N. 364 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 1992

                                 N. 364
 Ordinanza  emessa  il  20  marzo  1992  dal  pretore  di   Roma   nel
 procedimento civile vertente tra Sinopoli Francesco ed ente FF.SS.
 Competenza e giurisdizione civile - Controversie relative al rapporto
    di  impiego  dei  dipendenti  dell'Ente  ferrovie  dello  Stato  -
    Competenza per territorio del pretore di Roma  in  quanto  giudice
    nella  cui  circoscrizione  si  trova  la  sede  legale  dell'Ente
    predetto - Incidenza sul principio del buon andamento  della  p.a.
    (ritenuto  applicabile anche all'amministrazione della giustizia),
    attesa l'enorme concentrazione di cause presso la pretura di  Roma
    pur  se  relative a dipendenti che prestano servizio presso uffici
    periferici dell'Ente lontani dalla sede centrale, con  conseguenti
    rallentamenti  dell'iter  giudiziario ove sia necessario acquisire
    prove ed eseguire ispezioni in loco.
 (Legge 17 maggio 1985, n. 210, art. 23; c.p.c., art. 413).
 (Cost., art. 97).
(GU n.29 del 8-7-1992 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza con ricorso depositato  il  3
 ottobre  1990  Sinopoli  Francesco  esponeva  di essere stato assunto
 dall'azienda  autonoma  delle  Ferrovie  dello  Stato  per  espletare
 servizio  di  accudienza,  pulizia  e  custodia  del  dormitorio  del
 personale di macchina presso il deposito locomotive  di  Novara,  con
 atto   predisposto   dall'azienda   ferroviaria  presso  il  deposito
 ferroviario di  Torino  il  13  maggio  1978;  che  la  durata  della
 convenzione  era  di  un  anno,  rinnovabile fino a nove anni; che le
 mansioni da lui svolte erano del tutto identiche a quelle svolte  dai
 dipendenti  con  profilo  professionale  di ausiliario ai sensi della
 legge n. 42/1979 in materia di qualifiche del personale  ferroviario;
 che infatti nell'atto di assunzione era previsto che egli effettuasse
 personalmente  il  servizio  di  pulizia,  inoltre  la frequenza e le
 modalita' di dette pulizie erano  parimenti  precisate  nell'atto  di
 assunzione;  che  l'orario da lui osservato era stato sempre di 8 ore
 al giorno per 7  giorni  a  settimana  e  quindi  sempre  di  56  ore
 settimanali;  che  i  riposi e le assenze erano stati sempre regolate
 dall'amministrazione ferroviaria, che  il  lavoro  era  stato  sempre
 svolto con l'uso dei mezzi di lavoro forniti dall'impresa ferroviaria
 e  sotto  la  direzione ed il controllo dei responsabili degli uffici
 dell'ente F.S.; che il  suo  compenso  era  assolutamente  analogo  a
 quello  previsto  per  i  dipendenti,  dal  momento  che  comprendeva
 salario,  contingenza,  assegni  familiari,  indennita'  per   lavoro
 straordinario  e  notturno  ecc.;  che  dal 1º gennaio 1987 era stato
 assunto alle dipendenze dell'ente F.S.  con  contratto  di  lavoro  a
 tempo   indeterminato   con   applicazione   dell'apposito  contratto
 collettivo nazionale di lavoro dei lavoratori dei servizi;
    Deduceva  il  ricorrente  che  il  suo  rapporto  con  l'ente F.S.
 configurava un rapporto  di  lavoro  subordinato,  prima  con  l'ente
 pubblico  azienda  autonoma  ferrovie dello Stato e quindi con l'ente
 F.S., essendovi, per le caratteristiche sopra elencate  il  requisito
 della subordinazione;
    Deduceva ancora che in forza della legge n. 42/1979 avrebbe dovuto
 essere  inquadrato  tra  i  dipendenti di seconda categoria aventi la
 qualifica di ausiliario dal primo  ottobre  1978  e  quindi,  dal  1º
 gennaio  1983 avrebbe dovuto essere inquadrato, sempre con il profilo
 di ausiliario, in terza categoria in forza della legge n. 292/1984;
    Deduceva il ricorrente che dal riconoscimento  dell'esistenza  del
 rapporto  di lavoro subordinato tra lui e l'ente F.S. senza soluzione
 di continuita' dal 15 febbraio 1978, conseguiva il suo  diritto  alla
 ricostruzione  di  tutta  la  carriera,  ricostruzione  giuridica  ed
 economica che con riferimento a tutti i vari istituti si riservava di
 chiedere in altro giudizio, mentre con il presente giudizio  chiedeva
 la  condanna dell'ente al pagamento delle ore di lavoro straordinario
 da lui prestate, dal momento che l'orario di lavoro  degli  ausiliari
 era  di  40  ore settimanali ed egli aveva sempre lavorato per 56 ore
 settimanali; che infatti il lavoro straordinario era stato compensato
 in misura non corrispondente agli aumenti stipendiali succedutisi nel
 tempo, in forza dell'art. 17 della  legge  n.  42/1979,  dell'art.  1
 della  legge  n.  885/1980,  dell'art.  1  della  legge  n. 426/1982,
 dell'art. 2 della legge n.  426/1982,  dell'art.  7  della  legge  n.
 292/1984  e  dell'art.  8 della legge n. 719/1985, disposizioni tutte
 che dovevano essere applicate anche a lui in  quanto  doveva  appunto
 essere riconosciuto dipendente dell'ente;
    Chiedeva quindi il ricorrente venisse dichiarata l'esistenza di un
 rapporto  di lavoro subordinato prima con l'Azienda autonoma e quindi
 con   l'ente   F.S.   dal   15    febbraio    1978,    con    diritto
 all'inquadramentocome  ausiliario  in  seconda  categoria dall'inizio
 fino al 31 dicembre 1982 e quindi in terza categoria;
    Chiedeva poi la condanna dell'ente F.S. a pagargli per  lo  stesso
 periodo  la  somma  di L. 50.007.020 per compenso delle ore di lavoro
 straordinario effettuate, oltre rivalutazione monetaria, interessi  e
 spese di giudizio;
    Si costituiva in giudizio per l'ente F.S. l'avvocatura dello Stato
 opponendosi alla domanda per il fatto che il ricorrente doveva essere
 considerato  lavoratore  autonomo  in  forza  della legge 30 dicembre
 1959, n. 1236, che  consentiva  all'azienda  autonoma  di  provvedere
 all'espletamento  di  particolari  servizi,  come  quello di pulizia,
 mediante i cosiddetti "assuntori" iscritti nell'apposito albo  e  che
 quindi   non   spettava   al   ricorrente,   non  essendo  lavoratore
 subordinato,  la  richiesta  maggiorazione  delle  ore  straordinarie
 effettuate.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    Rileva il pretore che per la decisione della presente controversia
 occorre fare applicazione dell'art. 23 della legge 17 maggio 1985, n.
 210,  il  quale  dispone  che  le  controversie di lavoro relative al
 personale  dipendente  dall'ente  ferrovie  dello   Stato   sono   di
 competenza   del   pretore   del  lavoro  e  quanto  alla  competenza
 territoriale vigono  gli  ordinari  principi  di  competenza  di  cui
 all'art.  413  del  c.p.c.,  a  seguito  della  sentenza  della Corte
 costituzionale  n.  117/1990,  che   ha   ritenuto   l'illegittimita'
 costituzionale  di  detto  art.  23  della  legge n. 210/1985 laddove
 prevedeva il radicamento della competenza  presso  il  foro  erariale
 (pretore  del luogo sede dell'ufficio dell'avvocatura dello Stato nel
 cui  distretto  trovasi  il  giudice  competente  secondo  le   norme
 ordinarie).
    Ai sensi dunque dell'art. 413 del c.p.c., cui fa rimando l'art. 23
 della  legge  n.  210/1985  modificato dalla suddetta pronuncia della
 Corte costituzionale, il dipendente puo' adire il giudice  nella  cui
 circoscrizione  e'  sorto  il  rapporto,  ovvero il giudice nella cui
 circoscrizione si  trova  l'azienda,  ovvero  il  giudice  nella  cui
 circoscrizione  si trova la dipendenza alla quale e' addetto o presso
 la quale prestava la sua opera alla fine del rapporto.
    Si tratta quindi di tre fori concorrenti e facoltativi, nel  senso
 che le parti possono a loro piacimento scegliere uno di essi.
    Nel  caso di specie si radica la competenza del pretore di Roma in
 quanto sede dell'azienda, intesa come sede legale dell'ente  ferrovie
 dello  Stato (sulla scorta di una giurisprudenza ormai consolidata in
 tal senso), in  quanto  il  foro  della  dipendenza  radicherebbe  la
 competenza  del pretore di lavoro di Novara, sede a cui il ricorrente
 e' stato addetto dal  1978  ed  a  cui  e'  addetto  tuttora,  mentre
 scegliendo  il  luogo di stipulazione del contratto, la competenza si
 radicherebbe  a  Torino  ove   l'atto   di   assunzione   era   stato
 sottoscritto.
    Pertanto,  per  poter affermare la propria competenza territoriale
 il pretore di Roma deve necessariamente fare  applicazione  dell'art.
 23 della legge n. 210/1985.
    Della  costituzionalita'  di  detta norma si dubita per i seguenti
 motivi in fatto ed in diritto.
    In  punto  di  fatto  occorre  rilevare  in  primo  luogo  che  le
 controversie  relative  ai dipendenti dell'ente ferrovie dello Stato,
 dopo l'entrata in vigore della  legge  n.  210/1985,  sono  state  di
 numero  notevolissimo presso la pretura del lavoro di Roma ed il loro
 andamento e' in continuo aumento  (4.292  cause  iscritte  nel  1987,
 5.750  iscritte  nel 1988, 6.163 nel 1989, 6.548 nel 1990 e 7.500 nel
 1991).
    Un gran numero di queste controversie atteneva  ed  attiene,  come
 nel  caso  di  specie,  a  dipendenti  dell'ente  che lavorano presso
 compartimenti diversi da quelli di Roma e del Lazio, ossia, in via di
 fatto un gran numero di dipendenti  dai  compartimenti  piu'  lontani
 (dalla  Sicilia  al Friuli-Venezia Giulia) preferiscono adire il pre-
 tore di Roma, anziche' il pretore del luogo della dipendenza cui sono
 addetti, trattandosi di foro facoltativo, in quanto Foro  della  sede
 legale dell'ente F.S.
    Alla stregua delle norme vigenti il pretore del lavoro di Roma non
 puo'  quindi  declinare  la  propria competenza territoriale, ma cio'
 comporta  in  primo  luogo  un  aumento  del  carico  di  lavoro  per
 l'ufficio,  aumento  peculiare  solo  per la pretura di Roma, che non
 trova corrispondenza in altre sedi, in quanto  solo  a  Roma  trovasi
 appunto la sede legale dell'ente.
    Inoltre  i  problemi  aumentano  quando la controversia, intenta a
 Roma, comporti la necessita' di effettuare delle prove testimoniali o
 delle ispezioni sui luoghi di lavoro o  anche  accertamenti  tecnici,
 perche'  cio'  implica o lo spostamento del pretore per effettuare in
 loco le prove, con tutti i prevedibili  inconvenienti  in  ordine  al
 dispendio  di  tempo o di spese, ovvero di ricorrere a prove delegate
 al pretore del luogo ove l'attivita' lavorativa viene  prestata,  con
 altrettanto dispendio di energia per il pretore delegato, di notevole
 aumento  dei tempi di durate delle cause, nonche' di snaturamento del
 rito che deve essere improntato, com'e'  noto,  alla  concentrazione,
 alla  oralita'  ed  alla  immediatezza,  ed infatti alcuni interpreti
 escludono che nel rito del lavoro si possa far ricorso a prove  dele-
 gate.
    Inoltre  e'  da rilevare che il contenzioso relativo ai dipendenti
 dell'ente F.S. e' e sara', prevedibilmente, sempre di enorme entita',
 di talche' la concentrazione, resa astrattamente possibile  dall'art.
 23  della  legge  n.  210/1985,  ed in via di fatto gia' parzialmente
 attuata, di tutte le controversie di "tutti" i  dipendenti  dell'ente
 F.S.   presso   la  pretura  di  Roma,  rende  il  carico  di  lavoro
 insopportabile e  la  trattazione  delle  relative  cause  incoerente
 rispetto  al  rito,  che  almeno  in  alcuni casi, sarebbe gravemente
 snaturato.
    Si consideri infatti che i dipendenti dell'ente sono circa 150.000
 e talvolta uno stesso dipendente propone anche  piu'  di  una  causa,
 com'e'  avvenuto gia' per le controversie relative alla maggiorazione
 del compenso per lavoro straordinario o  per  il  riconoscimento  del
 servizio militare a fini di scatti di anzianita'.
    Il  radicamento  generalizzato di tutte queste controversie presso
 la pretura del lavoro di Roma potrebbe allora  costituire  violazione
 dell'art.  97  della Costituzione, che prescive che i pubblici uffici
 devono essere organizzati secondo disposizioni di legge, in modo  che
 sia assicurato il buon andamento dell'amministrazione.
    Il  principio  del  buon  andamento deve essere affermato anche in
 relazione  all'amministrazione   della   giustizia,   non   potendosi
 individuare  le ragioni che consentirebbero una sua deroga proprio in
 un settore cosi' importante e delicato.
    Con la sentenza del 10 maggio 1982, n. 86, la Corte costituzionale
 ha  ritenuto  infatti  che  i  principi  di  cui  all'art.  97  della
 Costituzione  si applichino anche all'amministrazione della giustizia
 in  quanto,  dice  la  Corte,  "sarebbe  paradossale  voler  esentare
 l'organizzazione  degli  uffici  giudiziari  da ogni esigenza di buon
 andamento.
    Al di la' delle espressioni adoperate nel primo comma dell'art. 97
 della Costituzione e nel titolo della  sezione  che  lo  ricomprende,
 anche  per gli uffici giudiziari spetta alla Corte di accertare se le
 leggi  organizzative  non  contengano  disposizioni   a   tal   punto
 irrazionali,   da   eccedere   l'ambito  del  'potere  discrezionale'
 riservato al Parlamento".
    Si potrebbe obiettare che,  ove  fosse  ritenuto  incostituzionale
 l'art.  23 della legge n. 210/1985, solo i dipendenti dell'ente F.S.,
 a differenza di tutti gli altri dipendenti privati, non avrebbero  la
 possibilita'  di scegliere liberamente tra i tre fori concorrenti, in
 quanto solo ad essi sarebbe precluso di adire il  pretore  del  luogo
 ove trovasi la sede legale dell'azienda.
    A  tale  obiezione  si  puo'  rispondere in primo luogo che non vi
 sarebbe alcuna violazione dell'art. 24 della Costituzione  in  quanto
 avrebbero  piena  e  migliore  tutela giurisprudenziale intentando la
 causa presso il pretore del luogo della dipendenza in  cui  lavorano,
 ed  infatti  sembra  questa  l'esigenza essenziale ed insopprimibile,
 come  ritenuto  anche  alla  sentenza  della  Corte  sopra  citata n.
 117/1990,  ove  proprio  sulla  base  di  questa  necessita'  si   e'
 dichiarata    incostituzionale   la   previsione   della   competenza
 territoriale presso il foro erariale.
    E non vi sarebbe neppure una discriminazione vietata  dall'art.  3
 della  Costituzione  in  quanto  sussiste  una notevole differenza di
 situazioni e di ragionevoli esigenze, dal momento  che  i  dipendenti
 dell'ente F.S. sono in numero incommensurabilmente superiore rispetto
 degli  altri  enti  pubblici  per  i quali vi e' la giurisdizione del
 guidice del lavoro.
    Di talche', ritenuta  la  pienezza  della  tutela  giurisdizionale
 radicando  la  causa nel foro della dipendenza, nulla dovrebbe ostare
 all'eliminazione di un foro facoltativo che nulla aggiunge in termini
 di tutela e che comporta invece  una  irrazionale  distribuzione  dei
 processi,  caricando  a  dismisura  "un  solo" ufficio giudiziario in
 tutta Italia e creando per lo stesso gravi problemi nella trattazione
 delle controversie.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 23 della
 legge  17  maggio  1985,  n.  210  e dell'art. 413 del c.p.c. laddove
 consente di adire il pretore di Roma, competente  per  territorio  in
 quanto  giudice  nella  cui  circoscrizione  si  trova l'azienda ente
 ferrovie dello Stato, anche per le controversie dei dipendenti  dello
 stesso  ente, che lavorano presso tutte le altre dipendenze dell'ente
 stesso che si trovano al di fuoori della circoscrizione della pretura
 di Roma, per contrasto con l'art. 97 della Costituzione;
    Dispone la sospensione del giudizio  in  corso  e  la  tramissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia  notificata  alle  parti  in
 causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri;
    L'ordinanza  va comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due
 Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 20 marzo 1992
                    Il pretore: (firma illeggibile)
    Depositato in cancelleria, il 23 marzo 1992.
                                   Il cancelliere: (firma illeggibile)
 92C0788