N. 403 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 1990- 27 maggio 1991
N. 403 Ordinanza emessa il 28 novembre 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 27 maggio 1991) dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Paoloa nel procedimento penale a carico di Marafioti Francesco ed altri Processo penale - Indagini preliminari - Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni - Esecuzione delle operazioni - Utilizzazione di tali mezzi di prova - Deposito - Termini - Possibilita' di proroga (fino alla chiusura delle indagini preliminari) in caso di ritenuto pregiudizio per le indagini - Compressione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, art. 268, quinto comma). (Cost., art. 24).(GU n.23 del 12-6-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Con istanza depositata l'8 novembre 1990, relativa al procedimento penale n. 16/89 r.g. e n. 25/89 r.g.i.p. a carico di Marafioti Francesco + 9, si rappresentava a questo ufficio che nel corso delle indagini preliminari il giudice aveva autorizzato ( ex art. 268, n. 5, del c.p.p.) il p.m. a ritardare il deposito dei verbali delle intercettazioni telefoniche fino alla conclusione dell'indagini preliminari stesse. A seguito di tale procedura, la difesa del Marafioti eccepiva l'incostituzionalita' dell'art. 268, del c.p.p. per violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui l'impugnato articolo non prevede il deposito delle intercettazioni telefoniche nel caso in cui le stesse vengano utilizzate nel corso delle indagini anche a supporto di richieste al g.i.p. Ed invero e' accaduto che il p.m. ebbe ad utilizzare parti di conversazioni estrapolate dal citato mezzo istruttorio per domandare a questo ufficio l'emissione di una misura cautelare nei confronti degli indagati; il richiesto provvedimento fu dato anche tenuto conto delle risultanze emergenti dalle intercettazioni telefoniche; solo successivamente e, per motivi diversi da quelli oggetto della presente ordinanza, il tribunale del riesame di Cosenza annullo' la misura restrittiva precedentemente irrogata. Dei verbali di trascrizione delle intercettazioni di cui trattasi la difesa, nel corso del procedimento, non ebbe mai a prenderne visione e conoscenza se non per stralci e riassunti, limitatamente alle parti acquisite agli atti nella fase della richiesta delle misure cautelari. La proposta questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata ed il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla quesione circa la corretta utilizzazione delle intercettazioni telefoniche. Ed invero, nell'analizzare la questione di costituzionalita' prospettata a questo giudicante si sono dovuti preliminarmente contemperare, perche' concorrenti, due diritti costituzionalmente garantiti e rilevanti: quello della difesa (art. 24) e quello delle garanzie stabilite nei confronti di tutta l'attivita' del p.m. (art. 107 che rimanda alle norme sull'ordinamento giudiziario). Il punto che piu' interessa ai fini della prospettata questione di legittimita' costituzionale e' quello relativo alla tutela della segretezza delle indagini disposte dal p.m., principio che ha trovato una naturale collocazione anche nel nuovo codice di procedura penale. E' ultroneo, in questa sede, precisare nel dettaglio le ipotesi in cui il principio in questione viene controbilanciato da quello del diritto di difesa, ma e' agevole rilevare che lo stesso trova il suo limite in tutti quei casi in cui alcuni atti di indagine (rectius mezzi di ricerca delle prove) del p.m. e' prescritto che avvengano in presenza di un difensore dell'indagato (ispezioni, perquisizioni) oppure altri (intercettazioni telefoniche) debbano ricevere una preventiva autorizzazione del giudice ed una successiva pubblicita', attraverso il loro deposito, che garantisce una opportuna e completa conoscenza da parte della difesa di quanto compiuto nei confronti dell'indagato. Se e' vero, dunque, che nel caso de quo il giudice autorizzo' il p.m. al differimento del deposito delle intercettazioni ex art. 268, n. 5, del c.p.p. risolvendo in tal modo il problema del pregiudizio per le indagini, e' altrettanto vero che attraverso tale via non si e' tenuto conto dell'eccessiva compressione del diritto di difesa che in questa particolare circostanza veniva posto in secondo piano rispetto a quello del buon esito delle indagini. E' da considerare ai fini di un'analisi esaustiva della questione che nulla dice il codice di rito in merito al da farsi nel caso in cui il p.m. abbia utilizzato in alcune parti le intercettazioni che fino ad un momento prima erano rimaste coperte dal segreto istruttorio. E' ancora legittimo richiederne la segretezza dopo la loro sia pur parziale utilizzazione? E' stata una consapevole omissione del legislatore quella di non riprendere la statuizione contenuta nella relazione al progetto preliminare del c.p.p. che "ad evitare un eccessivo sacrificio del diritto di difesa" prevedeva "il deposito entro cinque giorni in caso di utilizzazione delle intercettazioni nel corso delle indagini"? Alla luce di quanto innanzi detto appare opportuno e necessario una interpretazione autentica della norma contestata ovvero una sua integrazione da parte della ecc.ma Corte costituzionale. Questi, in sintesi, i motivi che si prospettano a questo giudicante e che lo inducono a ritenere non manifestamente infondata la proposta questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina l'immediata trasmissione di tutti gli atti relativi al proc. pen. n. 16/89 r.g. alla Corte costituzionale; Dispone la sospensione del predetto procedimento fino alla pronuncia della Corte medesima; Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza alla Corte costituzionale, al p.m., a tutti gli indagati, alle altre parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' ai Presidenti della Camera e del Senato. Paola, addi' 28 novembre 1990 Il giudice per le indagini preliminari: EBOLI 91C0732