N. 581 ORDINANZA 12 - 28 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  
 Processo penale - Nuovo codice - Amnistia ed altre cause di non
 punibilita' - Immediata declaratoria ed impossibilita' da parte del
 giudice di decidere per mancanza della relativa documentazione agli
 atti del procedimento - Irrilevanza della questione nella situazione
 di specie e contraddittorieta' della motivazione - Manifesta
 inammissibilita'.  
 
 (C.P.P., art. 129).  
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 27).
(GU n.2 del 9-1-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco
 GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.   Francesco
 Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Luigi MENGONI, prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  riuniti  di  legittimita' costituzionale dell'art. 129,
 comma secondo, del codice  di  procedura  penale,  promossi  con  due
 ordinanze  emesse il 31 maggio 1990 dal Tribunale militare di Palermo
 in due distinti procedimenti  penali  a  carico  di  Sciortino  Ciro,
 iscritte rispettivamente ai nn. 554 e 565 del registro ordinanze 1990
 e pubblicate nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  dell'anno
 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che  il  Tribunale militare di Palermo, con due distinte
 ordinanze datate 31 maggio 1990, relative a due  procedimenti  penali
 contro   lo   stesso  imputato,  solleva  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 129, secondo comma, del codice di  procedura
 penale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione;
      che  soltanto  la  seconda  ordinanza, pero', porta motivazione,
 sicche' ad essa sara' fatto riferimento;
      che  nella  detta  ordinanza si lamenta come, in presenza di una
 sopravvenuta causa di estinzione del reato  (ipotesi  concernente  il
 caso  di  specie),  il giudice del dibattimento, in limine litis, non
 sarebbe in grado  di  decidere  se  si  debba  far  luogo  senz'altro
 all'applicazione  della  causa estintiva, oppure all'assoluzione o al
 proscioglimento per le altre cause elencate  nell'art.  129,  secondo
 comma,  del  codice  di  procedura  penale,  in quanto "a causa della
 disposizione dell'art. 431 del codice di procedura penale, il giudice
 non  e' in possesso di alcun atto che gli consenta un qualsiasi esame
 circa l'eventuale assoluta infondatezza della notitia criminis";
      che  cio'  determina  -  secondo  l'ordinanza  -  disparita'  di
 trattamento rispetto alla situazione  che  si  verifica  nell'udienza
 preliminare,  nella  quale  il  "G.I.P.",  essendo  in  possesso  del
 fascicolo depositato dal pubblico ministero ai  sensi  dell'art.  416
 del  codice  di  procedura  penale, e' a conoscenza di tutti gli atti
 d'indagine fino a quel momento compiuti, ed e' percio'  in  grado  di
 valutare  se  gia' risultino evidenti le situazioni di cui al secondo
 comma dell'art. 129 del codice di procedura penale;
      che, in conseguenza di tale disparita', anche i princip/' di cui
 agli artt. 24 e 27 della  Costituzione  vengono  lesi,  dato  che  la
 difesa   non   e'   in   grado   di  conseguire  al  dibattimento  un
 proscioglimento  piu'  ampio,  e  la   presunzione   d'innocenza   ne
 resterebbe compressa;
      che  e'  intervenuto  innanzi  a  questa Corte il Presidente del
 Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale  dello
 Stato, che ha chiesto innanzitutto l'inammissibilita' della questione
 in quanto la causa di estinzione sussisteva gia' nel  predibattimento
 e,  se  il  Tribunale non l'ha applicata, cio' starebbe a significare
 che ha implicitamente ritenuto l'esistenza  di  un'opposizione  delle
 parti, "decidendo percio' di procedere al dibattimento";
      che   cio'  comporterebbe  l'impossibilita'  di  ogni  ulteriore
 applicazione dell'art. 129, comma secondo, del  codice  di  procedura
 penale,   se   non   nell'ipotesi   di   sopravvenienza  della  causa
 d'estinzione al dibattimento;
      che,  comunque,  nel  merito i due stadi processuali tra i quali
 l'ordinanza  instaura  il  confronto  sarebbero  invece  per   natura
 incomparabili.
    Considerato  che  le due ordinanze prospettano identica questione,
 sicche' i giudizi possono venire riuniti per essere decisi con  unica
 sentenza;
      che  la  seconda  ordinanza  di  rimessione  e'  incorsa  in una
 manifesta aberratio ictus, in quanto - come si e'  rilevato  -  nella
 stessa motivazione si riconosce che la difficolta' di valutazione per
 carenza di atti e' "causata" dalla disposizione di cui  all'art.  431
 del  codice  di procedura penale, e non quindi da quella impugnata di
 cui all'art. 129, comma secondo, del codice di procedura penale,  che
 si  limita a dettare le condizioni in presenza delle quali il giudice
 puo' pronunziare sul merito nonostante la sopravvenienza della  causa
 estintiva:   sicche',   oltre  all'irrilevanza  della  questione,  si
 verifica altresi' contraddittorieta' della motivazione;
      che,  peraltro,  risulta chiaramente dal verbale di dibattimento
 che  il  difensore  (il  quale  aveva  pur   esaminato   nell'udienza
 preliminare  il  fascicolo del pubblico ministero) non ha rivendicato
 l'evidenza della situazione di cui al secondo comma dell'art. 129 del
 codice  di  procedura  penale,  ma  si  e' limitato a chiedere che il
 Tribunale procedesse oltre nel dibattimento  per  assumere  le  prove
 testimoniali  che  egli presentava, senza dichiarare l'estinzione del
 reato per amnistia alla quale l'imputato non intendeva rinunziare;
      che,  a  parte  l'improponibilita'  della richiesta in quanto il
 Tribunale poteva ammettere ed assumere i testi solo  in  presenza  di
 rinunzia all'amnistia, cio' dimostra chiaramente che la situazione di
 specie era estranea a quella di cui al secondo  comma  dell'art.  129
 del  codice di procedura penale sicche', anche per questo aspetto, la
 questione sarebbe stata comunque inammissibile;
      che  resta  cosi'  assorbita  la  peraltro  inaccoglibile  causa
 d'inammissibilita' prospettata dall'Avvocatura Generale, perche'  non
 vi    puo'    essere    opposizione    "implicita"   all'applicazione
 dell'amnistia, dato che le parti, se si oppongono, devono  dichiarare
 se  intendono  rinunziare  all'amnistia o se ritengono la sussistenza
 delle condizioni di cui al secondo comma dell'art. 129 del codice  di
 procedura  penale,  e  il giudice deve decidere in conseguenza; cosi'
 come, nemmeno e' esatto che il giudice  del  dibattimento  non  possa
 piu'  applicare  la  causa d'estinzione quando questa sia intervenuta
 gia' nel corso  degli  atti  preliminari  (art.  469  del  codice  di
 procedura penale), dato che l'art. 129 del codice di procedura penale
 fa obbligo al giudice, il quale riconosca che il reato e' estinto, di
 dichiararlo  d'ufficio  con  sentenza  "in  ogni  stato  e  grado del
 processo", e  percio'  tanto  piu'  se  in  una  fase  precedente  la
 declaratoria sia stata erroneamente omessa.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Visti  ed  applicati  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11
 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative  per  i
 giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,  e  riuniti i giudizi,
 dichiara manifestamente inammissibile la  questione  di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.   129  del  codice  di  procedura  penale,
 sollevata dal Tribunale militare di Palermo, con due ordinanze datate
 31  maggio  1990,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  27  della
 Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
 90C1465