N. 326 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 dicembre 1990
N. 326 Ordinanza emessa il 7 dicembre 1990 dal pretore di Lagonegro - sezione distaccata di Lauria nel procedimento civile vertente tra Peluso Giuseppe, n.q. e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale Lavoro (collocamento al) - Enti pubblici - Assunzione di operai salariati - Obbligo di procedere tramite l'ufficio di collocamento - Mancata previsione della facolta' di assumere operai salariati, nei casi di necessita' ed urgenza, in deroga alla norma generale, senza il tramite dell'ufficio di collocamento - Irrazionalita' e incidenza sul principio di buon andamento della p.a. (Legge 29 aprile 1949, n. 264, art. 11). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.21 del 29-5-1991 )
IL PRETORE Visti gli atti della causa tra Peluso Giuseppe, sindaco di Viggianello, e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, avente ad oggetto opposizione ad ordinanza-ingiunzione: O S S E R V A L'ispettorato provinciale del lavoro di Potenza aveva inflitto all'odierno ricorrente la sanzione amministrativa di L. 56.500.000 per aver effettuato assunzioni di operai senza il tramite dell'ufficio di collocamento, in violazione dell'art. 11 della legge 29 aprile 1949, n. 264. L'ingiunto ha proposto opposizione, lamentando anzitutto la tardivita' della notificazione dell'atto di accertamento dell'illecito e poi sostenendo l'insussistenza dell'obbligo di assunzione dalle liste di collocamento, poiche' nei casi che avevano dato luogo all'ingiunzione si era dovuto far fronte a situazioni di necessita' e d'urgenza (ad esempio, assunzione di personale per il ripristino di opere pubbliche danneggiate da eventi naturali). Occorre prima di tutto sgombrare il campo dalla prima eccezione, che appare prima facie infondata, atteso che il ritardo nell'accertamento e' da addebitarsi all'inerzia dell'ente locale, che tardo' a trasmettere la documentazione occorrente all'accertamento. Con riguardo alla seconda eccezione, bisogna considerare che il citato art. 11 della legge n. 264/1949 al quinto comma assoggetta espressamente tutti gli enti pubblici all'obbligo di assunzione di personale salariato (come nel caso di specie) per il tramite degli uffici di collocamento. La norma in questione non pone alcuna deroga o eccezione, sicche', applicandola alla lettera, essa non consente alcuna considerazione di situazioni particolari di urgenza o di necessita', quali quelle addotte dal ricorrente. E' pur vero che si potrebbe prospettare l'applicazione dell'esimente dello stato di necessita' ma e' evidente che tale fattispecie, essendo strettamente circoscritta alla sfera del danno grave alla persona, non puo' esaurire tutte le situzioni in cui l'ente pubblico possa trovarsi nella necessita' di risolvere con celerita' problemi attinenti ai propri compiti istituzionali. Ad esempio, si potra' configurare lo stato di necessita' per sottrarre un abitato dall'isolamento causato da una frana o dalla neve ma e' arduo affermare la stessa esistente nel caso di rottura di una condotta di acquedotto, che potra' dare luogo a disagi ma non necessariamente a pericoli per la popolazione. Si potrebbe obiettare che il comune non ha neppure tentato di seguire la via dell'ufficio di collocamento, che la legge gli imponeva; ma e' notorio che le risposte da tali uffici non possono mai essere molto celeri e che, per giunta, molte volte i chiamati - soprattutto se residenti lontano dal luogo in cui dovrebbero prestare la propria opera - rinunziano al lavoro, provocando cosi' ulteriori ritardi. Il problema si manifesta con particolare gravita' nei piccoli comuni, che non hanno ufficio di collocamento e che dispongono di pochissimo personale assunto a tempo indeterminato, costretti ogni volta che si presenti un'emergenza a ricorrere a personale precario. E' il caso appunto del comune di Viggianello, che deve assicurare i servizi pubblici su un territorio molto vasto in rapporto ai pochi abitanti e che deve ricorrere al lontano ufficio di collocamento di Lauria. Si potrebbe anche prospettare astrattamente l'esimente dell'adempimento di un dovere ma questa fattispecie deve essere inquadrata in esatti limiti; in caso contrario essa potrebbe scriminare qualunque condotta di un pubblico amministratore comunque connessa all'assolvimento di compiti d'istituto dell'ente: cio' perche' le norme che ne dettano i doveri sono astratte e di ampia portata mentre le singole condotte incriminate risultano assai piu' concrete e specifiche. Di conseguenza, interpretando il modo estensivo l'esimente in esame si finirebbe per rimettere all'arbitrio degli stessi amministratori il rispetto o no di norme di condotta rilevanti sotto il profilo penale o amministrativo-sanzionatorio. A questo punto, si deve evidenziare che l'art. 97 della Costituzione impone al legislatore di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione mentre l'art. 3 gli fa obbligo di seguire un criterio di ragionevolezza nel disciplinare situazioni non uniformi. Nel caso in esame, invece, la legge impone a tutti gli enti pubblici di servirsi degli uffici di collocamento per l'assunzione di operai, al pari di ogni soggetto privato, senza considerare che l'ente, per i compiti che gli sono assegnati dall'ordinamento, non puo' essere vincolato, sempre e comunque, alle lungaggini burocratiche proprie del collocamento. Naturalmente, rientra nella sfera di discrezionalita' del legislatore disporre l'uso di quel canale per le assunzioni che le amministrazioni pubbliche possono programmare in anticipo. Ma nel caso in cui il personale occorra per fronteggiare situazioni di necessita' impreviste il ricorso al collocamento costituisce un vincolo inutile e pregiudizievole nell'ottica della efficienza della pubblica amministrazione. Sicche' il pubblico amministratore si trovera' nel dilemma tra la rigorosa applicazione della legge, trascurando di dare una risposta tempestiva ed efficace al problema da risolvere, e la sua violazione, incorrendo cosi' nelle pesanti sanzioni della legge n. 264/49. E' appena il caso di sottolineare che tali sanzioni gravano non sull'amministrazione (se non come civilmente obbligata) ma sull'amministratore in proprio (art. 6 della legge n. 689/1981). Si tratta evidentemente di una norma irrazionale e lesiva dell'interesse al buon andamento della p.a., non superabile ne' aggirabile da parte del giudice chiamato ad applicarla. A quest'ultimo non resta che sottoporre tale norma al vaglio della Corte costituzionale al fine di verificarne la legittimita' costituzionale. La questione, per le ragioni che si sono sin qui esposte, non puo' essere ignorata, essendo rilevante ai fini della decisione della causa. Sotto il profilo della rilevanza, occorre considerare che dagli atti non emerge con evidenza tutte le assunzioni di dipendenti attuate dal comune di Viggianello possano inquadrarsi in un contesto di stato di necessita'.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva questione di legittimita' costituzionale sull'art. 11 della legge 29 aprile 1949, n. 264, con riguardo agli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui non consente agli enti pubblici per necessita' e urgenza di assumere operai salariati senza il tramite degli uffici di collocamento; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mandando la cancelleria per la notifica al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle Camere; Sospende il presente giudizio sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. Il pretore: (firma illeggibile) 91C0604