N. 790 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 settembre 1992

                                N. 790
 Ordinanza  emessa  il  18  settembre  1992  dal  pretore  di Gela nel
 procedimento penale a carico di La Bella Angelo ed altri
 Processo penale - Udienza di convalida dell'arresto - Termini a
    difesa - Preclusione per la richiesta di applicazione  della  pena
    concordata se effettuata prima della dichiarazione di apertura del
    dibattimento   anziche'  subito  dopo  l'udienza  di  convalida  -
    Disparita' di trattamento tra imputati - Compressione del  diritto
    di difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 566, ottavo comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.1 del 7-1-1993 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  emessa  nel procedimento
 penale n. 205/92 r.g. pret. (n. 2430/92 r.g.n.r.) contro, 1) La Bella
 Angelo, nato a Mazzarino il 1½ maggio 1970 ivi res. c/da Commenda  n.
 86;  2)  Busacca  Dario  Settimo Tullio, nato a Mazzarino il 9 luglio
 1970 ivi res. c/da Minnelli n. 263/A;  3)  Busacca  Valentino  Fabio,
 nato  a Mazzarino il 14 gennaio 1972 ivi res. c/da Minnelli n. 263/A;
 imputati del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 c.p.v., 588, 337,  341
 c.p.,  582  c.p. per avere, in concorso fra loro, in esecuzione di un
 medesimo disegno criminoso, partecipando ad una rissa, usato violenza
 e minaccia all'indirizzo  dei  c.c.  di  Mazzarino,  intervenuti  per
 tutelare l'ordine pubblico, in particolare del brig. Quarta Vincenzo,
 per  opporsi  ai medesimi mentre compivano un atto del loro servizio,
 offendendo altresi' l'onore ed il prestigio dei pubblici ufficiali in
 loro presenza,  a  causa  e  nell'esercizio  delle  loro  funzioni  e
 procurando  al Carabiniere Bruno Vincenzo lesioni giudicate guaribili
 in gg. 3. In Mazzarino, il 4 settembre 1992.
                            RILEVA IN FATTO
    Tratti  in arresto dai c.c. di Mazzarino in data 4 settembre 1992,
 gli  imputati  venivano  presentati  dal  p.m.   a   questo   pretore
 all'udienza  del  7  settembre  1992, fissata ai sensi dell'art. 566,
 quarto comma, seconda ipotesi, del c.p.p.
    L'arresto veniva convalidato; ma gli imputati venivano subito dopo
 posti in liberta' per  mancanza  delle  esigenze  cautelari  indicate
 nell'art. 274 del c.p.p.
    Questo  Giudice  disponeva  quindi  procedersi  a giudizio a norma
 dell'art. 566, sesto comma, del c.p.p.
    Gli imputati e il loro difensore  (nominato  d'ufficio  all'inizio
 dell'udienza  di  convalida  e,  subito dopo, divenuto di fiducia per
 dichiarazione  degli  imputati)  chiedevano  pero'   preliminarmente,
 all'inizio  dell'udienza,  un  termine  per preparare la difesa (art.
 566, settimo comma, del c.p.p.).
    Il  dibattimento,  a  seguito  della  predetta  richiesta,  veniva
 sospeso e rinviato all'udienza del 14 settembre 1992.
    In  questa udienza, ancora preliminarmente, gli imputati e il loro
 difensore chiedevano l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444
 del c.p.p. e  ne  specificavano  dettagliatamente  la  misura  con  i
 relativi aumenti e diminuzioni.
    Il  p.m. opponeva il proprio dissenso, adducendo esclusivamente la
 decadenza  verificatasi  a   seguito   della   mancata   formulazione
 dell'istanza  di  applicazione  della  pena "subito dopo l'udienza di
 convalida", cosi' come disposto dall'ottavo comma dell'art.  566  del
 c.p.p.
    Il  difensore  insisteva  nella  richiesta  e, in via subordinata,
 eccepiva l'illegittimita' costituzionale della norma sopra citata.
                          OSSERVA IN DIRITTO
    Secondo l'interpretazione dell'art. 566, sesto, settimo  e  ottavo
 comma, del c.p.p. generalmente accolta, l'imputato, dopo la convalida
 dell'arresto, deve subito scegliere tra due facolta': la formulazione
 della richiesta di giudizio
 abbreviato  ovvero  di applicazione della pena oppure la richiesta di
 un termine per preparare la difesa (naturalmente  puo'  anche  optare
 per  l'immediato  giudizio  direttissimo  in  pubblico dibattimento).
 L'esercizio della  prima  facolta'  non  gli  preclude,  in  caso  di
 dissenso del p.m., l'esercizio della seconda; invece la richiesta del
 "termine  a  difesa"  gli preclude definitivamente la possibilita' di
 chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena allorche'
 ha inizio il dibattimento "all'udienza immediatamente successiva alla
 scadenza del termine" che gli e' stato concesso.
    Ad avviso di questo giudice non  e'  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 566, ottavo comma,
 del  c.p.p.,  con  riferimento  agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 nella parte in cui preclude all'imputato la possibilita' di  chiedere
 l'applicazione  della  pena  (e' questa che interessa nel processo in
 oggetto) prima della  dichiarazione  di  apertura  del  dibattimento,
 sospeso  e  rinviato  a  seguito  della  richiesta del termine per la
 difesa,  praticamente  imponendo   che   l'anzidetta   facolta'   sia
 esercitata subito dopo l'udienza di convalida.
    La norma in esame, oltre a contrastare con il principio del favore
 per  i  riti  alternativi  introdotto  nel  codice  di procedura, non
 consente il pieno esercizio della difesa,  posto  che,  da  un  lato,
 attribuisce  la  facolta'  di  chiedere  un  termine per preparare la
 difesa  tecnica  (in un processo in cui nessuna valutazione e nessuna
 attivita' ha potuto fare il difensore, che spesso, come nella specie,
 e'  inizialmente   un   difensore   d'ufficio),   dall'altro,   rende
 parzialmente  inutile  questa  facolta',  impedendo  al  difensore di
 studiare il  caso  e  le  sue  conseguenze  e  di  valutare,  assieme
 all'imputato,  se  sia  o non opportuno chiedere l'applicazione della
 pena ed evitare il pubblico dibattimento e  l'eventuale  sentenza  di
 condanna.
    L'imputato  inoltre,  nell'ipotesi  in  esame,  si  trova  in  una
 posizione di sfavore rispetto:
      all'imputato, il cui arresto non venga convalidato e  che  venga
 giudicato  con  il  rito  ordinario  (ove manchi il consenso previsto
 dalla seconda parte del quinto  comma),  potendo  indubbiamente  egli
 formulare  la  richiesta  di  applicazione  della pena (o di giudizio
 abbreviato) nei termini indicati negli artt. 560 e 563 del c.p.p.;
      all'imputato arrestato che il  p.m.  ritenga  di  presentare  al
 giudice  per  le indagini preliminari della pretura circondariale per
 la convalida a  norma  degli  artt.  390  e  391  (facolta'  prevista
 implicitamente  dall'art.  566, quarto comma, del c.p.p.) e che sara'
 poi tratto a giudizio ordinario (o direttissimo entro gg. 15);
      a tutti gli altri imputati che  hanno,  nel  giudizio  ordinario
 pretorile,  uno  spatium  deliberandi minimo di giorni quindici e che
 comunque, per quanto riguarda  il  c.d.  di  patteggiamento,  possono
 formulare  la  relativa richiesta fino alla dichiarazione di apertura
 del dibattimento.
    La questione e', nella specie, rilevante, perche'  alla  richiesta
 di  applicazione  della  pena, formulata in modo circostanziato dagli
 imputati, il p.m. ha opposto il suo dissenso,  ponendo  a  fondamento
 del   suo   diniego   esclusivamente  la  preclusione  derivante  dal
 combinato-disposto dei commi quinto e  sesto  dell'art  451  e  commi
 settimo e ottavo dell'art. 566 del c.p.p. Sicche', nel caso in cui il
 su citato ottavo comma, sia parzialmente dichiarato incostituzionale,
 il  p.m.  potrebbe  esprimere  il  consenso, non essendo stata ancora
 dichiarata l'apertura del dibattimento.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  dichiara  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 566, ottavo comma, del c.p.p., per violazione degli artt. 3
 e  24  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  dispone  che   la
 formulazione  della  richiesta  di  applicazione della pena sia fatta
 subito  dopo  l'udienza  di  convalida  e  non  invece  prima   della
 dichiarazione di apertura del dibattimento;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Sospende il procedimento;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata agli imputati, al
 loro  difensore,  al  p.m.  presso  questa pretura circondariale e al
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Dispone inoltre che essa sia comunicata al Presidente della Camera
 dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica.
      Gela, addi' 18 setttembre 1992
                    Il consigliere pretore: CORBINO

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