N. 322 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1990
N. 322 Ordinanza emessa il 21 novembre 1990 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Moschella Mario contro il Ministero della pubblica istruzione (Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica). Istruzione pubblica - Istruzione universitaria - Giudizi di idoneita' a professore associato - Composizione delle commissioni giudicatrici - Previsione, con norma dichiarata di "interpretazione autentica", ma in realta' innovativa rispetto alla normativa precedente (art. 13, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382) cosi' come interpretata dalla giurisprudenza, che i professori universitari collocati in aspettativa obbligatoria conservano l'elettorato attivo e passivo per la formazione delle commissioni esaminatrici per i suddetti giudizi - Indebita interferenza del legislatore sulle controversie pendenti, con conseguente incidenza sui principi di uguaglianza, della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nonche' della indipendenza della magistratura - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 155/1990. (Legge 5 agosto 1988, n. 341, art. 1). (Cost., artt. 3, 24, 102, 104 e 108).(GU n.21 del 29-5-1991 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 933/1986 proposto dal sig. Moschella Mario rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni C. Sciacca ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via G.B. Vico n. 29, contro il Ministero della pubblica istruzione (attualmente Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica), in persona del Ministro pro-tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dell'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per l'annullamento del giudizio negativo di idoneita' a professore associato (seconda tornata) per il raggruppamento di discipline n. 10 (diritto ecclesiastico), comunicato con nota 31 gennaio 1986, prot. n. 33/010-315, nonche' di ogni atto comunque connesso e in particolare del provvedimento di approvazione degli atti della commissione giudicatrice; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amminstrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 21 novembre 1990 il consigliere Giancarlo Tavarnelli e uditi, altresi', l'avv. Sciacca per il ricorrente e l'avv. dello Stato Arena per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O L'avv. Mario Moschella ha impugnato il giudizio negativo espresso nei suoi confronti nella seconda tornata dei giudizi di idoneita' a professore associato per il raggruppamento di discipline n. 10 (diritto ecclesiastico). A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi: violazione dell'art. 51 del d.P.R. n. 382/1980. Falsa applicazione dell'art. 41 del medesimo decreto. Difetto di istruttoria. Difetto e contraddittorieta' della motivazione. Manifesta ingiustizia, contraddittorieta' dell'azione amministrativa, in quanto: 1) la commissione avrebbe privilegiato l'attivita' scientifica rispetto a quella didattica; 2) la commissione avrebbe richiesto e valutato nei candidati non la "idoneita' scientifica" ad assumere le funzioni di professore associato (art. 51, quarto comma, del d.P.R. n. 382/1980) ma "la piena maturita' scientifica" richiesta per l'accesso al ruolo dei professori ordinari (art. 41, ibidem); 3) i motivi di riprovazione del candidato individuati nell'esiguita' della produzione scientifica e nell'assenza di un organico lavoro sarebbero illogici perche' la produzione predetta deve valutarsi sulla qualita' e non sulla quantita' mentre l'elemento della organicita' non sarebbe richiesto per dimostrare l'idoneita' scientifica ma la piena maturita' scientifica. Con atto successivo il ricorrente ha proposto il seguento motivo aggiunto: il d.m. 8 maggio 1984, con il quale e' stata nominata la commissione giudicatrice del raggruppamento n. 10, sarebbe illegittimo perche' la commissione stessa sarebbe stata formata in violazione dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 382/1980 e succ. mod., avendo l'amministrazione inserito nel tabulato concernente l'elettorato passivo del predetto raggruppamento il prof. Luciano Guerzoni (sorteggiato), collocato d'ufficio in aspettativa per mandato parlamentare. Tale indebita inclusione avrebbe alterato il corretto svolgimento delle successive elezioni, donde la illegittimita' della composizione dell'anzidetta commissione, che travolgerebbe il giudizio successivamente espresso nei confronti del ricorrente. Con successiva memoria il ricorrente ha ribadito le proprie argomentazioni e conclusioni. Si e' costituita in giudizio l'avvocatura dello Stato, che ha controdedotto alle censure proposte con il ricorso e con i motivi aggiunti. D I R I T T O Il giudizio ha per oggetto il giudizio di non idoneita' a professore associato per il raggruppamento 10 (diritto ecclesiastico) formulato nella seconda tornata nei confronti del ricorrente. Ha carattere pregiudiziale il motivo aggiunto inteso a contestare la legittimita' del d.m. 8 maggio 1984, con il quale e' stata nominata la commissione giudicatrice. Sostiene il ricorrente che l'ammissione all'elettorato passivo del prof. Luciano Guerzoni, allora in aspettativa per mandato parlamentare, e' avvenuta in contrasto con l'art. 13, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. In concreto l'indebita inclusione del prof. Guerzoni nel tabulato ministeriale del 28 febbraio 1984 relativo al cit. raggruppamento n. 10 (diritto ecclesiastico) avrebbe alterato il corretto svolgimento delle successive elezioni, donde l'illegittimita' della composizione della commissione giudicatrice, che travolgerebbe il giudizio successivamente espresso nei confronti del ricorrente. L'avvocatura dello Stato oppone che la censura risulta superata dall'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341, il quale, sotto il titolo "interpretazione autentica", ha disposto che: "I professori universitari collocati in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, conservano l'elettorato attivo e passivo per la formazione delle commissioni giudicatrici per i giudizi di idoneita' a professore associato e delle commissioni giudicatrici dei concorsi per professore universitario o associato nei casi in cui le operazioni per la formazione della commissione siano iniziate prima dell'entrata in vigore dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, anche se la conclusione delle operazioni anzidette e la nomina della commissione siano avvenute successivamente". L'assunto dell'avvocatura va condiviso poiche' nella specie il procedimento di nomina, avendo preso avvio il 1 marzo 1984, con il sorteggio dei docenti eleggibili, rientra nella sfera di previsione dell'intervento di interpretazione autentica. Tuttavia il citato art. 1 della legge n. 341/1988 appare al collegio di dubbia legittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 3, 24, 102, 104 e 108 della Costituzione. La questione e' rilevante poiche', se la norma venisse caducata, la censura, alla luce del disposto dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 382/1980, risulterebbe fondata, come la giurisprudenza ha ripetutamente ritenuto (Consiglio di Stato, sezione sesta, 10 febbraio 1988, n. 178; t.a.r. Lazio, sezione prima, 11 dicembre 1987, n. 1960; 9 febbraio 1987, n. 268). E' determinante, in tal senso, il rilievo che l'aspettativa comporta la sospensione di tutte le funzioni connesse all'ufficio, fatta eccezione per quelle espressamente consentite e fra le attivita' indicate nel cit. art. 13 non figura la partecipazione alle commissioni giudicatrici. D'altronde, il collocamento in aspettativa obbligatoria disposta dallo stesso art. 13 tende, con chiara evidenza, a consentire al docente il pieno adempimento dei compiti relativi all'incarico extrauniversitario e ad evitare che, per l'onerosita' dell'impegno, si producano riflessi negativi sul buon andamento dell'amministrazione universitaria. L'esclusione dell'elettorato passivo trova dunque conferma anche in ragioni di intrinseca coerenza con la ratio legis, atteso che i lavori delle commissioni giudicatrici sono, per durata e complessita', particolarmente gravosi. Significativo e' poi che l'art. 5 della successiva legge 9 dicembre 1985, n. 705, abbia previsto che i professori universitari in aspettativa obbligatoria "mantengono il solo elettorato attivo..." cosi' avvalorando le anzidette considerazioni, dal momento che il termine "mantengono" si riferisce, come e' stato rilevato dalla giurisprudenza dianzi citata, non gia' alla disciplina precedente, ma alla posizione del docente, che pur collocato in aspettativa conserva il diritto di voto. Cosi' accertata, con l'impiego delle consuete regole ermeneutiche ed in conformita' ad una giurisprudenza concorde, la portata dell'art. 13 del d.P.R. n. 382/1980, ne consegue che l'art. 1 della legge n. 341/1988 ha in realta' innovato, contrariamente a quanto si evince dal titolo, la disciplina previgente. Di cio' era consapevole il relatore, senatore De Rosa, che, nell'illustrare il disegno di legge, ebbe ad affermare che l'art. 13 del d.P.R. n. 382/1980 "non prevede la conservazione da parte dei professori predetti dell'elettorato attivo e passivo ai fini della formazione delle commissioni di concorso" (atti della commissione istruzione del Senato, seduta del 28 aprile 1988, pag. 26). Orbene, la Corte costituzionale di recente, pur riaffermando in linea di principio l'ammissibilita' delle leggi interpretative, ne ha censurato l'utilizzazione ove siano dirette non a dichiarare, ma a modificare il significato della norma "interpretata" (Corte costituzionale 4 aprile 1990, n. 155). La stessa distorsione della funzione tipica dell'interpretazione autentica si verifica, per quanto si e' osservato, nel caso in esame, donde il sospetto della violazine dell'art. 3 della Costituzione per vizio di razionalita'. Si aggiunga che nella fattispecie l'intervento del legislatore si inserisce in un contesto caratterizzato dal fatto che "sono stati presentati.. .. .. da parte di candidati non vincitori, ed in alcuni casi gia' accolti in primo grado, numerosi ricorsi che sostengono l'illegittimita' dell'operato del Ministero della pubblica istruzione" (relazione al Senato del disegno di legge n. 795, X legislatura). Sicche' e' evidente l'intento di interferire sui giudizi in corso, vincolandone la definizione in senso contrario a quello prevedibile, tenuto conto dell'indirizzo del giudice di primo grado, confermato, prima dell'approvazione della legge, dal Consiglio di Stato (cit. sezione sesta, 10 febbraio 1988, n. 178). Da qui nascono ulteriori ragioni di dubbio sul piano della costituzionalita', con riguardo all'art. 24, che garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi e sancisce l'inviolabilita' del diritto di difesa; dell'art. 102, che riserva ai magistrati l'esercizio della funzione giurisdizionale; degli artt. 104, primo comma, e 108, secondo comma, che assicurano l'indipendenza della magistratura. E', infine, da rilevare che l'art. 1 della legge n. 341/1988 in- troduce una nuova disciplina in materia di formazione delle commissioni giudicatrici con effetto retroattivo, pur indipendentemente dalla qualificazione della norma come interpretazione autentica, dovendosi ritenere che i provvedimenti di nomina avviati prima dell'entrata in vigore della legge 9 dicembre 1985, n. 705, fossero nel frattempo tutti pervenuti a conclusione. La Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che l'irretroattivita', stabilita dalla Costituzione per le leggi penali, costituisce pur sempre un principio generale dell'ordinamento al quale, salva la presenza di una oggettiva giustificazione, il legislatore deve attenersi (da ultimo Corte costituzionale n. 155/1990). Una volta esclusa la validita' dei presupposti e delle ragioni desumibili dai lavori preparatori, non si rinvengono nella specie elementi idonei a dare razionale fondamento alla retroattivita' della previsione, tanto piu' che essa non si inquadra in un generale ripensamento del legislatore, ma, con riferimento ad un periodo pregresso e limitato, apporta una deroga alla disciplina vigente alla data della sua adozione e tuttora in vigore. Anche sotto questo profilo sussiste il dubbio di contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Per le considerazioni esposte le delineate questioni vanno rimesse alla Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio, con riserva di ogni ulteriore statuizione, all'esito della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'.
P. Q. M. Solleva, nel giudizio promosso dal sig. Moschella Mario, come in epigrafe, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341, nella parte in cui riconosce l'elettorato passivo ai docenti universitari in aspettativa obbligatoria per la formazione delle commissioni giudicatrici per i giudizi di idoneita' a professore associato, in relazione agli artt. 3, 24, 102, 104, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione; Dispone la sospensione del giudizio e riserva ogni ulteriore pronunzia all'esito della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'; Dispone che, a cura della segreteria della sezione, gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in giudizio e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma dal tribunale amministrativo regionale del Lazio (sezione prima), nella camera di consiglio del 21 novembre 1990. Il presidente f.f.: BIANCHI Il consigliere: BORIONI Il consigliere estensore: TAVARNELLI 91C0600