N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 1993

                                N. 158
 Ordinanza  emessa il 13 gennaio 1993 dalla pretura di Torino, sezione
 distaccata  di  Moncalieri  nel  procedimento  penale  a  carico   di
 Caramellino Emilio ed altro
 Processo penale - Controllo da parte del giudice sulla regolare
    costituzione  della  parte  pubblica  (p.m.) (nella specie: agente
    della p.g. delegato dal sostituto procuratore generale in sede  di
    avocazione)  -  Omessa previsione, secondo l'interpretazione della
    Corte di cassazione, vincolante per il pretore de quo - Disparita'
    di trattamento tra parti private e parte pubblica - Sottrazione di
    fatto della funzione giurisdizionale in merito al controllo  sulla
    regolare  costituzione  dell'organo  dell'accusa - Assoggettamento
    del giudice ad una scelta vincolante del p.m. -  Violazione  delle
    direttive  della legge di delega in relazione al regime di parita'
    tra le parti.
 (C.P.P. 1988, artt. 178, lett. b), 180 e 484, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 76, 101 e 102; legge 16 novembre 1987, n. 81, art.
    2, direttiva 3).
(GU n.15 del 7-4-1993 )
                              IL PRETORE
    Esaminati gli atti del procedimento n. 27385/1992 r.g.  pretura  a
 carico  di  Caramellino Emilio, nato a Moncalieri l'11 febbraio 1954,
 residente in  Govone,  frazione  San  Pietro  Crocco,  45,  e,  Maggi
 Riccardo,  nato  a Torino il 2 gennaio 1959, residente in Moncalieri,
 via Villastellone, 25/7;
    Premesso quanto segue:
      all'udienza del 10 febbraio 1992 questo pretore,  nell'ambito  e
 nell'esercizio  dei  poteri  di controllo sulla regolare costituzione
 delle parti previsti dall'art. 484, primo comma, del c.p.p., rilevava
 che il sostituto procuratore dott. Paolo Gallo,  per  il  procuratore
 generale  presso  la  corte  d'appello  di  Torino, aveva delegato le
 funzioni  di  pubblico   ministero   per   l'udienza   dibattimentale
 all'ufficiale di polizia giudiziaria Gaetano Mele, ai sensi dell'art.
 72  del  r.d.  n. 12/1941, come modificato dall'art. 22 del d.P.R. n.
 449/1988. Conseguentemente, ritenendo  che  detta  disposizione  (che
 parla  esclusivamente  di  "Delegati del procuratore della Repubblica
 presso la pretura"), in  quanto  eccezionale  rispetto  all'art.  51,
 primo  comma,  lettera  a),  del  c.p.p.,  non  fosse  interpretabile
 analogicamente  (per  il  divieto  contenuto   nell'art.   14   delle
 Disposizioni  sulla  legge  in generale) con estensione del potere di
 delega al procuratore generale presso la corte d'appello in  sede  di
 avocazione  ex art. 412 del c.p.p. e che in ogni caso a detto organo,
 in conseguenza  dell'avocazione,  non  passino  funzioni  diverse  da
 quelle  strettamente  processuali indicate dall'art. 51, primo comma,
 lettera a), del c.p.p. (tra le quali non pare rientrare il potere  di
 delega  in  questione),  questo  pretore dichiarava la nullita' della
 delega conferita all'ufficiale di polizia giudiziaria (pagg. da 32  a
 34 degli atti processuali).
    Il  procuratore  generale  presso  la  corte  d'appello  di Torino
 ricorreva  contro  il   provvedimento   dichiarativo   di   nullita',
 affermandone  preliminarmente  l'abnormita'  (cosa necessaria ai fini
 dell'impugnazione, posto che altrimenti l'ordinanza, emessa nel corso
 degli atti introduttivi al dibattimento e prima  della  dichiarazione
 di  apertura  del medesimo, sarebbe stata impugnabile solo unitamente
 alla sentenza ex  art.  586,  primo  comma,  del  c.p.p.  e,  quindi,
 inimpugnabile allo stato degli atti).
    La  corte  di  cassazione,  su  conclusioni conformi del sostituto
 procuratore generale presso la corte  stessa,  annullava  l'impugnato
 provvedimento, ritenendolo abnorme.
    Ritiene questo giudice di dover osservare che:
      1)  per  atto  abnorme  deve  intendersi  "quello  che,  per  la
 singolarita' e stranezza del suo contenuto, sta  al  di  fuori  delle
 norme  legislative e dell'intero ordinamento processuale, per cui non
 rientra nei poteri dell'organo decidente perche' incompatibile con  i
 principi  generali del sistema" (Cassazione sezione seconda, n. 2459,
 13 luglio 1991);
      2) l'interpretazione  accolta  nella  sentenza  della  corte  di
 cassazione  e  nella  requisitoria del sostituto procuratore generale
 presso detta corte non e' pacifica tanto e' vero che, in  riferimento
 ad  un  caso  analogo  (cfr. all. 1 e 2), altro sostituto procuratore
 generale presso la corte di cassazione ha affermato:
        a) "che il ricorso non e' ammissibile in quanto diretto contro
 provvedimento per il quale non e' previsto alcun specifico  mezzo  di
 impugnazione (art. 568, primo comma, del c.p.p.)";
        b)  "che  non  sussiste  la denunziata abnormita', giacche' il
 pretore - nel doveroso esercizio dei poteri di  controllo  (art.  484
 del  c.p.p.)  - ha ritenuto che il difetto di legittimazione del p.m.
 si risolveva nella nullita' di cui agli articoli 178, lettera  b),  e
 180 del c.p.p.";
        c)  "che  tale  difetto  di  legittimazione  ..  indubbiamente
 ricorreva nel caso di specie, in quanto la delega per il procedimento
 pretorile e' riservata al  procuratore  della  Repubblica  presso  la
 pretura";
        d)  "che  nella ipotesi di pregressa avocazione delle indagini
 da parte del procuratore generale per mancato  esercizio  dell'azione
 penale (art. 412 del c.p.p.) .. le funzioni nel procedimento di primo
 grado,   come   quelle  nella  fase  di  indagini  preliminari,  sono
 esercitate dai magistrati della procura generale  (art.  51,  secondo
 comma, del c.p.p.) e non sono quindi delegabili".
    La   affermata   abnormita'   del   provvedimento  impugnato  (con
 conseguente declaratoria di nulita') ha come  presupposto  una  certa
 interpretazione,  vincolante  per  questo pretore nel caso specifico,
 degli articoli 484, primo comma, 178, lettera b), e 180  del  c.p.p.,
 nel  senso  che dette disposizioni non prevederebbero la possibilita'
 per il giudice di controllare la regolare  costituzione  della  parte
 pubblica (p.m.).
    Date  tali  premesse questo pretore solleva d'ufficio questione di
 legittimita' costituzionale degli articoli  484,  primo  comma,  178,
 lettera   b),   e  180  del  c.p.p.,  nella  parte  in  cui  (secondo
 l'interpretazione operata dalla Cassazione con la sentenza  7  luglio
 1992, vincolante per questo pretore nel caso specifico) non prevedono
 che il giudice possa controllare la regolare costituzione della parte
 pubblica  (p.m.)  ed  emettere i conseguenti eventuali provvedimenti,
 per contrasto con gli articoli 3,  101,  secondo  comma,  102,  primo
 comma, e 76 della Costituzione.
    La  questione  e'  rilevante  in  quanto,  essendo il procedimento
 nuovamente  pervenuto  alla  fase  dell'accertamento  della  regolare
 costituzione  delle  parti,  questo  Giudice  si  vede  preclusi solo
 l'emanazione di un provvedimento identico a  quello  annullato  (cosa
 normale) ma piu' in generale il controllo sulla regolare costituzione
 della  parte pubblica, controllo che potrebbe voler effettuare magari
 sotto profili diversi da quelli oggetto del provvedimento annullato.
    Per  quanto  attiene al contrasto degli articoli 484, primo comma,
 178,  lettera  b),  e  180  del  c.p.p.  (come   interpretati   dalla
 Cassazione, in modo vincolante per questo pretore nel caso specifico)
 con  l'art.  3  della  Costituzione, va osservato che non si vede per
 quale motivo si debbano trattare diversamente le parti private  e  la
 parte  pubblica  (sottoponendo  le prime e non la seconda a controllo
 sulla  regolare   costituzione).   Risponde   anzi   a   criteri   di
 ragionevolezza  e  anche  di  economia processuale che tutte le parti
 siano regolarmente costituite (da cio' il controllo  preliminare  sul
 punto),  al  fine  di evitare lo svolgimento di attivita' processuali
 viziate.
    Cio' tanto piu' in un processo  di  parti  in  cui  il  p.m.,  pur
 rimanendo  magistrato,  e'  sottoposto  (nella sua qualita' di parte)
 alla valutazione del giudice (come si ricava tra l'altro anche  dalle
 ordinanze  della  Corte  costituzionale  numeri  253/1991 e 182/1992,
 nelle quali si e' affermato l'obbligo del p.m., sia esso  procuratore
 della  Repubblica  presso  la  pretura  sia esso procuratore generale
 presso la corte d'appello in sede  di  avocazione  ex  art.  412  del
 c.p.p., di adeguarsi alle richieste di indagine del g.i.p.).
    Va osservato poi che gli articoli 484, secondo comma, 178, lettera
 b),  e  180  del  c.p.p. (come interpretati dalla Cassazione, in modo
 vincolante per questo giudice nel caso specifico) contrastano  con  i
 principi  costituzionali sanciti dagli articoli 101, secondo comma, e
 102, primo comma, della Costituzione, giacche' al giudice sarebbe  di
 fatto  sottratta  la  funzione giurisdizionale in ordine al controllo
 della regolare costituzione dell'organo dell'accusa nella fase  degli
 atti  introduttivi  al  dibattimento, con assoggettamento del giudice
 stesso  ad  una  scelta  vincolante  operata  dal  p.m.  quanto  alla
 partecipazione all'udienza dibattimentale pretorile di rappresentanti
 dell'accusa  eventualmente privi delle qualita' richieste dalla legge
 e quindi della necessaria legittimazione attiva.
    Per quanto attiene infine all'ultimo profilo (cioe'  al  contrasto
 degli  articoli  484, primo comma, 178, lettera b), e 180 del c.p.p.,
 come interpretati dalla Cassazione  in  modo  vincolante  per  questo
 giudice  nel  caso  specifico,  con  l'art. 76 della Costituzione) va
 messo in luce che la direttiva n.  3  (contenuta  nell'art.  2  della
 legge   n.   81/1987)  afferma  il  principio  della  "partecipazione
 dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni stato  e  grado
 del  procedimento"; ora, e' ovvio che la partecipazione e' tanto piu'
 ampia quanto meno e' soggetta a controlli, di  talche'  il  prevedere
 controlli  da  parte  del  giudice  sulla regolare costituzione delle
 parti private e non su  quella  della  parte  pubblica  realizza  una
 ingiustificata  alterazione  del  regime  di parita', a scapito delle
 parti private e delle loro difese nonche' del complessivo  equilibrio
 del  dibattimento,  come sede in cui si esplica appieno la dialettica
 processuale tra le parti.
    Il contrasto con la direttiva n. 3 (contenuta  nell'art.  2  della
 legge  n.  81/1987)  si  traduce  dunque in una palese violazione dei
 criteri  tracciati  dal  legislatore  delegante  e,   quindi,   nella
 violazione dell'art. 76 della Costituzione.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953;
    Sollevata    la    sopra   esposta   questione   di   legittimita'
 costituzionale;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Manda inoltre alla cancelleria per le notifiche e le comunicazioni
 di legge.
    Moncalieri,  13  gennaio  1993  (provvedimento  letto  in pubblica
 udienza).
                         Il pretore: PIETRINI

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