N. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 dicembre 1992

                                 N. 75
 Ordinanza  emessa  il  22  dicembre  1992 dal tribunale di Modica nel
 procedimento penale a carico di Cannata Rosalba
 Processo penale - Atti preliminari al dibattimento - Reiterazione  di
 richiesta  di patteggiamento negli stessi termini gia' prospettati al
 precedente  collegio  giudicante  sostituito  per  l'incompatibilita'
 prevista  ex  art.  34  del  c.p.p.  come novellato dalla sentenza n.
 186/1992 - Consenso del p.m. - Paventata  possibilita',  in  caso  di
 rigetto  da parte del nuovo collegio, di riproposizione indefinita di
 tale richiesta anche se con previsione di pene di entita' leggermente
 superiori - Conseguente necessita' di rinnovare indefinitivamente  il
 collegio  giudicante  -  Condizionamento  del  giudice  con possibile
 impedimento di fatto dell'esercizio dell'azione penale  -  Violazione
 dei principi del giudice naturale e buon andamento e di imparzialita'
 della p.a.
 (C.P.P. 1988, artt. 34 e 446).
 (Cost., artt. 25, 97 e 112).
(GU n.9 del 24-2-1993 )
                             IL TRIBUNALE
    Letti  gli  atti  del  procedimento penale n. 76/92 contro Cannata
 Rosalba, nata a Ragusa il 2 marzo 1954, detenuta  presente,  imputata
 del reato di cui agli artt. 110, 91, cpv. 73, primo comma, del d.P.R.
 n. 309/1990 in Pozzallo fino al 13 luglio 1992;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    I)  Ritenuto che nella fase degli atti preliminari al dibattimento
 e' stata riproposta dall'imputata richiesta di definizione anticipata
 del giudizio mediante applicazione della pena ai  sensi  degli  artt.
 444 e 446 del cod. proc. pen.
    II)  Ritenuto che il p.m. ha prestato il proprio consenso, seppure
 opinando per l'esistenza di preclusione  derivante  dalla  precedente
 pronunzia di questo tribunale, che, con diversa composizione, in data
 7  dicembre  1992,  aveva rigettato altra richiesta di patteggiamento
 con cui si chiedeva l'applicazione della pena nella stessa  misura  e
 alle stesse condizioni di quelle oggi prospettate.
    III)  Ritenuto  che a parere di questo collegio non sussistono gli
 estremi della dedotta preclusione, non risultando alcun  divieto  che
 osti  alla  riproposizione,  da  parte  dell'imputata,  dell'identica
 richiesta di patteggiamento dichiarata  non  congrua  dal  precedente
 collegio, per le considerazioni che seguono:
       a) il disposto dell'art. 446, quarto comma, del c.p.p., preved-
 endo  che  il  consenso possa essere prestato "anche se in precedenza
 era stato negato", presuppone indiscutibilmente che sia possibile  la
 riproposizione  della  richiesta  fino alla dichiarazione di apertura
 del dibattimento, sia che il diniego sia stato espresso dal p.m., sia
 che sia stato espresso - come e' avvenuto nel caso di  specie  -  dal
 giudice;
       b) il successivo art. 448 del c.p.p., consente, a sua volta, la
 riproposizione  della richiesta nelle varie fasi del processo e anche
 dopo la chiusura del dibattimento;
       c)  dall'inequivoco  contesto  della  normativa  anzidetta   si
 ricava, siccome, peraltro ha costantemente ritenuto la giurisprudenza
 della  s.C.  (cfr.,  per  tutte,  Cass. 10 aprile 1990, Fabiani e, da
 ultimo, Cass. 4 maggio 1992, 5154), dalla quale questo  collegio  non
 ritiene  di  doversi discostare, la riproponibilita' della richiesta,
 non solo nelle varie fasi del processo (il che e' pacifico), ma anche
 nella stessa fase;
       d) a tale ultimo riguardo va precisato che il codice  di  rito,
 non  solo  consente,  come  si  e'  visto,  la  riproposizione  della
 richiesta anche nella stessa fase, ma non contiene, per altro  verso,
 alcuna  disposizione  che  imponga la formulazione della richiesta in
 termini diversi rispetti a quelli precedenti (come, per  la  verita',
 sembra  sostenere  il  richiamato  indirizzo  giurisprudenziale); del
 resto, se si accetta il principio (incontestato) che la funzione  del
 sea  bargaining, dal quale e' stata mutuata la normativa in esame, e'
 quella di chiudere il processo (in qualsiasi fase  e  grado  esso  si
 trovi)  ricorrendo  a  un  "negozio  di  natura  processuale"  che si
 perfeziona  con  l'incontro  delle  volonta' del p.m. e dell'imputato
 (seppure condizionato, per effetto della sentenza n.  313/1990  della
 Corte  costituzionale,  dall'intervento - avente natura di ratifica -
 da parte del giudice), non vedesi, poi, come  possa  impedirsi,  alla
 parte  che  vi  abbia  interesse,  d'iterare  la  stessa  proposta in
 precedenza  non  accolta,  ove,  con  il   procedere   del   giudizio
 l'evolversi  della situazione processuale implichi anche una modifica
 delle condizioni da cui era scaturito il precedente diniego e  valga,
 percio',   ad  escludere  un  mero  tuziorismo  difensivo  (esso  si,
 inammissibile);
       e)  cosi'  le  cose,  nulla  impedisce,  a  parere  di   questo
 tribunale, che la richiesta venga riproposta con contenuto identico a
 quello in precedenza ritenuto non congruo, allorche', come accade nel
 caso  di  specie, trovandosi pur sempre il processo ancora nella fase
 prevista dall'art. 446, primo comma, del  c.p.p.,  subentri,  per  la
 sopravvenuta  incompatibilita'  del  giudice  che  ha  pronunciato il
 rigetto, un collegio con diversa composizione: in tal caso,  infatti,
 per  un verso non puo' negarsi che sia intervenuto un mutamento della
 situazione processuale in cui era maturato il precedente  diniego  (e
 che,  conseguentemente,  l'imputato  sia  portato  ragionevolmente  a
 ritenere che il nuovo collegio possa valutare diversamente dal  primo
 la congruita' della pena proposta), mentre, per altro verso, non puo'
 impedirsi  al  nuovo  collegio  di  valutare  nuovamente  e  in  modo
 autonomo, la richiesta anzidetta.
    IV) Considerato che il p.m., anche in  questa  sede,  ha  ritenuto
 congrua  la  richiesta  in  esame  e ha prestato il proprio consenso,
 giacche' la prospettazione delle ragioni che a suo parere  precludono
 l'accoglimento  della  richiesta (pur concordata) non influisce sulla
 dichiarazione di volonta' positivamente espressa (e, quindi, non osta
 alla   formazione   del   "negozio   processuale"   che    giustifica
 l'applicazione   della   pena,  anche  perche',  a  tutto  ammettere,
 involgerebbe comunque solo una questione di  rito  che,  peraltro,  a
 parere del collegio, e' insussistente per i suesposti motivi).
    V)  Ritenuto che, alla luce delle considerazioni che precedono, la
 riproposizione della richiesta di  patteggiamento  nella  fase  degli
 atti  preliminari al dibattimento, a seguito di rigetto di precedente
 richiesta  verificatasi  nella  stessa  fase,  si  pone  come  evento
 condizionante   nei   confronti   del   nuovo   giudice  nominato  in
 sostituzione  di  quello  divenuto  incompatibile  alla  luce   della
 sentenza  n.  186/1992  della  Corte costituzionale (ma, per vero, il
 problema si porrebbe anche nelle successive fasi del giudizio, stante
 l'obbligo, per il giudice, fissato dall'art. 448,  primo  comma,  del
 c.p.p., di provvedere "immediatamente").
    VI)   Ritenuto,  segnatamente,  che  il  rilevato  condizionamento
 influisce sulla libera determinazione  del  giudice  in  ordine  alla
 "ratifica"  del  patteggiamento,  giacche', ove egli dovesse ritenere
 non congrua la pena proposta,  si  porrebbe  nuovamente  il  problema
 dell'incompatibilita'  di  cui  all'anzidetta  sentenza  della  Corte
 costituzionale, problema che  finirebbe  per  essere  indefinitamente
 prospettato  ove  l'imputato  insistesse  a  riproporre  la richiesta
 suddetta ai vari giudici  di  seguito  nominati  in  sostituzione  di
 quelli che di volta in volta si pronunciassero per il rigetto.
    VII)  Ritenuto  che  questo  collegio  si  trova  nella situazione
 condizionante sopra delineata,  la  quale  appare  incompatibile  con
 l'esercizio della giurisdizione e segnatamente:
      1)  con  il  principio  di  cui  all'art. 25 della Costituzione,
 giacche'  consentirebbe  all'imputato  d'influire  sulla   scelta   e
 composizione  del giudice naturale fino al punto di renderle di fatto
 impraticabili;
      2) con il principio fissato dall'art. 97 della Costituzione  che
 tutela   il   buon   andamento   e   l'imparzialita'  della  pubblica
 amministrazione;
      3) con il principio  di  cui  all'art.  112  della  Costituzione
 poiche'  finirebbe  per  intralciare,  fino  ad  impedirlo  di fatto,
 l'esercizio dell'azione penale.
    VIII) Ritenuto che  le  considerazioni  che  precedono  sub  III),
 lettere  d)  ed  e)  valgono ai fini della rilevanza della questione,
 giacche',  sotto  l'aspetto  della  fondatezza,  la  situazione   non
 muterebbe  in  ogni caso anche a voler considerare la sola ipotesi di
 nuova richiesta che preveda una pena (formalmente)  diversa,  ove  si
 consideri che:
       a)  basterebbe in ogni caso l'iterazione di istanza che preveda
 una pena leggermente superiore (anche  nel  minimo  consentito),  per
 riproporre la questione negli identici termini sopra prospettati;
       b) nel caso di specie nulla vieta all'imputata di avanzare, nel
 corso  del  processo  e  anche  nella  stessa attuale fase, ulteriore
 richiesta di patteggiamento con aumento della pena nella  misura  del
 minimo   (cio'  che  verosimilmente  avverra',  attesa  la  strategia
 processuale adottata fin dall'udienza preliminare) senza che il p.m.,
 il quale ha gia' prestato il consenso per una pena  inferiore,  possa
 ragionevolmente opporsi.
    IX)  Ritenuto, conseguentemente, che gli artt. 446 e 34 del c.p.p.
 (quest'ultimo siccome novellato dalla  sentenza  n.  186  resa  dalla
 Corte  costituzionale  in  data  22  aprile  1992) contrastano con le
 richiamate  norme  della  Costituzione,  per  cui  la  questione   di
 costituzionalita'  degli anzidetti articoli del codice di rito appare
 non manifestamente infondata:
       a) laddove gli stessi consentono che l'imputato,  acquisito  il
 consenso  del  p.m.,  possa  riproporre  e  indefinitamente la stessa
 richiesta di patteggiamento precedentemente rigettata  o,  sia  pure,
 una  richiesta  che preveda una pena di entita' leggermente superiore
 rispetto a quella precedente;
       b) laddove, conseguentemente,  essi  implicano  una  situazione
 condizionante  per  il  giudice  al quale viene devoluta la richiesta
 anzidetta e, inoltre, consentono di ostacolare e  impedire  di  fatto
 l'esercizio dell'azione penale per effetto della incompatibilita' del
 giudice che di volta in volta si dovesse pronunciare per il rigetto.
    X)   Ritenuto,  conseguentemente,  che  la  questione  va  rimessa
 all'esame della Corte costituzionale.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 23 febbraio 1948,  n.
 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante  e  comunque  non  manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale degli artt.  34  e  446  del
 c.p.p.,  per  contrasto, nei termini sopra prospettati, con gli artt.
 25, 97 e 112 della Costituzione;
    Sospende il presente giudizio e dispone la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura  della  cancelleria,  copia  della  presente
 ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Modica, addi' 22 dicembre 1992
                        Il presidente: BOGNANNI
                                   Il cancelliere: (firma illeggibile)
 93C0177