N. 55 SENTENZA 8 - 16 febbraio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Comuni  e  province  -  Comune di Rocca Pietore - Comune di Canazei -
 Ricorsi per contestazione di confine fra comuni o province di regioni
 diverse - Decisione - Modalita' ed organo competente - Richiamo  alla
 sentenza   n.   743/1988  della  Corte  -  Insussistenza  di  lesione
 dell'autonomia comunale e regionale - Statuizione di  mera  procedura
 amministrativa   di   accertamento  con  garanzie  di  impugnabilita'
 dell'atto conclusivo in sede giurisdizionale - Non fondatezza.
 
 (R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 267).
 
 (Cost., artt. 5, 132 e 134).
(GU n.9 del 24-2-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 267 del r. d. 3
 marzo 1934,  n.  383  (T.U.  della  legge  comunale  e  provinciale),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  5  febbraio  1992 dal Tribunale
 amministrativo regionale per il Lazio sui  ricorsi  riuniti  proposti
 dal  comune  di  Rocca  Pietore  ed  altri  contro  il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri  ed  altri,  iscritta al n. 366 del registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 29, prima serie speciale dell'anno 1992;
    Visti gli atti di costituzione del comune di Rocca Pietore,  della
 regione  Veneto,  del  comune  di Canazei, della provincia di Trento,
 della regione Trentino-Alto Adige e del Presidente del Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  18  novembre  1992  il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Uditi gli avvocati Federico Sorrentino  per  il  comune  di  Rocca
 Pietore,  Feliciano  Benevenuti  e Federico Sorrentino per la regione
 Veneto, Vitaliano Lorenzoni e Renato  Valcanover  per  il  comune  di
 Canazei,  Sergio  Panunzio  per  la  provincia di Trento e l'Avvocato
 dello Stato Franco Favara per la regione Trentino-Alto Adige e per il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
 ordinanza  5  febbraio  1992,  ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  5,  132  e  134  della
 Costituzione,  dell'art. 267 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, in quanto
 prevede che i ricorsi per contestazione di confine fra comuni o prov-
 ince  di  regioni  diverse,  sono  decisi  con  atto  di   competenza
 governativa.
    Tale  ordinanza  e' stata emessa nel corso di tre giudizi riuniti;
 due di essi aventi  ad  oggetto  la  richiesta  di  annullamento  del
 decreto  del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, con il quale
 era stato deciso il ricorso presentato dal comune di Canazei (Trento)
 ex art. 267 del r.d. 3 marzo  1934,  n.  383.  Con  tali  ricorsi  si
 contestava  "la  linea  di  confine della zona della Marmolada tra il
 comune stesso e quello di Rocca Pietore" (Belluno); mentre  il  terzo
 instava  per  l'annullamento di un provvedimento (del 17 giugno 1988)
 della provincia autonoma di Trento, con il quale  veniva  chiesto  al
 comune  di  Rocca  Pietore  di  trasmettere  alcuni  atti relativi ad
 impianti di funivie operanti nel territorio del comune di Canazei.
    Nel  procedimento  relativo  alla  formazione  di  questo  decreto
 presidenziale  il parere n. 1457 del 17 ottobre 1975 del Consiglio di
 Stato espresse l'avviso che, a norma dell'art. 267 del  r.d.  n.  383
 del  1934,  la risoluzione dei ricorsi relativi a regolamenti di con-
 fine tra comuni appartenenti  a  regioni  diverse  e'  di  competenza
 statale; incidendo, peraltro, la contestazione sui confini regionali,
 nel  procedimento  relativo  dovevano  essere  acquisite le deduzioni
 delle regioni interessate.
    Nella contestazione di confini  oggetto  del  giudizio  a  quo  si
 provvide in conformita'.
    A  seguito  dell'espressione  del punto di vista delle Regioni, il
 Consiglio di Stato (Sez. I) formulo' altro parere (n.  18  del  1980)
 nel  quale  ritenne  che  "il  tracciato  confinario fra i due comuni
 contendenti  nella  zona  controversa"  dovesse  "essere  fissato  in
 aderenza  alle  deliberazioni  della  commissione  internazionale del
 1911".
    Infine il Presidente della Repubblica con decreto  del  29  maggio
 1982, accolse il ricorso del comune di Canazei.
    Tale  decreto  fu  impugnato  dinanzi  al Tribunale amministrativo
 regionale del Lazio dal comune di Rocca Pietore, il quale  dedusse  -
 tra  l'altro - che con il trasferimento alle regioni delle competenze
 in  materia  di  circoscrizioni  comunali,  sarebbe  venuta  meno  la
 competenza  statale  prevista dall'art. 267 del r.d. n. 383 del 1934;
 in ogni caso essa avrebbe dovuto ritenersi in contrasto con gli artt.
 3 e 133 della Costituzione.
    Anche  la  regione  Veneto  impugno'  il  decreto   presidenziale,
 deducendo  -  tra  l'altro - che, siccome la contestazione finiva per
 toccare anche i confini tra regioni, essa doveva essere  risolta  con
 legge  statale  o  con  sentenza  della Corte costituzionale. Dedusse
 inoltre  che,  ove  l'art.  267  del  r.d.  n.  383  del  1934  fosse
 applicabile alla fattispecie, sarebbe costituzionalmente illegittimo.
    Nel giudizio davanti al tribunale amministrativo regionale si sono
 costituiti  il  presidente  del  consiglio  dei ministri, il ministro
 dell'interno, la regione Trentino-Alto Adige, la provincia di  Trento
 e il comune di Canazei, chiedendo il rigetto dei ricorsi.
    Il  tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con una prima
 ordinanza  in  data  28  dicembre   1990,   sollevo'   questione   di
 legittimita'  costituzionale, in riferimento agli artt. 5 e 132 della
 Costituzione, dell'art. 267 del  r.d.  n.  383  del  1934,  deducendo
 quanto segue.
    L'art.  74  dello  Statuto  albertino  prescriveva il ricorso alla
 legge per l'istituzione di nuovi  comuni  e  la  modificazione  delle
 circoscrizioni  comunali.  Esisteva  pero'  una normativa eccezionale
 (artt. 30-36 r.d. 3 marzo 1934, n. 383), che riconosceva  al  governo
 il  potere  di  modificare quelle circoscrizioni e di istituire nuovi
 comuni con atto amministrativo, in presenza di  alcuni  requisiti.  A
 questo   potere  era  connessa,  come  naturale  completamento  delle
 attribuzioni governative in materia, la  competenza  a  risolvere  le
 contestazioni di confini ex art. 267.
    L'avvento  della  Costituzione  ha  peraltro  recato significativi
 mutamenti al sistema dei rapporti fra Stato ed enti locali. Mutamenti
 conseguenti non solo all'inserimento tra Stato e comune di  un  nuovo
 ente  a  rilevanza  costituzionale,  qual  e' la regione, ma anche al
 rilievo che gli enti locali  sono  venuti  ad  assumere  nel  tessuto
 costituzionale.  Infatti  l'art. 5 della Costituzione pone da un lato
 il principio del riconoscimento delle autonomie locali  e  dall'altro
 l'enunciazione  di  due  principi  programmatici,  l'uno  inteso alla
 promozione delle autonomie locali e l'altro  rivolto  ad  adeguare  i
 principi   e  metodi  dell'azione  statale  al  riconoscimento  delle
 autonomie stesse. Inoltre il  legislatore  costituente,  al  fine  di
 assicurare  una  garanzia adeguata all'anzidetta autonomia, di cui e'
 componente essenziale l'integrita' territoriale degli enti  medesimi,
 ha disposto (artt. 132-133) che le modificazioni delle circoscrizioni
 territoriali di regioni, province e comuni si attuino sempre mediante
 una  legge  (costituzionale,  ordinaria  o  regionale,  a seconda dei
 casi).
   Cio' posto, il tribunale  amministrativo  regionale  rilevava  che,
 alla   stregua   dei   principi   introdotti   dalla  Costituzione  e
 successivamente  attuati  con   la   realizzazione   dell'ordinamento
 regionale,   non   erano   manifestamente   infondati   i   dubbi  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 267, la cui applicabilita' e'
 attualmente limitata alle sole ipotesi di  contestazioni  di  confine
 insorte  fra  comuni di regioni diverse, consentendo di risolvere con
 un provvedimento amministrativo le controversie in questione. Infatti
 la  lite  confinaria  fra  comuni di tali regioni non e' soltanto una
 questione che  eccede  topograficamente  l'ambito  regionale  (e  che
 quindi  esula  dalla  competenza  regionale  per avere una dimensione
 ultraregionale),   ma   rappresenta   una   vicenda   che   influisce
 direttamente   sulla   consistenza  del  territorio  di  due  regioni
 contermini garantita dall'art. 132  della  Costituzione,  che  impone
 l'emanazione  di  una  legge  (oltre  al referendum delle popolazioni
 interessate) per le variazioni del territorio regionale. La norma  in
 questione,  secondo  il giudice a quo, inciderebbe direttamente sullo
 stesso principio dell'autonomia degli enti locali, il  cui  valore  e
 riconoscimento  si trovano solennemente riaffermati nell'art. 5 della
 Costituzione.
    Nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  promosso  con  la
 suddetta  ordinanza  del  28 dicembre 1990 si costituirono la regione
 Veneto, associandosi nella richiesta di declaratoria d'illegittimita'
 costituzionale, nonche' il comune di Canazei, la  provincia  autonoma
 di  Trento  e  la  regione  Trentino-Alto  Adige,  chiedendo  che  la
 questione fosse dichiarata non fondata. Analoga  richiesta  fu  fatta
 dal   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri  con  il  suo  atto
 d'intervento.
    La Corte costituzionale, con ordinanza in data 28  dicembre  1990,
 n.  591  restitui'  gli  atti  al  giudice a quo per il riesame della
 rilevanza, assumendo che l'art. 64 della legge 8 giugno 1990, n.  142
 aveva  abrogato  il  r.d.  n.  383  del 1934, con eccezione di alcuni
 articoli, fra i quali non e' presente l'art. 267.
    2. - Il tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
 l'ordinanza  5  febbraio  1992 ora all'esame della Corte, ha ritenuto
 che, non ostante lo ius superveniens, la  rilevanza  della  questione
 permane in quanto, anche se l'art. 267 dovesse ritenersi abrogato, la
 cessazione   della  norma  non  avrebbe  effetto  retroattivo  e  non
 inciderebbe sull'applicabilita' della stessa nel giudizio a quo.
    I profili d'illegittimita' indicati con  la  precedente  ordinanza
 sono   stati   pertanto   ribaditi,   deducendosi   inoltre  "che  le
 controversie  insorte  sulla  consistenza  dei  confini  fra  regioni
 incidono   su  materia  che  ha  rilievo  costituzionale,  in  quanto
 l'ordinamento  territoriale  delle  regioni  stesse  trova  implicita
 definizione  nell'art. 131 della Costituzione", cosicche' la sede per
 la loro risoluzione non puo'  essere  quella  amministrativa,  ma  va
 individuata nel Parlamento o nella Corte costituzionale, alla stregua
 dei  profili  di  legittimita'  gia'  indicati, nonche' dall'art. 134
 della Costituzione.
    Dinanzi a questa  Corte  si  e'  costituito  il  comune  di  Rocca
 Pietore, associandosi alla richiesta di declaratoria d'illegittimita'
 costituzionale.
    Si  e'  costituita  anche  la  regione  Veneto, formulando analoga
 richiesta. Nell'atto di costituzione essa ha dedotto che, essendo  il
 territorio elemento costitutivo della regione e, insieme, presupposto
 e limite delle sue attribuzioni costituzionali, deve ritenersi che la
 Costituzione  sottragga  alla  legge ordinaria la delimitazione delle
 circoscrizioni regionali,  riservandola  alla  legge  costituzionale.
 L'art.  267  del  r.d.  n.  383  del  1934  - secondo la regione - e'
 pertanto  illegittimo,   essendo   incompatibile   con   il   sistema
 costituzionale   l'attribuzione  all'autorita'  amministrativa  della
 competenza  a  pronunciarsi  su questioni che involgono i confini tra
 regioni.
    La Costituzione, infatti, assume il territorio  delle  regioni  di
 cui   all'art.   131   nella   sua   consistenza  storico-statistica,
 irrigidendo le situazioni confinarie  esistenti  all'atto  della  sua
 entrata  in  vigore,  senz'alcun rinvio a fonti subcostituzionali. Ne
 consegue   "non   soltanto   l'invalidita'    di    qualsiasi    atto
 subcostituzionale  che incida su tale estensione, ma anche il divieto
 di utilizzare procedimenti di accertamento del confine regionale che,
 facendo riferimento ad  elementi  pre-costituzionali,  finiscano  col
 comportare  -  anche  soltanto di fatto - una modifica del territorio
 regionale quale esistente al 1› gennaio 1948".
    Secondo la regione Veneto,  nel  silenzio  della  Costituzione  in
 proposito,  deve  ritenersi  che  il  contrasto  fra  regioni circa i
 rispettivi  confini  va  risolto  ai  sensi   dell'art.   132   della
 Costituzione con legge costituzionale, ovvero sollevando conflitto di
 attribuzione  davanti  alla  Corte  costituzionale  ex art. 134 della
 Costituzione. Norme con  le  quali,  appunto,  sarebbe  in  contrasto
 l'impugnato art. 267.
    In   subordine   la   regione   Veneto  ha  insistito  nella  tesi
 dell'avvenuta  abrogazione   di   tale   articolo   in   seguito   al
 trasferimento  alle  regioni  delle  competenze  in  materia  di enti
 locali.
    Si e' costituito anche il comune di Canazei il quale, riservandosi
 ogni ulteriore deduzione, ha chiesto che la questione sia  dichiarata
 inammissibile o, comunque, infondata.
    Si  e' costituita, a sua volta, la provincia di Trento, formulando
 analoga  richiesta.  Al  riguardo,  nell'atto  di  costituzione,   si
 sostiene   che   il  giudice  a  quo  muove  dall'errato  presupposto
 dell'identita' di natura sostanziale tra le contestazioni di  confini
 ex  art.  267 del r.d. n. 383 del 1934 e le modificazioni dei confini
 ex art. 35 dello stesso regio decreto,  e  dell'eguale  incidenza  di
 esse  sulla  integrita' territoriale degli enti locali. Viceversa, le
 modificazioni delle circoscrizioni territoriali delle regioni,  delle
 province e dei comuni, comportanti spostamenti di territorio, che ora
 sono  disciplinate  dagli  artt.  132  e  133  della Costituzione, si
 distinguono nettamente dalla ricognizione delle situazioni confinarie
 preesistenti.
    Tale impostazione, secondo la provincia di Trento, e' stata  fatta
 propria  dalla  Corte  costituzionale nella sentenza n. 743 del 1988,
 nella quale e' stato affermato che gli artt. 131,  132  e  134  della
 Costituzione  "nulla  dispongono  per  quel che concerne l'ipotesi di
 contestazione di confini". L'art. 132 non sarebbe,  poi,  applicabile
 alla fattispecie, riguardando esso la fusione o la creazione di nuove
 regioni,  nonche' il passaggio da una regione ad un'altra di comuni e
 province; l'art. 131 della Costituzione non identifica il  territorio
 delle  regioni; il regolamento di confini tra regioni non rientra tra
 le competenze assegnate dall'art. 134 della Costituzione  alla  Corte
 costituzionale.
    Si  sono  costituiti  anche  la  regione Trentino-Alto Adige ed il
 Presidente del Consiglio dei  ministri,  chiedendo  entrambi  che  la
 questione sia dichiarata non fondata.
    3. - L'Avvocatura dello Stato ha dedotto in proposito che dottrina
 e  giurisprudenza  hanno  sempre  distinto, da un lato, la natura dei
 procedimenti di  "determinazione-delimitazione"  ex  art.  32,  primo
 comma,  del  r.d.  n.  383  del 1934 e di "contestazione" ex art. 267
 dello  stesso  regio  decreto;  dall'altro  lato  i  procedimenti  di
 "variazione"  e  "rettifica"  delle  circoscrizioni comunali previsti
 dalle  altre  disposizioni  (compreso  l'art.  32,  comma   secondo),
 contenute negli articoli da 30 a 36 del predetto regio decreto.
    Infatti,  tanto  nel caso di incertezza e di concorde richiesta di
 accertamento  del  confine,   quanto   nel   caso   di   controversia
 sull'andamento  del  confine stesso, il provvedimento che definisce i
 due procedimenti non  comporta  modificazione  di  confine,  ma  solo
 accertamento  di un precedente stato di fatto; sicche' l'attribuzione
 del relativo potere all'autorita'  amministrativa,  oltre  ad  essere
 conforme  alla  natura  stessa  del  provvedimento,  che non comporta
 manifestazione di volonta',  ma  mero  accertamento  dello  stato  di
 fatto, non era in contrasto con l'art. 74 dello Statuto, per il quale
 le  circoscrizioni comunali non potevano essere modificate se non per
 legge.
    L'art. 132 (come l'art. 133 della Costituzione e, prima, l'art. 74
 ora ricordato), prevede soltanto casi di  modificazione  dei  confini
 regionali,  mentre  resta  estranea  alla  previsione  della norma, e
 quindi alla riserva di legge, l'ipotesi del semplice accertamento del
 preesistente confine.
    Rileva ancora l'Avvocatura dello Stato che il dubbio sollevato dal
 tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio   non   concerne
 l'appartenenza  della  competenza allo Stato, ma solo la necessita' o
 meno di un atto legislativo per risolvere la "contestazione" ossia la
 sussistenza o meno in proposito di una  riserva  di  legge  assoluta.
 Sicche',  il  parametro  offerto  dall'art.  5 della Costituzione non
 sarebbe pertinente.
    Quanto al profilo relativo alla  violazione  dell'art.  134  della
 Costituzione,  l'Avvocatura  dello Stato rileva che tale articolo non
 attribuisce alla  Corte  costituzionale  la  competenza  a  risolvere
 controversie di confine tra regioni.
    4.  -  Nell'imminenza  del  giudizio  hanno  depositato memorie il
 comune di Canazei, il comune di Rocca Pietore, la regione Veneto e la
 provincia autonoma di Trento.
    Il comune di Canazei ha insistito  nel  richiedere  una  pronuncia
 d'inammissibilita'  o di non fondatezza, sotto il profilo che - da un
 lato - il thema decidendum sottoposto all'esame della  Corte  non  e'
 definito  dall'ordinanza  di rimessione, nella quale si prospetta, in
 via alternativa, la  competenza  della  Corte  costituzionale  o  del
 Parlamento  a  risolvere  le  controversie di confine tra le regioni;
 dall'altro, che la  controversia  oggetto  del  giudizio  a  quo  non
 implica  modificazioni,  ma  solo  l'accertamento  di  tale  confine,
 cosicche' non comporta alcuna modificazione del confine esistente.
    Il comune di  Rocca  Pietore  ha  ribadito  la  sua  richiesta  di
 declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale della norma impugnata,
 rilevando - in fatto - che il ghiacciaio della Marmolada,  attribuito
 in gran parte dal d.P.R. 29 maggio 1982, n. 557 al comune di Canazei,
 ab   immemorabili  apparteneva  al  proprio  territorio.  A  sostegno
 dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 267 del r.d. n. 383  del
 1934,  ha  dedotto  che  esso  "non  si  concilia  con  i principi di
 autodeterminazione  e  di  autonomia regionale, perche' sottopone gli
 interessi  locali  alla  decisione   dell'amministrazione   centrale,
 creando  una  situazione  paradossale, per cui la regione, arbitra di
 decidere circa gli interessi dei comuni  in  materia  confinaria,  si
 trova  assoggettata  al  potere di un organo amministrativo centrale,
 quando vengono in gioco  interessi  propri".  In  particolare,  nella
 memoria  si  contesta  che nel caso di specie si sia trattato di mero
 accertamento di confini, la materia vertendo in una  vera  e  propria
 attribuzione di territorio;
    La   regione   Veneto   ha  chiesto  anch'essa  la  dedeclaratoria
 d'illegittimita' della norma impugnata, sostenendo che l'art. 267 non
 riguarda ipotesi di mero accertamento dei  confini  comunali,  bensi'
 l'ipotesi  di  una  "lite"  fra  comuni  sui  rispettivi  confini,  a
 conclusione della quale - come e' avvenuto nel caso  di  specie  -  i
 limiti   possono   risultare   modificati,   al   pari  di  quelli  -
 costituzionalmente   garantiti   -   delle   regioni.   La   garanzia
 costituzionale,  secondo  quanto  esposto nella memoria, non potrebbe
 ritenersi rispettata dalla semplice audizione delle regioni nel corso
 del   procedimento   amministrativo   e   l'art.   267,    demandando
 all'esecutivo,  con  la risoluzione delle controversie confinarie fra
 comuni, la determinazione dei confini regionali, per  un  verso,  gli
 attribuisce  un  potere  che in base all'art. 132 della Costituzione,
 non gli spetta e, per altro verso, sottrae alle regioni  la  garanzia
 del conflitto dinanzi alla Corte in ordine a quelle controversie.
    La  provincia  autonoma di Trento ha insistito, per l'infondatezza
 e,  in  parte,  per  l'inammissibilita'  della  questione   proposta,
 nell'ampia  memoria conclusiva, con diffuse argomentazioni, assistite
 dal richiamo di dottrina e giurisprudenza.
                        Considerato in diritto
   1. - Questa Corte e' chiamata a decidere se l'art. 267 del  r.d.  3
 marzo  1934,  n.  383  - statuendo che i ricorsi per contestazione di
 confini tra comuni e province di  regioni  diverse  sono  decise  con
 decreto  del Presidente della Repubblica, udito il Consiglio di Stato
 - violi: a) l'art. 5 della  Costituzione,  che  tutela  le  autonomie
 locali;   b)   l'art.   132   della  Costituzione,  che  richiede  un
 provvedimento legislativo per le variazioni del territorio regionale;
 c) l'art. 134 della Costituzione, giacche' incidendo le  controversie
 relative  ai  confini regionali su materia di rilievo costituzionale,
 ove non si ritenga che debbano  essere  risolte  con  legge,  debbono
 esserlo   dalla   Corte   costituzionale  in  sede  di  conflitto  di
 attribuzione.
    Il giudice a quo ha dedotto in proposito che la  Costituzione,  al
 fine  di  garantire l'autonomia degli enti locali e quella regionale,
 della  quale  l'integrita'  territoriale  e'  componente  necessaria,
 prescrive  che  le  modificazioni  delle  circoscrizioni territoriali
 delle regioni,  province  e  comuni  si  attuino  sempre  con  legge,
 costituzionale,  ordinaria  o  regionale,  a  seconda  dei  casi.  Ne
 deriverebbe l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata, in
 quanto consente di risolvere con un provvedimento amministrativo  una
 controversia che implica modificazione di confini non solo comunali o
 provinciali, ma anche regionali, incidendo la modifica dei confini di
 comuni  o  province, appartenenti a regioni diverse, sulla integrita'
 territoriale di queste ultime.
    2.  - Va pregiudizialmente respinta l'eccezione d'inammissibilita'
 della questione, prospettata dalla provincia di Trento e  dal  comune
 di  Canazei  sotto il profilo della indeterminatezza del petitum, per
 essere  stata  dedotta  alternativamente  la  violazione,  da   parte
 dell'impugnato art. 267 del r.d. n. 383 del 1934, dell'art. 132 della
 Costituzione  -  ove  si  ritenga  che  le controversie riguardanti i
 confini di comuni e province appartenenti a  regioni  diverse  vadano
 risolte  con  legge  -  o  dell'art.  134  della Costituzione, ove si
 ritenga che debbano esserlo dalla Corte  costituzionale  in  sede  di
 conflitto di attribuzione.
    L'art.   23   della   legge   11   marzo  1953,  n.  87,  ai  fini
 dell'ammissibilita'  della  questione  nei  giudizi  di  legittimita'
 costituzionale  in  via  incidentale,  richiede che nell'ordinanza di
 rimessione siano indicate le disposizioni di legge  che  si  assumono
 viziate da illegittimita' e le disposizioni della Costituzione che si
 assumono  violate.  La  ratio  di tale prescrizione e' nella volonta'
 legislativa di attribuire al giudice remittente la determinazione del
 thema decidendum.
    Nel caso di specie il giudice  a  quo  ha  indicato  in  modo  non
 equivoco  la disposizione impugnata e gli articoli della Costituzione
 in  riferimento  ai  quali  ha   inteso   sollevare   la   questione,
 prospettando  in  via  principale  la  violazione degli artt. 5 e 132
 della Costituzione, come aveva gia' fatto con l'ordinanza 28 dicembre
 1990, in relazione alla quale questa Corte aveva restituito gli  atti
 per il riesame della rilevanza in seguito all'entrata in vigore della
 legge n. 142 del 1990.
    In   via   subordinata,   ove   detta  violazione  fosse  ritenuta
 insussistente, lo stesso giudice ha prospettato  l'ulteriore  profilo
 della violazione dell'art. 134 della Costituzione, cosi' ampliando il
 thema  decidemdum.  Questo, peraltro, resta chiaramente identificato,
 non influendo al riguardo ne' l'erroneita' - secondo quanto  appresso
 si dira' - dell'interpretazione data alla disposizione costituzionale
 invocata   a   parametro   (sentenza   n.   344  del  1990),  ne'  la
 prospettazione di un profilo  d'incostituzionalita'  subordinatamente
 al mancato accoglimento di quello principale.
    3. - La questione e' infondata nel merito.
    Va  premesso  che  questa Corte, con la sentenza n. 743 del 1988 -
 resa sul conflitto di attribuzione sollevato in relazione al  decreto
 del  Presidente  della  Repubblica  in  data  29  maggio 1982 che, in
 accoglimento del ricorso proposto dal  comune  di  Canazei  ai  sensi
 dell'art.  267 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, aveva rettificato i confini
 tra il detto comune ed il comune di Rocca Pietore - ha gia' affermato
 che l'art. 267 del r.d. n. 383 del 1934 non e'  stato  abrogato,  per
 quanto riguarda la contestazione di confine tra comuni di regioni di-
 verse,  dalle  norme  di trasferimento a queste ultime delle funzioni
 relative alla contestazione di confini tra comuni (art. 1,  lett.  d,
 del  d.P.R.  14  gennaio 1972, n. 1; cfr. anche art. 16 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616). Norme che esattamente il parere  del  Consiglio
 di  Stato,  acquisito  nel corso del relativo procedimento, riferisce
 alle  sole  decisioni  di  contestazione  di   confini   fra   comuni
 appartenenti  alla  medesima  regione. Detto art. 267 regola, ratione
 temporis - in  conformita'  di  quanto  affermato  nell'ordinanza  di
 rimessione  -  la  fattispecie  all'esame  del  giudice  a  quo,  non
 spiegando in relazione ad essa alcun effetto l'eventuale  abrogazione
 della norma ad opera dell'art. 64 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
    Va  premesso  altresi'  che questa Corte, nella citata sentenza n.
 743 del 1988, ha parimenti gia' affermato che  ne'  l'art.  132,  ne'
 l'art.  134 della Costituzione dispongono in materia di contestazione
 di confini tra regioni.
    L'art.  134,  infatti,  determina  le   competenze   della   Corte
 costituzionale,  senza  alcuna previsione delle contestazioni di con-
 fine tra regioni o comuni e province, appartenenti o non alla  stessa
 regione.  L'art.  132,  a  sua  volta,  stabilisce nel primo comma la
 procedura per la "fusione di regioni  esistenti  o  la  creazione  di
 nuove  regioni",  mentre  nel secondo comma fissa la procedura per il
 passaggio di comuni o province da  una  regione  ad  un'altra,  senza
 nulla disporre in ordine a contestazioni che riguardino o coinvolgano
 il confine fra regioni.
    L'impugnato  art.  267  del r.d. n. 383 del 1934, viceversa, nella
 parte rimasta in vigore dopo l'emanazione dell'art. 1, lett.  d,  del
 d.P.R.  14 gennaio 1972, n. 1, ha continuato a regolare i ricorsi per
 contestazione di confini  fra  comuni  (e  province)  appartenenti  a
 regioni diverse, disponendo che essi sono decisi con decreto del Capo
 dello  Stato,  udito  il Consiglio di Stato, e contro tale decreto e'
 ammesso il ricorso, anche in merito ai competenti organi di giustizia
 amministrativa.
    Sono evidenti le differenze tra la previsione di cui all'art.  267
 del  r.d. n. 283 del 1934 e le fattispecie, di cui all'art. 132 della
 Costituzione, le quali ultime consistono  nella  fusione  di  regioni
 esistenti,  nella  creazione  di  nuove  regioni  e  nel  distacco  -
 aggregazione di comuni o di province da una regione ad  un'altra.  In
 tutte  queste ipotesi la modificazione territoriale, che si realizza,
 opera in funzione dell'assetto di interessi, competenze  o  potesta',
 determinato  dalla  nuova  configurazione istituzionale e strutturale
 degli enti locali, che ne sono titolari (art. 132  cit.):  situazioni
 del  tutto differenziate dalla semplice riconduzione territoriale del
 confine al suo titolo costitutivo (art. 267 cit.).
    Nessun contrasto puo' esservi, pertanto, fra l'art. 267  del  r.d.
 n.   383  del  1934  e  gli  artt.  132  e  134  della  Costituzione,
 disciplinando questi ultimi, come si e'  visto,  materia  diversa  da
 quella oggetto della norma impugnata.
    4.   -   Quanto   alla   dedotta   violazione  dell'art.  5  della
 Costituzione, che tutela le autonomie locali,  questa  norma  sarebbe
 lesa dalla possibilita', implicita nel disposto dell'art. 267, di una
 modifica  dei  confini comunali ed anche regionali attraverso un atto
 amministrativo discrezionale.
    Tale discrezionalita' - secondo le  tesi  diffusamente  svolte  da
 alcune   delle  parti  costituitesi  dinanzi  a  questa  Corte  -  si
 evincerebbe dall'attribuzione, nella materia, della giurisdizione "di
 merito"   al   giudice    amministrativo,    nonche'    all'autorita'
 amministrativa  del  potere  di  variare  le  circoscrizioni comunali
 (artt. 30-36 del r.d. n. 383 del 1934).
    In proposito va osservato che - come ha ritenuto la giurisprudenza
 del  Consiglio  di  Stato  e  contrariamente  a  quanto  si  sostiene
 nell'ordinanza  di  rimessione - i ricorsi regolati dall'art. 267 non
 implicano alcun intervento costitutivo o modificativo dei confini  in
 contestazione, avendo le relative azioni un oggetto analogo all'actio
 finium  regundorum  e  la medesima natura ricognitoria. In entrambi i
 casi, infatti, non si domanda una modificazione del  confine,  ma  un
 accertamento  di  esso,  senza  che  si  deduca  un  conflitto  fra i
 rispettivi titoli del dominium, bensi' un contrasto d'interpretazione
 del contenuto dei medesimi.
    Su cio' e' concordia piena, tra gli interpreti, a partire dai piu'
 autorevoli commentatori dell'art. 74 dello Statuto del Regno  -  che,
 con  riguardo  alla  "circoscrizione  dei  comuni e delle provincie",
 distinguevano  "fra  i  provvedimenti  che  attribuiscono  o  tolgono
 territorio  ad un comune o ad una provincia, e quelli che sono intesi
 unicamente a riconoscere e dichiarare quale e' il legale confine  tra
 i  territori  di  due  circoscrizioni  amministrative"  -  fino  alla
 dottrina e alla giurisprudenza attuali  (nelle  quali  e'  sicura  la
 differenziazione  tra  titolo  di  acquisto e negozio di accertamento
 inteso a risolvere l'incertezza dei confini, differenziazione che  e'
 stata  ribadita ancora recentemente dalla Cassazione: sent. 7 gennaio
 1992, n. 41).
    Su questi stessi principi si fonda  il  parere  del  Consiglio  di
 Stato n. 18 del 1980 che, a proposito della fattispecie all'esame del
 giudice  a  quo  -  dopo  aver  rilevato come il confine tra i comuni
 contendenti coincideva  in  passato  con  il  confine  di  stato  fra
 l'Italia e l'Austria-Ungheria, cosi' come ora coincide con il confine
 tra  il  Veneto  ed  il Trentino-Alto Adige - non ha suggerito alcuna
 modificazione   del   confine   preesistente,   ma   solo   la    sua
 ridelimitazione  in  base a quanto gia' stabilito nella deliberazione
 del 4 ottobre 1911 della commissione  internazionale  italo-austriaca
 incaricata   della   demarcazione   del   confine   tra   l'Italia  e
 l'Austria-Ungheria, il cui operato fu definitivamente  approvato  con
 nota  del ministero degli affari esteri italiano n. 991 del 21 agosto
 1912 e ratificato dal governo austriaco.
    Essendo il potere  attribuito  dall'impugnato  art.  267  di  puro
 accertamento,   deve   altresi'  ritenersi  insussistente  l'asserito
 collegamento  col   potere   -   attualmente   non   piu'   spettante
 all'autorita'   amministrativa  -  di  modificare  le  circoscrizioni
 comunali. Parimenti, l'esistenza  di  una  discrezionalita'  nel  suo
 esercizio  non  puo'  essere dedotta dall'attribuzione in materia, al
 giudice amministrativo, di una competenza "di merito", riguardando il
 "merito", nel caso specifico - secondo giurisprudenza  consolidata  -
 non l'opportunita', ma il pieno accertamento dei fatti.
    Ne  deriva che nessuna lesione dell'autonomia comunale e regionale
 puo' derivare dal disposto della norma impugnata - sotto  il  profilo
 che  sarebbe consentita la modificazione del territorio di detti enti
 con atto amministrativo discrezionale -  in  quanto  essa  stabilisce
 unicamente  una  procedura amministrativa d'accertamento, la quale si
 conclude con atto impugnabile nella sede  giurisdizionale,  dove  gli
 enti  locali interessati possono ottenere la tutela ad essi garantita
 dall'art. 113 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  267  del  r.d.  3  marzo  1934,  n.  383 (T.U. della legge
 comunale e provinciale), sollevata in riferimento agli artt. 5, 132 e
 134 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale per  il
 Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: PESCATORE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0153