N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 dicembre 1992

                                 N. 91
    Ordinanza emessa il 1 dicembre 1992 dal pretore di Verona nei
 procedimenti civili riuniti vertenti tra Mecchi Felice ed altro e
 l'I.N.P.S. ed altro
 Previdenza e assistenza sociale - Pensione di invalidita' e pensione
    sociale - Ultrasessantacinquenni - Non  consentito  riconoscimento
    della  invalidita'  - Possibilita' di ottenere la pensione sociale
    ma a condizioni reddituali meno favorevoli di quelle previste  per
    la   pensione   di  invalidita'  -  Sanatoria  per  le  situazioni
    relativamente   alle   quali   l'I.N.P.S.   abbia   gia'  adottato
    provvedimenti  -  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento   di
    situazioni identiche, in base ad un elemento estrinseco dipendente
    dalla   maggiore   o   minore   solerzia   dell'ufficio   I.N.P.S.
    territorialmente    competente    -    Incidenza    sul    diritto
    all'assicurazione  di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso
    di invalidita' - Riferimento alla sentenza  n.  286/1990,  di  non
    fondatezza  di analoghe questioni, ritenuta superabile dal giudice
    a quo.
 (Legge 13 dicembre 1991, n. 412, art. 13, terzo comma; legge 21 marzo
    1988, n. 93, art. 1, secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.11 del 10-3-1993 )
                              IL PRETORE
    Pronunzia la seguente ordinanza nelle  controversie  previdenziali
 riunite  recanti i n. 3462 r.c.l. anno 1991 e n. 14 r.c.l. anno 1992,
 la prima delle quali promossa da Felice Mecchi, nella sua qualita' di
 erede legittimo di Maria Teresa Gaspari, deceduta in  data  8  giugno
 1986,  rappresentato  e  difeso dall'avv. A.S. Perozzi, nei confronti
 dell'I.N.P.S., rappresentato e difeso  dall'avv.  A.  Iandolo  e  nei
 confronti   del   Ministero   dell'interno,  rappresentato  e  difeso
 dell'avvocatura distrettuale dello  Stato;  la  seconda  promossa  da
 Narciso  Brunetti, rappresentato e difeso dall'avv.  G. Giuliari, nei
 confronti   dell'I.N.P.S.,   rappresentato   e    difeso    dall'avv.
 Mazzacurati.
    Chiedevano   i   ricorrenti,   con   separati  ricorsi  depositati
 rispettivamente il 4 novembre  1991  ed  il  3  gennaio  1992,  fosse
 accertato  il  loro  diritto (per il primo iure successionis da Maria
 Teresa Gaspari e per il secondo iure proprio) a percepire la pensione
 sociale e/o la pensione di inabilita', con condanna dell'I.N.P.S. e/o
 del Ministero dell'interno al relativo pagamento con  tutti  i  ratei
 non  riscossi  oltre  agli  interessi  legali,  assumendo  l'avvenuto
 riconoscimento sin dal 1985 dello stato di invalidi  civili  al  100%
 deliberato  dal  Comitato  provinciale  di  assistenza  e beneficenza
 pubblica - C.P.A.B.P., con provvedimenti del  22  aprile  1986  e  26
 novembre   1986,   che   aveva   poi   provveduto  alla  trasmissione
 all'I.N.P.S. reputatane la competenza  per  la  corresponsione  delle
 somme  dovute agli invalidi civili ultra sessantacinquenni, senza che
 quest'ultimo Istituto provvedesse in merito.
    Nel giudizio promosso dal solo  Felice  Mecchi  si  costituiva  il
 Ministero  convenuto eccependo la carenza di legittimazione passiva a
 partecipare  alla  lite,  reputato   l'I.N.P.S.   l'unico   legittimo
 contraddittore,  posto  che  il  Comitato provinciale di assistenza e
 beneficenza pubblica della provincia di Verona, con decisione n.  521
 del  20  gennaio  1988, aveva stabilito di riconoscere a Maria Teresa
 Gaspari (deceduta in data 8 giugno 1986) il diritto alla pensione  di
 inabilita'   ed   aveva   trasferito  all'I.N.P.S.,  per  competenza,
 l'erogazione in conformita' alla normativa di legge in materia.
    In entrambi  i  giudizi  si  costituiva  l'I.N.P.S.  chiedendo  il
 rigetto  delle  domande  reputate  prive  di fondamento in quanto, in
 forza del d.l. 8 febbraio 1988, n. 25 (convertito con  modificazione
 nella  legge  21  marzo  1988, n. 93). L'Istituto era autorizzato dal
 legislatore a corrispondere le sole prestazioni gia'  liquidate  alla
 data  dell'8  febbraio 1988 e non ad effettuare nuove liquidazioni in
 favore   delle  categorie  beneficiarie.  Richiamava,  da  ultimo,  a
 completezza l'I.N.P.S. il disposto del terzo comma dell'art. 13 della
 legge  30  dicembre  1991,  n.  412,  di  interpretazione   autentica
 dell'art. 1, secondo comma, della citata legge n. 93/1988, a norma la
 quale  dispone  che la salvaguardia degli effetti giuridici, derivati
 dagli atti e dai provvedimenti adottati durante il periodo di vigenza
 del d.l. 9 dicembre 1987, n. 495, e' delimitata  a  quelli  adottati
 dal "competente ente erogatore delle prestazioni".
    Entrambi  i  ricorrenti  eccepivano  a tal riguardo, per converso,
 l'illegittimita'  costituzionale   di   detta   ultima   disposizione
 normativa,  motivando  Felice Mecchi, in particolare, con riferimento
 agli artt. 3, 38, 101 e 102 della Costituzione, attesa la mancanza di
 ogni presupposto necessario per l'essere la stessa qualificata  quale
 norma  di  interpretazione  autentica,  valutata  anche la confusione
 ingenerante  tra  potere  legislativo  e  giudiziario  (cfr.  memoria
 depositata il 12 agosto 1992). A sua volta Narcisio Brunetti motivata
 l'eccezione   con  riferimento  agli  artt.  3,  38  ed  altri  della
 Costituzione attesa la palese violazione del  dettato  costituzionale
 operato   privandosi   il   cittadino,  per  effetto  di  tale  norma
 interpretativa, di un diritto soggettivo perfetto  gia'  costituitosi
 ed acquisito o facendolo dipendere " .. dal mero arbitrio di un terzo
 o, peggio, dal mancato o ritardato adempimento di un obbligo da parte
 di terzi .."
 (cfr. memoria depositata in data 11 agosto 1992).
    Osservato  che  la  somma  di  cui all'art. 13, terzo comma, della
 legge 30 dicembre 1991, n. 412, inverso, nell'interpretare l'art.  1,
 secondo  comma,  della  legge  21  marzo 1988, n. 93, non si limita a
 chiarirne il significato intrinseco, fermo il tenore testuale, ma  vi
 incide   innovativamente,  laddove  delimita  la  salvaguardia  degli
 effetti giuridici, derivanti dagli atti e dai provvedimenti  adottati
 durante  la  vigenza  del  d.l.  n.  495/1987,  solamente  a  quelli
 "adottati dal competente ente erogatore  delle  prestazioni"  assunto
 questo   che  trae  fondamento  dall'esame  della  complessa  vicenda
 legislativa   prodromica    e    dall'evoluzione    giurisprudenziale
 intervenuta.
    Originariamente,   invero,   il  d.l.  8  febbraio  1988,  n.  25
 (parzialmente convertito con legge 21 marzo 1988,  n.  93)  disponeva
 all'art.  1  che:  "L'I.N.P.S.  e'  autorizzato  a  corrispondere  le
 prestazioni gia' liquidate in favore dei mutilati, invalidi civili  e
 sordomuti   anche   se  riconosciuti  tali  dopo  il  compimento  del
 sessantacinquesimo  anno  di  eta'",   norma   la   quale   prevedeva
 espressamente,  altresi',  che il diritto dovesse essere riconosciuto
 anche per le  prestazioni  conseguenti  alle  delibere  dei  Comitati
 provinciali  di  assistenza  e  beneficenza  pubblici, con obbligo da
 parte dell'I.N.P.S.  di  liquidazione,  qualora  le  delibere  stesse
 fossero  pervenute  all'istituto  alla  data di entrata in vigore del
 decreto e ricorresse il requisito reddituale.
    Tale seconda parte della disposizione normativa  venne,  tuttavia,
 soppressa   al  momento  della  conversione,  prevedendosi  nondimeno
 all'art. 2 della citata legge n. 93/1988  che:  "Restano  validi  gli
 atti  ed  i  provvedimenti  adottati  e  sono fatti salvi gli effetti
 prodotti ed i  rapporti  giuridici  sorti  sulla  base  del  d.l.  9
 dicembre 1987, n. 495", il quale, a sua volta (decaduto in precedenza
 per  mancata  conversione)  interpretava  autenticamente  la legge n.
 854/1973, al fine di risolvere i contrasti applicativi insorti, cosi'
 espressamente  disponendo: "gli artt. 10 e 11 della legge 18 dicembre
 1973, n. 854, devono  intendersi  nel  senso  che  i  sordomuti  e  i
 mutilati  civili,  anche  se siano stati ricosciuti tali a seguito di
 istanze  presentate  alle  apposite  commissioni  sanitarie  dopo  il
 compimento dei sessantacinque anni di eta', sono ammessi al godimento
 della  pensione  sociale a ciarico del fondo di cui all'art. 26 della
 legge 30 aprile 1969, n. 193, in base ai limiti di reddito  stabiliti
 per  l'erogazione delle prestazioni economiche da parte del Ministero
 dell'interno alle rispettive categorie di appartenenza".
    Va ricordato, altresi', che l'interpretato art. 11 della legge  n.
 854/1973 disponeva che "In sostituzione della pensione o dell'assegno
 di  cui  agli  artt.  12  e  13  della legge 30 marzo 1971, n. 118, i
 mutilati ed invalidi civili sono ammessi, dal primo giorno  del  mese
 successivo   al  compimento  dell'eta'  di  sessantacinque  anni,  su
 comunicazione del Ministero dell'interno all'Istituto nazionale della
 previdenza  sociale,  da  effettuarsi  sei  mesi  prima  del  cennato
 termine,  al  godimento  della pensione sociale a carico del fondo di
 cui all'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153".
    A  completezza,  successivamente,  l'intera   materia   e'   stata
 nuovamente ridisciplinata con il d.l. 23 novembre 1988, n. 509.
    Da  parte  della  giurisprudenza  in  conseguenza si affermo' che,
 anteriormente  al  30  dicembre  1991,  il  diritto  al   trattamento
 pensionistico   de   quo  doveva  riconoscersi  a  tutti  i  soggetti
 ultrasessantacinquenni in possesso del requisito reddituale  e  delle
 condizioni  personali  legislativamente  previste,  che  alla data di
 emanazione del citato d.l. n. 495/1987, fossero  stati  riconosciuti
 inabili   dal  Comitato  provinciali  di  assistenza  e  beneficienza
 pubblica, anche se la pensione non fosse in seguito poi stata  ancora
 liquidata,  posto  che l'I.N.P.S. era solamente delegato al pagamento
 della prestazione, senza alcuna potesta' di autonomo accertamento del
 diritto (cfr. in argomento pretura Verona 26 ottobre 1990,  n.  1277;
 tribunale  Verona  17  maggio 1991, n. 673; pretura Livorno 22 agosto
 1990, n. 247; pretura Parma 19 marzo 1990;  pretura  Pisa  10  aprile
 1990;  Cass.  8  novembre  1991,  n. 11914 e Cass. 17 giugno 1992, n.
 7421)  e  la  stessa  Corte   costituzionale   evidenzio'   coma   la
 liquidazione  della  pensione  sociale sostitutiva inerisse alla fase
 meramente esecutiva del rapporto (Corte costituzionale n. 112/1989).
    La Corte costituzionale medesima peraltro (investita dall'esame di
 diversa  fattispecie),  dopo  aver  evidenziato   come,   a   cagione
 dell'intrinseca  provvisorieta'  e  perdita  di  efficacia ab origine
 della normativa di cui al  d.l.  n.  495/1987  per  la  sua  mancata
 conversione,   la   stessa   non  potesse  fungere  da  parametro  in
 riferimento al principio di eguaglianza, al contempo  aveva  rilevato
 che proprio la regola posta nel detto decreto-legge decaduto appariva
 "  ..  antitetica sia rispetto a quella risultante dalla legislazione
 anteriore (confermata nel d.l. n. 509/1988) sia  rispetto  a  quella
 posta  dall'art.  1 della stessa legge n. 93/1988, che si e' limitato
 ad autorizzare l'erogazione delle  prestazioni  gia'  liquidate  agli
 ultrasessantacinquenni.  La  disposizione  impugnata  si pone percio'
 come derogatoria  rispetto  alla  regola  generale  .."  (cfr.  Corte
 costituzionale n. 286/1990).
    Tale  (pur  lunga)  ricognizione  legislativa  e giurisprudenziale
 effettuata, consente di poter affermare che l'art.  13,  terzo  comma
 della legge n. 412/1991, che sedicentemente interpreta autenticamente
 l'art.  1,  secondo  comma, della legge n. 93/1988, in effetti incida
 profondamente sulla stessa, restringendone  il  suo  ambito  ai  soli
 provvedimenti  emanati  dall'I.N.P.S.  nel  periodo  di efficacia del
 d.l. n. 495/1987 e non anche a quelli di autorita' ed enti  diversi,
 cosi'  vanificando il (sopra evidenziato) carattere derogatorio della
 regola generale, di fatto, cioe' innovandola nella sostanza tanto  da
 elidere  quella parte percettiva su cui si fondava l'estensione della
 sanatoria.
    Ove si consideri che la  qualificazione  di  legge  interpretativa
 spetta: " .. a quelle leggi o a quelle disposizioni che riferendosi e
 saldandosi con altre disposizioni (quelle interpretate), intervengono
 esclusivamente  sul  significato  normativo  di queste ultime (senza,
 percio', intaccarne o integrarne il  dato  testuale),  chiarendone  o
 esplicitandone  il senso (ove considerato oscuro) ovvero escludendone
 o emendandone uno dei sensi ritenuti  possibili,  al  fine,  in  ogni
 caso,  di imporre all'interprete un determinato significato normativo
 della disposizione interpretata .."  (cosi'  Corte  costituzionale  3
 marzo  1988,  n.  233 e cfr., altresi', Corte costituzionale 4 aprile
 1990, n. 155), non puo' dubitarsi che tale disposizione normativa sia
 in  contrasto  con  il  disposto  dell'art.  3  della   Costituzione,
 ponendosi al di fuori dell'ambito dell'interpretazione autentica, per
 essere  stata (oltre i limiti) modificata la disciplina precedente ed
 esservi stata attribuita efficacia retroattiva, con violazione  delle
 fonti  legislative  su  cui  e'  basato  lo  Stato di diritto, la cui
 disciplina deve essere rigorosamente osservata a garanzia dell'intera
 comunita'  nazionale   e   per   la   credibilita'   dell'ordinamento
 democratico statuale (conforme, ibidem).
    A  completezza,  non  puo'  non celarsi poi come il detto art. 13,
 terzo comma,  della  legge  n.  412/1991,  in  concreto  finisca  con
 l'incidere  profondamente  tra  le posizioni di cittadini, ugualmente
 bisognosi e nelle medesime condizioni  di  reddito  e  stato  fisico,
 distinguendone  le  posizioni,  paradossalmente, solo a seconda della
 maggiore   o   minore,   pregressa,   celerita'   nella   definizione
 amministrativa da parte dell'I.N.P.S.
    Ritenuta, in conseguenza, non manifestamente infondata e rilevante
 a   fini   del   decidere  la  sollevata  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 13, terzo comma,  della  legge  30  dicembre
 1991,  n.  412, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione,
 il  giudizio   va   sospeso   fino   alla   decisione   della   Corte
 costituzionale, cui gli atti vanno immediatamente rimessi
                               P. Q. M.
    Visto l'artt. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Sospeso il giudizio in corso;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata  e  rilevante ai fini del
 decidere la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,
 terzo comma, della legge 13 dicembre 1991, n. 412, di interpretazione
 autentica  dell'art.  1, secondo comma, della legge 21 marzo 1988, n.
 93, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale perche' risolva tale questione;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  che,  inoltre,  sia  comunicata  ai Presidenti delle due
 Camere del Parlamento.
      Verona, addi' 1½ dicembre 1992
                          Il pretore: LENDARO

 93C0193