N. 73 ORDINANZA 11 - 26 febbraio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale  -  Fattispecie  di  oblazione  non  discrezionale  -
 Condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali in favore
 della  parte  civile  -  Mancata  previsione  -  Possibilita'  per il
 soggetto danneggiato dal reato di adire  il  giudice  civile  per  la
 condanna  del  convenuto  al  risarcimento  nonche' al rimborso delle
 spese sostenute nel processo penale - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P., art. 162).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.11 del 10-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 162 del codice
 penale, promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1992  dal  Pretore
 di  Verona,  sezione distaccata di Caprino Veronese, nel procedimento
 penale a carico di Bampa Elisabetta ed altro, iscritta al n. 498  del
 registro  ordinanze  1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 27 gennaio 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che il Pretore di Verona, sezione distaccata  di  Caprino
 Veronese,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3 e 24 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  162
 del  codice  penale  "nella  parte  in cui non prevede che il giudice
 possa condannare l'imputato al pagamento delle spese  processuali  in
 favore  della parte civile, salvo che ritenga di disporre, per giusti
 motivi, la compensazione totale o parziale";
      che il remittente - premesso che trattasi nella  fattispecie  di
 oblazione  non discrezionale, per cui gli imputati hanno diritto alla
 relativa ammissione essendo la richiesta tempestiva, e che  la  parte
 civile ha chiesto la liquidazione delle spese processuali sostenute -
 rileva  che questa Corte, con sentenza n. 443 del 1990, ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 444, secondo comma, secondo
 periodo, del codice di  procedura  penale  nella  parte  in  cui  non
 prevede  che  il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese
 processuali in favore  della  parte  civile,  salvo  che  ritenga  di
 disporre, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale;
      che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo, le ragioni esposte nella
 citata decisione, evidenziando una sorta di  autonomia  del  rapporto
 processuale  tra le parti rispetto al merito delle questioni, possano
 essere fatte proprie anche nella fattispecie  in  esame,  in  cui  la
 sentenza  che  dichiara  la  estinzione  del  reato  per  intervenuta
 oblazione,  pur  non  essendo  sentenza  di  condanna,  e'   tuttavia
 preceduta   da  una  valutazione  negativa  sulla  sussistenza  delle
 condizioni per il proscioglimento ex art. 129 del codice di procedura
 penale;
      che,  infine,  conclude  il  remittente,  appare  rispondente  a
 criteri di equita' e giustizia che le spese di difesa sostenute dalla
 parte  offesa  esclusivamente  a  seguito  delle  scelte  processuali
 dell'imputato siano, salvo compensazione, rifuse;
      che e' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  concludendo  per  la  inammissibilita'  o,  in  subordine,
 l'infondatezza della questione;
      che,  ad  avviso  dell'Avvocatura  dello  Stato,  la   questione
 sarebbe,  innanzitutto,  inammissibile  perche' il lamentato vizio di
 incostituzionalita' non deriva dalla norma denunciata,  ma  da  altre
 collocate  nel codice di rito (artt. 538 e 541), le quali subordinano
 la pronuncia del giudice sulle questioni civili ad una  pronuncia  di
 condanna;
      che,  nel  merito, la questione sarebbe, comunque, infondata, in
 quanto mette  in  discussione  il  rapporto  che  il  legislatore  ha
 prefigurato  tra  l'estinzione del reato e l'azione civile esercitata
 nel processo penale, mentre la  questione  oggetto  della  richiamata
 sentenza n. 443 del 1990 si incentrava su un espresso limite negativo
 contenuto  nella  norma  allora denunciata, limite inserito in quanto
 l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle  parti  ha
 un epilogo in una pronuncia di natura del tutto peculiare;
    Considerato   che   l'eccezione   di   inammissibilita'  sollevata
 dall'Avvocatura dello Stato va rigettata,  in  quanto  la  disciplina
 essenziale  dell'istituto dell'oblazione e' dettata dagli artt. 162 e
 162 bis del codice penale, di guisa che la norma di cui il remittente
 chiede   l'introduzione   potrebbe   anche   trovare,   in   ipotesi,
 collocazione nella disposizione impugnata;
      che,   nel  merito,  deve  in  primo  luogo  osservarsi  che  il
 riferimento alla disciplina dell'art. 444  del  codice  di  procedura
 penale  (come risulta a seguito della sentenza di questa Corte n. 443
 del 1990) non appare conferente, in quanto pone a confronto  istituti
 certamente  non  identici,  quali  sono,  da un lato, la sentenza che
 dispone l'applicazione della pena richiesta dalle parti -  la  quale,
 pur non potendo essere pienamente identificata con una vera e propria
 sentenza  di  condanna (cfr. sentenza n. 251 del 1991), e' tuttavia a
 questa "equiparata" ex art. 445 del codice di procedura penale -,  e,
 dall'altro,  la  sentenza di non doversi procedere per estinzione del
 reato - la quale e' invece inquadrata nella categoria delle  sentenze
 di proscioglimento, a nulla rilevando a tal fine che il giudice debba
 pur sempre applicare l'art. 129 del codice di procedura penale -;
      che  va,  poi,  osservato  che,  in  applicazione  dei  principi
 generali in materia, ben potra' il giudice civile, adito dal soggetto
 danneggiato dal reato, condannare il convenuto,  nella  sentenza  che
 accoglie  la  domanda  di  risarcimento  del danno, anche al rimborso
 delle  spese  sostenute  da  detto  soggetto  nel   processo   penale
 conclusosi con sentenza di non doversi procedere, e cio' in quanto le
 spese medesime rientrano nell'ambito del danno subito;
      che,  in  conclusione, la questione va dichiarata manifestamente
 infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.  162  del  codice  penale,  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 3 e 24  della  Costituzione,  dal  Pretore  di
 Verona,  sezione  distaccata  di Caprino Veronese, con l'ordinanza in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 26 febbraio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0203