N. 578 SENTENZA 12 - 28 dicembre 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Caccia - Regione Lombardia - Tiro a volo sportivo su specie animali anche di allevamento - Estensione del divieto generalizzato eccedente la potesta' legislativa regionale Divieto legislativo statale connesso alla nozione di esercizio della caccia vincolante la legislazione regionale in materia Richiamo alla giurisprudenza della Corte (sentenza n. 63/1990) Non fondatezza. (Legge regione Lombardia 31 luglio 1978, n. 47, art. 37, lett. n), come modificato dall'art. 28 della legge regione Lombardia 16 agosto 1988, n. 41). (Cost., art. 17).(GU n.2 del 9-1-1991 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Giovanni CONSO; Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 37, lettera n), della legge regionale della Lombardia 31 luglio 1978, n. 47 (Norme per la protezione e la tutela della fauna e disciplina dell'esercizio venatorio), come integrato dall'art. 28 della legge regionale della Lombardia 16 agosto 1988, n. 41, promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1989 dal T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia nel ricorso proposto da Lonati Sergio contro il Comune di Ghedi, iscritta al n. 413 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26 e 37, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di costituzione di Lonati Sergio, nonche' l'atto di intervento della Regione Lombardia; Udito nell'udienza pubblica del 13 novembre 1990 il Giudice relatore Enzo Cheli; Uditi gli avvocati Claudio Chiola per Lonati Sergio e Gustavo Romanelli per la Regione Lombardia; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio promosso da Lonati Sergio nei confronti del Comune di Ghedi per l'annullamento di due provvedimenti assessorili in data 19 ottobre 1988, l'uno di revoca di autorizzazione per l'attivita' di tiro al volo su specie animali e l'altro di denegato rinnovo di tale autorizzazione, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione di Brescia, con ordinanza emessa il 24 novembre 1989, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, lettera n), della legge regionale della Lombardia 31 luglio 1978, n. 47 (Norme per la protezione e la tutela della fauna e disciplina dell'esercizio venatorio), come modificato dall'art. 28 della legge regionale 16 agosto 1988, n. 41, per violazione dell'art. 117 della Costituzione. Il Tribunale remittente rileva che la norma impugnata, ancorche' inserita in un contesto normativo tendenzialmente circoscritto alla disciplina della caccia, stabilisce un divieto di carattere generale per l'attivita' di tiro a volo su ogni specie di animali vivi - ivi compresi quelli di allevamento - senza distinguere se si tratti di attivita' direttamente connessa all'esercizio della caccia oppure di autonoma attivita' sportiva. Ad avviso dello stesso Tribunale la Regione Lombardia, nel porre un siffatto divieto generalizzato, avrebbe ecceduto dai limiti posti dall'art. 117 della Costituzione, in quanto nella materia della caccia, spettante alla potesta' legislativa regionale, sarebbero ricomprese le sole attivita' dirette all'abbattimento o alla cattura della selvaggina nei tempi e modi previsti dalla legge, nonche' le attivita' direttamente connesse alla pratica venatoria. L'ambito delle attribuzioni legislative regionali non potrebbe, invece, giungere a ricomprendere anche il tiro a volo sportivo che, non essendo ne' finalizzato ne' connesso alla pratica venatoria, costituirebbe sul piano oggettivo una attivita' del tutto autonoma dalla caccia, tanto nella forma del tiro al piattello che in quella del tiro su volatili. La regolamentazione di tale attivita' dovrebbe, pertanto, ritenersi attinente non alla disciplina della caccia, bensi' alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, riservata in via esclusiva alla legislazione statale. 2. - E' intervenuta nel giudizio la parte privata ricorrente, aderendo alle conclusioni formulate nell'ordinanza di rimessione. L'atto di costituzione rileva, in particolare, che il legislatore statale, con la legge-quadro 27 dicembre 1977, n. 968, sulla protezione della fauna e l'esercizio della caccia, ha escluso dal divieto di tiro a volo i volatili di allevamento (art. 20, lettera q), che non costituiscono "fauna selvatica", risultando gli stessi estranei alla sfera di protezione disposta da tale legge. Ne' il tiro a volo su animali di allevamento potrebbe considerarsi attivita' strumentale della caccia dato il carattere autonomo della relativa disciplina sportiva. 3. - Si e' costituita in giudizio la Regione Lombardia eccependo la infondatezza della questione. La Regione ricorda come gia' nella disciplina precedente alla legge-quadro n. 968 del 1977 la nozione di caccia venisse a ricomprendere ogni atto diretto alla uccisione o cattura di selvaggina, comunque compiuto, ad eccezione dei casi di forza maggiore o caso fortuito (art. 1 R.D. 5 giugno 1939, n. 1016). Risultava, pertanto, esclusa la possibilita' di ritagliare dalla materia venatoria una attivita' diretta alla uccisione di animali, quale il tiro a volo con animali vivi, qualificandola come sport anziche' come caccia. Distinzione questa tanto piu' improponibile in quanto l'intera attivita' venatoria, venuta meno ogni sua giustificazione per finalita' di sostentamento, non puo' avere ormai altra qualificazione se non quella del carattere sportivo. Piu' recentemente, la gia' citata legge-quadro n. 968 del 1977 ha stabilito che la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1) e ha ricompreso nel suo ambito tutti i mammiferi ed uccelli "dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale liberta', nel territorio nazionale" (art. 2). Ove pertanto esistano di una specie animale popolazioni viventi anche temporaneamente in stato di naturale liberta' nel territorio italiano, l'intera specie sarebbe da considerarsi tutelata dalla legge, anche per quanto concerne gli esemplari che si siano riprodotti in cattivita' o mediante allevamento. Il principio contenuto nell'art. 20, lettera q), della legge n. 968 del 1977 - che fa divieto di "usare volatili, esclusi quelli di allevamento, nelle esercitazioni, nelle gare e nelle manifestazioni sportive di tiro a volo" - dovrebbe, pertanto, necessariamente interpretarsi nel senso che l'esclusione non concerne quelle specie animali che vivono sul territorio nazionale anche e sopratutto in stato di naturale liberta'. In ogni caso, il principio si esprime nel divieto assoluto dell'uso di animali selvatici nel tiro a volo: da tale divieto non potrebbe, d'altro canto, farsi discendere, secondo la Regione, anche un opposto principio, vincolante per la legislazione regionale, di liberta' di utilizzazione per il tiro a volo di uccelli d'allevamento. La legge regionale avrebbe, pertanto, legittimamente esteso in modo generale il divieto di tiro a volo su animali vivi gia' contenuto, sia pure con una limitazione, nella legge statale. 4. - In prossimita' dell'udienza, la parte ricorrente nel giudizio a quo ha presentato una memoria, insistendo per l'accoglimento della questione. In tale memoria si ribadisce che la legge impugnata estenderebbe illegittimamente alla fauna di allevamento una tutela che la legge-quadro sulla caccia limita alla sola fauna selvatica, restando estranea alla stessa legge-quadro la finalita' di generale tutela degli animali da maltrattamenti, perseguita dalla legge penale (art. 727 c.p.). La legge regionale impugnata avrebbe, pertanto, violato i principi della legislazione statale per sconfinare in un diverso ambito normativo, proprio dello Stato, che attiene all'ordine pubblico ed alla polizia di sicurezza. Considerato in diritto 1. - La Regione Lombardia, con la legge regionale 16 agosto 1988, n. 41 - recante modifiche e integrazioni alla legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, in tema di protezione e tutela della fauna e di disciplina dell'esercizio venatorio - ha statuito, all'art. 8, terzo comma, lettera n), il divieto di "usare specie animali per il tiro a volo". Cosi' disponendo, la Regione ha esteso la sfera di applicazione del divieto in precedenza stabilito, sempre in tema di tiro a volo, dall'art. 37, primo comma lettera n) della legge regionale n. 47 del 1978, dove l'attivita' vietata non veniva a ricomprendere - sulla scorta della disciplina gia' adottata dal legislatore nazionale con l'art. 20 lettera q), della legge 27 dicembre 1977, n. 968 - l'impiego nel tiro a volo dei volatili di allevamento. Ad avviso del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia - Sezione di Brescia - l'estensione del divieto anche ai volatili di allevamento verrebbe a confliggere con l'art. 117 Cost. dal momento che il tiro a volo su tale categoria di animali sarebbe tale da realizzare un'attivita' sportiva del tutto autonoma sul piano oggettivo ed estranea alla materia della caccia di competenza regionale. La disciplina del tiro a volo sportivo risulterebbe altresi' sottratta al legislatore regionale in quanto suscettibile di involgere profili attinenti all'ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica, riservati alla valutazione esclusiva del legislatore statale. 2. - La questione non e' fondata. La soluzione del problema di costituzionalita' prospettato dal giudice a quo impone innanzitutto un richiamo alla nozione di "caccia" come materia inclusa tra quelle spettanti, ai sensi dell'art. 117 Cost., alla competenza regionale. L'attivita' venatoria trova attualmente la sua definizione nel titolo III della legge n. 968 del 1977 (sostitutivo della disciplina in precedenza posta negli artt. 1 e ss. del R.D. 5 giugno 1939, n. 1016), dove, all'art. 8, si qualifica come esercizio di caccia "ogni atto diretto all'abbattimento o cattura di selvaggina mediante l'impiego dei mezzi di cui al successivo articolo 9 e degli animali a cio' destinati" (secondo comma), nonche' "il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della selvaggina o in attesa della medesima per abbatterla o catturarla" (terzo comma). Ai sensi di tale definizione l'esercizio dell'attivita' venatoria viene, pertanto, a caratterizzarsi per il tipo di azioni svolte (abbattimento o cattura di animali e attivita' preparatorie), per l'oggetto cui l'attivita' in questione risulta diretta (animali da abbattere o catturare appartenenti alla fauna selvatica), nonche' per i mezzi destinati allo svolgimento della stessa attivita' (armi o animali consentiti dalla legge come strumenti di caccia). A tali profili va aggiunta anche la finalita' sportiva, che rappresenta, per tradizione, la motivazione preminente e naturale dell'attivita' venatoria. Questi elementi ricorrono tutti anche nell'esercizio del tiro a volo, quando lo stesso si venga a realizzare in atti diretti all'abbattimento di selvaggina, cioe' di specie di volatili appartenenti alla fauna selvatica. E questo induce a ritenere che l'art. 20, lettera q), della legge-quadro n. 968 del 1977, quando ha vietato il tiro a volo nei confronti di queste specie, non ha inteso tanto regolare le gare e le manifestazioni connesse a tale tipo di sport (con i relativi profili di ordine pubblico e sicurezza pubblica), quanto un aspetto particolare dell'attivita' venatoria, ponendo un divieto che risulta connesso alla caccia e che e' diretto a vincolare, senza possibilita' di deroghe, la legislazione regionale attinente a tale materia. 3. - Quanto precede non puo' condurre, d'altro canto, ad affermare - come ritiene l'ordinanza di rimessione - che l'esercizio del tiro a volo su volatili di allevamento rappresenti un'attivita' sportiva del tutto estranea all'esercizio della caccia e, in quanto tale, sottratta alla competenza regionale. A questo proposito va in primo luogo rilevato che anche i volatili di allevamento possono, in certi casi, assumere le caratteristiche proprie della selvaggina, ove risultino appartenenti alla fauna selvatica protetta dalla legge-quadro n. 968 del 1977. Tale legge, all'art. 2, include, infatti, nella fauna selvatica, con riferimento alla categoria dei volatili, "gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale liberta', nel territorio nazionale". Dal che la conseguenza che anche i volatili nati od allevati (a seguito di cattura) in stato di cattivita' non per questo perdono la loro naturale qualita' di "fauna selvatica", ove risultino appartenenti a specie viventi in stato di naturale liberta' nel territorio nazionale: il loro abbattimento mediante il tiro a volo non puo', pertanto, non integrare, sotto tutti i profili richiamati, un'attivita' qualificabile come venatoria in senso proprio. Ma anche nei confronti dei volatili di allevamento non appartenenti a specie riconducibili alla "fauna selvatica" (come il piccione nelle sottospecie addomesticate) la tesi della oggettiva diversita' (e della conseguente separazione delle competenze) tra attivita' di tiro a volo ed esercizio della caccia non viene a trovare una giustificazione adeguata. Il tiro a volo realizza, infatti, anche in questo caso - per le azioni adottate, i mezzi impiegati ed il fine perseguito - un'attivita' assimilabile, nei suoi maggiori elementi caratterizzanti, a quella venatoria in senso proprio, cui risulta altresi' solitamente collegata in funzione propedeutica o strumentale. Il fatto che tale attivita' venga diretta, in certi casi, all'abbattimento di volatili di allevamento non appartenenti alla fauna selvatica non puo', dunque, ritenersi preclusivo ai fini dell'esercizio della competenza regionale, tanto piu' ove si consideri che i contenuti della "caccia" (definita nell'art. 99 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con riferimento anche alla "protezione faunistica" ed alla "polizia venatoria e di difesa del patrimonio zootecnico"), si sono andati arricchendo, negli orientamenti recenti della giurisprudenza costituzionale, con riferimento alla "protezione dell'ambiente naturale e di ogni forma di vita, a cui viene subordinata qualsiasi attivita' sportiva" (cfr. sentenza n. 63 del 1990, par. 6). Le osservazioni che precedono conducono, di conseguenza, a respingere la questione di legittimita' della norma impugnata sotto il profilo del difetto di competenza regionale, anche in relazione al fatto che l'art. 20, lettera q), della legge-quadro sulla caccia, nel mentre vieta in generale il tiro a volo nei confronti dei volatili non di allevamento, non esclude che la Regione possa adottare discipline piu' restrittive anche con riferimento ai volatili di allevamento. Contro tale conclusione non puo', infine, valere il richiamo, compiuto nell'ordinanza di rinvio, ai profili di ordine pubblico e di sicurezza pubblica che vengono posti in gioco dall'attivita' di tiro a volo, quando questa si svolga nelle forme della gara o della manifestazione pubblica (cfr. art. 70 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e art. 727 codice penale), dal momento che tali profili incidono su oggetti e interessi diversi da quelli direttamente inerenti all'esercizio dell'attivita' venatoria e restano in ogni caso riservati alla competenza statale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, nei confronti dell'art. 37, lettera n), della legge regionale della Lombardia 31 luglio 1978, n. 47 (Norme per la protezione e la tutela della fauna e disciplina dell'esercizio venatorio), come modificato dall'art. 28 della legge regionale della Lombardia del 16 agosto 1988, n. 41, con riferimento all'art. 117 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990. Il Presidente: CONSO Il redattore: CHELI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990. Il cancelliere: DI PAOLA 90C1463