N. 113 SENTENZA 24 - 26 marzo 1993

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 "
 Elezioni  -  Regione  Sicilia  -  Ricorso  giurisdizionale avverso le
 operazioni delle elezioni regionali -  Immediata  proponibilita'  nei
 confronti   dell'atto   di   proclamazione   degli   eletti  adottato
 dall'ufficio elettorale circoscrizionale  -  Richiamo  alle  pronunce
 della  Corte  costituzionale  in materia (cfr. sentenze nn. 289/1974,
 183/1981, 70/1985, 285/1990, 99 e 175 del 1991) - Irragionevolezza di
 una attribuzione alla regione di una disciplina particolare e diversa
 in  tema  di  tutela   giurisdizionale   -   Spettanza   al   giudice
 amministrativo il giudizio sui ricorsi.
 "
 (Decisione   12   marzo  1992,  n.  58  del  Consiglio  di  giustizia
 amministrativa per la Regione siciliana)
 "
 (Cost., artt. 5, 101,  102,  104,  113,  116  e  118;Statuto  regione
 Sicilia, art. 3).
(GU n.14 del 31-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giuseppe BORZELLINO;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio  BALDASSARRE,
 prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof.  Luigi MENGONI,
 prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,  prof.    Giuliano  VASSALLI,
 prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio promosso con ricorso della Regione siciliana notificato
 l'11 maggio 1992, depositato in Cancelleria  il  16  successivo,  per
 conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito della decisione del 12
 marzo 1992, n. 58, resa dal Consiglio di giustizia amministrativa per
 la Regione siciliana  -  laddove  si  e'  ritenuto  che  "il  ricorso
 giurisdizionale  avverso  le  operazioni delle elezioni regionali sia
 immediatamente proponibile avverso  la  proclamazione  degli  eletti"
 anziche'  avverso  la delibera di convalida effettuata dall'Assemblea
 regionale siciliana - ed iscritto al n.  19  del  registro  conflitti
 1992;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  1992  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Uditi gli avvocati Francesco Castaldi e Salvatore Pensabene Lionti
 per la Regione siciliana;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato l'11 maggio 1992, la Regione siciliana
 ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti  dello  Stato  in
 ordine  alla  decisione  n.  58  del  12  marzo 1992 del Consiglio di
 giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con la quale si e'
 ritenuto che il ricorso giurisdizionale avverso le  operazioni  delle
 elezioni   regionali   sia   immediatamente  proponibile  avverso  la
 proclamazione degli eletti anziche' avverso la delibera di  convalida
 effettuata   dall'Assemblea   regionale  siciliana;  ed  ha  chiesto,
 pertanto, che questa Corte dichiari che "non spetta allo Stato, e per
 esso al giudice amministrativo, conoscere e pronunciarsi direttamente
 sulle operazioni delle elezioni regionali siciliane anteriormente  al
 giudizio   definitivo   sulla   convalida   delle  elezioni  espresso
 dall'Assemblea regionale  siciliana",  con  conseguente  annullamento
 della decisione impugnata.
    La  ricorrente  premette  che l'art. 3 dello Statuto della Regione
 siciliana attribuisce all'Assemblea regionale legislazione  esclusiva
 in  tema  di  elezioni  regionali  "in base ai principi fissati dalla
 Costituente in materia di elezioni politiche". Ed in attuazione della
 ricordata norma di rango costituzionale, gia' con il  d.l.  25  marzo
 1947,  n.  204 veniva attribuita all'Assemblea regionale siciliana la
 convalida dei deputati eletti. Quindi  con  l'organica  normativa  di
 attuazione  (Regolamento  interno,  artt. 40, 61 e legge regionale 20
 marzo  1951,  n.  29)  si  e'  previsto   che   "L'ufficio   centrale
 circoscrizionale pronuncia provvisoriamente sopra qualunque incidente
 relativo   alle  operazioni  ad  esso  affidate,  salvo  il  giudizio
 definitivo degli organi di verifica dei poteri" (art. 56 della citata
 legge regionale), mentre all'art.  61  della  medesima  legge  si  e'
 disposto  che:  "All'Assemblea  regionale  e'  riservata la convalida
 della  elezione  dei  propri  componenti.  Essa  pronunzia   giudizio
 definitivo sulle contestazioni, le proteste, e, in generale, su tutti
 i  reclami  presentati agli uffici delle singole sezioni elettorali o
 all'ufficio centrale circoscrizionale durante  la  loro  attivita'  o
 posteriormente".
    Cio'  posto  -  prosegue  la  ricorrente  -,  e'  avvenuto  che in
 occasione dell'impugnazione della sentenza parziale ed interlocutoria
 del T.A.R. Sicilia - prima sezione staccata di Catania -  n.  845/91,
 il  Consiglio  di  giustizia amministrativa per la Regione siciliana,
 con  la  succitata  decisione  n.  58/92,  nel  respingere  l'appello
 proposto  dal candidato Canzoniere Salvatore, ha ritenuto ammissibile
 il ricorso giurisdizionale  proposto  dal  candidato  D'Urso  Carmelo
 (secondo  dei  non  eletti  della  lista n. 1 della circoscrizione di
 Catania)  direttamente   avverso   la   graduatoria   dei   candidati
 determinata  dall'ufficio  centrale circoscrizionale di Catania nelle
 ultime elezioni per il rinnovo dell'A.R.S.,  svoltesi  il  10  giugno
 1991.  Sostanzialmente  il  Consiglio  di giustizia amministrativa e'
 pervenuto a tale conclusione affermando che:
      1) secondo il piu'  recente  orientamento  giurisprudenziale  e'
 consentita  l'immediata  impugnabilita'  degli atti lesivi pur aventi
 natura  infraprocedimentale,  cio'  anche  in  aderenza  alla  tutela
 giurisdizionale di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione;
      2) l'assenza della previsione di un termine certo entro il quale
 dovrebbe intervenire il definitivo giudizio di convalida vulnererebbe
 il   diritto  di  accesso  alle  cariche  politiche  (art.  51  della
 Costituzione);
      3) riconosciuta dall'art. 20 della legge n.  1034  del  1971  la
 facoltativita'  dei  ricorsi  amministrativi,  sarebbe venuto meno il
 principio dell'esperibilita' del rimedio  giurisdizionale  unicamente
 avverso gli atti definitivi;
      4)  risulterebbe  violato  il  principio  di  uguaglianza di cui
 all'art. 3 della Costituzione, dato che  per  le  regioni  a  statuto
 ordinario  il  giudizio  di  convalida  e' riservato solamente per le
 cause di ineleggibilita' e di incompatibilita' (art. 17 legge n.  108
 del  1968),  laddove per la Sicilia la delibera di convalida da parte
 dell'A.R.S.  si  estende  anche  alla  regolarita'  delle  operazioni
 elettorali.
    Le anzidette statuizioni, afferma la ricorrente, rappresentano una
 menomazione delle attribuzioni ad essa costituzionalmente garantite e
 risultano,  pertanto,  invasive  delle  competenze  regionali  per le
 seguenti considerazioni.
    L'affermazione del Consiglio di giustizia amministrativa circa  la
 diretta  impugnabilita'  della  proclamazione  degli  eletti  non  si
 risolve in un errore di diritto, avendo il medesimo giudice collegato
 detta  immediata   impugnabilita'   con   la   facolta'   di   adire,
 alternativamente,  il  giudice  o  l'Assemblea  regionale; sicche' la
 decisione si risolve in una sottrazione di competenza attribuita alla
 regione in subiecta materia (art. 3 Statuto siciliano ed artt. 116  e
 5 della Costituzione) e, quindi, in una "invasione della sua sfera di
 autonomia  perpetrata  dal  giudice  con  assoluta  esorbitanza dalla
 giurisdizione" (Corte cost. sent.  n.  175  del  1991).  Infatti  con
 l'impugnata  decisione  e'  stata eliminata la parte finale dell'iter
 procedimentale,  cioe'  "la  convalida  della  elezione  dei   propri
 componenti"  ("riservata  all'Assemblea  regionale":  art.  61  della
 ripetuta legge regionale n. 29 del 1951), che  costituisce  "la  fase
 conclusiva  del  complesso procedimento elettorale" (sent. n. 115 del
 1972).
    La normativa che assicura alla Regione siciliana (per di  piu'  ad
 autonomia   differenziata)   il   potere   di  convalida  costituisce
 un'applicazione del piu' generale principio giuspubblicistico secondo
 cui tutti gli organi elettivi hanno il diritto-dovere di pronunciarsi
 sulla propria legittima composizione.
    Orbene, se cio' vale in generale per tutti quei collegi dotati  di
 quella  particolare  autonomia che deriva loro dal voto popolare, per
 quanto concerne segnatamente le elezioni regionali siciliane,  questa
 Corte,  con  la  citata  sentenza n. 115 del 1972, nell'affermare che
 nella materia di specie va assicurata  una  necessaria  coerenza  fra
 Statuto  siciliano e Costituzione, ha fissato i seguenti principi: a)
 che  la  convalida  e'  l'atto  conclusivo  di  un  unico   complesso
 procedimento elettorale; b) che la convalida si annovera fra gli atti
 definitivi   "nel   senso   che   questi  concludono,  appunto,  quel
 procedimento"; c) che va sempre data un'interpretazione  delle  norme
 statutarie che ne assicuri la compatibilita' con la Costituzione.
    Ed alla stregua dei sopradetti insegnamenti, il richiamo dell'art.
 3  dello Statuto "ai principi fissati dalla Costituente in materia di
 elezioni  politiche",  e'  stato  armonizzato  secondo   criteri   di
 ragionevolezza    da   questa   Corte,   la   quale   ha   dichiarato
 l'indeclinabile presuppositivita'  della  delibera  di  convalida  e,
 quindi,   del  giudizio  definitivo  sui  reclami  elettorali,  quale
 intangibile  prerogativa  dell'organo  politico  in  apicibus   della
 Regione  siciliana,  cioe'  l'Assemblea regionale; fermo restando che
 quest'ultima non essendo un organo "supremo"  (quali,  per  converso,
 sono   le   Camere)  e'  privo  di  autodichia,  sicche'  avverso  le
 determinazioni finali dell'A.R.S.  e'  sempre  assicurata  la  tutela
 giurisdizionale.
    Ebbene,  l'unico  modo  di  assicurare "la necessaria coerenza fra
 Statuto  siciliano  e  Costituzione"  consiste  nell'individuare   la
 delibera  di  convalida  come quell'atto "definitivo", in quanto atto
 terminale del complesso procedimento, ed, in quanto tale, unico  atto
 impugnabile.
    L'avere, dunque, disapplicato (da parte del Consiglio di giustizia
 amministrativa)  la  legge  regionale  ed  il regolamento assembleare
 attuativi  dello  Statuto  (Corte  cost.  sent.  n.  285  del  1990),
 eliminando  la  fase  conclusiva del procedimento, e, quindi, facendo
 leva sulla circostanza che pur  gli  atti  non  definitivi  risultano
 impugnabili,  rappresenta oggettivamente un palese travisamento della
 sequenza procedimentale cosi' come risulta prefigurata dalla legge e,
 quindi, un esautoramento delle prerogative regionali.
    Ne discende, dunque, per la questione in  esame,  l'ingiustificata
 assimilazione  -  operata  dal giudice amministrativo - alla tematica
 della immediata ricorribilita' degli atti non  definitivi,  dato  che
 per  questi  ultimi  -  come  e'  noto  - non necessariamente debbono
 intervenire i successivi atti definitivi. In buona sostanza  l'ottica
 -  per  cosi'  dire  -  di tipo impugnatorio ha "spinto" il giudice a
 disapplicare la normativa regionale, di tal che' conclude  affermando
 che   l'interessato   potra'   adire   facoltativamente   o   la  via
 giurisdizionale o quella amministrativa, "ferma restando la  naturale
 prevalenza  del  momento  (e  della  decisione)  giurisdizionale  sul
 momento (e la decisione) amministrativa".
    In  tal  modo  il  Consiglio  di   giustizia   amministrativa   ha
 sostanzialmente  configurato  la  convalida delle elezioni quasi come
 una sorta di ricorso gerarchico improprio, alla stregua  di  un  atto
 che  conclude  un  procedimento di secondo grado e non, per converso,
 come  l'ineludibile  atto  dell'unico  procedimento  elettorale,  che
 riguarda, comunque, tutti i deputati proclamati dagli uffici centrali
 circoscrizionali.
    Del  resto,  dallo  straripamento posto in essere con la pronuncia
 impugnata, conseguirebbe un sindacato da  parte  del  giudice  in  un
 procedimento  non  ancora  concluso,  non  dando  cosi' all'Assemblea
 regionale la possibilita'  di  adottare  preliminarmente  le  proprie
 determinazioni.  L'atto terminale obbligatorio e necessario per legge
 finirebbe, dunque, con l'essere svuotato di  significato,  risultando
 in definitiva una mera presa d'atto delle antecedenti statuizioni del
 giudice.
    Non  puo',  allora,  disconoscersi  il  travolgimento  operato con
 l'impugnata decisione dei principi affermati da questa Corte  con  la
 piu'  volte ripetuta sentenza n. 115 del 1972 (ulteriormente ribaditi
 con la sentenza n. 167 del 1985) e la contestuale  sottrazione  delle
 attribuzioni  spettanti all'organo politico (cfr. sentt. nn. 175 e 99
 del 1991). Cio' in violazione, altresi', degli artt. 113,  101,  102,
 104, 116 e 118 della Costituzione.
    Quanto  poi alla asserita mancanza nella normativa regionale di un
 termine certo e perentorio entro il quale  deve  essere  concluso  il
 procedimento  amministrativo  di  verifica  dei poteri, la ricorrente
 osserva che e' indiscutibile che l'art. 61  del  Regolamento  interno
 dell'Assemblea prevede il termine di un anno per la definizione delle
 operazioni  attinenti  alla  convalida. Peraltro, in caso di inerzia,
 l'interessato potrebbe sempre attivare  la  procedura  del  silenzio-
 rifiuto  secondo  l'inequivoco orientamento di questa Corte (sent. n.
 167 del 1985).
    Infine, circa l'asserita prospettazione della violazione dell'art.
 3  della  Costituzione  per  il  fatto  che  all'Assemblea  regionale
 siciliana  (cosi'  come  alle  altre  regioni  a statuto speciale) e'
 riservata anche  la  convalida  sulla  regolarita'  delle  operazioni
 elettorali,  laddove nelle altre regioni a statuto ordinario concerne
 soltanto le  cause  di  ineleggibilita'  e  di  incompatibilita',  la
 ricorrente  osserva,  da  un  lato,  che  la  posizione differenziata
 prevista dalla Costituzione per le regioni a statuto  speciale  rende
 queste  ultime non omogenee a quelle a statuto ordinario (v. sent. n.
 134 del 1975), e, dall'altro, che, se l'esistenza della  delibera  di
 convalida  nelle Regioni a statuto ordinario in tema di eleggibilita'
 viene   considerata   un   indeclinabile   presupposto    processuale
 dell'azione  per  adire  il giudice ordinario - malgrado si tratti di
 far valere diritti soggettivi -, allora non puo' certamente ritenersi
 ingiustificata  la  prerogativa  attribuita  all'Assemblea  regionale
 siciliana  (con  norme  di  rango costituzionale) di essere titolare,
 nella fase conclusiva del procedimento, del potere di convalida anche
 per  le operazioni elettorali (che riguardano, ben vero, posizioni di
 interesse legittimo),  considerata,  peraltro,  l'intangibile  tutela
 giurisdizionale,   comunque   successivamente  assicurata  avanti  il
 giudice amministrativo.
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri non si e' costituito
 in giudizio.
                        Considerato in diritto
    1. - La Regione siciliana ha sollevato conflitto  di  attribuzioni
 nei confronti dello Stato in ordine alla decisione n. 58 del 12 marzo
 1992  del  Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
 siciliana,  con  la  quale  e'  stato  affermato   che   il   ricorso
 giurisdizionale  avverso  le  operazioni  delle elezioni regionali e'
 immediatamente proponibile nei confronti dell'atto  di  proclamazione
 degli eletti adottato dall'ufficio elettorale circoscrizionale.
    Ad   avviso  della  ricorrente,  con  tale  statuizione  e'  stata
 eliminata  la  parte  finale  dell'iter  procedimentale,   cioe'   la
 convalida   della   elezione   dei   propri   componenti   da   parte
 dell'Assemblea  regionale,  a  questa  riservata  dall'art.  3  dello
 Statuto  regionale (approvato con regio decreto legislativo 15 maggio
 1946, n. 455), dall'art. 4, lett. a), delle norme di  attuazione  del
 medesimo  (approvate  con  decreto  legislativo  del Capo provvisorio
 dello Stato 25 marzo 1947, n. 204), nonche' dalla legge regionale  20
 marzo  1951, n. 29 (art. 61) e dal Regolamento interno dell'Assemblea
 regionale (artt. da 40 a 61). La decisione impugnata si  risolverebbe
 in  una  sottrazione di competenza costituzionalmente attribuita alla
 Regione in materia e quindi in  una  invasione  della  sua  sfera  di
 autonomia  perpetrata  dal  giudice  con  assoluta  esorbitanza dalla
 giurisdizione, con violazione altresi' degli artt. 5, 101, 102,  104,
 113, 116 e 118 della Costituzione.
    2. - Cosi' come e' stato prospettato dalla ricorrente il conflitto
 e' ammissibile.
    La  Regione,  infatti,  non  censura  il  modo  in  cui il giudice
 amministrativo ha in concreto esercitato  la  giurisdizione,  ma,  in
 definitiva,  il fatto in se' di averla esercitata nei confronti di un
 atto che sarebbe alla giurisdizione stessa sottratto in virtu'  delle
 attribuzioni  costituzionalmente  garantite  alla  ricorrente;  tanto
 basta, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt. nn. 289
 del 1974, 183 del 1981, 70 del 1985, 285  del  1990,  99  e  175  del
 1991), agli effetti dell'ammissibilita' del conflitto.
    3. - Nel merito deve essere riconosciuta la competenza del giudice
 amministrativo,  ed  il  ricorso  deve  essere  respinto  sotto  ogni
 profilo.
    Lo  Statuto  di  autonomia  speciale  della   Regione   siciliana,
 approvato  con  regio  decreto  legislativo  15 maggio 1946, n. 455 -
 prima ancora, come e' noto, delle elezioni dell'Assemblea Costituente
 - attribuisce (art. 3) alla Regione stessa la potesta' legislativa in
 materia di elezione dell'Assemblea  regionale  col  solo  limite  del
 suffragio  universale  diretto e segreto e dei principi fissati dalla
 Costituente in materia di elezioni politiche. L'art. 42 dello Statuto
 prevedeva che le prime elezioni si tenessero "in base  alla  emananda
 legge  elettorale  politica  dello Stato"; le elezioni furono indette
 per il 20 aprile 1947 con il decreto del Capo provvisorio dello Stato
 6 dicembre 1946, n.  456,  applicando  le  disposizioni  del  decreto
 legislativo   luogotenenziale   10   marzo   1946,  n.  74,  relative
 all'elezione dell'Assemblea Costituente.
    L'Assemblea  regionale  si  dette poi, ai sensi delle citate norme
 statutarie, la propria legge elettorale  (legge  regionale  20  marzo
 1951, n. 29).
    Nel  primo  periodo  di vita dell'autonomia speciale si ritenne da
 parte  della  Regione  siciliana  che  la  posizione   costituzionale
 dell'Assemblea regionale fosse equiparabile a quella delle due Camere
 del  Parlamento.  Ma  fino dalla sentenza n. 66 del 1964 questa Corte
 ricondusse tale posizione nei termini compatibili  con  l'ordinamento
 costituzionale:   escluse  ogni  possibile  estensione  all'Assemblea
 regionale dei poteri e delle prerogative tipiche  del  Parlamento,  e
 ribadi'  che  le  norme  in tema di giurisdizione sono di assoluta ed
 esclusiva competenza statale. Con la successiva sentenza n.  115  del
 1972,  sul  tema  specifico  del  contenzioso elettorale, la Corte ha
 nuovamente affermato "che alle Regioni, anche se a statuto  speciale,
 non  spetta  competenza  alcuna in tema di giurisdizione .. E percio'
 non puo' revocarsi in dubbio che, in applicazione di tale  principio,
 come  non sono ammissibili leggi regionali sulla giurisdizione, cosi'
 non e' ammissibile che leggi regionali escludano la giurisdizione".
    Conseguentemente  la  Corte  ha  ritenuto  che  "le   disposizioni
 contenute  nella  legge  statale  che  disciplino'  le prime elezioni
 regionali (D.L.C.P.S. 25 marzo  1947,  n.  204),  nella  legislazione
 regionale  (legge  regionale  20 marzo 1951, n. 29) e nel Regolamento
 interno dell'Assemblea  (specialmente  nell'art.  41)  devono  essere
 interpretate in un modo che le renda compatibili con la Costituzione:
 di  tal  che  "il  giudizio  definitivo"  sui  reclami elettorali, la
 "convalida delle elezioni", la  "incontestabilita'"  della  pronunzia
 finale  e  cosi'  via  sono tutte espressioni che correttamente vanno
 riferite alla fase conclusiva del complesso procedimento elettorale e
 che qualificano come definitivi  gli  atti  relativi  nel  senso  che
 questi  concludono,  appunto,  quel procedimento: non certo nel senso
 della preclusione di una successiva fase giurisdizionale, nella quale
 le situazioni subiettive degli  interessati  possano  trovare  quella
 tutela  che  la  Costituzione a tutti riconosce" (citata sent. n. 115
 del 1972).
    4. - Del resto la Regione ricorrente non pone  in  discussione  la
 esperibilita'  della  tutela  giurisdizionale (sia dinanzi al giudice
 ordinario, sia dinanzi al  giudice  amministrativo)  in  ordine  alle
 elezioni  dell'Assemblea  regionale, ma sostiene che detta tutela non
 possa esperirsi se non nei confronti della deliberazione di convalida
 degli  eletti  da  parte  dell'Assemblea,   considerata   come   atto
 definitivo che conclude il complesso procedimento elettorale.
    Tale  assunto  sarebbe suffragato dalla citata sentenza n. 115 del
 1972 di questa Corte e da una piu' recente pronunzia  sulla  medesima
 materia, la n. 167 del 1985.
    Ma  -  come  e'  stato gia' detto - la tesi della Regione non puo'
 essere accolta.
    Una  attenta  e  corretta  lettura  delle  pronunce  surrichiamate
 dimostra  che  i  principi in esse affermati - dai quali questa Corte
 non  intende  discostarsi  -  conducono  a  conclusioni   antitetiche
 rispetto all'assunto della Regione siciliana.
    Invero,  partendo  dalle  premesse  poste in tema di giurisdizione
 dalla sentenza n. 66 del 1964 e confermate dalla sentenza n. 115  del
 1972,  la  quale  interpreta  le  disposizioni concernenti l'elezione
 dell'Assemblea regionale siciliana e in particolare  quelle  relative
 al  procedimento  di  convalida  degli  eletti  in  modo  conforme  a
 Costituzione,  si  evince  che  "il  giudizio  definitivo"  riservato
 all'Assemblea  regionale,  "sulle  contestazioni,  le proteste, e, in
 generale, su tutti i reclami presentati  agli  uffici  delle  singole
 sezioni elettorali o all'ufficio centrale circoscrizionale durante la
 loro  attivita' o posteriormente" - previsto dall'art. 61 della legge
 regionale n. 29 del 1951 -  ha  carattere  puramente  amministrativo.
 Altrettanto  va  detto,  ovviamente,  per il contenzioso disciplinato
 dagli artt. 40 - 61 del Regolamento interno dell'Assemblea medesima.
    Quanto, poi, alla sentenza n. 167 del 1985, va considerato che con
 essa la Corte dichiaro' inammissibile per irrilevanza la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 56  e  61  della  piu'  volte
 menzionata legge regionale n. 29 del 1951 concernente le elezioni dei
 deputati dell'Assemblea regionale siciliana.
    A  tale  conclusione  la  Corte  pervenne osservando che lo stesso
 T.A.R. remittente aveva affermato che "la pregiudiziale eccezione  di
 inammissibilita'  del ricorso per mancanza del momento conclusivo del
 procedimento elettorale, si appalesa fondata" ed aveva  aggiunto  che
 l'effetto  conclusivo  del  procedimento  non  puo' essere attribuito
 all'atto  di  proclamazione,  al  quale  quindi   non   puo'   essere
 riconosciuto  carattere  di  definitivita',  deducendone  infine  "la
 intempestivita' del rimedio giurisdizionale".  E'  pertanto  evidente
 che  la  Corte  non  poteva  che  prendere  atto  di  una irrilevanza
 manifestata ex  ore  suo  dal  giudice  remittente  e  dichiarare  di
 conseguenza la inammissibilita' della questione.
    Esattamente  quindi  il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa,
 ponendosi  il  problema  della  sentenza  n.  167  del  1985,  ne  ha
 sottolineato  il  carattere  di  declaratoria di inammissibilita' per
 irrilevanza, osservando che la questione della diretta impugnabilita'
 dell'atto dell'ufficio elettorale circoscrizionale non aveva  formato
 oggetto  di specifico esame della Corte, cui non puo' pertanto essere
 ricondotta  la  tesi   che   l'unico   atto   impugnabile   in   sede
 giurisdizionale   sia  l'atto  di  convalida  adottato  dalla  stessa
 Assemblea regionale.
    5. - Tanto chiarito, devono  essere  coerentemente  sviluppate  le
 conseguenze che derivano dal carattere amministrativo delle decisioni
 finali  dell'Assemblea,  anche  se  adottate  in  seguito  a reclami,
 proteste o ricorsi.
    Ribadito che alle regioni, anche se a statuto speciale, non spetta
 competenza alcuna in tema di giurisdizione e che, in applicazione  di
 tale  principio,  come  non  sono  ammissibili  leggi regionali sulla
 giurisdizione, cosi' non e' ammissibile che leggi regionali escludano
 la giurisdizione, va anche affermato che le  modalita'  di  esercizio
 del  fondamentale  diritto  alla  tutela  giurisdizionale non possono
 essere  diverse  in  una  regione  rispetto  al  restante  territorio
 nazionale, soprattutto quando la diversita' verrebbe a tradursi in un
 sostanziale indebolimento della tutela stessa.
    Ora,  non  puo'  esservi  dubbio  che anche per quanto riguarda il
 contenzioso  elettorale  riservato  alla   competenza   del   giudice
 amministrativo,  nella  materia  delle  operazioni  elettorali, debba
 valere la regola sancita dagli artt. 2 e 20 della  legge  6  dicembre
 1971,  n.  1034,  che  ha  eliminato il requisito della definitivita'
 dell'atto  amministrativo  quale   condizione   necessaria   per   la
 proponibilita'  del  ricorso giurisdizionale; tale principio e' stato
 confermato in via generale dalla recente sentenza n. 42 del  1991  di
 questa  Corte,  la  quale  ha sottolineato "l'esigenza di uniformita'
 della tutela, in ordine a situazioni soggettive di identica  natura".
 Occorre  inoltre  considerare che detta esigenza appare assolutamente
 evidente nei ricorsi concernenti le operazioni elettorali,  dato  che
 l'ufficio  elettorale  circoscrizionale  con  l'atto di proclamazione
 degli eletti assegna i seggi e attribuisce agli  eletti  medesimi  il
 diritto   a  ricoprire  la  carica  elettiva,  nonche'  definisce  la
 graduatoria dei candidati ad ogni effetto che possa  derivarne  anche
 per  i  non  eletti,  ove  si verifichino successivamente vacanze per
 qualsiasi  causa.  Condizionare  all'esaurimento   del   procedimento
 amministrativo   elettorale,   di   cui  la  convalida  degli  eletti
 costituisce  l'atto  conclusivo,  la   proponibilita'   del   ricorso
 giurisdizionale  per  chi  si ritenga leso dall'atto di proclamazione
 dei  risultati,  darebbe  luogo  ad   una   grave   limitazione   del
 fondamentale  diritto  di  ogni persona di agire in giudizio a tutela
 delle proprie posizioni soggettive.
    6. - Correttamente dunque il Consiglio di giustizia amministrativa
 ha  ritenuto  che  "le  norme  regionali  in  questione,  alla   luce
 dell'indicata  evoluzione  dell'ordinamento,  vadano interpretate nel
 senso che il ricorso  giurisdizionale  avverso  le  operazioni  delle
 elezioni   regionali   sia   immediatamente  proponibile  avverso  la
 proclamazione degli eletti".
    A questa conclusione il giudice e' pervenuto, del  resto,  in  via
 ermeneutica,  limitandosi  ad interpretare la normativa sottoposta al
 suo esame alla luce dei principi costituzionali:  non  puo',  quindi,
 certamente    parlarsi,    come    sostiene    la    ricorrente,   di
 "disapplicazione" delle norme regionali, ben diverso essendo il  caso
 -  richiamato dalla Regione - della sent. n. 285 del 1990, in cui era
 stato esercitato dichiaratamente un abnorme potere di disapplicazione
 di leggi regionali (trattate alla stregua di atti amministrativi) per
 presunta incostituzionalita'.
    Al sistema  generale  di  tutela  giurisdizionale  in  materia  di
 elezioni, si contrappone quale unica eccezione, ai sensi dell'art. 66
 della Costituzione, la riserva di competenza esclusiva del Parlamento
 a giudicare sui titoli di ammissione dei propri componenti.
    Una  volta  escluso,  come  e'  stato  ricordato  al  punto 3, che
 all'Assemblea regionale siciliana possa estendersi detta riserva, che
 solo per il Parlamento e' prevista in  Costituzione  e  solo  per  il
 Parlamento  trova  giustificazione  storica  e sistematica, non vi e'
 ragione alcuna su cui fondare l'attribuzione  alla  Regione,  seppure
 dotata di autonomia speciale, di una disciplina particolare e diversa
 in  tema  di  tutela  giurisdizionale,  quale  sarebbe  quella  della
 condizione   della   definitivita'   dell'atto   (nella   specie   il
 provvedimento  di  convalida  degli eletti) per la proponibilita' del
 ricorso al giudice. Va pertanto  riconosciuto  che  il  Consiglio  di
 giustizia  amministrativa  ha  esercitato la giurisdizione di propria
 spettanza senza invadere o ledere, con la decisione nei cui confronti
 e'   stato   sollevato   conflitto   di   attribuzione,    competenze
 costituzionalmente garantite alla Regione siciliana.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che spetta allo Stato e per esso al giudice amministrativo
 giudicare  sui  ricorsi  in  materia  di  operazioni  elettorali  per
 l'elezione   dei   deputati   dell'Assemblea   regionale    siciliana
 direttamente  proposti  avverso  l'atto di proclamazione degli eletti
 adottato dall'Ufficio elettorale circoscrizionale.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, Il 24 marzo 1993.
                       Il Presidente: BORZELLINO
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 26 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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