N. 671 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 agosto 1991

                                N. 671
     Ordinanza emessa il 9 agosto 1991 dal giudice per le indagini
                preliminari presso la pretura di Verona
           nel procedimento penale a carico di Amaldo Pietro
 Processo penale - Indagini preliminari - Termine: sei mesi -
    Richiesta  di  proroga - Possibilita' di autorizzazione solo prima
    della scadenza - Lamentata omessa previsione di adozione  di  tale
    ordinanza  anche  dopo  la scadenza ma entro i quindici giorni dal
    decorso dei cinque giorni dalla notifica del p.m.  all'indagato  -
    Lesione  del  principio di obbligatorieta' dell'azione penale - In
    alternativa:  violazione   del   principio   di   buon   andamento
    dell'amministrazione  della  giustizia  - In subordine: violazione
    dell'art. 3  della  Costituzione  -  Richiesta  di  illegittimita'
    costituzionale conseguenziale.
 (C.P.P. 1988, art. 406, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 97 e 112).
(GU n.44 del 6-11-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha pronuncito la seguente ordinanza;
    Letta  la richiesta di proroga del termine per il compimento delle
 indagini  preliminari,  tempestivamente   proposta   dal   p.m.   nel
 procedimento a carico di Amaldo Pietro;
    Ritenuto  che  nella  specie  sussisterebbero  le  condizioni  per
 concedere la proroga richiesta, costituendo - a  giudizio  di  questo
 ufficio  -  giusta causa il fatto che il p.m. e' in attesa dell'esito
 delle indagini delegate alla polizia giudiziaria;
    Rilevato peraltro che la prova delle notifiche della richiesta  ai
 soggetti  interessati  e'  pervenuta a questo ufficio dopo il decorso
 dei sei mesi iniziali;
    Rilevato che il giudice  deve  provvedere  sulla  richiesta  prima
 della  scadenza  del  termine, ai sensi dell'art. 460, primo comma, e
 553.2 del c.p.p. e che il termine e' scaduto;
    Rilevato che tale decisione non puo' essere adottata senza che  vi
 sia  in  atti la prova dell'avvenuta notifica alla persona sottoposta
 alle indagini e che siano decorsi i cinque  giorni  di  cui  all'art.
 496, terzo comma, prima parte, del c.p.p., giacche' altrimenti appare
 senz'altro configurabile la nullita' del provvedimento, ex artt. 178,
 lett. c), e 180 del c.p.p. (nella fattispecie le notifiche sono state
 eseguite in prossimita' della scadenza del termine ed i cinque giorni
 si compivano dopo la scadenza medesima);
    Rilevato  che  l'emanazione  dell'ordinanza  di  proroga  dopo  la
 scadenza del termine si esporrebbe a fondate censure  di  carenza  di
 potere  e, comunque, renderebbe prospettabili fondati dubbi in ordine
 all'utilizzabilita' degli atti compiuti dal p.m. dopo la scadenza del
 termine, non potendosi desumere dal  sistema  la  natura  ordinatoria
 della previsione;
    Ritenuto  comunque  che il giudice ha l'obbligo di osservare tutte
 le norme processuali, secondo il disposto dell'art. 124 c.p.p.
                             O S S E R V A
    Come gia' evidenziato con precedente ordinanza (16 marzo 1991,  in
 Gazzetta  Ufficiale,  prima serie speciale n. 28, del 17 luglio 1991)
 l'attuale disciplina del procedimento  per  la  proroga  del  termine
 delle  indagini  preliminari,  quale  risulta  dal combinato disposto
 degli artt. 406 e 553 del c.p.p., si appalesa  tale  da  giustificare
 dubbi  di costituzionalita' non manifestamente infondati, nella parte
 in cui prevede che il  giudice  per  le  indagini  preliminari  debba
 provvedere  prima della scadenza del termine, anziche' entro quindici
 giorni dallo scadere del termine di cinque giorni dalla notificazione
 prevista dall'art. 406.3, prima parte, del c.p.p. Di  fatto,  invero,
 la  attuale  disciplina  puo'  impedire  che  il  giudice  prenda una
 tempestiva e quindi valida decisione, senza che alcun  appunto  possa
 essere  ragionevolmente  mosso  al pubblico ministero, cui compete la
 richiesta. Il tempo necessario per la notifica e' infatti  situazione
 che sfugge e prescinde dalla diligenza del p.m.: si pensi in generale
 al  noto  carico  di  lavoro  e, in particolare, alle ipotesi in cui,
 apparendo la potenziale irreperibilita' del sottoposto alle indagini,
 si debba doverosamente procedere agli  accertamenti  richiesti  dagli
 artt.  159  del c.p.p. e 61 delle disp. att. del c.p.p. eventualmente
 anche all'estero. Ne' sembra adeguato richiamarsi  alla  possibilita'
 di  utilizzare  la  polizia  giudiziaria  per  le notifiche, ai sensi
 dell'art. 151.1 del c.p.p.: da un lato cio' non risolve il  problema,
 non  essendo  certo  che  la  struttura della p.g. consenta notifiche
 utili e tempestive, dall'altro il ricorso  alla  polizia  giudiziaria
 per   le   notifiche  deve  essere  assolutamente  eccezionale,  che'
 altrimenti   distrarrebbe   dai    propri    compiti    investigativi
 istituzionali uffici gia' oberati. Ne' si puo' pretendere che il p.m.
 inizi  la  procedura  per  la richiesta di proroga appena iscritto il
 nome della persona alla quale il reato  e'  attribuito,  intuendo  la
 prevedibile  complessita'  delle  indagini;  oltretutto,  nel caso di
 richiesta "troppo"  tempestiva,  potrebbe  addirittura  difettare  la
 giusta causa per la proroga.
    La  disarmonia che la disciplina manifesta non soddisfa, peraltro,
 alcuna esigenza di tutela di interessi apprezzabili delle altre parti
 (persona sottoposta alle indagini, persona offesa): il vero interesse
 che appare tutelabile (e riconosciuto dal legislatore) e' che il p.m.
 sia costretto a render conto della gestione delle indagini, nei tempi
 scelti  dal  legislatore,  o  concludendole  con  la   richiesta   di
 archiviazione   o   con   l'esercizio   dell'azione   penale,  ovvero
 chiedendone la proroga.
    Ma tale interesse trova esaustiva soddisfazione nel fatto  che  la
 richiesta  sia  presentata entro il termine, non gia' nel fatto - del
 tutto diverso - che il giudice, terzo, decida entro quel termine  (si
 abbia  presente  la  sentenza  della Corte n. 461 del 26 settembre-16
 ottobre 1990, relativa a problematica che presenta talune  analogie).
 Nessun  pregiudizio  pare  conseguire  al  fatto che il giudice possa
 provvedere anche dopo la scadenza del termine;  delle  due  l'una,  o
 concedera'  la  proroga (con decorrenza retroattiva alla scadenza del
 termine; in questo caso  gli  atti  di  indagine  eventualmente  gia'
 compiuti  dopo  la scadenza potranno essere utilizzati) o respingera'
 la relativa richiesta (e in questo caso gli atti che  il  p.m.  abbia
 eventualmente  compiuto  non  potranno  essere  utilizzati,  ai sensi
 dell'art. 407.3 del c.p.p.).
    La soluzione proposta  consentirebbe  di  conciliare  le  esigenze
 conseguenti  alla  obbligatorieta' dell'azione penale ed il principio
 di buon andamento della pubblica amministrazione (con  riguardo  alla
 amministrazione della giustizia), con quelle derivanti dall'esercizio
 del  diritto di difesa. Dal sistema si ricava anche il termine che il
 giudice dovrebbe osservare per la sua  decisione:  esso  deve  essere
 quello, residuale, di cui all'art. 121.2 del c.p.p. Il giudice dovra'
 quindi  provvedre  entro quindici giorni dallo spirare del termine di
 cinque giorni dalla notifica della richiesta di proroga alla  persona
 sottoposta alle indagini.
    Venendo,  da  ultimo  solo  per ragioni di convenienza espositiva,
 alla indicazione dei parametri  di  costituzionalita',  essi  possono
 essere   indicati   alternativamente  negli  artt.  97  e  112  della
 Costituzione. Il  sistema  attuale  di  fatto  comporta  la  paralisi
 nell'esercizio  dell'azione  penale,  senza  che  cio'  dipenda dalla
 mancanza di diligenza del pubblico ministero e dalla soddisfazione di
 altri interessi costituzionalmente garantiti. Ove si  ritenesse  che,
 in  teoria,  il grave inconveniente segnalato potesse essere superato
 con una richiesta di archiviazione ed  una  successiva  richiesta  di
 riapertura delle indagini, evidente sarebbe la irrazionale lesione di
 elementari  principi  di  buon  andamento dell'amministrazione, nella
 specie della giustizia. Solo in via subordinata  potrebbe  affermarsi
 anche  la violazione dell'art. 3 della Costituzione, in un'esasperata
 lettura  del  processo  quale  confronto  di  parti   necessariamente
 contrapposte.
    La  rilevanza della questione sollevata, nel presente procedimento
 e' data dal fatto che, ferma restando  l'attuale  disciplina,  questo
 giudice  dovrebbe  respingere o dichiarare inammissibile la richiesta
 presentata dal p.m. o comunque restituirgli gli atti  dichiarando  la
 propria  "incompetenza"  nella decisione; ove la Corte accogliesse la
 questione di  costituzionalita'  proposta,  questo  giudice  potrebbe
 legittimamente decidere nel merito.
    La  soluzione  proposta  - prima indicata e nel dispositivo ancora
 precisata - si manifesta non frutto di scelta discrezionale,  propria
 del legislatore, ma ricavabile dal sistema vigente.
    Vanno  pertanto  adottati  i provvedimenti ordinamentali di cui al
 dispositivo.  Valutera'  la  Corte  se  l'eventuale  declaratoria  di
 incostituzionalita' possa essere estesa, in applicazione dell'art. 27
 della  legge  11  marzo 1953, n. 87, anche al secondo comma dell'art.
 406 del c.p.p.
                               P. Q. M.
    Solleva d'ufficio questione di  legittimita'  costituzionale,  che
 dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata in relazione agli
 artt. 3, 97 e 112 della Costituzione,  dell'art.  406.1  del  c.p.p.,
 nella  parte in cui prevede che il giudice possa adottare l'ordinanza
 di proroga solo prima della scadenza del termine, previsto  dall'art.
 406 del c.p.p., anziche' entro quindici giorni dal decorso dei cinque
 giorni  dalla  notificazione  della  richiesta  del p.m. alla persona
 sottoposta alle indagini;
    Sospende il presente procedimento;
    Ordina la  comunicazione  della  presente  ordinanza  al  pubblico
 ministero  ed  ai  Presidenti  della  due  Camere del Parlamento e la
 notifica alla  persona  sottoposta  alle  indagini,  tramite  polizia
 giudiziaria  stante la urgenza, al suo difensore ed al Presidente del
 Consiglio;
    Manda alla cancelleria per l'esecuzione.
    Cosi' deciso in Verona, il 9 agosto 1991.
                Il giudice per le indagini preliminari:
                               CITTERIO

 91C1169