N. 123 SENTENZA 25 - 29 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Procedimento pretorile - G.I.P. - Opposizione della
 persona  offesa  dal  reato  alla  richiesta   di   archiviazione   -
 Provvedimenti  del  giudice  -  Convocazione delle parti in camera di
 consiglio - Richiamo alla sentenza  della  Corte  di  non  fondatezza
 (sentenza  n.  94/1992)  -  Rilevanza  del  principio  della "massima
 semplificazione" - Non fondatezza.
 
 (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 156, secondo comma).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.15 del 7-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 156, secondo
 comma,  del  decreto  legislativo  28  luglio  1989,  n.  271  (Norme
 d'attuazione,  di coordinamento e transitorie del codice di procedura
 penale), promosso con ordinanza emessa il 12 giugno 1992 dal  giudice
 per  le  indagini  preliminari  presso  la  Pretura  di  Perugia  nel
 procedimento penale a carico di Aureliana Del Commoda, iscritta al n.
 495 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 40 prima serie speciale dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 27 gennaio 1993 il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
                           Ritenuto in fatto
    1. -  Nel  corso  di  un  procedimento  penale  nei  confronti  di
 Aureliana  Del  Commoda  - nel cui ambito la persona offesa del reato
 aveva proposto opposizione alla richiesta di archiviazione  formulata
 dal  pubblico  ministero  -  il  giudice  per le indagini preliminari
 presso  la  Pretura  circondariale  di  Perugia, con ordinanza del 12
 giugno  1992,  ha  sollevato,  in  riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 156,
 secondo  comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme
 d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di  procedura
 penale),  nella parte in cui tale norma dispone che il giudice per le
 indagini preliminari presso la Pretura, a seguito  di  archiviazione,
 provvede  ai  sensi  dell'art.  554,  secondo  comma,  del  codice di
 procedura penale e non ai sensi del combinato disposto  di  cui  agli
 artt.  410, terzo comma, e 409, secondo, terzo, quarto e quinto comma
 del codice di procedura penale.
    2. - Premette il giudice remittente che la norma impugnata esclude
 il potere-dovere del giudice per le indagini  preliminari  presso  la
 Pretura  di  convocare  le  parti  per  una udienza camerale ai sensi
 dell'art. 127 del codice di procedura penale,  allorche'  la  persona
 offesa  proponga opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata
 dal pubblico ministero. In tale esclusione il giudice a  quo  ravvisa
 una duplice, ingiustificata disparita' di trattamento: da un lato,tra
 le  diverse  parti del procedimento pretorile - ed in particolare tra
 la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa dal reato  -;
 dall'altro,  tra  l'indagato  in  un  procedimento  pretorile  ed  il
 soggetto che assume la medesima posizione in un procedimento  dinanzi
 al Tribunale.
    Nell'ordinanza  di  rinvio si ricorda che la Corte costituzionale,
 con la sentenza n. 94 del 1992, ha gia' negato che la mancanza  della
 procedura  camerale  nel  procedimento  pretorile  si  risolva  in un
 deteriore trattamento della persona offesa rispetto a  quanto  accade
 nel  procedimento davanti al Tribunale. Senonche' - rileva il giudice
 a quo - nella stessa sentenza si trova  affermato  che  la  procedura
 camerale  e'  "tesa  non tanto a garantire la persona offesa - che ha
 gia' esposto le proprie ragioni nell'atto di  opposizione  -  quanto,
 piuttosto,  a  consentire  al  pubblico  ministero  ed  alla  persona
 sottoposta    alle    indagini    di    interloquire    sul    merito
 dell'opposizione".    Queste   considerazioni   sarebbero   tali   da
 giustificare "l'esame della  conformita'  dell'art.  156  disp.  att.
 c.p.p.  all'art.  3  della Costituzione, avuto riguardo alle facolta'
 processuali  naturalmente   proprie   del   pubblico   ministero   e,
 soprattutto, dell'indagato".
    La  mancata  previsione  della  udienza  in  camera di consiglio a
 seguito dell'opposizione della  persona  offesa  lederebbe,  infatti,
 l'esigenza   del   contraddittorio  che  e'  condizione  della  piena
 esplicazione dei poteri della parte pubblica e del diritto di  difesa
 dell'indagato.    E    invero,   l'estensione   del   contraddittorio
 sull'esercizio dell'azione penale alla persona offesa,  da  un  lato,
 con  la  negazione  alla  persona  sottoposta  alle  indagini di ogni
 possibilita' di accesso  al  giudice  per  le  indagini  preliminari,
 dall'altro,  violerebbero  -  sempre ad avviso del giudice a quo - il
 principio di parita'  delle  parti,  mentre  analoghe  considerazioni
 varrebbero  per  il  pubblico  ministero,  al quale viene negata ogni
 facolta' di contestazione delle  tesi  e  delle  richieste  formulate
 dalla  parte  offesa  nell'atto di opposizione. Da qui il sospetto di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  156,  secondo  comma,  del
 decreto legislativo n. 271 del 1989 per ingiustificata ed irrazionale
 disparita'  di  trattamento  delle parti nell'ambito del procedimento
 pretorile e della persona indagata a seconda che si proceda per reati
 di competenza del Pretore ovvero del Tribunale.
                        Considerato in diritto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso la  Pretura  di
 Perugia  dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  156,
 secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271  (Norme
 di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
 penale)  nella  parte  in  cui  non  prevede  che,  nel  procedimento
 pretorile - a differenza di quanto accade nel procedimento innanzi al
 Tribunale - il giudice  per  le  indagini  preliminari,  in  caso  di
 opposizione   della  persona  offesa  dal  reato  alla  richiesta  di
 archiviazione, provveda ai sensi del combinato disposto  dagli  artt.
 410,  terzo  comma,  e  409,  secondo,  terzo,  quarto e quinto comma
 c.p.p.,  convocando  le  parti  in  camera  di   consiglio   con   il
 procedimento di cui all'art. 127 dello stesso codice.
   La  questione  di costituzionalita' viene sollevata con riferimento
 all'art. 3  della  Costituzione,  per  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento: a) tra le diverse parti del procedimento pretorile e, in
 particolare,  tra la persona offesa dal reato e la persona sottoposta
 alle indagini, dal momento che, in assenza della procedura  camerale,
 soltanto alla prima e non alla seconda sarebbe consentito l'"accesso"
 al  giudice  mediante l'atto di opposizione all'archiviazione; b) tra
 le persone indagate nell'ambito di un procedimento pretorile e quelle
 perseguite per reati compresi nella competenza del Tribunale.
    2. - La questione e' infondata in relazione ad ambedue  i  profili
 prospettati.
    Come  viene  ricordato  dalla  stessa  ordinanza di rinvio, questa
 Corte, con la sentenza n. 94 del 1992, ha gia' dichiarata non fondata
 la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, nei confronti dell'art.  156,  secondo
 comma,  del  decreto  legislativo n. 271 del 1989 "nella parte in cui
 non prevede, nel procedimento pretorile, in caso di opposizione della
 persona offesa alla richiesta  di  archiviazione,  l'audizione  delle
 parti in camera di consiglio".
    Tale  pronuncia  ha trovato il suo fondamento nella considerazione
 che il procedimento pretorile soggiace alla direttiva della  "massima
 semplificazione" (art. 2 n. 103 legge 16 febbraio 1987, n. 81) con la
 conseguenza  che  "non puo' dirsi privo di giustificazione - e quindi
 fonte di disparita' di trattamento tale da violare l'art. 3  Cost.  -
 che  il  legislatore  abbia  ritenuto  di  attuare  (tale  direttiva)
 evitando l'appesantimento che l'adozione  della  complessa  procedura
 camerale indubbiamente comporta".
    Ora,   se   e'  vero  -  come  rileva  il  giudice  a  quo  -  che
 nell'ordinanza di rinvio che  ha  dato  luogo  a  tale  pronuncia  la
 questione  di costituzionalita' era stata prospettata in relazione al
 diverso profilo della disparita' di trattamento tra le  parti  offese
 nel  procedimento  pretorile e nel procedimento innanzi al Tribunale,
 e' anche vero che questo non puo' condurre ad affermare che la  ratio
 decidendi  espressa  nella  sentenza  n. 94 del 1992 non possa valere
 anche rispetto ai profili in esame.
    Per  quanto  concerne,  infatti,  il   primo   profilo,   relativo
 all'asserita  disparita'  di trattamento tra le parti nell'ambito del
 procedimento pretorile, basti solo considerare che e' pur  sempre  il
 principio  di  "massima semplificazione" di cui alla direttiva n. 103
 della  legge di delegazione che consente di giustificare, insieme con
 l'esclusione  dell'udienza  preliminare,  anche  l'assenza  del  rito
 camerale  nell'ipotesi  di opposizione all'archiviazione: ipotesi che
 il legislatore, in attuazione di tale principio, ha ritenuto di poter
 regolare  prevedendo  per  questa  fase  del  procedimento  la   sola
 contrapposizione   tra   due  atti  formali  quali  la  richiesta  di
 archiviazione formulata dal pubblico ministero e l'opposizione a tale
 richiesta avanzata dalla parte interessata  alla  prosecuzione  delle
 indagini. Tale soluzione, per quanto non obbligata, non viene certo a
 superare  -  nel  quadro del procedimento semplificato previsto per i
 reati di competenza pretorile - le soglie della  ragionevolezza,  ove
 si  consideri  il  suo riferimento alle indagini preliminari e ad una
 fase della procedura  in  cui  il  pubblico  ministero,  mediante  la
 richiesta di archiviazione, ha gia' espresso il proprio convincimento
 in ordine alla infondatezza della notizia del reato.
    Ma  anche  per  quanto  concerne il secondo profilo, relativo alla
 disparita' di trattamento della persona indagata nell'ambito del rito
 pretorile rispetto a quella sottoposta al rito  operante  innanzi  al
 Tribunale,  non  puo' non valere il richiamo al principio di "massima
 semplificazione" gia' operato nella sentenza  n.  94  del  1992,  dal
 momento  che  tale  principio viene a ispirare il processo davanti al
 pretore nel suo  complesso,  indipendentemente  dalla  considerazione
 della  diversita'  di  posizione  che,  nell'ambito di tale processo,
 risulta conferita alle singole parti. E  questo  tanto  piu'  ove  si
 consideri  che  la  direttiva  espressa al n. 1 della stessa legge di
 delegazione fissa gia' il principio della  "massima  semplificazione"
 del   processo   con   la  conseguenza  che  i  "criteri  di  massima
 semplificazione" richiesti dalla direttiva n.  103  non  possono  che
 tradursi  in  una  ulteriore  semplificazione  degli  istituti  e dei
 meccanismi semplificati previsti in via generale per il  procedimento
 concernente i reati di competenza del Tribunale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 156, secondo comma, del decreto legislativo
 28 luglio 1989, n. 271  (Norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie   del   codice   di   procedura  penale)  sollevata,  con
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dal  giudice  per  le
 indagini  preliminari presso la Pretura di Perugia con l'ordinanza di
 cui in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 29 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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