N. 584 SENTENZA 12 - 28 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo civile - Sentenza - Impugnazione - Termine di un anno
 Decorrenza dalla pubblicazione anziche' dalla comunicazione
 dell'avvenuto deposito - Coerenza della norma censurata con il
 principio della formazione della cosa giudicata che si attua
 indipendentemente dalla notificazione della sentenza - Richiesta  di
 sentenza additiva - Inammissibilita'.
 
 (C.P.C., art. 327, primo comma, in relazione all'art. 430, stesso
 codice).
 
 (Cost., art. 24).
(GU n.2 del 9-1-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 327, comma
 primo, del codice di procedura civile in relazione all'art. 430 dello
 stesso  codice,  promosso con ordinanza emessa il 24 gennaio 1990 dal
 Tribunale di  Genova  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Fazia
 Cecilia e Bertone Carmelina ed altra, iscritta al n. 436 del registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  costituzione di Fazia Cecilia nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  dicembre  1990  il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Uditi  l'avv. Luciano Ventura per Fazia Cecilia e l'Avvocato dello
 Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  del  giudizio  di appello, promosso con ricorso
 depositato il 3 luglio 1989,  contro  una  sentenza  del  Pretore  di
 Genova  in  materia  di  lavoro,  pubblicata  il 23 giugno 1988 e non
 notificata, il Tribunale  di  Genova,  con  ordinanza  emessa  il  24
 gennaio   1990,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  24  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 327,
 primo comma, cod.proc.civ., in relazione all'art. 430, nella parte in
 cui prevede che il termine di  un  anno  per  l'impugnazione  decorre
 dalla  pubblicazione della sentenza, anziche' dalla comunicazione del
 deposito (avvenuta, nella specie, il 4 luglio 1988).
    A  sostegno  della  valutazione  di  non manifesta infondatezza il
 giudice a quo richiama la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha
 ripetutamente  affermato che il pieno esercizio del diritto di difesa
 postula la  possibilita'  di  utilizzare  "nella  sua  interezza"  il
 termine  stabilito  dalla  legge per il compimento di un atto: e cio'
 indipendentemente dalla durata del termine,  come  si  argomenterebbe
 specialmente  dalla  sent.  n.  159  del  1971.  Pertanto la funzione
 informativa  della  comunicazione  di  cancelleria  non  puo'  essere
 disgiunta  da  quella  di  determinare  il dies a quo del termine per
 l'impugnazione.
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituito l'appellante
 aderendo  alle  argomentazioni   dell'ordinanza   di   rimessione   e
 concludendo per l'accoglimento della questione.
    In   una   memoria   depositata   nell'imminenza  dell'udienza  di
 discussione la difesa della parte privata  sostiene  che  l'art.  327
 sarebbe  l'unica  eccezione  al principio - ricavabile da una nutrita
 serie di norme - che garantisce  alla  parte  gravata  dall'onere  di
 compimento di certi atti entro un dato termine "la conoscibilita' del
 momento iniziale di decorrenza del termine stesso,  che  viene  fatto
 coincidere  con  quello  dell'avvenuta comunicazione". Il ritardo dei
 depositi delle sentenze, ben oltre i termini  indicati  dalla  legge,
 rende   particolarmente   difficoltosa   la  verifica  quotidiana  in
 cancelleria della pubblicazione ed  esclude  che  tale  comportamento
 possa  farsi  rientrare  nel  concetto  di "normale diligenza" cui fa
 riferimento la Corte di cassazione nelle  sue  numerose  pronunce  di
 manifesta infondatezza della questione.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.
    Sul primo punto e' eccepita l'irrilevanza della questione perche',
 essendo la comunicazione della  sentenza  intervenuta  undici  giorni
 dopo  il deposito, restava alla parte soccombente un largo margine di
 tempo per proporre l'appello. Sul secondo  punto  si  richiamano  gli
 argomenti  con  cui  piu' volte la Corte di cassazione ha ritenuto la
 questione manifestamente infondata (Cass. nn. 3501 del 1979, 5819 del
 1984, 9906 del 1988, 3906 del 1989).
    In   una   memoria   depositata   nell'imminenza  dell'udienza  di
 discussione l'Avvocatura sviluppa gli argomenti di  infondatezza,  ma
 insiste   altresi'   nella  domanda  principale  di  inammissibilita'
 appoggiandola sul rilievo che  la  sollevata  questione  mira  a  una
 pronunzia manipolativa del sistema.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il Tribunale di Genova impugna, per contrasto con l'art. 24
 della  Costituzione,  l'art.  327,  primo  comma,  cod.proc.civ.,  in
 relazione all'art. 430, nella parte in cui fa decorrere il termine di
 un  anno  per  l'impugnazione  dalla  pubblicazione  della   sentenza
 mediante  deposito  in  cancelleria, anziche' dalla comunicazione del
 deposito.
    2. - La questione e' inammissibile.
    Essa  mira, infatti, a una sentenza che sconvolgerebbe la coerenza
 del sistema delle impugnazioni. La decorrenza  del  termine  previsto
 dall'art.   327,   primo   comma,   cod.proc.civ.,   dalla   data  di
 pubblicazione  della  sentenza  e'  un   corollario   del   principio
 (confermato  dall'art.  391-bis,  introdotto  nel codice di procedura
 civile dalla legge 26 novembre 1990, n.  353,  recante  provvedimenti
 urgenti  per  il processo civile) secondo cui, dopo un certo lasso di
 tempo,  la  cosa   giudicata   si   forma   indipendentemente   dalla
 notificazione  della  sentenza (a istanza di parte). Stabilito questo
 principio, di per se' non contestato dal giudice  a  quo,  ne  deriva
 logicamente  la  decorrenza del termine di un anno dal momento in cui
 la  sentenza  e'  perfezionata,  cioe'  appunto  dalla   data   della
 pubblicazione.
    Lo  spostamento  del  dies  a quo alla data di comunicazione della
 sentenza non solo  sarebbe  intrinsecamente  contraddittorio  con  la
 logica  del  principio, ma ne restringerebbe irrazionalmente il campo
 di  applicazione  alle  parti  costituite  in  giudizio,  alle  quali
 soltanto  la  sentenza  e'  comunicata  d'ufficio  (art. 133, secondo
 comma, cod.proc.civ.).
    Per  evitare  una  simile conseguenza dovrebbero essere modificate
 almeno altre due norme. Anzitutto il secondo comma dello stesso  art.
 327,  sostituendolo  con una norma la quale disponga che per la parte
 contumace  il  termine  di  cui  al   primo   comma   decorre   dalla
 notificazione della sentenza ai sensi dell'art. 292, ultimo comma; in
 secondo  luogo  pure  quest'ultima  disposizione,  introducendovi  la
 precisazione che la sentenza e' (immediatamente) notificata d'ufficio
 alla  parte  contumace,  in  contrasto  con  l'interpretazione   oggi
 prevalente che la intende come precetto sul modo della notificazione,
 da farsi pur sempre a istanza di parte ai fini della  decorrenza  dei
 termini  brevi  previsti dall'art. 325. Una modificazione del sistema
 normativo di tale portata andrebbe oltre i poteri di questa Corte.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 327, primo comma, cod.proc.civ., in relazione all'art.  430
 dello  stesso  codice,  sollevata,  in  riferimento all'art. 24 della
 Costituzione, dal Tribunale di Genova  con  l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
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