N. 799 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 ottobre 1992
N. 799 Ordinanza emessa il 16 ottobre 1992 dalla corte d'appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra Uguccioni Igino ed il comune di Montegridolfo Espropriazione per pubblico interesse - Espropriazioni per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici - Determinazione dell'indennita' di esproprio per le aree edificabili in base alla media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento - Esclusione dell'applicazione di detta disciplina ai procedimenti per i quali l'indennita' predetta sia stata accettata dalle parti o sia divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della norma impugnata - Ingiustificato deteriore trattamento dell'espropriato che agisce giudizialmente rispetto a quello che ricorre alla cessione volontaria del bene espropriato, con conseguente incidenza sul diritto di difesa in giudizio - Violazione del principio, affermatosi nella giurisprudenza della Corte, che l'indennizzo debba costituire un serio ristoro dell'espropriazione - Violazione della riserva di legge in materia di espropriazione per l'affidamento ad un regolamento ministeriale dell'individuazione dell'edificabilita' di fatto delle aree espropriate - Violazione del diritto di difesa in giudizio per la mancata indicazione di un termine in cui il regolamento ministeriale deve essere emanato - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 231/1984, 530/1988 e 216/1990. (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis, primo, secondo e quinto comma). (Cost., artt. 3, 24 e 42).(GU n.2 del 13-1-1993 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in primo grado iscritta al n. 1201 del ruolo generale dell'anno 1989, posta in decisione all'udienza collegiale del 9 ottobre 1992, promossa da Uguccioni Igino, elettivamente domiciliato in Bologna, strada Maggiore n. 23 presso lo studio dell'avv. Gianni Zanetti che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Alessandro Mantero del foro di Rimini per delega a margine dell'atto di citazione, attore, contro il comune di Montegridolfo, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Bologna, via S. Vitale n. 4 presso lo studio dell'avv. Carla Rossi che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Vittorino Cagnoni di Rimini per delega a margine della comparsa di risposta, convenuto. Oggetto: opposizione indennita' esproprio. Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere istruttore dott. Antonino Cricchio. O S S E R V A Con atto di citazione notificato in data 4 agosto 1989 Uguccioni Igino, convenendo in giudizio innanzi a questa corte d'appello il comune di Montegridolfo, ha proposto, ai sensi dell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, opposizione alla stima dell'indennita' definitiva di espropriazione effettuata dalla competente commissione provinciale di Forli' nella somma di L. 30.074.000 in relazione ad un appezzamento di terreno di mq 13.670 espropriato con delibera del consiglio comunale del 30 settembre 1981 per la realizzazione del P.E.E.P. La consulenza tecnica d'ufficio ha acclarato che in forza del pi- ano di fabbricazione approvato il 28 febbraio 1974 il detto terreno era ricompreso in parte nella zona residenziale di espansione C.2 e in parte in "zone attrezzate a parco pubblico ed attrezzature di interesse comune", e che il piano regolatore generale adottato nel 1980 lo ha destinato interamente all'edilizia economica e popolare. Attraverso la disposta consulenza tecnica d'ufficio si e' ricercato "il giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita", criterio indennitario dettato in via generale dall'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e che aveva ripreso vigore, per le aree a vocazione edificatoria, per effetto della sua naturale riespansione su di esso operata dai criteri derogatori fissati dalle norme dichiarate incostituzionali con le sentenze nn. 5/1980 (artt. 16 della legge n. 865/1971 e 14 della legge n. 10/1977) e 223/1983 (artt. 1, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 2 e 3 della legge n. 385/1980, nonche' gli articoli unici delle leggi nn. 535/1981, 481/1982 e 943/1982) della Corte costituzionale. Senonche' dopo la rimessione della causa al collegio e' entrata in vigore la legge 8 agosto 1992, n. 359, la quale, all'art. 5-bis, primo comma, dispone che fino all'emanazione di una organica disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte e per conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilita', l'indennita' di espropriazione per le aree edificabili e' determinata a norma dell'art. 13, terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e che l'importo cosi' determinato va ridotto del quaranta per cento. Ai sensi del settimo comma del citato art. 5-bis, il nuovo criterio estimativo e' applicabile ai procedimenti di opposizione alla stima in corso. Nella comparsa conclusionale il comune di Montegridolfo ha in via preliminare riproposto l'eccezione di inammissibilita' dell'opposizione siccome proposta avverso una stima soggetta a conguaglio ai sensi della legge n. 385/1980 (eccezione destituita di fondamento perche' oblitera la declaratoria di incostituzionalita' della legge n. 385/1980 contenuta nella sentenza n. 223/1983 della Corte costituzionale), mentre nel merito ha chiesto che la causa venga rimessa in istruttoria per la quantificazione dell'indennita' definitiva di espropriazione in base al nuovo criterio legale. Nella memoria di replica l'espropriato Uguccioni Igino ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale di alcune disposizioni contenute nell'art. 5- bis della legge n. 359/1992, questioni rilevanti ai fini della decisione della causa. L'attore prospetta innanzitutto l'incostituzionalita' del primo comma dell'art. 5- bis nella parte in cui riduce del 40 per cento l'importo ottenuto mediando il valore venale dell'immobile espropriato col reddito dominicale rivalutato. Sostiene che tale decurtazione renderebbe incongrua l'indennita' di espropriazione e, quindi, contrasterebbe con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione. La questione non e' manifestamente infondata. La Corte costituzionale ha costantemente affermato che l'art. 42 terzo comma, della Costituzione non garantisce all'espropriato il diritto ad un'indennita' esattamente commisurata al valore di mercato del bene ablato; la necessaria coordinazione del diritto del privato col pubblico interesse comporta che l'indennizzo dovuto a norma dell'art. 42 della Costituzione non deve realizzare l'integrale ristoro del sacrificio subito per effetto dell'espropriazione ma un'adeguata riparazione. Ne consegue che il legislatore puo' legittimamente contemperare il criterio del valore venale con meccanismi conformativi dell'indennizzo ad un diverso criterio purche' l'ammontare cosi' determinato non scenda sotto il livello di congruita' (ex plurimis: sentenze nn. 231/1984, 530/1988 e 216/1990). Orbene se la media tra valore venale e reddito dominicale rivalutato da' un importo equo ed adeguato perche' corrispondente a circa il 53% del valore di mercato del bene, la riduzione di tale importo nella misura del quaranta per cento fa indubbiamente scendere l'indennita' di espropriazione al di sotto del livello di congruita' commisurandola ad appena il 31,8% circa del valore di mercato. Deduce poi l'Uguccioni che il comma secondo dell'art. 5- bis (il quale stabilisce che in ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato puo' convenire la cessione volontaria del bene e in tal caso non si applica la riduzione del 40 per cento di cui al primo comma) violerebbe il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e confliggerebbe con l'art. 24, primo comma, della Costituzione disincentivando la tutela giurisdizionale. Anche tale questione di legittimita' costituzionale non appare, nei due profili nei quali si articola, manifestamente infondata. La disposizione normativa in esame infatti attua una irragionevole disparita' di trattamento tra chi al momento della sua entrata in vigore ha gia' subito l'esproprio e non puo' piu' convenire la cessione volontaria del bene e chi invece non e' ancora colpito dal provvedimento ablativo e puo' addivenire alla detta cessione volontaria senza subire la riduzione del quaranta per cento dell'importo determinato mediando tra valore venale e reddito dominicale rivalutato. Essa inoltre condiziona pesantemente la proposizione dell'opposizione alla stima dell'indennita' definitiva di esproprio prevista dall'art. 19 della legge n. 865/1971 perche' induce ad accettare l'indennita' determinata in sede amministrativa anche se il valore venale posto a base del calcolo e' inferiore a quello effettivo, invero l'eventuale recupero di valore derivante dalla determinazione giudiziale sarebbe in tutto o in notevole parte vanificato dall'applicazione della riduzione del quaranta per cento. Dubita infine l'attore della legittimita' costituzionale della norma contenuta nel quinto comma dell'art. 5- bis che demanda ad un regolamento, da emanarsi con decreto del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la definizione dei criteri e dei requisiti per l'individuazione dell'edificabilita' di fatto di cui al terzo comma dello stesso articolo 5-bis. A suo dire tale disposto normativo contrasterebbe con la riserva di legge prevista dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione perche' affida ad un regolamento ministeriale la determinazione dell'edificabilita' delle aree e, quindi, dell'assetto del diritto di proprieta'. Inoltre la mancata previsione di un termine entro il quale il detto regolamento deve essere emanato da un lato differirebbe senza limite di tempo il soddisfacimento del diritto all'indennizzo, dall'altro precluderebbe una sollecita definizione dei giudizi di opposizione alla stima attualmente pendenti; da cio' la violazione degli artt. 42 e 97 della Costituzione. Anche tali sospetti di incostituzionalita' non sono manifestamente infondati. La riserva di legge contenuta nel secondo comma dell'art. 42 della Costituzione e' indubbiamente di carattere relativo. L'art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (e successive modificazioni) - norma che ha superato il vaglio di costituzionalita' - attribuisce ai comuni il potere di zonizzazione (e quello correlativo di determinazione della tipologia edilizia in ciascuna zona) e il potere di imposizione di vincoli espropriativi. Gli strumenti urbanistici comunali non sono che provvedimenti amministrativi di carattere normativo. Se e' vero che la riserva relativa di legge comporta che la legge "deve pur sempre intervenire previamente, ma puo' limitarsi a delineare gli aspetti fondamentali della disciplina, permettendo che i regolamenti o altre fonti senza forza di legge la completino e la articolino compiutamente", e' altrettanto vero che il legislatore, nell'autorizzare l'esercizio della potesta' regolamentare ministeriale, non puo' esimersi dal fissare i criteri direttivi ai quali il potere esecutivo deve uniformarsi, specie nel caso, come quello in esame, in cui si affida al Ministro dei lavori pubblici il compito di definire criteri e requisiti per l'individuazione dell'edificabilita' di fatto delle aree espropriate e cioe' di stabilire una classificazione delle aree che incide in maniera penetrante sul diritto di proprieta' tanto da rendere applicabili criteri estimativi diversissimi tra loro. In sostanza il legislatore non puo' lasciare all'assoluta discrezionalita' del potere esecutivo una classificazione delle aree costituenti il presupposto dell'applicazione di criteri estimativi che possono essere fissati unicamente dalla legge. Ne consegue il prospettato contrasto con l'art. 42, secondo comma, della Costituzione. Profili di incostituzionalita' del quinto comma dell'art. 5- bis della legge n. 359/1992 possono peraltro ravvisarsi - con riferimento ai parametri di cui all'art. 42, terzo comma, all'art. 24, primo comma, della Costituzione - nella mancata indicazione di un termine in cui il regolamento ministeriale deve essere emanato. L'assenza di un tale termine si riflette infatti negativamente sia sul diritto dell'espropriato alla corresponsione dell'indennizzo entro tempi ragionevoli, sia sulla sollecita definizione dei giudizi di opposizione alla stima, non essendo il nuovo criterio estimativo applicabile prima dell'amanazione del detto regolamento.
P. Q. M. Dichiara la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, primo comma, della legge 8 agosto 1992, n. 359, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione; dell'art. 5-bis, secondo comma, della legge n. 359/1992, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, della Costituzione; dell'art. 5-bis, quinto comma, della legge n. 359/1992, in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo comma, e 24, primo comma, della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bologna, addi' 16 ottobre 1992 Il presidente: INSOLERA 93C0007