N. 54 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 giugno 1992

                                 N. 54
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 10 giugno 1992 (della regione Puglia)
 Edilizia e urbanistica - Termini per l'approvazione degli strumenti
    urbanistici - Qualificazione del  termine  di  centottanta  giorni
    previsto  dall'art.  9,  secondo  comma,  del  d.-l.  n.  702/1978
    (convertito in legge n. 3/1979), per  l'approvazione  del  p.r.g.,
    quale  termine  perentorio  la cui decorrenza comporta, in base al
    principio del silenzio-assenso, la tacita approvazione,  da  parte
    della  regione, dello strumento urbanistico adottato dal consiglio
    comunale  dopo  l'esame  delle   osservazioni   presentate   dalle
    associazioni  sindacali  e  da  altri enti pubblici ed istituzioni
    interessate - Attribuzione al Ministro per il coordinamento  della
    protezione   civile   della  facolta'  di  stipulare  direttamente
    convenzioni con soggetti  anche  privati  (istituti  e  gruppi  di
    ricerca)   per   il   perseguimento  di  specifiche  finalita'  di
    protezione civile - Asserita indebita  invasione  della  sfera  di
    competenza  primaria  delle  regioni  in  materia  di  edilizia ed
    urbanistica, sotto il profilo della violazione del  principio  che
    soltanto   la   regione   ha   il  potere  di  emanare  norme  che
    attribuiscano alla sua inattivita'  il  significato  di  silenzio-
    assenso  -  Violazione  dei  principi  della tutela dell'ambiente,
    della salute nonche' della salvaguardia  dei  cittadini,  principi
    compressi  dalla  normativa  impugnata che inibisce l'attivita' di
    coordinamento e di pianificazione della regione (artt. 3, 97,  117
    e 118 della Costituzione).
 (D.-L. 30 aprile 1992, n. 274, art. 3).
 (Cost., artt. 3 e 117).
(GU n.27 del 24-6-1992 )
    Ricorso  della  regione  Puglia,  in  persona del presidente della
 giunta regionale in carica, difeso e rappresentato, come  da  procura
 speciale  a margine degli avvocati professori Aldo Loiodice e Giorgio
 Recchia e con domicilio eletto presso lo studio  di  quest'ultimo  in
 Roma  a  corso  Trieste,  88,  contro il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, in persona del titolare della carica  pro-tempore,  avverso
 al  d.-l.  30 aprile 1992, n. 274, avente ad oggetto "differimento di
 termini  previsti  da  disposizioni legislative ed altre disposizioni
 urgenti" ed in particolare dell'art. 3 del d.-l., avente  ad  oggetto
 "termini  per  l'approvazione  di  strumenti urbanistici", pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale del 2 maggio 1992, serie generale n. 101.
                           PREMESSE IN FATTO
    1. - Con lart. 9 del d.-l. 10 novembre 1978,  n.  702  (convertito
 con  modificazioni  della  legge 8 gennaio 1979, n. 3, e' stato - tra
 l'altro - stabilito che "entro sei mesi dall'entrata in vigore  della
 legge  di  conversione  del  presente decreto le regioni, qualora non
 abbiano gia' provveduto, dovranno emanare  norme  per  accelerare  le
 procedure   per   la  formazione  e  l'approvazione  degli  strumenti
 urbanistici. Tali norme dovranno informarsi ai seguenti principi:
       a)  prevedere  termini  per  ogni  fase  relativa  all'iter  di
 adozione degli strumenti urbanistici;
       b)  stabilire il termine massimo entro il quale la regione deve
 adottare il provvedimento definitivo di approvazione;
       c) definire le modalita' di esercizio del potere sostitutivo in
 caso di inosservanza da parte di comuni dei termini fissati.
    Il termine massimo di cui al precedente comma, lett. b), non  puo'
 essere  superiore  a  centottanta  giorni  per  il  piano  regolatore
 generale e tale termine deve essere  adeguatamente  ridotto  per  gli
 altri   atti  urbanistici  che,  secondo  le  norme  regionali,  sono
 assoggettabili alla formale approvazione della regione".
    2. - In attuazione di tale previsione, l'art. 16 della legge  reg.
 (Puglia)  31  maggio  1980,  n.  54,  ha  provveduto ad articolare la
 procedura di formazione ed approvazione del piano regolatore comunale
 in modo tale da pervenire al perfezionamento del  piano  nei  termini
 ipotizzati dalla normativa statale.
    In  particolare  e' stato stabilito, quanto ai tempi di formazione
 dello strumento, che, entro quindici giorni dall'adozione,  il  piano
 e'  depositato  presso  la segreteria ove resta pubblicato per trenta
 giorni. Le osservazioni, da proporsi nei  trenta  giorni  successivi,
 sono  esaminate dal consiglio comunale nei sessanta giorni successivi
 alla scadenza del termine di proposizione delle osservazioni.
    Nei successivi quindici  giorni  gli  atti  della  procedura  sono
 rimessi alla regione.
    Tutti  gli  adempimenti  di quest'ultima debbono poi compiersi nel
 termine di centoventi giorni dal momento di ricezione degli atti.
    3. - Con la disposizione dell'art. 3 del d.-l. 30 aprile 1992,  n.
 274, avverso la quale si ricorre, e' stato, infine, stabilito che "il
 termine  massimo  di centottanta giorni previsto dall'art. 9, secondo
 comma,  del  d.-l.  10  novembre  1978,  n.  702,   convertito,   con
 modificazioni,  dalla  legge  8 gennaio 1979, n. 3, deve considerarsi
 perentorio e la sua decorrenza comporta la tacita approvazione  dello
 strumento  urbanistico  adottato  con  l'esame  delle osservazioni da
 parte del consiglio comunale".
    In considerazione di quanto previsto  dall'art.  117  primo  comma
 della  Costituzione e dell'assetto della materia cosi' come delineato
 dall'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n.  8,  e  dall'art.  80  del
 d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,  non  v'e'  dubbio  che  la vista
 previsione dell'art. 3 del d.-l. n. 274/1992 risulta illegittima  sul
 piano  dei  principi costituzionali e, pertanto, essa viene impugnata
 dalla regione Puglia, per i seguenti motivi in
                             D I R I T T O
    1.  -  Il  procedimento  di  approvazione  del piano regolatore e'
 incompatibile per natura e contenuti con la previsione di  automatica
 maturazione dell'atto di approvazione per silenzio-assenso.
    E'   infatti   ben  noto  che  l'atto  d'approvazione  costituisce
 provvedimento complesso nel quale  confluiscono  sia  l'attivita'  di
 formazione  del  comune  (con le relative competenze e con i relativi
 ambiti di  discrezionalita'),  sia  l'attivita'  di  approvazione  ed
 eventuale  modifica della regione (anche qui con i relativi ambiti di
 specifica competenza e discrezionalita').
    E' altresi' ben noto che nel procedimento di formazione del  piano
 regolatore  (o  di  altro  strumento  di pianificazione urbanistica a
 carattere generale) l'ambito di attivita' di competenza della regione
 non si esaurisce nell'assolvimento  di  funzioni  di  mero  controllo
 circa  il  corretto  svolgimento  dell'attivita' di pianificazione da
 parte del comune, ma comporta -  invece  -  l'esercizio  di  potesta'
 primaria  di  pianificazione  e  programmazione  che  si  attua anche
 attraverso l'esercizio dei poteri di  modifica  d'ufficio  (art.  10,
 secondo  comma,  e segg. della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e succ.
 mod. ed integr.).
    Risulta, percio', del tutto evidente  che  la  previsione  di  una
 maturazione  del  provvedimento di approvazione, come conseguenza del
 semplice decorso del  termine  assegnato,  e'  incompatibile  con  la
 natura  e l'assetto dei poteri regionali in materia in quanto finisce
 con eliminare potenzialmente - o comunque elidere in modo sostanziale
 - le  potesta'  proprie  della  regione  che  debbono  essere  invece
 esercitate  in modo positivo e concreto perche' si possa concepire la
 stessa esistenza dell'atto di approvazione.
    Dal  che'  la  violazione  dell'art.  117,  primo   comma,   della
 Costituzione.
    2.  -  Per  di  piu',  la norma dell'art. 3 del d.-l. n. 274/1992,
 ottiene e raggiunge il detto risultato incidendo sul procedimento  di
 formazione del piano regolatore nella sola parte di esso nel quale si
 articolano  le attivita' di competenza della regione. Tale previsione
 risulta del tutto irrazionale anche  in  considerazione  dell'intento
 perseguito  con  la  norma dell'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n.
 702, che si dice di voler modificare.
    Quest'ultima disposizione e', infatti, concepita  per  accellerare
 il  procedimento  di  formazione del piano regolatore considerato nel
 suo complesso. SI prevede cosi' - tra l'altro - che vengano  indicati
 i termini massimi relativi alle fasi di formazione dello strumento in
 sede  comunale.  Con  la conseguenza che tutto il procedimento che ne
 deriva, tanto in sede  comunale  come  regionale,  appare  improntato
 all'esigenza  di  concentrazione ed accellerazione delle attivita' di
 formazione e perfezionamento del piano regolatore.
    La disposizione dell'art. 3 del d.-l. n. 274/1992, tradisce invece
 ed elude tale logica complessiva  e  risulta  irragionevole  rispetto
 all'intento che il legislatore manifesta di voler perseguire.
    Essa  infatti  incide - come gia' osservato - sul piano ambito del
 procedimento  di  competenza  regionale  privando  la  regione  delle
 proprie  competenze  e  potesta' e, da' luogo ad un sistema nel quale
 risulta possibile che  l'amministrazione  comunale  adotti  il  piano
 regolatore,  ne  rinvii  sine  die  la  trasmissione alla ragione per
 l'approvazione (con l'intento di sfruttare - ad esempio - gli effetti
 di salvaguardia) e poi ottonga ugualmente di  far  scattare  a  danno
 della  regione  il  meccanismo  di  maturazione  del provvedimento di
 approvazione per silenzio-assenso.
    Sotto il  profilo  in  esame  non  e'  percio'  dubbio  che  debba
 rilevarsi  a  carico  dell'art.  3  del  d.-l.  n. 274/1992, oltre la
 violazione dell'art. 117, anche quella dell'art. 3 della Costituzione
 (per   quest'ultima   norma,   quanto   meno,   sotto   il    profilo
 dell'irrazionalita').
    3. - La norma dell'art. 3 del d.-l. n. 274/1992, impugnata, incide
 anche  in  modo evidente oltre che sul contenuto delle potesta' della
 regione in materia di urbanistica, anche sulla  organizzazione  delle
 relative procedure.
    Nel  caso  che  riguarda  la  regione Puglia, come ricordato nelle
 premesse di fatto, quelle procedure sono state compiutamente regolate
 ed articolate con la legge regionale 31 maggio 1980, n. 54: norma che
 tiene conto delle disposizioni di accellerazione di cui al  d.-l.  n.
 702/1978.
    In  altri  termini, nel caso in esame, la nuova norma e' andata ad
 incidere  su  di  un  ambito  integralmente  regolato  dall'autonomia
 regionale,  per di piu' con modalita' conformi alle indicazioni della
 ricordata legislazione statale.
    Appartenendo l'organizzazione  e  regolamentazione  della  materia
 urbanistica  nell'ambito  garantito all'autonomia regionale, e' certo
 che la norma impugnata si pone, sotto questo profilo,  in  violazione
 dell'art.  117  della  Costituzione  e dei principi che da tale norma
 derivano.
                              Conclusioni
    La regione Puglia ricorrente chiede cha  la  ecc.ma  Corte  voglia
 dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 30
 aprile 1992, n. 274, per contrasto  con  gli  artt.  3  e  117  della
 Costituzione.
      Bari-Roma, addi' 30 maggio 1992
         Avv. prof. Aldo LOIODICE - Avv. prof. Giorgio RECCHIA

 92C0712