N. 69 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 dicembre 1990

                                 N. 69
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria  il  14  dicembre  1990  (della  regione  autonoma  Valle
 d'Aosta)
 Sanita'  pubblica  -  Misure  urgenti  per il finanziamento del saldo
 della maggiore spesa sanitaria relativa  agli  anni  1987  e  1988  e
 disposizioni  per  il  finanziamento  della  maggiore spesa sanitaria
 relativa all'anno 1990 - Accollo alla  regione  dell'onere  economico
 della  relativa  spesa,  cui  la  regione e' autorizzata a provvedere
 mediante alienazione di beni od utilizzazione del provento di tributi
 -  Sostanziale  conferma con la legge di conversione di detto accollo
 di oneri alla regione  anche  se  con  riduzione  dell'entita'  dello
 stesso  a  causa  dell'ammortamento  parziale  a carico dello Stato -
 Indebita invasione della sfera  di  competenza  regionale  e  lesione
 dell'autonomia  finanziaria  della regione nonche' dei principi della
 copertura finanziaria e del buon andamento della p.a.
 (Legge  19  novembre 1990, n. 334, di conversione, con modificazioni,
 del d.-l. 15 settembre 1990, n. 262).
 (Cost.,  artt.  38,  terzo  comma,  81,  quarto  comma,  e 116; legge
 costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4).
(GU n.2 del 9-1-1991 )
   Ricorre  la  regione  autonoma  Valle  d'Aosta, in persona dell'on.
 presidente della giunta regionale, avv. Giovanni Bondaz,  autorizzato
 con  delibera  della giunta regionale del 23 novembre 1990, n. 10247,
 rappresentato e difeso (in virtu' di procura autenticata  dal  notaio
 Bastrenta  di  Aosta in data 28 novembre 1990, rep. 13.561) dall'avv.
 prof.  Gustavo  Romanelli,  e   presso   lo   studio   del   medesimo
 elettivamente  domiciliato  in  Roma,  via  Cosseria, n. 5, contro la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on. Presidente
 del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo
 Chigi, nonche' presso l'Avvocatura generale dello Stato in Roma,  via
 dei   Portoghesi   n.  12,  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale della legge 19 novembre 1990, n. 334, di  conversione,
 con  modificazioni,  del  d.-l.  15  settembre  1990, n. 262, recante
 "misure urgenti per il finanziamento del saldo della  maggiore  spesa
 sanitaria  relativa  agli  anni  1987  e  1988  e disposizioni per il
 finanziamento della maggiore spesa sanitaria relativa all'anno 1990".
                                IN FATTO
    Ai  sensi  dell'art.  51  della legge 23 dicembre 1978, n. 833, il
 Servizio sanitario nazionale doveva  essere  finanziato  con  importi
 determinati  annualmente  dalla  legge  di  approvazione del bilancio
 dello Stato: il secondo comma, in particolare, prevede che  le  somme
 cosi'  stanziate vengano ripartite fra tutte le regioni, ivi comprese
 quelle a statuto speciale, su proposta del  Ministro  della  sanita',
 sentito il Consiglio sanitario nazionale.
    In realta' le somme cosi' stanziate si sono rivelate insufficienti
 a coprire le effettive  spese  di  funzionamento  del  S.S.N.;  cosi'
 l'art.  4  del  d-l.  25 novembre 1989, n. 382, recante "disposizioni
 urgenti sulla partecipazione alla spesa sanitaria e sul ripiano degli
 avanzi  di gestione", come convertito dalla legge 25 gennaio 1990, n.
 8, prevede  (al  secondo  comma)  che  la  maggiore  spesa  sanitaria
 corrente per gli esercizi finanziari 1987 e 1988 sia finanziata dalle
 regioni e dalle province  autonome  mediante  l'impiego  delle  somme
 eventualmente  non  utilizzate,  a  valere sulle quote degli esercizi
 finanziari 1987  e  1988  del  Fondo  sanitario  nazionale  di  parte
 corrente,  e mediante l'assunzione di mutui con onere di ammortamento
 parzialmente a carico del bilancio dello Stato (venti per  cento  per
 le  operazioni  di  mutuo  da  attivare  entro  il 31 dicembre 1989 e
 trentacinque per cento per le operazioni di  mutuo  da  attivare  nel
 1990).
    Anche   le   misure   finanziarie   previste   con   la  ricordata
 disposizione-tamponesi sono rivelate insufficienti e,  cosi',  ancora
 sul  presupposto,  esplicitato  nel  preambolo,  della "straordinaria
 necessita' ed urgenza di assicurare il proseguimento  dell'erogazione
 dei  servizi  sanitari  mediante  il ripianamento dei disavanzi delle
 unita' sanitarie locali e degli altri  enti  che  erogano  assistenza
 sanitaria",   il   d.-l.   15   settembre  1990,  n.  262,  prevedeva
 l'assunzione di ulteriori pesanti oneri  finanziari  a  carico  delle
 regioni e delle province autonome.
    In  particolare,  l'art. 1 di tale decreto-legge prevedeva, per la
 maggior spesa sanitaria non  coperta  con  le  procedure  di  cui  al
 richiamato  art.  4 del d.-l. 15 settembre 1990, n. 262, l'accensione
 di altri mutui, con  onere  di  ammortamento  a  carico  dello  Stato
 soltanto  nella  ragione  del  venti per cento per quelli assunti nel
 1990 e del venticinque per cento per quelli da assumere nel 1991.
    Inoltre,  l'art.  3  del medesimo d.-l. 15 settembre 1990, n. 262,
 prevedeva che le regioni  possano  autorizzare  le  unita'  sanitarie
 locali  e gli altri enti che gestiscono i servizi sanitari finanziati
 dalle quote regionali del Servizio sanitario  nazionale  ad  assumere
 impegni  per l'esercizio finanziario 1990 anche in eccedenza rispetto
 al bilancio di previsione "per provvedere a spese improcrastinabili e
 di assoluta urgenza entro limiti prequantificati dalle regioni stesse
 per ciascun ente". Il secondo comma del medesimo art. 3 prevedeva poi
 che  le  regioni  possano autorizzare le unita' sanitarie e gli altri
 enti che gestiscono i  servizi  sanitari  ad  assumere  anticipazioni
 straordinarie  di cassa con i propri tesorieri, per il finanziamento,
 con le modalita' di cui al primo comma, della  spesa  autorizzata  in
 eccedenza  rispetto  agli  stanziamenti di parte corrente autorizzati
 con il bilancio di previsione.
    Le  regioni  venivano  chiamate  ad assumersi gli oneri finanziari
 derivanti dai primi due commi dell'art. 3, ai  sensi  del  successivo
 terzo comma, o con i propri mezzi di bilancio, o mediante alienazione
 dei beni patrimoniali disponibili, ovvero mediante la contrazione  di
 mutui  o  prestiti  con  istituti  di  credito,  avvalendosi  per  la
 copertura delle entrate tributarie previste dall'art. 6  della  legge
 14  giugno  1990, n. 158 (legge recante norme di delega in materia di
 autonomia impositiva delle regioni e altre disposizioni concernenti i
 rapporti finanziari fra Stato e regioni).
    Il  suddetto  d.-l. n. 262/1990, in particolare nei suoi artt. 1 e
 3, risultava illegittimo, per violazione del disposto degli artt. 38,
 quarto  comma,  e  81,  ultimo comma, nonche' 116, della Costituzione
 della Repubblica,  oltre  che  per  violazione  dello  statuto  della
 regione  autonoma  Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale 26 febbraio
 1948, n. 4); avverso di esso, conseguentemente, la  regione  autonoma
 Valle  d'Aosta  ha  proposto ricorso avanti codesta ecc.ma Corte, con
 atto notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 19
 ottobre 1990.
    Il  d.-l.  15 settembre 1990, n. 262, e' stato poi convertito, sia
 pure con modifiche, con la legge 19 novembre 1990, n. 334.
    Fra  le  altre,  dalla  legge di conversione vengono introdotte le
 seguenti modifiche:
       a) viene inserito un art. 2- bis che prevede la copertura delle
 eccedenze di spesa,  rispetto  alle  entrate  complessive  registrate
 dalle  unita'  sanitarie  locali  e  dagli  altri  enti  che  erogano
 assistenza sanitaria, mediante l'alienazione totale  o  parziale  dei
 beni  patrimoniali  di  cui  agli  artt.  61,  65 e 66 della legge 23
 dicembre 1978, n. 833;
       b)  al  terzo  comma dell'art. 3 viene modificata la previsione
 relativa alla copertura degli oneri derivanti dai primi due commi del
 medesimo  art. 3 (nella specie, viene ad essere prevista l'assunzione
 di mutui a carico di regioni e province autonome, con  un  limite  di
 novatamila  lire  a  cittadino  residente  nella  regione o provincia
 autonoma, con oneri di ammortamento a carico dello Stato);
       c)  nel  medesimo  art.  3, viene inserito un comma 3- bis, che
 prevede che il venticinque per cento della differenza  residua  venga
 coperto  dalle  regioni  o  province  autonome, con i propri mezzi di
 bilancio,  o  mediante  alienazione  dei  beni  disponibili,   ovvero
 mediante  la contrazione di mutui e prestiti con istituti di credito,
 avvalendosi, per la copertura delle relative  rate  di  ammortamento,
 delle  entrate  tributarie previste dall'art. 6 della legge 14 giugno
 1990, n. 158.
    Le  suddette  modifiche  non hanno fatto venir meno, ma hanno anzi
 aggravato i profili di illegittimita'  costituzionale  gia'  presenti
 nel  d.-l.  n.  262/1990:  anche  la legge di conversione si appalesa
 quindi illegittima per violazione degli artt. 38,  terzo  comma,  81,
 quarto  comma, nonche' 116 della Costituzione della Repubblica, oltre
 che per violazione dello statuto della regione autonoma  della  Valle
 d'Aosta  (legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  4),  ed  in
 particolare dei suoi artt. 3, lett. f), 4 e 12, terzo comma.
                               IN DIRITTO
    1.  -  Per  quanto  concerne la denunziata violazione dell'art. 38
 della Costituzione, come si evince anche nei lavori preparatori  alla
 Camera della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (cfr., in particolare gli
 interventi degli onn.  Morini,  Cerquetti  e  Triva,  in  Camera  dei
 deputati  -  VIII  legislatura  - Atti parlamentari - Discussioni, p.
 13304 e segg., e come e' stato sempre pacifico in  dottrina  (v.,  ad
 esempio,   Petrilli,   La   sicurezza   sociale,   s.l.,   1953,  24;
 Pasquini-Pasquini Peruzzi, Il Servizio sanitario nazionale -  Profili
 funzionali  e  strutturali,  Napoli, 1979, 14 e segg) la tutela della
 salute costituisce un  aspetto  essenziale  (anche  se  non  l'unico)
 attraverso  il  quale perseguire il fine della sicurezza sociale, che
 grava fra gli obblighi costituzionali dello Stato, ai sensi dell'art.
 38 della Costituzione della Repubblica.
    Proprio  sulla base di questa considerazione, codesta ecc.ma Corte
 ha affermato  che  le  regioni,  ancorche'  investite  di  competenze
 amministrative  e  normative  in  materia  di assistenza sanitaria ed
 ospedaliera, non hanno competenza in materia di assistenza  malattia,
 appunto  in  quanto  quest'ultima  rientra nel concetto di assistenza
 sociale (Corte costituzionale, 10 maggio 1972, n. 91).
    La  medesima  valutazione puo' essere tal quale ripetuta anche per
 la  regione  autonoma  Valle   d'Aosta,   il   cui   statuto   (legge
 costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 4) non contempla, nell'ambito
 della potesta' legislativa primaria della regione, di cui all'art. 2,
 ne' l'assistenza ospedaliera, ne' la sicurezza sociale. Rispetto alla
 sola  assistenza  ospedaliera  ha  potesta'   legislativa   meramente
 integrativa  e  di  attuazione,  ai  sensi  dell'art.  3 del medesimo
 statuto e, dunque, rispetto ad essa soltanto puo' esercitare funzioni
 amministrative.
    Le regioni dunque, e fra esse la ricorrente regione autonoma Valle
 d'Aosta, vengono chiamate a ripianare  in  misura  preponderante  con
 propri  fondi  i  disavanzi  di un servizio i cui costi devono invece
 gravare sullo Stato, ai sensi dell'art. 38 della Costituzione.
    2.  -  Cio'  che  e'  anche piu' grave e' la violazione palese del
 principio dettato dall'ultimo comma dell'art. 81 della  Costituzione,
 secondo  il  quale ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve
 indicare i mezzi per farvi fronte, e con esso anche del principio  di
 cui  al successivo art. 116 della Costituzione, e dello statuto della
 regione Valle d'Aosta.
    Come  codesta  ecc.ma  Corte  ha avuto modo di affermare, la legge
 sostanziale non puo' limitarsi ad indicare genericamente i  mezzi  di
 copertura  di  nuove o maggiori spese, basandosi su futuri cespiti di
 entrata incerta ed eventuali; ma occorre che la legge indichi i mezzi
 preesistenti  per farvi fronte (cosi': Corte costituzionale, 31 marzo
 1961, n. 16, in Giur. cost., 1961, 104; Corte costituzione, 9  giugno
 1961,  n.  31;  Corte  costituzionale,  10  gennaio 1966, n. 1; Corte
 costituzionale, 22 dicembre 1969, n. 158).
    Si tratta di un principio costituzionale che si applica anche alla
 c.d. finanza allargata (Corte costituzionale, 8 giugno 1981,  n.  92,
 in  Foro  it.,  1981, I, 1835), e, quindi, deve ritenersi applicabile
 anche alle uu.ss.ll. ed agli altri  enti  che  gestiscono  i  servizi
 sanitari,  per  quanto concerne l'autorizzazione ad "assumere impegni
 per l'esercizio finanziario 1990 anche in eccedenza agli stanziamenti
 di  parte corrente autorizzati con il bilancio di previsione", di cui
 all'art. 3  del  d.-l.  n.  262/1990,  come  convertito  dalla  legge
 impugnata con il presente ricorso.
    Ne'  l'illegittimita'  vien  meno  per  le  ulteriori  previsioni,
 ricordate in narrativa, di cui ai successivi commi 3  e  3-  bis  del
 medesimo   art.   3,   introdotti  appunto  dall'impugnata  legge  di
 conversione. E' illegittima la  previsione  di  assunzione  a  carico
 delle  regioni  e  province autonome di mutui, ancorche' con oneri di
 ammortamento a carico dello  Stato;  per  di  piu'  tali  mutui  sono
 chiamati  a  coprire  la  differenza  in questione soltanto fino alla
 concorrenza di  una  somma  corrispondente  a  lire  notantamila  per
 cittadino   residente   sul  territorio  della  regione  o  provincia
 autonoma; le regioni e province autonome sono chiamate a gravarsi  di
 una  consistente  quota  (il  venticinque per cento) della differenza
 residua.
    In  effetti,  l'art. 1 del d.-l. n. 262/1990, come convertito, non
 da' alcuna indicazione in ordine agli obblighi  di  cui  all'art.  81
 della  Costituzione;  per  quanto  concerne  gli oneri gravanti sulle
 regioni ex artt. 2- bis (inserito ex novo dall'impugnato  decreto  di
 conversione)  e  3  (come  modificato), le indicazioni attenenti alla
 copertura sono ancora del tutto generiche, e si riferiscono  anzi  ad
 entrate  soltanto  eventuali,  e del tutto ipoteche (nell'art. 2- bis
 l'alienazione "totale o parziale dei beni patrimoniali  di  cui  agli
 artt. 61, 65 e 66 della legge 22 dicembre 1978, n. 833"; nell'art. 3,
 comma 3-bis, l'alienazione dei beni patrimoniali disponibili), se non
 giuridicamente  inesistenti,  almeno  per  quanto concerne la regione
 ricorrente e le altre regioni a statuto speciale.
    A  tale proposta occorre infatti ribadire quanto gia' rilevato nel
 ricorso avverso il d.-l. n.  262/1990,  a  proposito  dell'originaria
 formulazione  dell'art.  3: il riferimento alle entrate tributarie di
 cui all'art. 6 della legge 14 giugno  1990  non  puo'  riguardare  le
 regioni a statuto speciale, perche' in realta', come si e' gia' avuto
 modo di accennare in narrattiva, si applica,  per  espresso  disposto
 normativo,  esclusivamente  alle regioni a statuto ordinario (ne' del
 resto, avrebbe potuto essere altrimenti, posto che il  detto  art.  6
 della  legge  n. 158/1990 e' norma applicativa dell'art. 119, secondo
 comma, della Costituzione che, come ha chiarito codesta Corte con  la
 sentenza 26 gennaio 1957, n. 9, in Giur. cost., 1957, 58, e' riferito
 alle sole regioni a statuto ordinario, mentre le  regioni  a  statuto
 speciale  trovano  la  fonte  normativa  anche  dei  propri  rapporti
 finanziari con lo Stato, ai sensi dell'art. 116  della  Costituzione,
 nei rispettivi statuti di autonomia).
    Va  incidentalmente  avvertito che l'illegittimita' non viene meno
 per la gia' citata riserva  contenuta  nel  quarto  ed  ultimo  comma
 dell'art.  3,  che esclude l'applicabilita' delle norme incompatibili
 con gli statuti alle regioni autonome.  In  limite  occorre  rilevare
 l'imperfetta  tecnica  di  formulazione  della  riserva in questione:
 essa, pur  avendo  almeno  formalmente  portata  generale,  e'  stata
 collocata nell'ultimo comma di un articolo contenente disposizioni di
 contenuto particolare. E con cio', essa si palesa come  evidente  (ed
 abusato)   espediente   per   lasciare   indeterminati  i  limiti  di
 applicabilita' del testo legislativo e tentare cosi' di precostituire
 una  barriera  contro le censure di illegittimita' costituzionale che
 la norma medesima si attira.
    Ma,  posto  appunto  che  alla  regione  Valle d'Aosta non si puo'
 applicare il riferimento alla copertura di spesa mediante le  entrate
 tributarie di cui all'art. 6 della legge 14 giugno 1990, si evidenzia
 un  ulteriore,  e  non  meno  rilevante,  profilo  di  illegittimita'
 costituzionale   del   d.-l.  n.  262/1990  e  del  provvedimento  di
 conversione oggi impugnato.
    Va  ancora  aggiunto  che  il riferimento all'alienazione dei beni
 patrimoniali di cui agli artt. 61, 65 e 66 della legge istitutiva del
 S.S.N., inserito dal provvedimento di conversione con l'art. 2- bise'
 in contrasto sia con l'attribuzione ai comuni dei beni  in  questione
 (cfr.  artt.  61,  terzo  comma, nonche' 65, primo comma, e 66, primo
 comma,  della  legge  n.  833/1978)  che   con   le   procedure   per
 l'alienazione  dei  beni in questione e per il reimpiego dei capitali
 ricavati, di cui all'art. 65, secondo comma, della  stessa  legge  n.
 833/1978  ("Con  legge  regionale  sono  disciplinati  lo svincolo di
 destinazione dei beni di cui al precedente comma, il reimpiego ed  il
 reinvestimento   dei  capitali  ricavati  dalla  loro  alienazione  o
 trasformazione in opere di  realizzazione  o  di  ammodernamento  dei
 presidi sanitari... ".
    Infine,  si  tratta  di norma inefficace, nella misura in cui essa
 esclude espressamente dal suo ambito di operativita' i "beni soggetti
 a  vincoli  di  qualsiasi  natura": infatti i beni di cui all'art. 65
 della legge n. 833/1978 sono  espressamente  assoggettati  dal  primo
 comma a "vincolo di destinazione alle unita' sanitarie locali".
    3.  - Il d.-l. n. 262/1990, anche nel testo modificato dalla legge
 di conversione oggi impugnata, attribuisce alle regioni, ivi compresa
 la ricorrente regione autonoma Valle d'Aosta, una parte molto gravosa
 degli oneri necessari al ripianamento del disavanzo del  S.S.N.  che,
 come  si  e'  visto,  esula  dalle materie di competenza normativa, e
 quindi anche amministrativa, della Valle.
    Lo Stato non solo non fornisce i mezzi pe far fronte a tali oneri,
 ma, per di piu',  stante  l'inapplicabilita'  degli  altri  mezzi  di
 copertura  genericamente  previsti,  impone  alle regioni autonome la
 vendita del  patrimonio  disponibile.  A  prescindere  dalla  mancata
 soddisfazione,  piu'  sopra illustrata, delle condizioni richieste in
 ordine alla copertura finanziaria  dall'art.  81  della  Costituzione
 (stante  la  collocazione  futura  ed  incerta  delle  entrate  cosi'
 ricavabili), va evidenziato che,  per  di  piu',  si  tratta  di  una
 illegittima  violazione  della  sfera di discrezionalita' che compete
 anche e sopratutto alle  regioni  autonome  nell'adozione  anche  del
 proprio indirizzo amministrativo.
    Ed  in  effetti,  ai  sensi  del combinato disposto degli artt. 4,
 primo comma, e 3, lett. f), del proprio statuto speciale, spetta alla
 regione Valle d'Aosta l'esercizio della potesta' amministrativa sulle
 finanze  regionali.  Non  pare  revocabile  in  dubbio  che  elemento
 caratterizzante  di  tale  potesta' sia la discrezionalita' (cfr. per
 tutti: Virga, Diritto amministrativo, I, I  principi,  Milano,  1983,
 3-4):   ebbene,   tale  potesta'  viene  ad  essere  illegittimamente
 compressa   dall'art.   2-   bis   del   decreto,   come   convertito
 dall'impugnata legge di conversione, che come si e' visto, vincola le
 regioni, ivi comprese quelle autonome, all'alienazione di  beni  che,
 per  di  piu',  non  sono  nemmeno nella loro disponibilita', essendo
 stati invece precedentemente attribuiti da altra  legge  dello  Stato
 (la legge n. 833/1978) al patrimonio dei comuni.
    La  medesima  censura  e'  ripetibile  con riferimento all'art. 3,
 terzo  comma,  e  comma  3-  bis,  del   decreto,   come   convertito
 dall'impugnata  legge  di conversione, che, come si e' visto, vincola
 la  regione  Valle  d'Aosta  all'alienazione  dei  beni  del  proprio
 patrimonio  disponibile,  per ottenere disponibilita' finanziarie che
 dovrebbero invece esserle fornite dallo Stato.
    4.  - Infine, il decreto e la legge di conversione oggi impugnata,
 sono illegittimi per violazione  dell'art.  12,  terzo  comma,  dello
 statuto   speciale   della  Valle  d'Aosta,  secondo  la  quale  "Per
 provvedere a scopi  determinati  che  non  rientrino  nelle  funzioni
 normali  della  Valle,  lo  Stato  assegna  alla  stessa,  per legge,
 contributi speciali".
    Come  si  e'  visto, il ripianamento del disavanzo delle uu.ss.ll.
 (ed anzi, in genere l'erogazione  dei  servizi  sanitari  secondo  le
 modalita' della legge n. 833/1978) non rientrano nelle funzioni della
 ricorrente regione; il ripianamento  del  disavanzo  delle  uu.ss.ll.
 sarebbe stato comunque uno "scopo determinato" estraneo alle funzioni
 normali della Valle e sarebbe stato percio'  rispettoso  della  norma
 statutaria  soltanto  se  accompagnato  da  contributo  speciale.  E,
 quindi, anche sotto tale ulteriore profilo, il d.-l. n. 262/1990, con
 la  sua  legge di conversione oggi impugnata, sono costituzionalmente
 illegittimi.
    Si   chiede  pertanto,  piaccia  all'ecc.ma  Corte  costituzionale
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale per violazione degli artt.
 38, terzo comma, e 81, quarto comma, nonche' 116, della Costituzione,
 oltre che per violazione dei principi  dello  statuto  della  regione
 autonoma Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4),
 della legge 19 novembre 1990, n. 334, di "Conversione in  legge,  con
 modificazioni,  del  d.-l. 15 settembre 1990, n. 262, recante 'misure
 urgenti per il finanziamento del saldo della maggiore spesa sanitaria
 relativa  all'anno  1990'";  con ogni relativa conseguenza e con ogni
 connessa pronuncia.
      Roma, addi' 10 dicembre 1990
                      Avv. prof. Gustavo ROMANELLI

 90C1414