indicato in epigrafe solleva tre distinte questioni  di  legittimita'
 costituzionale  nei  confronti  della  legge della Regione Umbria dal
 titolo "Norme per la trasformazione  dei  posti  di  collaboratore  e
 assistente  in  posti di coadiutore di vari profili professionali del
 personale del  ruolo  nominativo  regionale  dei  Servizi  Sanitari",
 riapprovata,  a seguito del rinvio governativo, il 24 luglio 1989. Ad
 avviso del ricorrente, la disciplina posta dagli articoli 1 e 2 della
 suddetta  legge violerebbe sotto vari profili i limiti della potesta'
 legislativa di attuazione di cui all'art. 117,  ultimo  comma,  della
 Costituzione, in riferimento all'art. 47, terzo e quarto comma, della
 legge 23 dicembre 1978, n. 833, e all'art. 17 del successivo  decreto
 legislativo delegato, d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.
    In    via    preliminare,    la   Regione   Umbria   ha   eccepito
 l'inammissibilita' del ricorso sia perche' quest'ultimo avrebbe  come
 presupposto un rinvio affetto da nullita' insanabile, sia perche' non
 vi si riscontrerebbe la dovuta corrispondenza con  i  motivi  addotti
 dal rinvio governativo.
    2.  -  La prima delle eccezioni di inammissibilita' proposte dalla
 Regione Umbria si basa sul rilievo che la legge impugnata  era  stata
 oggetto  di  un precedente rinvio governativo, a seguito del quale il
 legislatore  regionale  aveva  parzialmente  modificato   uno   degli
 articoli  censurati. Poiche', secondo la Regione, la legge non poteva
 esser  considerata  come  "nuova"  ai  sensi  dell'art.   127   della
 Costituzione,   il  Governo  avrebbe  potuto  soltanto  sollevare  la
 questione di legittimita' costituzionale e non reiterare  il  rinvio,
 come invece ha fatto, esercitando, cosi', un potere gia' consumato il
 cui svolgimento sarebbe  percio'  avvenuto  in  carenza  assoluta  di
 potere  e avrebbe dato luogo a un atto, il secondo rinvio, totalmente
 nullo e, in ogni caso, fuori termine.
    L'eccezione non puo' essere accolta.
    Questa  Corte  si  e'  gia'  occupata  di un'identica eccezione di
 inammissibilita'   in   occasione   di   un   precedente    giudizio,
 respingendola  totalmente  (v.  sent.  n. 80 del 1989). In quel caso,
 oltre ad affermare che non si puo' parlare di legge "nuova", ai sensi
 dell'art.  127  della  Costituzione,  quando  la  regione, in sede di
 riesame, apporti modifiche che colpiscano  soltanto  le  disposizioni
 rinviate sia nel loro testo che nel loro significato normativo e che,
 pertanto, deve ritenersi preclusa la possibilita' per il  Governo  di
 effettuare  in  tale  ipotesi  un  nuovo  rinvio,  la  Corte ha anche
 precisato che l'eventuale illegittima reiterazione del rinvio  stesso
 non  puo'  dar  luogo a un atto nullo o, addirittura, inesistente. La
 reiterazione, infatti, suppone che sia lo stesso organo titolare  del
 potere di rinvio a esercitare il predetto potere piu' volte di quanto
 gli sia consentito, sicche' al riguardo non si puo'  proprio  parlare
 di  una  carenza  assoluta  del  potere  esercitato,  bensi'  di  uno
 svolgimento illegittimo di un potere da parte del suo titolare.
    Su  tali  basi,  questa  Corte  ha  costantemente affermato che il
 rinvio illegittimamente reiterato deve ritenersi un atto invalido, ma
 efficace  (v. sentt. nn. 154 del 1967, 80 del 1989), nel senso che si
 tratta di un atto che,  mentre  impedisce  l'immediata  promulgazione
 della  legge  ulteriormente rinviata, puo' nondimeno essere annullato
 dalla Corte  costituzionale,  ove  quest'ultima  sia  tempestivamente
 adita  dalla  regione attraverso la via del conflitto di attribuzione
 (v. sentt. nn. 8 del 1967, 158 e 973 del 1988, 80 del  1989,  nonche'
 ord.  n. 139 del 1986). Ma, sempre secondo la costante giurisprudenza
 di questa Corte, nell'ipotesi che la regione di fronte  a  un  rinvio
 illegittimamente   reiterato   non   contesti   nel   modo   indicato
 l'invalidita' dell'atto e proceda a un'ulteriore riapprovazione della
 legge,  si  debbono considerare esauriti gli effetti del rinvio e non
 piu' deducibili i vizi che lo  abbiano  eventualmente  caratterizzato
 (oltre alla sent. n. 80 del 1989, v. anche sentt. nn. 8 del 1967, 158
 del 1988, 79 del 1989, nonche' ord. n. 139 del 1986).
    3.  -  La  Regione  Umbria  ha  proposto  una seconda eccezione di
 inammissibilita' basata sull'asserita non corrispondenza  tra  motivi
 del   rinvio   e   motivi   del   ricorso,   nonche'   sulla  pretesa
 contraddittorieta' fra gli uni e gli altri.
    Anche questa ulteriore eccezione non puo' essere accolta.
    Sotto  il  primo  profilo, la Regione Umbria afferma che il rinvio
 governativo si limiterebbe a denunciare il preteso contrasto  tra  le
 disposizioni  della  legge  regionale  oggetto  di  questo giudizio e
 alcune disposizioni contenute nella legislazione statale precisamente
 l'art.  17  del  d.P.R.  n. 761 del 1979 - "senza attribuire a queste
 ultime carattere di principio  fondamentale  e  senza  richiamare  le
 norme costituzionali che sarebbero violate".
    Tale  rilievo non puo' condividersi. E' giurisprudenza consolidata
 di questa Corte che, ai fini della verifica della  sussistenza  della
 corrispondenza  fra  i  motivi  del  rinvio  e quelli del ricorso, e'
 sufficiente che nel primo siano prefigurate  in  forma  sintetica  le
 linee  essenziali  delle  censure  che  verranno  poi  sviluppate nel
 ricorso, in modo tale che il  Consiglio  regionale  destinatario  del
 rinvio sia messo in condizione di venire a conoscenza del significato
 sostanziale delle contestazioni (v., da ultimo, sentt.  nn.  107  del
 1983,  72  del 1985, 217, 289 e 325 del 1987, 162 e 726 del 1988, 38,
 102 e 561 del 1989). Posto che quella in  discussione  e'  una  legge
 regionale   adottata   nell'esercizio   di  una  competenza  di  tipo
 attuativo, in virtu' di un potere  previsto  nell'art.  47,  terzo  e
 quarto  comma,  della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e concretamente
 attribuito  alle  regioni  con  il  successivo  decreto   legislativo
 delegato  (d.P.R.  20  dicembre  1979,  n. 761), l'espressa e precisa
 indicazione nel rinvio delle disposizioni della legge statale la  cui
 attuazione  da  parte  regionale  e'  oggetto di contestazione appare
 sufficiente, alla  luce  della  giurisprudenza  costituzionale  prima
 ricordata, al fine di porre in condizione il legislatore regionale di
 venire sostanzialmente a conoscenza dei rilievi di  costituzionalita'
 prospettati dal Governo.
    La Regione Umbria sostiene, inoltre, che la mancata corrispondenza
 fra motivi del rinvio e motivi del ricorso si rivelerebbe anche sotto
 il  profilo  della  contraddittorieta'  fra  gli uni e gli altri, dal
 momento che, mentre  nei  primi  si  afferma  che  la  ragione  della
 illegittimita' consisterebbe nel fatto che la trasformazione in posti
 di coadiutore dei posti di collaboratore e di assistente e'  prevista
 anche   a  favore  di  categorie  non  facenti  parte  del  personale
 ospedaliero,  nel  secondo,  invece,  si  afferma  che   la   ragione
 dell'illegittimita'   consisterebbe  nella  riserva  di  un  medesimo
 trattamento al personale appartenente sia al ruolo  sanitario  che  a
 quello tecnico.
    In  realta',  non  c'e'  alcuna  contraddizione fra il rinvio e il
 ricorso, poiche', mentre nel primo si lamenta in estrema  sintesi  la
 violazione  dell'art. 17 del d.P.R. n. 761 del 1979, asserendo che la
 legge regionale sconfinerebbe dal campo di  applicazione  proprio  di
 quest'ultimo,   e  cioe'  dall'esclusivo  riferimento  al  "personale
 sanitario che opera in  ambito  servizi  ospedalieri",  nel  ricorso,
 invece, questo stesso rilievo viene articolato in due distinti motivi
 fra loro complementari,  nel  senso  che  si  censura,  innanzitutto,
 l'estensione  della  disciplina  prevista  dall'art.  17 al personale
 extra-ospedaliero (anche se appartenente al ruolo  sanitario)  e,  in
 secondo  luogo,  l'analoga  estensione al personale tecnico (anche se
 operante negli ospedali).
    4.  -  Le  questioni  di legittimita' costituzionale sollevate dal
 Presidente del Consiglio dei Ministri sono fondate.
    4.1.   -   La  prima  questione  consiste  nel  verificare  se  la
 trasformazione  in  posti  di  coadiutore  di  quelli  relativi  alla
 posizione  funzionale di collaboratore e di assistente, concernenti i
 profili  professionali   di   farmacista,   psicologo,   veterinario,
 sociologo  e  di  medico  operante  nei servizi di medicina di base -
 trasformazione da  realizzarsi  in  misura  tale  da  raggiungere  la
 parita'  numerica  tra  le  due  posizioni funzionali nell'ambito dei
 singoli servizi -  violi  i  limiti  della  potesta'  legislativa  di
 attuazione  attribuita alle regioni in materia di stato giuridico del
 personale delle Unita' sanitarie locali  (art.  47,  terzo  e  quarto
 comma,  della  legge  n.  833  del  1978),  sul presupposto che nella
 legislazione statale (art. 17 del d.P.R. n.  761 del 1979) la parita'
 dei  posti  dei  livelli funzionali di assistente (o collaboratore) e
 coadiutore e' prevista solo per il  personale  operante  nei  servizi
 ospedalieri.
    Contrariamente  a  quanto sostiene la Regione, la legge impugnata,
 considerata nel suo oggetto e  nei  suoi  contenuti,  pone  norme  in
 materia  di  stato  giuridico  del  personale  delle Unita' sanitarie
 locali  prevedendo  soltanto  in  via  meramente  consequenziale  una
 modificazione  delle  piante  organiche delle stesse unita' sanitarie
 locali. Infatti, come del resto riconosce  la  stessa  Regione  nella
 delibera  di  Giunta 12 maggio 1987, n. 3091, la legge regionale mira
 sostanzialmente a uniformare il trattamento giuridico-economico delle
 figure  professionali  dei biologi, dei chimici e dei fisici a quelle
 dei laureati in medicina e, piu' precisamente, mira  ad  ampliare  le
 prospettive   di   progressione   funzionale   dei  primi  attraverso
 un'estensione delle possibilita' di accesso al livello superiore.  Da
 cio'  consegue  che  la  legge  impugnata  pone una disciplina su una
 materia che e' riservata allo Stato in ragione di  evidenti  esigenze
 di  uniformita'  (v. sentt. nn. 610 e 1061 del 1988) e sulla quale la
 regione, in base all'art. 47, terzo e quarto comma,  della  legge  n.
 833  del 1978, ha unicamente il potere di emanare norme di attuazione
 ai sensi dell'art. 117, ultimo comma, della Costituzione.
    Considerata  in  tale  quadro di ripartizione delle competenze, la
 domanda   del   ricorrente   merita   accoglimento   in   conseguenza
 dell'illegittima   estensione  al  personale  extraospedaliero  delle
 disposizioni contenute nell'art. 17, ultimo comma, del d.P.R. n.  761
 del  1979,  secondo  le  quali  "la  dotazione  organica  dei  medici
 assistenti e', nell'ambito dei servizi  ospedalieri,  di  norma  pari
 alla  dotazione  organica  complessiva  degli aiuti corresponsabili e
 vice-direttori  sanitari".  Nel  praticare  la  suddetta   estensione
 dell'applicabilita'  di  tale  disposizione,  l'art.  1  della  legge
 regionale impugnata esorbita dai limiti costituzionali  propri  della
 potesta'  legislativa  di attuazione, dal momento che tende a forzare
 l'ambito oggettivo di applicazione di una disposizione statale la cui
 giustificazione    risiede   nella   peculiarita'   della   struttura
 ospedaliera e nella esigenza di favorire il mantenimento  all'interno
 di  essa  del  personale sanitario. Ne' tale conclusione puo' subi're
 modifiche in virtu' del fatto che  analoga  estensione  al  personale
 extraospedaliero  sia  stata  praticata  da  leggi  di  altre regioni
 regolarmente vistate, poiche' la mancata deduzione  di  un  vizio  di
 legittimita'  costituzionale  da  parte  del  Governo  nel  corso del
 procedimento  di  formazione  di  una  legge   regionale,   ancorche'
 costituisca  un  evento  che  lo stesso Governo dovrebbe in ogni caso
 evitare, non comporta di per se' un autonomo  vizio  di  legittimita'
 costituzionale  e non preclude, comunque, che quel vizio possa essere
 fatto valere  successivamente  nei  modi  e  nei  limiti  propri  del
 procedimento in via incidentale.
    Per   ragioni   analoghe   va   accolta   anche   l'altra  censura
 d'illegittimita'  costituzionale  relativa  all'art.  1  della  legge
 impugnata,  vale  a  dire  la  richiesta  di  considerare esorbitante
 rispetto all'ambito di applicabilita' dell'art. 17, ultimo comma, del
 d.P.R.  n.  761  del  1979, l'estensione ai sociologi appartenenti al
 ruolo "tecnico",  della  possibilita'  di  trasformare  in  posti  di
 coadiutore  quelli di collaboratore o di assistente, possibilita' che
 il citato art. 17 riserva al solo personale sanitario  (operante  nei
 servizi  ospedalieri).  Cio'  vale  tanto  piu',  se si considera che
 l'art. 47, quarto comma, n. 1, della legge n. 833  del  1978  precisa
 che i diversi ruoli regionali nei quali il personale dipendente dalle
 Unita' sanitarie locali viene "collocato" in rapporto ai titoli e  ai
 criteri  fissati con decreti del Ministro della sanita' "hanno valore
 anche ai fini dei trasferimenti, delle promozioni e dei concorsi".
    4.2.   -   Fondata   e'  altresi'  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale relativa all'art. 2 della legge  regionale  impugnata,
 nella  parte  in  cui  prevede  che la copertura dei posti risultanti
 dalla trasformazione compiuta ai sensi del precedente art. 1  avvenga
 mediante  l'emanazione  di  avvisi  pubblici  riservati  al personale
 appartenente  alle  posizioni  funzionali  di  collaboratore   e   di
 assistente.  Anche  tale  previsione,  infatti,  esorbita  dai limiti
 costituzionali propri della potesta' legislativa di attuazione che la
 regione  possiede  in  materia,  dal momento che il d.P.R. n. 761 del
 1979 - in applicazione del principio  generale  di  cui  all'art.  97
 della  Costituzione  e  dei  criteri direttivi stabiliti nella delega
 legislativa di cui all'art. 47 della legge n. 833 del 1978 - prevede,
 da  un  lato,  la regola del pubblico concorso per titoli e per esami
 tanto in ordine all'ammissione all'impiego presso le Unita' sanitarie
 locali  (art. 12) quanto in ordine all'accesso a specifiche posizioni
 funzionali nei diversi ruoli (artt. 17 e ss.) e, dall'altro, fissa in
 modo  tassativo  le  ipotesi  di concorso che in via transitoria sono
 riservati a determinate  e  ben  individuate  categorie  di  soggetti
 (artt.  67 e ss.). Poiche' fra queste ultime non rientrano le ipotesi
 previste  dall'impugnato  art.  2,  nessun  dubbio  puo'   sussistere
 sull'illegittimita' costituzionale delle relative disposizioni.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
      Dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  della  legge della
 Regione Umbria, intitolata "Norme per la trasformazione dei posti  di
 collaboratore  e  assistente  in posti di coadiutore dei vari profili
 professionali  del  personale  del  ruolo  nominativo  regionale  dei
 Servizi Sanitari", riapprovata il 24 luglio 1989.
     Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 16 marzo 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C0307