N. 406 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile 1991

                                N. 406
 Ordinanza  emessa  il  3  aprile 1991 dalla commissione tributaria di
 primo grado di Verbania sul ricorso  proposto  da  Carniti  Maria  ed
 altre contro l'ufficio del registro di Verbania
 Contenzioso tributario - Procedimento avanti le commissioni
    tributarie - Possibilita' di assistere alla votazione del collegio
    (peraltro  senza  facolta'  di  interloquire)  consentita  solo al
    rappresentante dell'ufficio e non anche al contribuente e/o al suo
    difensore - Ingiustificata disparita' di trattamento.
 (R.D. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 29, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.23 del 12-6-1991 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  prodotto  da
 Carniti  Maria,  Nerini  Ferdinanda  e  Nerini Patrizia, residenti in
 Pella, via Lungolago n. 78, avverso l'ufficio registro di Verbania;
    Letti gli atti;
    Sentiti il geom. Ennio Caretti per  le  ricorrenti  e  dil  signor
 Walter Migliarini per l'ufficio registro di Verbania;
    Udito il relatore Marziano Cavazzoni;
                           RITENUTO IN FATTO
    Carniti   Maria,   Nerini  Ferdinanda  e  Nerini  Patrizia,  tutte
 residenti a Pella, via Lungolago n.  78,  in  data  13  ottobre  1989
 proponevano  ricorso  contro l'avviso di accertamento - notificato in
 data 9 agosto 1989 - con il quale l'ufficio registro di Verbania,  ai
 fini dell'imposta di successione e dell'IN.V.IM., aveva elevato da L.
 202.000.000  a L. 744.900.000 il valore complessivo dei beni (terreni
 e fabbricati in Pella), oggetto della successione di Nerini  Gaetano,
 deceduto il 3 marzo 1987.
    Le  ricorrenti  chiedevano, in via principale, l'annullamento, per
 carenza di motivazione, dell'impugnato avviso di accertamento  e,  in
 via  subordinata,  la  conferma dei valori dichiarati e, in ulteriore
 subordine, una sensibile riduzione dei valori accertati dall'ufficio.
    L'ufficio registro di Verbania resisteva al ricorso con  deduzioni
 scritte.
    All'udienza  del  3 aprile 1991 intervenivano per le ricorrenti il
 geom. Ennio Caretti e per l'ufficio registro di  Verbania  il  signor
 Walter Migliarini.
                             O S S E R V A
    La  decisione  del  presente ricorso, a parere di questo collegio,
 deve  essere  preceduta  dalla  soluzione   di   una   questione   di
 legittimita' costituzionale.
    Per  i  processi  civili  l'art. 276 del c.p.c. stabilisce che "la
 decisione  deve  essere  deliberata  in  segreto  nella   camera   di
 consiglio.  Ad  essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno
 assistito alla discussione".
    Invece, per quanto riguarda i processi e i  giudici  tributari  le
 norme  sul contenzioso tributario prevedono soltanto che le decisioni
 debbono essere deliberate in camera di consiglio (e quindi non  nella
 sala  di  udienza), ma non vi e' alcuna norma che imponga ai suddetti
 giudici il segreto sulla  camera  di  consiglio  e  quindi  sui  voti
 espressi dai componenti il collegio (artt. 20, terzo comma, 28, primo
 comma,  del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  636  -  revisione  della
 disciplina del contenzioso  tributario  -  nel  testo  novellato  dal
 d.P.R. n. 739/1981).
    La  stessa  Corte costituzionale, al cui esame e' stata sottoposta
 l'anzidetta normativa, ha dichiarato la manifesta infondatezza  della
 relativa  questione  di  legittimita'  in  relazione  agli artt. 108,
 secondo comma, e 3, primo  comma,  della  Costituzione  ed  ha  anche
 affermato,  tra l'altro, che "nessuna norma costituzionale stabilisce
 il segreto delle deliberazioni degli organi giudiziari  di  qualunque
 ordine  e  grado,  quale  garanzia della loro indipendenza, ne' a tal
 fine   impone   il   segreto   delle   opinioni   dissenzianti;......
 l'indipendenza  e'  un  valore morale che si realizza in tutta la sua
 pienezza  proprio   quando   si   esplica   nella   trasparenza   del
 comportamento" (Ordinanza n.  19 del 18-23 gennaio 1990).
    Per  i giudici tributari non sussiste quindi l'obbligo del segreto
 della camera di consiglio e per i processi tributari non  vi  e'  una
 norma  che  preveda che "alla camera di consiglio possono partecipare
 soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione".
    La citata norma e' contenuta nell'art. 276, primo comma, del  cod.
 proc. civ., e non e' tra quelle richiamate dall'art. 39, primo comma,
 del  d.P.R.  n.  636/1972,  il  quale stabilisce che "al procedimento
 dinanzi alle commissioni tributarie si applicano..  ..  ..  le  norme
 contenute nel libro primo del codice di procedura civile".
    L'art.  276  anzidetto, infatti, e' compreso nel libro secondo del
 codice di procedura civile.
    Esiste, invece, ed e' ancora in  vigore  la  disposizione  di  cui
 all'art. 29, secondo comma, del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, la quale
 prevede  che  "dichiarata  dal  presidente  chiusa la discussione, il
 procuratore delle imposte o del  registro  (ossia  il  rappresentante
 dell'ufficio  tributario)  puo'  rimanere presente alla votazione, ma
 non ha pero' facolta' di interloquire".
    La citata disposizione e' ancora in vigore, non solo  perche'  non
 e'  stata espressamente abrogata dall'art. 46 del d.P.R. n. 636/1972,
 che pure ha espressamente abrogato gli artt. 20, 21 e 32 del  r.d.  8
 luglio  1937, n. 1516, ma anche perche' la citata disposizione non e'
 contraria o comunque incompatibile con il d.P.R. n.  636/1972  e  sue
 successive modificazioni e integrazioni.
    Sussisterebbe  incompatibilita'  solo  se  esistesse la segretezza
 della camera  di  consiglio,  la  cui  eslcusione,  pero',  e'  stata
 confermata anche dalla Corte costituzione (ordinanza n. 19/1990).
    Bisogna, pero', riconoscere, anche per evitare possibili equivoci,
 che  i  funzionari  dell'amministrazione  finanziaria,  forse per non
 bloccare l'attivita' delle commissioni tributarie, di solito, si sono
 astenuti e si astengono  dall'esercitare  una  facolta'  riconosciuta
 loro  dalla  legge,  dando  prova  di  molta sensibilita', certamente
 maggiore di quella dimostrata dal legislatore, il quale,  malgrado  i
 ripetuti  inviti della Corte costituzionale, non ha ancora provveduto
 alla necessaria riforma del contenzioso tributario.
    La norma che consente al rappresentante dell'ufficio tributario di
 assistere alla decisione del ricorso e alla votazione  del  collegio,
 in  evidente violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione,
 attua una ingiustificata disparita' di trattamento tra  le  parti  in
 causa, in quanto analoga facolta' non e' riconosciuta al contribuente
 e/o al suo difensore.
    Pertanto,  per  il  rispetto del principio di eguaglianza, analoga
 facolta' dovrebbe esser riconosciuta anche al contribuente e/o al suo
 difensore.
    Trattasi,  per  le  argomentazioni  esposte,  di  questione   "non
 manifestamente  infondata"  e  anche "rilevante" per la decisione del
 presente ricorso perche' la norma di cui all'art. 29, secondo  comma,
 del  r.d.  8  luglio  1937,  n.  1516, e' applicabile anche in questo
 processo.
    Questo  collegio,  infine,  ritiene  opportuno  e  necessario   un
 "chiarimento",  che  puo' venire soltanto dalla Corte costituzionale,
 sulla presenza - piu' o meno gradita, piu' o meno  sollecitata  dagli
 stessi  giudici tributari - dei rappresentanti degli uffici tributari
 alla camera di consiglio.
                                P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della  legge  2  marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara,  d'ufficio  "non manifestamente infondata", la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 29, secondo comma, del  r.d.
 8  luglio  1937,  n. 1516, in quanto detta norma consente soltanto al
 rappresentante dell'ufficio tributario e non  anche  al  contribuente
 e/o  al  suo difensore di "rimanere presente alla votazione" e quindi
 di presenziare alla camera di consiglio della commissione tributaria,
 in  relazione  all'art.  3,  primo  comma,   della   Costituzione   e
 "rilevante" per quanto in motivazione;
    Sospende   il   procedimento   in   corso   e  ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza  venga
 notificata  alle  ricorrenti  e all'ufficio registro di Verbania e al
 Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Verbania, addi' 3 aprile 1991
                       Il presidente: PISCITELLO

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