N. 134 SENTENZA 25 marzo - 1 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Decreto di archiviazione - Condanna del querelante
 alle spese anticipate dallo Stato -  Mancata  previsione  -  Richiamo
 alla  giurisprudenza  della  Corte  in  materia  (cfr.  sentenze  nn.
 165/1974, 52/1975  e  29/1992)  -  Ragionevolezza  della  scelta  del
 legislatore - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., artt. 408, 427, 542 e 554; norme di attuazione, art.  125).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.15 del 7-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  artt.  554,  408,
 427,  542  del codice di procedura penale e 125 delle disposizioni di
 attuazione, promosso con ordinanza  emessa  il  1›  giugno  1992  dal
 giudice  per  le  indagini preliminari presso la Pretura di Massa nel
 procedimento penale a carico di B. R., iscritta al n. 561
 del  registro  ordinanze  1992  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il giudice per le  indagini  preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale   di  Massa,  chiamato  a  pronunciarsi  sulla  querela
 presentata da M. P. V. d. H.  nei  confronti  del  dott.
 R.  B.  per  il  reato di lesioni, premette che all'esito
 delle  indagini  preliminari  il  pubblico  ministero  ha   formulato
 richiesta  di archiviazione per l'infondatezza della notizia di reato
 e che tale richiesta e' certamente da condividersi.
    2. - Il giudice remittente  premette  ancora  che,  per  principio
 generale,  chi  abbia  proposto  una  querela  infondata  deve essere
 condannato al pagamento  delle  spese  processuali  anticipate  dallo
 Stato.   Tale  principio,  gia'  presente  nell'impianto  del  codice
 abrogato, troverebbe nell'attuale  codificazione  la  sua  traduzione
 normativa  nell'art.  427,  che impone, nella sentenza di non luogo a
 procedere, la condanna alle spese del  querelante  nelle  ipotesi  di
 assoluzione  del querelato perche' il fatto non sussiste o l'imputato
 non l'ha commesso; lo stesso codice del 1988, disciplinando nell'art.
 542 le medesime ipotesi, opera un rinvio ricettizio  alla  disciplina
 di cui all'art. 427.
    Ma  nulla  e'  disposto  circa  le  ipotesi di proscioglimento del
 querelato  per  la  infondatezza  della  notizia  di  reato;  ed,  in
 particolare,  nulla  e'  disposto  circa  le  ipotesi di infondatezza
 manifesta, in cui, al termine delle indagini,  si  sia  acquisita  la
 ragionevole certezza dell'insussistenza degli elementi essenziali del
 reato lamentato.
    A   suo   avviso,  quindi,  in  vicende  giudiziarie  nelle  quali
 l'imprudente prospettazione  dei  fatti  offerta  dal  querelante  ha
 determinato il pubblico ministero a conferire un incarico tecnico che
 ha  comportato una spesa per l'erario, non e' possibile - in mancanza
 di un'espressa disposizione al riguardo - condannare il querelante al
 pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato.
    3. - Sulla scorta di tali premesse il giudice a  quo  ritiene  che
 gli  artt.  554, 408, 125 delle disposizioni di attuazione, 427 e 542
 del codice di procedura  penale,  non  siano  conformi  al  principio
 costituzionale di uguaglianza nella parte in cui non prevedono che il
 querelante  debba  essere  condannato,  con  il  decreto  che dispone
 l'archiviazione, al pagamento delle spese anticipate dallo Stato, nei
 casi in cui gli elementi giudicati non idonei a sostenere l'accusa in
 giudizio investano la sussistenza del fatto o  la  commissione  dello
 stesso da parte del querelato.
    L'omissione di una tale previsione, sarebbe, a suo avviso, foriera
 di una grave disparita' di trattamento.
    Il  proscioglimento  avvenuto a seguito dell'udienza preliminare o
 addirittura a seguito  del  dibattimento,  presuppone  che  sia  gia'
 superato il passaggio logico relativo alla prognosi di sostenibilita'
 di  cui  all'art.  125 delle disposizioni di attuazione del codice di
 procedura  penale,  con  la  conseguenza  che,  nei casi nei quali la
 querela si possa ritenere, ai fini dell'esercizio dell'azione penale,
 di una certa fondatezza, il querelante viene condannato al  pagamento
 delle  spese  processuali,  quando  l'ipotesi  accusatoria  non abbia
 ricevuto il sufficiente conforto  dalle  sopravvenienze  processuali.
 Nel  caso  invece  dell'archiviazione,  che presuppone l'infondatezza
 della  querela  gia'  ai  soli  fini   delle   determinazioni   circa
 l'esercizio  dell'azione  penale, il querelante, la cui imprudenza si
 presenta certamente piu' grave, non e'  condannato  al  pagamento  di
 alcuna spesa.
    Tale  disparita'  di  trattamento  sembra  al  giudice  remittente
 irragionevole  perche',  a  situazioni  "ugualmente  diverse"   (sic)
 (quelle   dell'ipotesi  di  proscioglimento  nel  corso  dell'udienza
 preliminare o di assoluzione dibattimentale e quelle di archiviazione
 per  infondatezza  della  notizia  di  reato)   corrisponderebbe   un
 differente trattamento senza una ragionevole giustificazione.
    4.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che  ha
 concluso per l'infondatezza della sollevata questione.
    L'Avvocatura  osserva  che  l'ordinanza di rimessione assimila due
 situazioni tra di loro non comparabili, data la  notevole  differenza
 di  connotati e di effetti rivestita, rispettivamente, dal decreto di
 archiviazione e dalla  sentenza  di  proscioglimento;  differenza  in
 grado  di  giustificare  ampiamente  la  diversa disciplina sul punto
 della condanna del querelante al  pagamento  delle  spese  anticipate
 dallo  Stato:  nel  primo  caso  si  tratterebbe  di un provvedimento
 precedente l'inizio  dell'azione  penale,  privo  della  "stabilita'"
 della  sentenza  resa  a seguito di contraddittorio (riapertura delle
 indagini ex art. 414 del codice di procedura penale), suscettibile di
 superamento quando sia emanato per iniziale difetto di una condizione
 di procedibilita' poi integrata (art. 345  del  codice  di  procedura
 penale),  soggetto  ad "opposizione" da parte della persona offesa ex
 art. 410 - generalmente coincidente con il querelante - e soprattutto
 contenutisticamente incentrato su di una valutazione  prognostica  di
 "tenuta" dell'ipotesi accusatoria in sede di giudizio (art. 125 delle
 disposizioni  di  attuazione),  che  involge  solo  marginalmente una
 disamina  dei  consueti  elementi  del  reato   (fatto   sussistente,
 commissione di esso, nesso causale, e cosi' via); nel secondo caso si
 tratterebbe,  viceversa,  di  una  pronuncia  resa  dopo  l'esercizio
 dell'azione penale, in rapporto ad una individuata formula conclusiva
 che  consente   di   selezionare   il   coefficiente   di   eventuale
 colpa/temerarieta'  del  querelante nella proposizione della querela,
 all'esito di  un  reale  contraddittorio  tra  i  vari  soggetti  del
 processo (e non piu' del procedimento).
    In  tale  quadro,  apparirebbe dunque razionale, sia in termini di
 sostanza sia in rapporto all'incidenza di altri elementi finalistici,
 raccordabili a esigenze anch'esse di rilievo costituzionale (economia
 del processo, "buon andamento" di esso),  che  il  legislatore  abbia
 delimitato  la  pronuncia  di condanna alle spese del querelante alla
 sola ipotesi di adozione di sentenza, escludendo anomale  statuizioni
 di condanna in un provvedimento formalmente e sostanzialmente diverso
 dalla sentenza.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  giudice  per  le indagini preliminari presso la Pretura
 circondariale di Massa ritiene che gli artt. 554, 408, 427,  542  del
 codice  di  procedura penale, e 125 delle disposizioni di attuazione,
 "nella parte in cui non prevedono  che  il  querelante  debba  essere
 condannato,  con il decreto che dispone l'archiviazione, al pagamento
 delle spese anticipate dallo Stato, nei  casi  in  cui  gli  elementi
 giudicati  non  idonei  a sostenere l'accusa in giudizio investano la
 sussistenza del fatto o la commissione  dello  stesso  da  parte  del
 querelato  sottoposto  ad  indagini", siano in contrasto con l'art. 3
 della  Costituzione  costituendo  una  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  in  raffronto alla disciplina che in situazioni analoghe
 (sentenza di non luogo a procedere all'esito dell'udienza preliminare
 o di proscioglimento a seguito del  dibattimento)  impone  invece  la
 condanna  del querelante alle spese del procedimento anticipate dallo
 Stato.
    Osserva il remittente che, sebbene l'archiviazione presupponga  un
 giudizio  di  infondatezza  della querela gia' ai fini dell'esercizio
 dell'azione penale, il querelante, la cui imprudenza appare  per  tal
 motivo   piu'   evidente   che   nelle   ipotesi  di  proscioglimento
 dell'imputato a seguito dell'udienza preliminare o del  dibattimento,
 non  e'  condannato, diversamente da queste ultime ipotesi, ad alcuna
 spesa. Da qui il denunciato contrasto con il principio  d'eguaglianza
 sancito dall'art. 3 della Costituzione.
    2. - La questione non e' fondata.
    Occorre  premettere, in linea generale, che certamente risponde ad
 un principio di giustizia distributiva che il costo del processo  sia
 sopportato  da  chi  ha reso necessaria l'attivita' del giudice ed ha
 percio' dato occasione alla spesa per il suo svolgimento (cfr.  sent.
 n.  30  del 1964 di questa Corte), di guisa che e' costituzionalmente
 legittimo porre la responsabilita' delle spese processuali  a  carico
 di colui che e' colpito da una condanna penale, ovvero del querelante
 la cui denuncia si riveli chiaramente insussistente.
    Ma  se  tale  pretesa dello Stato e' legittima non per questo puo'
 dedursene,  come  un  naturale  corollario,  che   essa   sia   anche
 costituzionalmente   necessaria;   nel   senso,  cioe',  che  non  e'
 rinvenibile nella Costituzione un principio che  ponga  obbligo  allo
 Stato  di  recuperare,  in  ogni  caso,  le  spese  del  procedimento
 eventualmente anticipate.
    Val la pena riflettere che un tal principio, ove vigente,  avrebbe
 necessariamente  comportato, nei reati perseguibili solo a querela di
 parte,  la  previsione  della  condanna  alle  spese  del  querelante
 ogniqualvolta non potesse esservi condannato l'imputato.
    Al  contrario,  questa Corte ha gia' avuto piu' volte occasione di
 affermare (v. sentt. nn. 165 del 1974, 52 del 1975, 29 del 1992)  che
 la  responsabilita'  per le spese processuali di chi ha esercitato il
 diritto di querela non puo' essere ritenuta allorquando l'assoluzione
 dell'imputato derivi da circostanze non riconducibili  al  querelante
 stesso al quale, quindi, nessuna colpa puo' essere addebitata.
    3.  -  Cio'  posto,  occorre  rilevare  che la disciplina positiva
 mentre avverte l'esigenza di prevenire e di sanzionare  (mediante  la
 responsabilita' per le spese processuali) la presentazione di denunce
 temerarie  o  del  tutto  prive  di  fondamento, non trascura neanche
 l'opportunita' di non scoraggiare l'esercizio del diritto di querela,
 come avverrebbe se si prospettasse al  querelante  il  rischio  della
 condanna alle spese in ogni ipotesi di proscioglimento dell'imputato.
    Nel  quadro di un necessario contemperamento tra simili istanze di
 segno  opposto  si  colloca,  tra  le   ipotesi   di   esenzione   da
 responsabilita'  del  querelante,  anche  la mancata previsione della
 condanna al rimborso delle spese anticipate dallo Stato nei  casi  di
 archiviazione per infondatezza della notizia di reato.
    Si  tratta  di  scelta  che,  in  assenza  di ostative esigenze di
 rilievo   costituzionale,   non   solo    appartiene    alla    piena
 discrezionalita'   del  legislatore,  ma  non  puo'  essere  ritenuta
 irragionevole neanche nelle ipotesi poste  a  raffronto  dal  giudice
 remittente.
    Ove,   infatti,   si   consideri   che  fin  quando  e'  possibile
 l'archiviazione  della  notitia  criminis   non   vi   e'   esercizio
 dell'azione penale, che il provvedimento di archiviazione puo' sempre
 essere superato da una successiva riapertura delle indagini (motivata
 dalla   semplice   esigenza   di   nuove   investigazioni),  emergono
 agevolmente le differenze di effetti, di connotati, e  di  stabilita'
 del  decreto  di  archiviazione,  da un lato, e della sentenza di non
 luogo a procedere o di proscioglimento,  dall'altro;  differenze  che
 rendono  le  situazioni  in  raffronto  non  utilmente paragonabili e
 valgono a giustificare una differente disciplina.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt. 554, 408, 427, 542 del codice di procedura penale, e 125
 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice
 di  procedura  penale,  sollevata,  in  riferimento  all'art. 3 della
 Costituzione, dal giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  la
 Pretura di Massa con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 1› aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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