N. 401 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 1991

                                N. 401
 Ordinanza  emessa  l'8  aprile  1991 dal tribunale per i minorenni di
 Napoli
        nel procedimento penale a carico di Di Benedetto Felice
 Processo penale - Procedimento a carico di minorenne - Custodia
    cautelare richiesta "in via esclusiva" dal p.m. - Possibilita' per
    il giudice di disporla o di rimettere  in  liberta'  l'imputato  -
    Impossibilita'  di  applicare  al  minore una misura piu' idonea -
    Irragionevole  egual  trattamento   per   situazioni   diverse   -
    Violazione  del  principio  di  sviluppo della persona umana ed in
    particolare dei giovani - Comprensione del  diritto  di  difesa  -
    Obbligo,   per   il   giudice,   di   motivare   un  provvedimento
    eventualmente  diverso  da  quello  reputato  idoneo  ed  in  modo
    parziale.
 Processo penale - Misure cautelari - Udienza di convalida - Facolta'
    per il p.m. di non comparire - Violazione dei principi della legge
    delega  (oralita') e di parita' tra accusa e difesa - Compressione
    dell'esercizio del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, artt. 291, comma 1-bis, e 391, terzo comma).
 (Cost., artt. 2, 3, 24, 31, 76 e 101).
(GU n.23 del 12-6-1991 )
                     IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
    Riunito in camera di consiglio;
                             O S S E R V A
    L'8 marzo 1991 il p.m.m. chiedeva al g.i.p. oltre che la convalida
 dell'arresto di Di Benedetto Felice nato a Napoli il 18  maggio  197,
 anche  l'applicazione  a  detto  minore  della  misura della custodia
 cautelare in carcere: la quale richiesta fu  formulata  con  espressa
 esclusione di alternativa, come previsto dall'art. 291, comma 1- bis,
 del  c.p.p. (introdotto con il recente decreto-legge 14 gennaio 1991,
 n. 12).
    Il g.i.p., disattendendo tale richiesta, disponeva  nei  confronti
 del minore la misura della permanenza presso l'abitazione familiare.
    Il p.m.m. proponeva appello avverso l'ordinanza del g.i.p.
    Il  collegio  osserva:  ricorrono  i presupposti perche' si faccia
 luogo ad applicazione  di  una  misura  cautelare  sussistendo  gravi
 indizi  di  colpevolezza,  essendo  l'arresto avvenuto in flagranza e
 avendo l'indagato ammesso l'addebito; sussistendo inoltre il pericolo
 ch'egli commetta, se nessuna misura venga nei  confronti  del  minore
 applicata, reati della stessa specie come deve desumersi dai numerosi
 precedenti giudiziari specifici.
    La  misura,  pero', applicata dal g.i.p. (permanenza in casa) bene
 tutela sia il minore che  la  collettivita'  e  pertanto  la  chiesta
 custodia  cautelare deve ritenersi non conforme a legge in quanto non
 necessaria  e  potendo   inoltre   esplicare   sul   minore   effetti
 pregiudizievoli.
    In  sede  di  appello  questo  tribunale dichiara rilevante, e non
 manifestamente infondata per il provvedimento  in  corso  concernente
 l'indagato  Di  Benedetto  Felice, il dubbio che solleva d'ufficio di
 illegittimita' costituzionale degli artt. 291, comma 1- bis,  e  391,
 terzo  comma,  del c.p.p. per violazione degli artt. 3, 31, 101, 76 e
 24 della Costituzione.
    Ed invero l'art. 291, comma uno- bis, nel prevedere che il giudice
 puo'  disporre  misure  meno  gravi  solo  se  il   p.m.m.   non   ha
 espressamente  richiesto  di provvedere esclusivamente in ordine alle
 misure indicate, impedisce al  giudice  di  valutare,  autonomamente,
 quale  misura e' idonea e proporzionale al caso di specie. Il giudice
 puo', in altri termini,  o  applicare  l'unica  ed  esclusiva  misura
 richiesta  dal p.m.m. o non applicarne alcuna rimettendo il minore in
 liberta'.
    Cio' puo' essere pregiudizievole sia all'interesse del minore  sia
 a  quello della collettivita' in quanto la misura cautelare richiesta
 potrebbe rilevarsi troppo afflittiva per il minore, il quale peraltro
 potrebbe aver bisogno  di  sostegni  e  controlli  che  altre  misure
 previste  sarebbero  idonee  a  fornire, e la eventuale rimessione in
 liberta' comprometterebbe gli interessi della collettivita' alla  cui
 tutela le misure cautelari sono direttamente preordinate.
    Da  cio'  deriva  il contrasto della norma in esame con l'art. 3/I
 della  Costituzione  in  quanto  costringe  il  giudice  a   trattare
 uniformemente  situazioni diverse, nel senso che per non rimettere in
 liberta' minori, che appaiono comunque bisognevoli di sostegni da una
 parte e in grado di commettere ulteriori reati  dall'altra  ai  sensi
 dell'art. 274 del c.p.p.), applica misure corrispondenti a situazioni
 diverse e non proporzionate ai casi in esame.
    La  norma  citata  appare inoltre in contrasto sia con l'art. 3/II
 che con l'art. 31/II della Costituzione poiche', sia che  il  giudice
 rimetta   in   liberta'   il  minore  sia  che  applichi  una  misura
 sproporzionata, non pone in essere  i  presupposti  per  favorire  il
 pieno sviluppo della persona umana e anziche' proteggere la gioventu'
 puo' creare situazioni sostanzialmente pregiudizievoli e puo' privare
 il  minore  del  vantaggio che l'applicazione di una misura cautelare
 appropriata gli arrecherebbe.
    La norma in esame contrasta anche con l'art. 24/II poiche'  limita
 l'esercizio  del  diritto  di  difesa  intaccando  il  principio  del
 contraddittorio. Ed invero il difensore deve limitarsi a  chiedere  o
 la  remissione  in  liberta'  del  suo  assistito  o  riportarsi alle
 richieste del p.m.m. essendo inutile evidenziare l'opportunita' della
 applicazione  di  altre  misure   in   relazione   ai   principi   di
 proporzionalita'  di  cui  all'art.  275 del c.p.p. e di residualita'
 propri del sistema processuale minorile.
    Anche l'art. 101 della  costituzione  appare  nella  sua  sostanza
 violato  in quanto l'art. 291, comma primo, costringe il giudice o ad
 applicare una misura  non  proporzionata  o  non  applicarne  alcuna,
 nonostante  la accertata necessita', lo spinga inevitabilmente ad una
 motivazione parziale e sotto un profilo irragionevole obbligandolo  a
 motivare un provvedimento diverso da quello che egli reputa idoneo al
 caso concreto.
    Anche l'art. 391/III, nella parte in cui consente al p.m.m. di non
 comparire  alla udienza di convalida, puo' ritenersi in contrasto con
 la Costituzione agli artt. 76 e 24. Viola l'art. 76  per  eccesso  di
 delega.  La  legge  delega  del  16 febbraio 1987, n. 81, all'art. 2,
 primo comma, n. 2, e 3, aveva vincolato  il  Governo  ad  emanare  un
 codice di procedura penale che prevedesse "adozione del metodo orale,
 partecipazione  dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni
 stato e grado del procedimento".
    La modifica introdotta dall'art. 391/III  sembra  contrastare  con
 tale  principio e criterio direttivo in quanto, presentando il p.m.m.
 richieste scritte  in  una  udienza  di  convalida  e  di  successiva
 erogazione  di  misura  cautelare,  non  rispetta  il principio della
 oralita'. Inoltre la richiesta scritta presentata  in  via  esclusiva
 lede  anche  il  principio  di parita' tra difesa e accusa limitando,
 come  gia'   evidenziato   precedentemente   sotto   altro   profilo,
 l'esercizio  del  diritto  di  difesa. E' proprio per tale motivo che
 l'articolo in esame contrasta anche con l'art. 24 della Costituzione,
 soprattutto nel procedimento minorile. Invero in tale procedimento la
 eventuale misura da irrogare viene "costruita" proprio nella  udienza
 di   convalida  nella  quale  devono  essere  presenti,  e  non  solo
 formalmente, i genitori ed i servizi sociali e  che  deve  costituire
 comunque  un  momento  di  approfondimento della personalita' e della
 vita del minore.
    Escludere la partecipazione del p.m.m.  e  cristallizzare  le  sue
 richieste  ad  un  momento  precedente tale approfondimento significa
 ledere il diritto del minore  ad  avere  un  provvedimento  idoneo  e
 corrispondente  alla  reale  situazione  ed  alle esigenze emerse nel
 corso dell'udienza alle quali situazioni  ed  esigenze  il  difensore
 farebbe riferimento.
    Da  quanto sopra detto ne consegue la sospensione del procedimento
 e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale  per  quanto  di
 competenza.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara    non   manifestamente   infondata   la   questione   di
 illegittimita' Costituzionale dell'art. 291, comma 1- bis, del c.p.p.
 in relazione agli artt. 3/1 e 2, 31/2, 24/2, e 101 della Costituzione
 e dell'art. 391, terzo comma, del c.p.p. in relazione agli artt. 76 e
 24/2/  della  Costituzione,  questione  che  solleva  di  ufficio,  e
 dichiara  altresi'  le  stesse rilevanti per il procedimento in corso
 relativo a Di Benedetto Felice nato  a  Napoli  il  18  maggio  1978,
 procedimento n. 561/91 g.i.p.;
    Ordina sospendersi il detto procedimento;
    Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata  alle  parti  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
 Repubblica.
     Cosi' deciso in Napoli l'8 aprile 1991.
                        Il presidente: GIANNINO

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