N. 127 ORDINANZA 25 - 29 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Pena richiesta dall'imputato - Dissenso del p.m. -
 Possibilita' di applicazione da parte del giudice solo all'esito  del
 dibattimento  -    Petitum  volto  a  conseguire  l'anticipazione del
 provvedimento decisorio con esclusione  di  qualsiasi  rilevanza  del
 dissenso del p.m. - Coerenza del disegno normativo inteso a mantenere
 l'equilibrio  tra i diritti delle parti e le attribuzioni del giudice
 - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 448, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.15 del 7-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  448,  primo
 comma,  del  codice  di  procedura  penale,  promossi con le seguenti
 ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 2 aprile 1992 dal  Tribunale  di  Crotone
 nel  procedimento penale a carico di Nocita Francesco, iscritta al n.
 307 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1992;
      2) ordinanza emessa il 15 maggio 1992 dal Tribunale  di  Lamezia
 Terme  nel  procedimento  penale  a  carico di Lo Scavo Vincenzino ed
 altro, iscritta al n. 446 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  37,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1992;
    Visti gli atti di intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Tribunale di Crotone ed il  Tribunale  di  Lamezia
 Terme  hanno  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 97 della
 Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 448,  primo  comma,
 del  codice  di  procedura  penale, nella parte in cui stabilisce che
 solo all'esito del dibattimento il giudice possa  applicare  la  pena
 richiesta  dall'imputato  nell'ipotesi  in  cui il pubblico ministero
 abbia espresso il proprio dissenso;
      che la dedotta violazione del principio di uguaglianza si fonda,
 secondo il Tribunale di Crotone,  sulla  circostanza  che  l'indicata
 disciplina  determina un identico trattamento sanzionatorio anche nel
 caso in cui il rito seguito sia quello ordinario,  mentre  ad  avviso
 del  Tribunale  di  Lamezia  Terme  il  contrasto  con l'art. 3 della
 Costituzione va rinvenuto nella "disparita' di  trattamento  rispetto
 al  provvedimento positivo emesso nel corso degli atti preliminari al
 dibattimento", in quanto il giudice e' chiamato "a  decidere  con  un
 materiale  probatorio  diverso  rispetto a quello valutato dal P.M. e
 normalmente previsto come sufficiente nel caso di consenso";
      che  la  disposizione  impugnata contrasterebbe anche, secondo i
 giudici  a  quibus,  con  l'art.  97  della  Costituzione   giacche',
 imponendosi   la   celebrazione   del  dibattimento  e,  quindi,  "un
 defatigante lavoro  istruttorio  potenzialmente  non  utile",  rimane
 insoddisfatta  la  funzione deflattiva tipica dei riti speciali a cui
 si saldano gli effetti premiali sulla pena;
      che in entrambi i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  non
 fondata;
    Considerato  che  le  ordinanze  sollevano la medesima questione e
 che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti;
      che, come precisa  la  Relazione  al  Progetto  preliminare,  la
 disposizione oggetto di impugnativa ha inteso recepire le indicazioni
 contenute  nella  sentenza  di  questa  Corte n. 120 del 1984, con la
 quale, offrendosi  l'interpretazione  secundum  Constitutionem  degli
 artt.  77 e 78 della legge n. 689 del 1981 in tema di applicazione di
 sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato, si e'  ritenuto  che
 il  parere del pubblico ministero fosse vincolante per il rito ma non
 per il merito, con la conseguenza che, nel caso di  parere  negativo,
 fosse   precluso   l'epilogo  anticipato  del  procedimento,  ma  non
 l'accoglimento della richiesta dell'imputato da  parte  del  giudice,
 una volta completato regolarmente il dibattimento;
      che  il petitum che i giudici a quibus mostrano di perseguire e'
 invece  vo'lto  a  consentire  l'"anticipazione"  del   provvedimento
 decisorio  sulla  applicazione della pena richiesta dall'imputato, in
 tal modo escludendo qualsiasi  rilevanza  al  dissenso  del  pubblico
 ministero ai fini della celebrazione del rito speciale;
      che una siffatta prospettiva, peraltro, nell'affidare al giudice
 il  potere  di surrogare ex officio la carenza di uno dei presupposti
 del rito (il consenso del  pubblico  ministero),  viene  a  porsi  in
 stridente  autonomia  non solo con la struttura pattizia che sta alla
 base dello speciale procedimento  che  viene  qui  in  discorso,  ma,
 soprattutto,  con  il  principio di parita' delle parti, posto che il
 pubblico ministero verrebbe ad essere autoritativamente "espropriato"
 del potere di esercitare in  dibattimento  il  proprio  diritto  alla
 prova,  che  ben  puo' volgersi a dimostrare, fra l'altro, proprio la
 fondatezza delle ragioni in base alle quali la stessa parte  pubblica
 non  ha  ritenuto  di  accondiscendere alla richiesta di applicazione
 della pena formulata dall'imputato;
      che la disposizione oggetto di censura, pertanto,  non  puo'  in
 alcun modo ritenersi lesiva degli invocati parametri, rappresentando,
 anzi, il frutto di un coerente disegno normativo volto a mantenere in
 equilibrio   fra  loro  i  contrapposti  diritti  delle  parti  e  le
 attribuzioni del giudice;
      e  che,  di  conseguenza,  la  questione  proposta  deve  essere
 dichiarata manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 448, primo comma, del  codice  di  procedura
 penale,   sollevata,   in   riferimento  agli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione, dal Tribunale di Crotone e  dal  Tribunale  di  Lamezia
 Terme con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 29 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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