N. 138 SENTENZA 1 - 6 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 "
 Servitu'  militari  -  Terreno   dotato   di   immediata   attitudine
 edificatoria - Determinazione della indennita' - Criterio alternativo
 a  quello  automatico  del  della legge n. 2359/1865 - Illegittimita'
 costituzionale.
 -
 
 (Legge 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 2, secondo e terzo comma,
 come sostituito dall'art. 1 della legge 8 marzo 1968, n. 180)
 
 (Cost. art. 42, terzo comma).
(GU n.16 del 14-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo
 SPAGNOLI,  prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo  CHELI,  dott.    Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 2,  secondo
 e  terzo  comma,  della  legge 20 dicembre 1932, n. 1849 (Riforma del
 testo  unico  delle  leggi  sulle  servitu'  militari),  cosi'   come
 sostituito   dall'articolo  1  della  legge  8  marzo  1968,  n.  180
 (Modificazioni della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, concernente  la
 riforma  del  testo  unico  delle  leggi  sulle  servitu'  militari),
 promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1992 dalla Corte d'appello
 di Palermo nel procedimento civile vertente tra  Adragna  Rosario  ed
 altra,  e  il Ministero della Difesa, iscritta al n. 663 del registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  sentenza  n.  1549  del 1988 la Corte di cassazione ha
 parzialmente cassato la sentenza 25 ottobre 1976  con  cui  la  Corte
 d'appello di Palermo aveva determinato l'indennita' annuale spettante
 ai  proprietari  di  un fondo temporaneamente assoggettati a servitu'
 militare, e ha rinviato la causa  ad  altra  sezione  della  medesima
 Corte d'appello stabilendo, quale principio di diritto vincolante per
 il  giudice  di rinvio, che - fermo per il periodo dal 19 luglio 1964
 al 5 aprile 1968 l'indennizzo fissato dalla Corte d'appello  in  lire
 2.480.000 annue sulla base del valore venale dell'immobile, secondo i
 criteri  desumibili  della  legge  25  giugno  1865, n. 2359 - per il
 periodo dal 6 aprile 1968 al 19 giugno 1971, data di cessazione della
 servitu', l'indennizzo deve, invece, essere liquidato  applicando  il
 criterio automatico previsto dall'art. 1 della legge 8 marzo 1968, n.
 180,  sostitutivo del testo dell'art. 2 della legge 20 dicembre 1932,
 n. 1849. Secondo tale legge l'indennizzo e' pari a  un  quarto  o  un
 terzo,  a  seconda dei due casi, del reddito dominicale e agrario dei
 terreni  e  del  reddito  dei  fabbricati,  quali  valutati  ai  fini
 dell'imposta complementare progressiva.
    Poiche'  l'applicazione di siffatto criterio comporta nella specie
 un indennizzo irrisorio  (di  poche  lire),  a  fronte  del  cospicuo
 indennizzo  spettante  per gli anni precedenti, la Corte d'appello di
 Palermo, in sede di giudizio di rinvio, con ordinanza del  18  giugno
 1992  ha  sollevato,  in  relazione  all'art. 42, terzo comma, Cost.,
 questione di legittimita' costituzionale del citato art. 2, secondo e
 terzo comma, della legge n. 1849 del 1932, come sostituito  dall'art.
 1  della  legge  n.  180  del  1968,  "in  quanto non prevede, per la
 determinazione dell'indennita',  un  criterio  alternativo  a  quello
 automatico del riferimento ai valori della rendita catastale, laddove
 questo risulta inadeguato".
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il    Presidente    del   Consiglio   dei   ministri,   rappresentato
 dall'Avvocatura dello Stato,  eccependo  preliminarmente  un  duplice
 motivo  di  inammissibilita'  della questione, sia perche' il giudice
 remittente era tenuto soltanto a quantificare l'indennizzo secondo il
 parametro  legislativo  indicato  dalla  Corte  di   cassazione   con
 pronuncia preclusiva di ogni questione relativa a tale parametro, sia
 perche'  non  essendo  citato nell'ordinanza di rimessione l'art. 14,
 secondo comma, della legge 24 dicembre 1976, n.  898,  non  e'  stata
 individuata  esattamente  la  disposizione da sottoporre al vaglio di
 costituzionalita'.  Un  motivo  ulteriore  di   inammissibilita'   e'
 ravvisato  nel  dispositivo dell'ordinanza, che ipotizza una sentenza
 additiva  invasiva  della   discrezionalita'   legislativa,   essendo
 configurabile una pluralita' di soluzioni.
    Nel   merito   la  questione  sarebbe  infondata  considerato  che
 l'entita' dell'indennizzo risultante dal criterio  di  determinazione
 indicato  dalla  Corte  di  cassazione  dipende dai valori di reddito
 dominicale e agrario,  in  parte  nulli,  e  in  parte  ridottissimi,
 attribuiti  al  terreno in questione dall'amministrazione del Catasto
 in esito a una verifica straordinaria  eseguita  il  7  giugno  1972,
 quando la servitu' militare era gia' esaurita.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte d'appello di Palermo ha sollevato, in riferimento
 all'art.  42,  terzo  comma,   Cost.,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2,  secondo  e terzo comma, della legge 20
 dicembre 1932, n. 1849, come sostituito dall'art.  1  della  legge  8
 marzo 1968, n. 180, concernente l'indennizzo spettante ai proprietari
 di immobili colpiti da servitu' militari, "in quanto non prevede, per
 la  determinazione  dell'indennita', un criterio alternativo a quello
 automatico del riferimento ai valori della rendita catastale, laddove
 questo risulta inadeguato".
    2. -  Devono  preliminarmente  essere  respinte  le  eccezioni  di
 inammissibilita'  sollevate  dall'Avvocatura  dello  Stato  sotto  il
 triplice profilo: a) che la questione e' stata sollevata in  sede  di
 giudizio di rinvio nei confronti della norma risultante dal principio
 di  diritto  enunciato dalla Corte di cassazione; b) che, non essendo
 citato nel dispositivo dell'ordinanza l'art. 14, secondo comma, della
 legge 24 dicembre 1976, n. 898, non sarebbe stato rispettato  l'onere
 di individuare esattamente la disposizione da sottoporre a sindacato;
 c)  che  la  sentenza  additiva prospettata dal giudice a quo sarebbe
 invasiva   delle   scelte   riservate   alla   discrezionalita'   del
 legislatore.
    La  prima  eccezione  e' respinta dalla giurisprudenza costante di
 questa Corte (cfr., da ultimo, sentt. nn. 289 del 1992, 30 del  1990,
 e  qui  richiamo  delle  pronunce  anteriori), mentre alla seconda si
 oppone il rilievo che l'applicabilita' nella specie  della  legge  n.
 180  del 1968 non dipende dall'art. 14, secondo comma, della legge n.
 898 del  1976,  che  e'  norma  di  mero  richiamo  della  disciplina
 applicabile  al periodo precedente la data di entrata in vigore della
 nuova legge, e precisamente il  periodo  dal  6  aprile  1968  al  12
 gennaio   1977.   Pure   la  terza  eccezione  e'  infondata  perche'
 l'alternativa formulata nel  dispositivo  dell'ordinanza,  rettamente
 interpretata, prospetta una sentenza meramente caducatoria.
    3.   -  Dal  giudice  rimettente  il  criterio  di  determinazione
 dell'indennita' di asservimento indicato dalla disposizione impugnata
 e' ritenuto inadeguato a  garantire  un  "serio  ristoro"  quando  la
 servitu' militare colpisca un terreno dotato di "immediata attitudine
 edificatoria",  come  accade  nel  caso  di  specie, in cui - secondo
 quanto si legge nella sentenza della Corte di cassazione n. 1549  del
 1988,  pronunciata  (con  rinvio)  nel  processo  a  quo - "i vincoli
 imposti  dall'autorita'  militare  vengono  a  incidere  sulla   gia'
 maturata appetibilita' del terreno, sul mercato immobiliare, non come
 fondo  agricolo,  ma  quale  bene dotato di un piu' elevato valore di
 scambio perche' destinato all'urbanizzazione". Se cosi'  e'  -  e  lo
 dimostra  il  risultato  del  calcolo  operato dal giudice a quo - il
 detto criterio deve  considerarsi  inadeguato  in  generale,  potendo
 dirsi adeguato solo un criterio che, presupposta la correttezza delle
 stime  che  forniscono  i  coefficienti di calcolo, determini in ogni
 caso  un  equo  indennizzo  della  perdita  patrimoniale  subita  dal
 proprietario.
    Percio'  l'alternativa  prospettata  nell'ordinanza di rimessione,
 senza alcuna specificazione di contenuto, non puo' essere intesa  nel
 senso di una disgiuntiva inclusiva, cioe' in funzione di una sentenza
 aggiuntiva  al criterio previsto dalla legge di un altro criterio, la
 scelta del quale sarebbe  rimessa  al  giudice  quando  il  primo  si
 rivelasse   inadeguato.   Essa   va   interpretata,  piuttosto,  come
 disgiuntiva esclusiva rivolta a una sentenza caducatoria, per effetto
 della  quale  si  ripristinerebbe,  per  tutto  il  periodo  indicato
 dall'art.  14,  secondo comma, della legge n. 898 del 1976, la regola
 di calcolo dell'indennizzo desumibile dalla legge generale del  1865,
 alla quale si e' riferita la giurisprudenza dopo la sentenza n. 6 del
 1966.
    4. - Precisata nei termini ora detti, la questione e' fondata.
    Poiche'  l'imposizione  di una servitu' militare configura un caso
 analogo a quello dell'occupazione parziale e temporanea del fondo, il
 giudizio di  congruita'  dell'indennizzo  non  puo'  prescindere  dal
 parametro  del  "giusto  prezzo" risultante dagli artt. 40 e 68 della
 legge n. 2359 del 1865. Si tratta appunto di un parametro, non di  un
 termine  vincolante  di  esatta commisurazione (cfr. sentenze nn. 216
 del 1990, 530 e 1022 del 1988, 138 del 1977): il  legislatore  rimane
 libero  di  adottare criteri piu' o meno automatici di determinazione
 dell'indennizzo,  per  esempio  rapportandolo  al  valore   catastale
 dell'immobile   (risultante   dalla   moltiplicazione   del   reddito
 dominicale rivalutato per un certo coefficiente), oppure alla  media,
 eventualmente  corretta,  del  valore  venale  col reddito dominicale
 rivalutato (cfr. art.   5- bis del d.-l.  11  luglio  1992,  n.  333,
 convertito  nella legge 8 agosto 1992, n. 359), sempre che le tariffe
 d'estimo siano stabilite in misura tale da produrre un risultato che,
 confrontato  con  quel  parametro  e  tenuto  conto  degli  interessi
 generali  sottesi  al provvedimento espropriativo, possa considerarsi
 equo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  2,  secondo  e
 terzo comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849 (Riforma del testo
 unico delle leggi sulle servitu' militari), come sostituito dall'art.
 1  della  legge  8  marzo  1968, n. 180 (Modificazioni della legge 20
 dicembre 1932, n. 1849, concernente la riforma del testo unico  delle
 leggi sulle servitu' militari).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1› aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: MENGONI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 6 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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