N. 305 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1991- 20 maggio 1992
N. 305 Ordinanza emessa il 21 novembre 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 20 maggio 1992) dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Allegranza Cesarina ed altri e E.N.P.A.O. Previdenza e assistenza - Pensioni corrisposte dall'E.N.P.A.O. - Mancata previsone di meccanismi di adeguamento dei valori monetari relativi ai minimi di pensione delle ostetriche alle variazioni del costo della vita - Ingiustificato deteriore trattamento rispetto ai pensionati della gestione speciale I.N.P.S. - Incidenza sul principio di assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di vecchiaia - Riferimento alla sentenza n. 497/1988. (Legge 27 febbraio 1984, n. 18, art. 2; legge 28 febbraio 1988, n. 48, art. 6, n. 30; legge 7 dicembre 1989, n. 389, art. 7, n. 5). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.23 del 3-6-1992 )
IL TRIBUNALE Alla pubblica udienza del 21 novembre 1991 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo, la seguente ordinanza nella controversia individuale di lavoro promossa da: Allegranza Cesarina, Alloisio Renata, Badino Teresa, Baldini Ernestina, Barbesino Giorgina, Bellosta Carolina, Bernardini Assunta, Berruto Maria, Bertelli Erminia, Bissi Maria, Brugioni Natalina, Bruzzone Gemma, Bruzzone Luigina, Caboara Gilda, Camogliano Maria, Campi Rita, Canali Edvige, Carraro Leonina; tutte elettivamente domiciliate in Genova presso lo studio dell'avv. Manfredi Caniglia il quale le rappresenta e difende in forza del mandato a margine del ricorso introduttivo, appellanti, contro l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza delle ostetriche (E.N.P.A.O.), in persona del commissario liquidatore, elettivamente domiciliato in Genova presso lo studio dell'avv. Antonio Calo', via Assorotti, 15/B in forza di procura alle liti notaio Intersimone del 9 dicembre 1988, rep. 92527, appellato. PREMESSO IN FATTO che con ricorsi depositati il 2 luglio 1988 dinnanzi al pretore di Genova le odierne appellanti esponevano: a) di essere iscritte al Collegio provinciale ostetriche di Genova e di aver maturato il diritto al conseguente trattamento pensionistico in forza della legge 2 aprile 1980, n. 127, la quale, provvedendo allo scioglimento dell'E.N.P.A.O. ed alla determinazione dei minimi pensionistici dal 1º gennaio 1980 (art. 4, nn. 1-3), prevedeva altresi', per il futuro, sia criteri di adeguamento del trattamento pensionistico a quello dei lavoratori autonomi delle gestioni I.N.P.S. (art. 4, n. 4) peraltro mai realizzati dal legislatore, sia criteri di adeguamento al costo della vita secondo gli indici Istat (art. 5), affidati a provvedimenti discrezionali del Ministero del lavoro; b) di aver diritto, una volta scaduto il regime transitorio E.N.P.A.O. previsto dall'art. 4, ultimo comma, della legge n. 127/1980 cit., ad un trattamento pensionistico minimo pari a quello stabilito per i lavoratori autonomi delle gestioni I.N.P.S., laddove, al contrario, l'E.N.P.A.O. ha provveduto all'erogazione soltanto dei minimi previsti dalla legge n. 127/1980 cit. senza effettuate alcun aggiornamento; c) di ritenere, invero, il regime venutosi a consolidare in forza delle diverse proroghe succedutesi negli anni del termine di scioglimento dell'E.N.P.A.O. (proroghe del tutto prive di meccanismi di adeguamento dei minimi pensionistici) incostituzionale sotto il profilo degli artt. 38 e 3 della Costituzione in considerazione anche dell'avvenuto aggiornamento dei minimi pensionistici sancito dal 1º gennaio 1984 a favore delle altre categorie di lavoratori autonomi dall'art. 21 della legge 27 dicembre 1983, n. 730; che, pertanto, le ricorrenti chiedevano la condanna dell'E.N.P.A.O. al pagamento delle pensioni aggiornate secondo i criteri di cui sopra, previa rimessione della causa alla Corte costituzionale; che costituitosi il contraddittorio l'E.N.P.A.O. si difendeva adducendo sostanzialmente difficolta' di ordine finanziario, ritenendo la questione di legittimita' costituzionale sollevata inammissibile; che il pretore, con sentenza 11 settembre-23 novembre 1989, accoglieva soltanto la domanda subordinata proposta dalle ostetriche volta ad ottenere la condanna dell'E.N.P.A.O. alla corresponsione dei ratei di pensione calcolati sui minimi fissati dall'art. 1 della legge n. 127/1980 non piu' pagati dall'Ente alla ricorrente, da una certa data, ritenendo infondata la questione di legittimita' costituzionale prospettata atteso il carattere transitorio della normativa che aveva di fatto congelato le pensioni in discussione; che contro la sentenza hanno proposto appello a questo tribunale le ostetriche riproponendo la domanda principale non accolta, sempre previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale; che si costituiva per il disciolto E.N.P.A.O. il Ministero del tesoro - ispettorato generale per la gestione del patrimonio degli enti disciolti, contestando la fondatezza delle misure di incostituzionalita' mosse dagli appellanti alla normativa in oggetto in quanto la questione doveva ritenersi rimessa alla discrezionalita' del legislatore; che il tribunale, disponeva quindi l'assunzione di informazioni presso il Ministero del lavoro, su richiesta dell'appellato, per accertare l'avvenuta emanazione o meno dei decreti di perequazione automatica delle pensioni E.N.P.A.O. previsti dall'art. 5, primo comma, della legge n. 127/1980; e il Ministero suddetto rispondeva negativamente con nota del 15 aprile 1991; che, infine, all'udienza del 21 novembre 1991 le parti discutevano oralmente la causa insistendo le appellanti nelle rispettive domande e difese e rimettendosi l'avvocatura a giustizia sulla questione di legittimita'. RITENUTO IN DIRITTO che le pensioni di vecchiaia godute dalle appellanti sono rimaste inalterate dal 1980 al 1990 in L. 90.000 e 117.500 mensili, minimi stabiliti dall'art. 4 della legge n. 127/1980 che non ha subito alcuna modificazione da parte di tutte le leggi che nell'arco del decennio si sono limitate a prorogare lo scioglimento dell'E.N.P.A.O. nulla disponendo sull'adeguamento di detti minimi; che nelle more del giudizio e' stata emanata la legge 7 agosto 1990, n. 249, con cui, ponendosi fine al decennale regime transitorio relativo a detto scioglimento, si e' stabilito che solo dal 1º luglio 1990 i ratei di pensione fossero posti a carico dell'I.N.P.S. e soggetti alla perequazione automatica con gli stessi criteri in vigore per le questioni previdenziali dei lavoratori autonomi istituite presso l'I.N.P.S. medesimo (art. 1 cpv.); mantenendosi in altri termini, monetariamente invariati negli importi fissati nel 1980 sopra indicati; che, parallelamente, come dichiarato in atti dall'appellante l'ammontare dei minimi di pensione di vecchiaia I.N.P.S. per tutti i lavoratori subordinati era, nel periodo rilevante in causa, di L. 469.500 al maggio 1989, L. 484.500 al novembre 1989 e L. 502.450 al maggio 1990, cosi' come, applicandosi ai minimi ex E.N.P.A.O. cristallizzati dal 1980 le variazioni degli indici Istat per i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuto dal gennaio 1981 al giugno 1990 si sarebbe determinato un aggiornamento di detti minimi, rispettivamente da L. 90.000 a L. 204.150 mensili e da L. 117.750 a L. 267.180, in termini cioe' monetari piu' che raddoppiati; rispetto alle somme in oggi effettivamente percepite; che, infatti, in base alle informazioni acquisite dal Ministero del lavoro e' risultata la mancata attivazione del meccanismo facoltativo (e non automatico come per le altre categorie) di perequazione previsto transitoriamente dall'art. 5 della legge n. 127/1980; che, pertanto, occorre delibare la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalle appellanti in ordine all'inadeguatezza dei trattamenti pensionistici di vecchiaia in oggetto per effetto della normativa succedutasi negli ultimi anni; che la questione non appare manifestamente infondata in quanto, il mantenimento per ben dieci anni di minimi pensionistici invariati senza neppure la previsione, in tutta la normativa intermedia di proroga di un qualsiasi meccanismo automatico di salvaguardia dalla svalutazione delle pensioni di vecchiaia delle ostetriche, appare in evidente contrasto con l'art. 38 cpv. della Costituzione che riconosce a tutti i lavoratori il diritto sociale a che siano provveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in relazione agli eventi tutelati dalla norma tra cui, appunto, la vecchiaia (cfr. per un problema analogo, la sentenza della Corte costituzionale n. 497/1988); che, invero, il congelamento di fatto di dette pensioni per un decennio, caratterizzato tra l'altro da un perdurante fenomeno di diminuzione considerevole del potere d'acquisto della moneta, come sopra evidenziato in termini monetari dall'andamento degli indici Istat, appare lesivo di tale bene costituzionalmente protetto, del tutto ininfluente essendo in causa il superamento (parziale e solo per l'avvenire) della situazione attuata dalla legge n. 249/1990; che, inoltre, un decennio non appare assolutamente un lasso di tempo contenuto, tale da rendere legittima la disciplina transitoria in esame; che la questione appare altresi' non manifestamente infondata sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione per la disparita' irragionevole di trattamento tra le ostetriche e gli altri lavoratori autonomi, assicurati presso le gestioni speciali dell'I.N.P.S., come ad esempio artigiani e commercianti i quali hanno fruito nello stesso arco temporale, da un lato di periodici aumenti dei minimi e, comunque, dall'altro lato di un sistema di perequazione automatica decorrente dal 1º gennaio di ogni anno e agganciato alle variazioni del costo della vita, in base all'art. 19 della legge n. 153/1969; che, infine, la questione appare altresi' rilevante in causa dipendendo la definizione di questa dalla applicazione delle norme, della cui legittimita' costituzionale si dubita che negano alle appellanti il diritto, nel periodo di cui e' causa (1980-88), a trattamenti pensionistici dotati di meccanismi di adeguamento dei relativi valori monetari;
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata e rilevante l'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dalle appellanti, degli artt. 2 della legge 27 febbraio 1984, n. 18, 6, n. 30, della legge 28 febbraio 1988, n. 48, e 7, n. 5, della legge 7 dicembre 1989, n. 389, nella parte in cui, prorogando il termine per lo scioglimento dell'E.N.P.A.O. previsto dall'art. 1 della legge 2 aprile 1980, n. 127, non hanno previsto alcun meccanismo di adeguamento dei valori monetari relativi ai minimi di pensione di vecchiaia delle ostetriche quanto meno alle variazioni del costo della vita, minimi fissati dall'art. 4 della legge 2 aprile 1980, n. 127, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Genova, addi' 21 novembre 1991 Il presidente: ZINGALE 92C0633