N. 753 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1990
N. 753 Ordinanza emessa il 15 ottobre 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale militare di La Spezia nel procedimento penale a carico di Bellini Roberto ed altri Reati militari - Furto d'uso - Mancata restituzione della cosa sottratta dovuta a caso fortuito, forza maggiore ovvero a colpa dell'agente - Configurabilita' del piu' grave reato di furto ordinario - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al furto d'uso comune configurabile, per effetto della sentenza n. 1085/1988, anche nel caso di mancata restituzione della cosa sottratta per caso fortuito o forza maggiore - Violazione del principio della personalita' della responsabilita' penale. (C.P.M.P., art. 233, primo comma, n. 1). (Cost., artt. 3 e 27).(GU n.1 del 2-1-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato d'ufficio la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 594/90 r.g.i.p. nei confronti di: Bellini Roberto, Farina Carlo, Bottone Rino Claudio, Crocco Carlo, imputati di concorso in furto militare aggravato (art. 230 cpv., del c.p.m.p., art. 110 del c.p.). O S S E R V A Come e' noto, la Corte costituzionale, con sentenza n. 1085/1988, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 626, primo comma, n. 1, del c.p. (furto d'uso) nella parte in cui non estende la disciplina in prevista alla ipotesi di mancata restituzione della cosa sottratta dovuta a caso fortuito o forza maggiore, per contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione, la' dove esso esprime il necessario collegamento tra il soggetto agente e il fatto e la "necessaria rimproverabilita' dello stesso soggettivo collegamento". Nel fatto all'esame di questo giudice si propone una fattispecie del tutto analoga a quella preveduta dall'art. 626, primo comma, n. 1, del c.p. e da cui e' scaturita la predetta pronuncia. Infatti oggetto del giudizio e' una fattispecie di furto - sottrazione di un auto al solo scopo di farne un uso momentaneo e impossibilita' di restituirla per un fatto indipendente dalla volonta' dell'agente - in relazione alla quale, secondo l'opinione dominante in giurisprudenza, dovrebbe configurarsi il piu' grave reato di furto militare ex art. 230 del c.p.m.p., non potendo ipotizzarsi, a causa della mancata restituzione della cosa sottratta, quello piu' lieve di furto d'uso. La norma in questione - preveduta dall'art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. - dispone in modo assolutamente identico a quella di cui all'art. 626, primo comma, n. 1, del c.p. ("... se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l'uso momentaneo e' stata immediatamente restituita") e pertanto si ripropone negli stessi termini di cui alla citata sentenza n. 1085/88 il contrastro fra il testo dell'art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. e i principi di cui all'art. 27, primo comma, della Costituzione. In fatto la questione appare rilevante nel giudizio in corso, atteso che - ove l'eccezione venisse accolta - la norma impugnata e dichiarata costituzionalmente illegittima verrebbe ad essere modificata nei sensi e nei limiti di cui alla suddetta sentenza (con l'ulteriore integrazione che appresso vedremo), di guisa che dovrebbe dichiararsi in non luogo a procedere nei confronti degli imputati una volta modificata la rubrica da "furto militare aggravato" ex art. 230 cpv., del c.p.m.p. in "furto d'uso" ex art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. - giacche' si verterebbe in ipotesi di reato punibile con la reclusione militare fino a sei mesi, come tale procedibile solo a richiesta del comandante di corpo, richiesta che - nella specie - non e' stata inoltrata. La rilevanza della questione, altresi', e' valutabile anche alla stregua della precedente pronuncia della Corte costituzionale circa all'art. 626 del c.p., pronuncia che, se da un lato appare decisiva riguardo alla non manifesta infondatezza della questione nonche' alla di lei rilevanza, non appare dall'altro indonea a dispiegare direttamente i propri effetti di annullamento nel processo in corso, atteso che non avendo la Corte attivato il meccanismo di incostituzionalita' "derivata" previsto dall'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la predetta sentenza ha statuito unicamente sulla norma di cui all'art. 626 del c.p., non investendo in alcun modo l'art. 233 del c.p.m.p., norma diversa e peraltro speciale come l'ordinamento cui appartiene. Tuttavia, nel caso di specie va posto in luce un ulteriore profilo problematico: premettendo che, nel fatto, non vi e' alcun dubbio circa l'intenzione dei soggetti di fare un uso momentaneo della cosa sottratta (tre degli imputati, infatti, stavano riportando la vettura di servizio nell'autoreparto ove l'avevano prelevata, dopo aver accompagnato il quarto - Crocco Carlo - all'uscita dell'arsenale militare), deve rilevarsi che il fatto che ha impedito la restituzione della cosa (ossia l'incidente automobilistico nel corso del quale l'auto e' stata completamente distrutta) e' almeno in parte riconducibile alla colpa del conducente dell'auto, ossia dell'imputato Bellini Roberto. Occore, comunque, dir subito che tale circostanza, ossia la non avvenuta restituzione del bene sottratto per concorso di circostanze imprevedibili e della colpa dell'agente, non muta la sostanza della questione, giacche' oltre che dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. nella parte in cui esso non estende la disciplina ivi prevista (furto d'uso) all'ipotesi di mancata restituzione della cosa sottratta dovuta a caso fortuito o forza maggiore, questo giudice dubita altresi' che tale norma sia legittima anche allorche' la restituzione non sia avvenuta per colpa o per concorso di colpa dell'agente. invero nella piu' volte citata sentenza n. 1085/1988, la stessa Corte costituzionale nell'inquadrare dal punto di vista sistematico la fattispecie del furto d'uso previsto dal codice penale ha stabilito che e' la "presenza nel reo della specifica intenzione di restituire la cosa immediatamente dopo l'uso momentaneo... che caratterizza, in relazione al furto comune, e sin dall'origine, il furto d'uso". Ed ancora, che "soltanto un mutamento di volonta' del soggetto attivo del fatto in ordine alla restituzione della cosa sottratta puo' rendere applicabile la disciplina del furto ordinario". Tali puntuali osservazioni inducono a ritenere che non soltanto nell'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore la mancata restituzione della cosa sottratta non puo' essere addebitata al reo per contestargli il piu' grave reato di furto (nella specie, furto militare ex art. 230 del c.p.m.p.), ma che anche qualora tale evento fosse a lui addebitabile a titolo di colpa, egli non possa legittimamente rispondere del piu' grave reato di furto (militare) bensi' di quello di furto d'uso militare. E cio' perche' il dolo specifico presente nel soggetto - in tali circostanze - e' quello del furto d'uso (ossia l'impossessamento finalizzato all'esclusivo uso momentaneo con l'intenzione inequivoca di restituire la cosa) e non quello del furto semplice. Invero, nessuna modificazione avviene nella volonta' del soggetto, che resta sempre intenzionato a restiruire la cosa (e quindi a "volere") il fatto di reato di cui all'art. 233 del c.p.m.p. e non quello dell'art. 230 del c.p.m.p.) e pertanto irragionevole appare imputargli necessariamente - a titolo di dolo - il fatto di reato piu' grave previsto dall'art. 230, secondo comma, del c.p.m.p.). Conseguentemente, avuto riguardo a quanto finora osservato, si dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. in relazione ai seguenti profili: a) innanzi tutto, analogamente a quanto statuito con sentenza n. 1085/88 della Corte costituzionale riguardo all'art. 626, primo comma, n. 1, del c.p., in relazione agli artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della Costituzione in quanto esclude la configurabilita' del furto d'uso militare in caso di mancata restituzione della cosa sottratta dovuta a caso fortuito o forza maggiore; e cio' in primo luogo perche' il principio della responsabilita' personale dell'illecito penale impone che il fatto addebitato al reo gli sia attribuibile anche psicologicamente, ossia gli appartenga anche dal punto di vista soggettivo, e che altresi' affinche' possa attuarsi la funzione rieducativa della pena prevista dal terzo comma, art. 27, della Costituzione, e' necessario che il rimprovero da muovere al reo attenga a fatti riconducibili soggettivamente ad esso. In secondo luogo, ulteriore profilo, si riscontra in rapporto dell'art. 3 della Costituzione, dal momento che una diversa disciplina del furto d'uso militare rispetto a quello comune non troverebbe alcun fondamento razionale nella legge e pertanto si tradurrebbe in una ingiustificata lesione del principio di uguaglianza; b) sempre in relazione agli artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della Costituzione si dubita altresi' della legittimita' dell'art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. anche nella parte in cui la disciplina del furto d'uso militare e' esclusa a causa della mancata restituzione del bene sottratto dovuta a colpa dell'agente. Irragionevole e sproporzionato appare, infatti, l'attribuzione di un fatto piu' grave - punibile per legge esclusivamente a titolo di dolo - a causa del verificarsi di un evento avvenuto solo per colpa del soggetto stesso, senza che questi abbia mutato la propria originaria intenzione di commettere altro meno grave reato.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 233, primo comma, n. 1, del c.p.m.p. in relazione agli artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della Costituzione; Sospende il procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. La Spezia, addi' 15 ottobre 1990 Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile) 90C1424