N. 800 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 1992

                                N. 800
  Ordinanza emessa il 29 settembre 1992 dal tribunale di sorveglianza
 di Palermo    nel procedimento di sorveglianza nei confronti di
 Tripi Paolino
 Ordinamento penitenziario - Condannati per gravi delitti (delitti
    commessi con finalita'  di  terrorismo  ovvero  omicidio,  rapina,
    sequestro  di  persona)  -  Possibilita'  per essi di usufruire di
    determinati benefici  (semiliberta'  e  affidamento  in  prova  al
    servizio   sociale)   ma   non   della  liberazione  anticipata  -
    Irragionevolezza  con  incidenza  sul  principio  della   funzione
    rieducativa della pena.
 (Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, primo comma, seconda
    parte,  modificato  dalla  legge  7  agosto 1992, n. 356, art. 15,
    primo comma).
 (Cost., artt. 3 e 27).
(GU n.2 del 13-1-1993 )
                     IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  sciogliendo  la  riserva  di
 decidere  espressa all'udienza del 29 settembre 1992 nel procedimento
 di sorveglianza promosso da  Tripi  Paolino,  nato  a  Palermo  il  6
 gennaio  1967,  in atto detenuto nella casa circondariale di Palermo,
 con istanza del 25 novembre 1991 diretta ad ottenere  la  liberazione
 anticipata;
    Premesso  che  il  condannato  e'  detenuto dal 15 maggio 1990 per
 espiare la pena di anni 2 mesi 9 giorni 10 di reclusione, inflittagli
 con sentenza della corte di appello di Palermo del  30  gennaio  1991
 per rapina aggravata;
    Ritenuto    che   devesi   eccepire   d'ufficio   l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 4-bis, primo  comma,  seconda  parte,  della
 legge  26  luglio  1975,  n. 354, cosi' come modificato dall'art. 15,
 primo comma, della legge 7 agosto 1992, n. 356, nella  parte  in  cui
 non  consente  la  concessione  di  liberazione anticipata quando "si
 tratta di detenuti o internati per delitti commessi per finalita'  di
 terrorismo  o  di eversione dell'ordinamento costituzionale ovvero di
 detenuti o internati per i delitti di cui agli artt. 575, 628,  terzo
 comma,   629,  secondo  comma,  del  codice  penale  e  all'art.  73,
 limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art.  80,  secondo
 comma,  del  predetto  testo unico approvato con d.P.R. n. 309/1990",
 per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione.
    Ed invero, il divieto di concessione di liberazione anticipata per
 i condannati sopra indicati, ivi compresa la  fattispecie  in  esame,
 introduce  una  discriminazione  priva  di  alcuna  ragionevolezza  e
 prescinde da qualsiasi funzione rieducativa della pena.
    Occorre preliminarmente prendere atto che il sistema delle  misure
 alternative   alla   detenzione   ha   recentemente  subito  profonde
 modificazioni, prima per effetto della legge 12 luglio 1991, n.  203,
 che  ha  convertito con modificazioni il d.l. 13 maggio 1991, n. 152
 (che aveva  ripreso  una  serie  di  decreti  legge  succedutisi  dal
 novembre  1990),  e  poi a seguito della legge 7 agosto 1992, n. 356,
 che ha convertito con modificazioni il d.l. 8 giugno 1992, n. 306.
    Di fronte alle aggressioni sempre piu'  sanguinarie  ed  eclatanti
 della  criminalita'  organizzata  (dall'omicidio del giudice Livatino
 alla strage di Capaci e all'eccidio di via  D'Amelio),  si  e'  cosi'
 progressivamente  affermato  l'indirizzo di vietare la concessione di
 misure  alternative  alla  detenzione  per  gli   appartenenti   alla
 criminalita'  organizzata  e,  nello  stesso  tempo,  di  favorire la
 collaborazione  con  gli  organi  investigativi  e  giudiziari  o  la
 dissociazione di singoli affiliati.
    Il sistema attuale e' schematicamente il seguente:
    1.  -  I  condannati per i delitti di associazione di tipo mafioso
 (art. 416- bis del c.p.) o ad essa  ricollegabili,  di  sequestro  di
 persona  a  scopo di estorsione (art. 630 del c.p.) e di associazione
 per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art.
 74  del  d.P.R.  n.  309/1990)  sono  esclusi  dalla  concessione  di
 qualsiasi  beneficio  (ammissione  al  lavoro  all'esterno,  permessi
 premio, misure alternative alla detenzione). Solo  nel  caso  che  si
 tratti  di  "detenuti  o internati che collaborano con la giustizia a
 norma dell'art. 58- ter" e' prevista la possibilita'  di  accesso  ai
 suddetti benefici "fatta eccezione per la liberazione anticipata".
    Non  possono,  infatti,  esservi  dubbi  sul  fatto  che  la norma
 introdotta dall'art. 15 della legge n. 356/1992, con l'inciso  "fatta
 eccezione  per  la  liberazione  anticipata",  aggiuntivo rispetto al
 d.l. n. 306/1992, abbia inteso escludere la misura della liberazione
 anticipata per i collaboratori della giustizia.  Che  questa  sia  la
 giusta  interpretazione  si  ricava  non  solo  dall'evidente  tenore
 letterale della norma, ma anche dalla lettura sistematica di tutta la
 normativa contenuta nella stessa legge concernente la c.d. protezione
 dei collaboratori, per i quali, se e' possibile accedere ai  benefici
 indicati  nell'art.  13  della legge n. 356/1992 anche in deroga alle
 disposizioni "relative ai limiti di pena", non esiste alcuna  ragione
 trattamentale   che   giustifichi  la  concessione  soltanto  di  una
 riduzione di 45 giorni di pena per ogni semestre.
    2. - Per i condannati indicati al numero  precedente  che  abbiano
 ottenuto la concessione di circostanze attenuanti di cui all'art. 62,
 n.  6, del c.p. (anche se il risarcimento del danno sia avvenuto dopo
 la sentenza di condanna) o di cui all'art.  114  del  c.p.,  o  della
 diminuente   di  cui  all'art.  116,  secondo  comma,  del  c.p.,  la
 concessione  dei  suddetti  benefici  (sempre  con  esclusione  della
 liberazione  anticipata) e' subordinata all'acquisizione di "elementi
 tali da escludere in maniera certa l'attualita' di  collegamenti  con
 la criminalita' organizzata".
    Si  tratta,  in  particolare,  di  quelle  forme  di dissociazione
 dall'organizzazione criminale, che pur non  raggiungendo  il  livello
 della  vera  e  propria  collaborazione, risultano pero' apprezzabili
 come presa di  distanze  dalla  criminalita'  organizzata.  Anche  in
 questi  casi  e'  comunque  esclusa  la  concessione  di  liberazione
 anticipata, stando al tenore  letterale  della  disposizione  che  fa
 riferimento  ai  "benefici  suddetti",  che  sono  ovviamente  quelli
 indicati nella prima parte dell'art. 15  per  i  collaboratori  della
 giustizia.
    3.  -  "I benefici suddetti" possono essere concessi ai condannati
 "per delitti commessi per finalita'  di  terrorismo  o  di  eversione
 dell'ordinamento  costituzionale", per omicidio volontario, rapina ed
 estorsione  aggravate  e  per  detenzione  di  ingenti  quantita'  di
 sostanze  stupefacenti,  "solo  se  non vi sono elementi tali da fare
 ritenere  la  sussistenza  di  collegamenti   con   la   criminalita'
 organizzata".
    Per  questa categoria di condannati e' quindi consentito l'accesso
 ai  benefici,  in  mancanza  di  elementi  da  cui  possa   desumersi
 l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata.
    Il  tenore  letterale  della  norma  porta,  pero', a escludere la
 liberazione anticipata dai benefici previsti per  tali  detenuti.  Ed
 invero,  anche  in questo caso e' evidente che la locuzione adoperata
 "i benefici suddetti" fa riferimento ai benefici indicati nella prima
 parte dell'art. 15 per i collaboratori della giustizia.
    Che questa sia l'unica interpretazione possibile  si  ricava,  per
 altro  verso,  dalla  constatazione  che  nella  quarta  categoria di
 condannati presa in  esame  dall'art.  15  della  legge  n.  356/1992
 "detenuti e internati per delitti dolosi" per i quali "il procuratore
 nazionale   antimafia  o  il  procuratore  distrettuale  comunica  ..
 l'attualita' di collegamenti  con  la  criminalita'  organizzata"  si
 torna  a  fare  riferimento  alle "misure alternative alla detenzione
 previste dal capo VI".
    Sicche' e' giusto concludere che se il legislatore  avesse  inteso
 comprendere la liberazione anticipata fra i benefici concedibili alal
 categoria di condannati in esame (artt. 575, 628, 629 cpv., del c.p.,
 73  e  80  cpv.,  d.P.R.  n.  309/1990),  non avrebbe dovuto usare il
 riferimento ai  "benefici  suddetti",  ma  avrebbe  dovuto  usare  il
 riferimento  ai  "benefici  suddetti", parlare di "misure alternative
 alla detenzione".
    Si deve, pertanto, registrare un progressivo  irrigidimento  della
 normativa  penitenziaria  nei  confronti  dei condannati appartenenti
 alla criminalita' organizzata, che nella presente fase  sono  esclusi
 dalla  concessione  di  benefici  del  tipo dell'ammissione al lavoro
 all'esterno,  dei  permessi  premiali e delle misure alternative alla
 detenzione, ivi comprese la liberazione anticipata. In questo  quadro
 va,  infatti  preso atto che nella legge n. 356/1992 e' stato sciolto
 ogni  dubbio  dottrinario  sulla  qualificazione  della   liberazione
 anticipata  come  vera  e propria misura alternativa alla detenzione.
 Gia' la suprema Corte si era recentemente pronunciata in  tal  senso,
 mentre  ora  diventa  estremamente  chiarificatorio  l'inciso  "fatta
 eccezione per la liberazione anticipata", aggiunto nel  primo  comma,
 lett.  a), primo periodo, dell'art. 15 della legge di conversione del
 d.l. n. 306/1992, giacche' e' evidente che il legislatore ha  voluto
 nella  fattispecie  evitare  che  la  liberazione  anticipata venisse
 ricompresa fra le misure alternative alla detenzione  concedibili  ai
 collaboratori della giustizia.
    Il  problema e' pero' che non si capisce per quale motivo e' stato
 introdotto il  divieto  di  liberazione  anticipata  per  coloro  che
 risultino   condannati   "per   delitti  commessi  per  finalita'  di
 terrorismo  o  di  eversione  dell'ordinamento  costituzionale",  per
 omicidio   volontario,   per   rapina  e  estorsione  aggravate,  per
 detenzione di ingenti quantita' di sostanze stupefacenti.
    Posto,  infatti,  che  l'interpretazione  prospettata  e'  l'unica
 possibile,  non sono chiare le ragioni per le quali ai condannati ora
 indicati sia vietata la concessione di liberazione anticipata, mentre
 sia possibile quella di altre misure alternative alla detenzione,  ed
 anzi  il divieto si presenta in contrasto con i principi contenuti in
 alcune norme costituzionali, e prima  fra  tutte  nell'art.  3  della
 Costituzione.
    Ed  invero,  il  divieto di liberazione anticipata, previsto per i
 condannati   in   questione,   introduce   nel   nostro   ordinamento
 penitenziario  una  discriminazione  assolutamente  ingiustificata  e
 priva di qualsiasi ragionevolezza.
    Va,  infatti,  considerato   che   nell'ipotesi   in   cui   dagli
 accertamenti   esperiti  e  riferiti  al  tribunale  di  sorveglianza
 dovessero emergere "elementi tali da far ritenere la  sussistenza  di
 collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva", il detenuto
 non  potrebbe  ottenere alcuno dei benefici penitenziari. Nel caso in
 cui non dovessero  essere  acquisiti  tali  elementi  comprovanti  la
 sussistenza  di  collegamenti  con  la  criminalita'  organizzata, il
 detenuto avrebbe invece accesso a tutti  i  benefici  (ammissione  al
 lavoro all'esterno, permessi premio, affidamento in prova al servizio
 sociale,  detenzione  domiciliare,  semiliberta'),  ma non anche alla
 liberazione anticipata.
    In tal modo viene violato il principio  di  eguaglianza  contenuto
 nell'art.  3  della  Costituzione,  poiche'  e'  stata introdotta nel
 nostro ordinamento penitenziario una  discriminazione  nei  confronti
 della   categoria   di   condannati   in  esame,  senza  una  ragione
 giustificatrice. L'unica spiegazione  possibile  potrebbe  ravvisarsi
 nel  generale irrigidimento della normativa penitenziaria, ma, in tal
 caso, non ha  alcun  senso  vietare  la  concessione  di  liberazione
 anticipata  e  consentire invece l'accesso ad altre piu' ampie misure
 alternative alla detenzione.
    Ed ancora, il divieto di liberazione anticipata per  i  condannati
 piu'   volte  citati  contrasta  con  il  principio  e  le  finalita'
 rieducativi della pena sanciti dall'art. 27 della Costituzione.
    Non e' il caso di richiamare i contenuti del terzo comma dell'art.
 27  della Costituzione, per rimarcare che nella fattispecie non si e'
 fatto buon uso dei criteri di quello che con una  felice  espressione
 e'  stato  definito  il  "sinallagma  carcerario",  che  consente  di
 modulare  la  pena  detentiva  in  funzione  della  personalita'  del
 condannato,  della  sua attuale pericolosita' e delle possibilita' di
 reinserimento sociale.
    Ed invero, nell'ipotesi  che  il  detenuto  abbia  dato  prova  di
 fattiva   e  consapevole  partecipazione  all'opera  di  rieducazione
 intrapresa nei  suoi  confronti  dell'amministrazione  penitenziaria,
 egli  non ha piu' oggi diritto a ottenere una riduzione di pena di 45
 giorni per ogni semestre di pena espiata, potendo invece contare,  in
 presenza  delle  necessarie  condizioni di ammissibilita', sulle piu'
 ampie  misure  previste  dagli  artt.  47   e   48   dell'ordinamento
 penitenziario.  Ed  e',  quindi,  paradossale  che chi sia stato, per
 ipotesi e come nella  fattispecie  all'esame  odierno  del  collegio,
 condannato a una pena inferiore a tre anni di reclusione per il reato
 di rapina aggravata ed abbia gia' espiato meta' della pena, non possa
 ottenere  la  liberazione  anticipata  e  possa invece, ove prospetti
 un'adeguata opportunita'  lavorativa  o  risocializzante  all'esterno
 dell'istituto  penitenziario,  accedere  all'affidamento  in prova al
 servizio sociale e alla semiliberta'.
    Devesi, pertanto, denunciare l'illegittimita' costituzionale della
 normativa  indicata  per  contrasto  con  gli  artt.  3  e  27  della
 Costituzione.
                               P. Q. M.
    Ritenuta  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3  e  27,  terzo
 comma,  della  Costituzione,  dell'art.  4-bis,  primo comma, seconda
 parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354, modificato  dall'art.  15,
 primo  comma,  della  legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui
 non consente la concessione  di  liberazione  anticipata  quando  "si
 tratta  di detenuti o internati per delitti commessi per finalita' di
 terrorismo e di eversione dell'ordinamento costituzionale  ovvero  di
 detenuti  o internati per i delitti di cui agli artt. 575, 628, terzo
 comma,  629,  secondo  comma,  del  codice  penale  e  all'art.   73,
 limitatamente  all'ipotesi  aggravata  ai sensi dell'art. 80, secondo
 comma, del predetto testo unico approvato con  d.P.R.  n.  309/1990",
 nei termini di cui in motivazione;
    Sospende  il  giudizio  in corso e ordina l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza sia notificata  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento;
    Manda alla cancelleria per le altre comunicazioni di rito.
      Palermo, addi' 29 settembre 1992
                    Il presidente estensore: CERAMI

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