N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 febbraio 1993
N. 17 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 febbraio 1993 (della regione Calabria) Regione - Prorogatio - Disciplina della proroga degli organi amministrativi - Obbligo delle regioni a statuto ordinario e speciale nonche' delle province autonome di adeguare i rispettivi ordinamenti entro un anno dall'entrata in vigore del d.l. n. 7/1993 alle norme in esso contenute - Previsione che, nel caso in cui gli organi ai quali spetta provvedere alla ricostituzione degli uffici i cui titolari sono scaduti, quando abbiano carattere collegiale, non procedano alla nomina o designazione ad essi spettanti almeno un giorno prima della scadenza della proroga, la relativa competenza sia trasferita ai rispettivi presidenti che la debbono esercitare entro la scadenza del termine medesimo - Limitazione dei poteri degli organi amministrativi prorogati ai soli atti indifferibili ed urgenti e previsione della nullita' per gli atti esorbitanti da detto limite - Asserita invasione della sfera di competenza regionale in materia di organizzazione degli uffici con incisione sulle norme legislative e statutarie che assegnano competenze ad organi collegiali regionali nonche' sulla potesta' statutaria delle regioni e sulla disciplina costituzionale del consiglio regionale, della giunta e del presidente - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 208/1992. (D.L. 18 gennaio 1993, n. 7). (Cost., artt. 77, 117, 118, 121, 122 e 123).(GU n.9 del 24-2-1993 )
Ricorre la regione Calabria, in persona del presidente della giunta regionale, on. Guido Rhodio, in forza di delibera 2 febbraio 1993, n. 49, della giunta regionale immediatamente esecutiva, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. Federico Sorrentino e nel suo studio in Roma, lungotevere delle Navi, n. 30, elettivamente domiciliato, contro lo Stato e per esso il Presidente del Consiglo dei Ministri, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale del d.l. 18 gennaio 1993, n. 7, recante "Disciplina della proroga degli organi amministrativi", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 14 del 19 gennaio 1993. F A T T O 1. - Con d.l. 18 settembre 1992, n. 381, fu dettata per la prima volta una disciplina generale della proroga (o prorogatio) degli organi amministrativi, la quale anche in applicazione dell'art. 97 della Costituzione ed richiamo fattone nella sentenza n. 208/1992 di codesta ecc.ma Corte, stabiliva termini perentori per la ricostituzione degli organi amministrativi gia' scaduti e limitava a soli quarantacinque giorni dopo la scadenza la prorogatio degli organi che sarebbero in seguito scaduti. Stabiliva inoltre il d.l. n. 381/1992 che, quando la competenza a provvedere alla ricostituzione spettasse ad un organo collegiale e questo non avesse provveduto almeno tre giorni prima della scadenza del periodo di proroga, la relativa competenza dovesse trasferirsi al presidente del collegio per essere comunque esercitata entro la scadenza del suddetto periodo di proroga. Alle "disposizioni" di questo d.l. le regioni a statuto ordinario, quelle a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano si sarebbero dovute adeguare entro un anno dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione. 2. - Decaduto questo decreto per scadenza dei termini di conversione, il Governo riproponeva un secondo provvedimento (d.l. 19 novembre 1992, n. 439) dall'identico contenuto (salvo alcune modeste varianti). Cio' dava modo alle regioni, che temevano la lesione delle proprie competenze costituzionali in tema di organizzazione di uffici ed enti regionali, di prospettare, attraverso la "Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome", insieme con i loro dubbi, anche proposte di emendamento, da valere in sede di conversione, delle disposizioni di piu' incerta costituzionalita' di quel decreto. 3. - Poiche' neanche il d.l. n. 439/1992 e' stato convertito nei termini, le regioni auspicavano che delle loro osservazioni sarebbe stato tenuto conto dal Governo in sede di reiterazione. Viceversa anche il terzo decreto, quello qui impugnato (d.l. 18 maggio 1993, n. 7), risulta emanato con lo stesso sostanziale contenuto dei due precedenti, onde numerose regioni e, con quest'atto la Calabria, si vedono costrette a denunciarne l'incostituzionalita' sotto i seguenti profili di D I R I T T O 4. - Va preliminarmente posta la questione di costituzionalita' dell'art. 9 del d.l. impugnato, secondo il quale "Entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni a statuto ordinario, nonche' le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle disposizioni del presente decreto". Questa disposizione pone subito alcuni interrogativi. Il primo attiene all'individuazione del titolo giuridico del dovere di adeguamento della normativa regionale. Se si pone mente al rilievo che questo dovere e' espresso in modo assolutamente uniforme nei confronti delle regioni a statuto speciale e di quelle di diritto comune, occorre concludere che il legislatore statale abbia ritenuto (conformemente alle ricordate proposte di emendamento avanzate dalla Conferenza dei presidenti regionali) di porre, con la nuova disciplina della prorogatio, principi generali dell'ordinamento giuridico, vincolanti in quanto tali tutte le regioni. Questa conclusione sottrarrebbe probabilmente il testo del decreto a molte delle eccezioni di costituzionalita' che saranno di seguito avanzate, ma al tempo stesso porrebbe ulteriori interrogativi. Infatti occorrerebbe subito domandarsi se, in attesa delle norme regionali di adeguamento, continuerebbero ad applicarsi, agli organi o agli enti la cui nomina spetti alle regioni, le previgenti norme regionali in materia, ovvero se dovrebbero trovare applicazione, in via per cosi' dire suppletiva, le disposizioni dell'impugnato decreto-legge. In altre parole: il d.l. n. 7/1993 ha abrogato o non la previgente disciplina regionale oppure l'abrogazione e' destinata a intervenire scaduto un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione? O, invece, piu' correttamente, esso ha posto principi generali dell'ordinamento, rispetto ai quali le regioni hanno un ampio termine per adeguarsi e, in difetto, rischiano di vedere inficiate le proprie leggi, non conformi a quei principi, da illegittimita' costituzionale sopravvenuta? 5. - La soluzione di detti quesiti non e' agevole, ma, se si privilegia il tenore letterale dell'art. 9, che ricollega alle "disposizioni" del decreto-legge l'adeguamento della normativa regionale, si deve concludere che il legislatore statale ha inteso vincolare la competenza legislativa delle regioni al rispetto di tutti i precetti di cui al d.l. n. 7/1993. E cio' non puo' non contrastare con l'autonomia legislativa delle regioni. Ora, la regione ricorrente non contesta - ne' avrebbe ragione di farlo - che una rigorosa disciplina della proroga degli organi e degli enti amministrativi corrisponde alla riserva di legge dell'art. 97 della Costituzione ed al principio di buon andamento dell'amministrazione, onde non riterrebbe lesa la propria competenza, qualora il decreto-legge impugnato fosse inteso come espressione di un principio generale scaturente dalla costituzione, attuabile dal legislatore regionale nell'ambito e nei limiti della propria competenza. Ma deve senz'altro contestare la pretesa, che sembra emergere dall'art. 9, di considerare le disposizioni del decreto quali precetti vincolanti la legislazione regionale. Il mancato accoglimento della proposta di emendamento regionale, che tendeva a ricondurre il significato del precedente decreto nell'ampia categoria dei principi generali dell'ordinamento giuridico, esprime ora la volonta' del legislatore statale di assumere le disposizioni del d.l. n. 7/1993 quali precetti vincolanti anche nel dettaglio la competenza regionale. Ne' pare che dal testo del decreto possa estrarsi una volonta' normativa volta ad assegnare a quelle disposizioni il valore di principi fondamentali vincolanti la potesta' legislativa ripartita. Sicche' si deve denunziare: violazione dell'art. 117 della Costituzione. 6. - Ove il testo del d.l. impugnato dovesse, in denegata ipotesi, essere inteso come insieme di principi fondamentali vincolanti la competenza legislativa regionale ripartita e suscettibile persino di abrogare le previgenti norme regionali di dettaglio, si porrebbe comunque il dubbio circa la costituzionalita' di altre disposizioni. Viene anzitutto in rilievo il secondo comma dell'art. 4, a termini del quale "Nei casi in cui i titolari della competenza alla ricostituzione siano organi collegiali e questi non procedano alle nomine o designazioni ad essi spettanti almeno tre giorni prima della scadenza della proroga, la relativa competenza e' trasferita ai rispettivi presidenti, i quali debbono comunque esercitarla entro la scadenza del termine medesimo". Questa disposizione viola tanto la competenza regionale in materia di "ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione" (art. 117) quanto la competenza statutaria delle regioni di diritto comune (art. 123), incidendo essa sulle norme legislative e statutarie che assegnano competenza ad organi collegiali. La disposizione impugnata, invero, crea una competenza nuova in capo ai presidenti di organi collegiali, sottraendo ai collegi stessi i corrispondenti poteri. Ed e' evidente che una statuizione siffatta potrebbe provenire, per gli uffici e gli enti dipendenti dalla regione e per gli stessi organi regionali, dalla legge o dallo Stato regionale. Di piu' la disposizione in esame viola, insieme con la potesta' statutaria delle regioni, gli artt. 121 e 122 della Costituzione, allorche' essa venga riferita a nomine di competenza del consiglio regionale. Infatti, secondo la norma costituzionale, il presidente del consiglio regionale non ha una posizione per cosi' dire autonoma dal consiglio stesso dal quale e' eletto per dirigere i lavori (122, terzo comma) ne', a differenza del consiglio, della giunta e del suo presidente (art. 124, primo comma), possiede una propria ed autonoma rileanza esterna. Naturalmente cio' potrebbe non escludere che al presidente del consiglio regionale vengano conferite funzioni di rilevanza esterna, purche' non incompatibili con il suo compito di direzione dei lavori del Consiglio, ma tale attribuzione, innovando specificamente all'organizzazione regionale, non puo' che competere alla fonte statutaria (art. 123) e, sulla base di questa, al regolamento consiliare. Ne discende allora l'incostituzionalita', in riferimento ai citati parametri, di una norma statale che trasferisce una competenza attribuita al consiglio regionale al suo presidente e che fa di questo un organo titolare di poteri amministrativi esterni. Si denuncia pertanto: violazione degli artt. 117, 121, 122 e 123 della Costituzione. 7. - Ugualmente sulla competenza delle regioni in materia di organizzazione dei loro uffici e degli enti da esse dipendenti incidono le disposizioni relative al regime di proroga degli organi amministrativi scaduti e degli atti da questi emanati (art. 3). Tali disposizioni, limitando la competenza degli organi prorogati agli atti urgenti e indifferibili e sanzionando come illegittimi tutti gli altri, incidono sulla competenza regionale in materia in violazione quindi dell'art. 117 della costituzione. Tale censura va estesa al successivo art. 6 che sancisce la nullita' di diritto degli atti compiuti dagli organi scaduti. 8. - Da ultimo deve denunciarsi l'art. 8 del decreto impugnato, nella parte in cui convalida e mantiene fermi gli atti di ricostituzione adottati da presidenti di organi collegiali, anteriormente all'entrata in vigore del decreto, in sostituzione dei competenti collegi (secondo comma). Questa disposizione viola, non solo l'art. 77, ultimo comma, della Costituzione in relazione anche all'art. 15, secondo comma, lett. d), della legge n. 400/1988, ma anche, ed inscindibilmente, le competenze regionali in materia di organizzazione di uffici ed enti regionali. Invero, ove anche potesse sostenersi che il d.l. impugnato possa comprimere, nei sensi che si sono appena contestati, le competenze regionali in materia, esso sicuramente non puo' convalidare cio' che in base alla Costituzione e' invalido e quindi non puo' sottrarre al legislatore ne' all'amministrazione regionale il potere di qualificare come invalidi atti applicativi di decreti-legge non convertiti. In altre parole la disposizione impugnata non solo incide sulla potesta' legislativa regionale e su quella statutaria al di la' di quanto consentirebbero gli artt. 117 e 123, ma incide altresi' sulla competenza degli organi collegiali, ai quali sarebbe cosi' impedito di revocare gli illegittimi atti dei loro presidenti e di provvedere diversamente in ordine agli organi scaduti. Si denuncia pertanto la violazione degli artt. 117, 118 e 123 in relazione all'art. 77, ultimo comma della Costituzione.
P. Q. M. Si chiede che in accoglimento del presente ricorso il decreto- legge impugnato venga dichiarato incostituzionale in riferimento agli artt. 117, 118, 121, 122, 123 e 77 della Costituzione. Roma, addi' 9 febbraio 1993 Avv. Federico SORRENTINO 93C0168