N. 25 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 aprile 1993
N. 25 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 aprile 1993 (della regione autonoma Valle d'Aosta) Controlli amministrativi - Disposizioni a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa - Attribuzione al procuratore regionale presso la Corte dei conti del potere di proporre ricorso al t.a.r. (nonche' di resistere ed intervenire nei giudizi innanzi a questo pendenti e di proporre eventualmente appello al Consiglio di Stato) avverso atti e provvedimenti di pubbliche amministrazioni, in vista dell'interesse generale al buon andamento e alla imparzialita' delle stesse, a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa - Obbligo della pubblica amministrazione di trasmettere al procuratore generale competente copia dei provvedimenti per i quali derivi una spesa superiore a un miliardo di lire e dei provvedimenti di pianificazione del territorio, di programmazione degli interventi industriali, di approvazione di concessioni, dei contratti per l'esecuzione di opere, forniture e servizi - Interferenza di detta attivita' di controllo con quella gia' esercitata in via preventiva dalla commissione statale di controllo sugli atti della regione - Indebita attribuzione ad un organo giurisdizionale del potere di attivazione di un giudice di un diverso ordine giurisdizionale - Invasione della sfera di autonomia regionale e lesione del principio della tassativita' e insuscettibilita' di estensione da parte del legislatore dei controlli sulle regioni affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale - Adozione dello strumento del decreto-legge in assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza. (D.L. 8 marzo 1993, n. 54). (Cost., artt. 77, 113 e 116; statuto regione Valle d'Aosta, artt. 43, 44 e seg. e 46, primo comma).(GU n.18 del 28-4-1993 )
Ricorre la regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del presidente della giunta regionale, Ilario Lanivi, autorizzato da delibera della giunta regionale n. 3043 del 26 marzo 1993, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria, n. 5, in forza di procura per atto notaio Bastrenta di Aosta del 31 marzo 1993, rep. n. 14.686, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, palazzo Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei Portoghesi n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale del d.l. 8 marzo 1993, n. 54 (Disposizioni a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 56, del 9 marzo 1993. La regione autonoma Valle d'Aosta, come in epigrafe rappresentata e difesa, espone quanto segue. IN FATTO Il d.l. 8 marzo 1993, n. 54, meglio specificato in epigrafe, nell'ambito delle misure che sarebbero dirette a rafforzare gli strumenti di garanzia della legittimita' "amministrativa" prevede che in tutte le regioni vengano istituite sezioni giurisdizionali della Corte dei conti (art. 1), presso le quali, ai sensi del successivo art. 2, secondo comma, e' chiamato a svolgere le funzioni di pubblico ministero un vice procuratore generale della Corte dei conti (procuratore regionale), od altro magistrato assegnato all'ufficio, che da questo venga delegato. L'art. 3 del decreto-legge in questione prevede un'azione a tutela della legittimita' "amministrativa" attribuita in via autonoma al procuratore regionale presso la Corte dei conti avanti al tribunale amministrativo regionale avverso atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni "in vista dell'interesse generale al buon andamento e all'imparzialita' di esse". Inoltre, e' prevista in capo a detto procuratore regionale una facolta' di intervento e di resistenza avanti i detti tribunali amministrativi regionali. Il potere di ricorrere (ma non quello di intervento e resistenza) e' precluso soltanto rispetto agli atti che concernono assunzioni in servizio, inquadramento nei ruoli e svolgimento del rapporto di impiego del personale delle pubbliche amministrazioni. Il secondo comma dell'art. 2 prevede un potere di appello delle sentenze del tribunale amministrativo regionale in capo al procuratore regionale che ha partecipato al giudizio ovvero in capo al procuratore generale presso la Corte dei conti. Il terzo comma dell'art. 2 prevede una procedura in camera di consiglio per le azioni "a tutela della legittimita' amministrativa" proposta dal procuratore regionale con termine di sessanta giorni per la decisione; lo stesso termine e' fissato anche per le decisioni in grado d'appello del Consiglio di Stato. Il quarto comma prevede che le amministrazioni pubbliche trasmettano al procuratore regionale competente, entro tre giorni dal verificarsi delle condizioni di efficacia o dalla data in cui sono stati dichiarati esecutivi, copia dei provvedimenti per i quali derivi per l'erario una spesa superiore a lire un miliardo e, in ogni caso, dei provvedimenti di pianificazione del territorio, di programmazione degli interventi industriali e di approvazione di concessioni e contratti per l'esecuzione di opere, forniture e servizi. La disciplina teste' richiamata e' gravemente lesiva delle attribuzioni e dell'autonomia della regione autonoma Valle d'Aosta ed e' illegittima per violazione degli artt. 77, 113 e 116 della Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della regione autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 4, 43 e 44 e segg., 46, primo comma. IN DIRITTO 1. - La disciplina in esame viene ad incidere illegittimamente sulla stessa sfera di autonomia regionale. Essa infatti assoggetta l'amministrazione regionale e gli enti locali a controlli diversi ed ulteriori rispetto a quelli che sono previsti dallo statuto di autonomia speciale della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nel titolo IX (art. 44 e segg.), che costituiscono un ambito chiuso, tassativamente determinato, attribuito ad organi specificamente individuati. Infatti, la previsione della trasmissione dei provvedimenti della regione al procuratore regionale introduce una forma, sia pure peculiare, di controllo non prevista dallo statuto; per di piu' ad esercitare il controllo in questione e' chiamato un organo non contemplato dallo statuto di autonomia speciale, che, all'art. 46, rimette tale ordine di attivita' in via esclusiva alla commissione di coordinamento, di cui al precedente art. 45. Puo' ricordarsi che con gli artt. 60 e segg. della legge 16 maggio 1978, n. 196, si e' provveduto a dettare la disciplina di attuazione su tale specifica materia. E' da notare in particolare che la maggior parte dei provvedimenti per i quali, ai sensi dell'art. 2, quarto comma, del d.l. n. 54/1993 dovrebbero essere trasmessi al procuratore regionale sono gia' sottoposti alla particolare procedura di controllo anche di merito, comprensivo del potere di richiesta di riesame, dell'art. 61 della legge n. 196/1978. E' da rilevare che quest'ultima, dettando norme di attuazione di uno statuto di autonomia speciale, e' gerarchicamente sovraordinata alle leggi statali ordinarie (cfr. Corte dei conti, sez. contr., 6 novembre 1976, n. 717, in Foro amm., 1977, I, 233). Dunque, con una legge ordinaria, da un lato si e' creato ex novo un ordine di controlli che lo statuto non contempla, determinando cosi' un'interferenza nell'autonomia regionale; dall'altro, tale potere di controllo e' stato devoluto ad un organo diverso da quello a cui comunque lo statuto riserva tale ordine di attivita'. Evidentemente al legislatore ordinario era precluso venire ad incidere cosi' sulla materia in esame: in effetti, gli era precluso introdurre controlli diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dallo statuto; per procedere legittimamente in tal senso, si sarebbe dovuto far ricorso ad una norma di livello costituzionale. E, comunque, anche a volere, in via di mera ipotesi, ritenere che il legislatore ordinario potesse adottare provvedimenti del segno di quello in esame, comunque non avrebbe potuto attribuire la titolarita' ad un organo diverso da quello che ai controli e' deputato dallo statuto regionale: dunque, quand'anche, in denegata ipotesi, il tipo di controllo introdotto con il decreto impugnato fosse in se' legittimo (il che si contesta in quanto contrario allo statuto), comunque avrebbe dovuto essere attribuito alla commissione di coordinamento. 2. - Per quanto concerne poi il controllo sugli atti degli enti locali, occorre ricordare che lo statuto valdostano, con l'art. 43, attribuisce la materia alla competenza legislativa della regione, salvo il rispetto dell'armonia con i principi delle leggi dello statuto, e che la regione ha da ultimo esercitato le proprie competenze con il disegno regionale approvato nella seduta del consiglio regionale del 30 giugno 1992, e riapprovato il 16 febbraio 1993, volto a sostituire la precedente legge regionale 15 maggio 1978, n. 11. Inoltre, lo stesso art. 43 dello statuto attribuisce anche l'attivita' di controllo sugli enti locali esclusivamente alla regione. E' appena il caso di osservare che il procuratore regionale della Corte dei conti e' un organo dello Stato, e non certamente della regione. Dunque, il d.l. 8 marzo 1993, n. 54, e' illegittimo, in quanto va a comprimere una competenza normativa della regione, che la regione medesima ha peraltro provveduto ad esercitare, in una materia che appartiene alla competenza normativa esclusiva della regione, ed attribuisce ad un organo dello Stato un'attivita' di controllo, che spetta invece esclusivamente alla regione, ai sensi del citato art. 43 dello statuto regionale. 3. - Inoltre, nell'alterare gli assetti istituzionali, il decreto impugnato, in particolare con il suo art. 3, viene ad incidere sull'essenza stessa delle garanzie giurisdizionali verso gli atti della pubblica amministrazione, come previste dall'art. 113 della Costituzione, modificando perfino la struttura del giudizio amministrativo, che da giudizio ad iniziativa di parte, diviene giudizio ad azione pubblica. Resta anche del tutto nebuloso l'ambito entro cui si dovrebbe esplicare tale azione pubblica (eventualmente concorrente con quella privata): e' appena il caso di osservare che, contrariamente a quanto stabilito per l'azione penale, per la quale l'art. 50 del c.p.p. stabilisce il principio dell'obbligatorieta', per l'azione del procuratore regionale davanti al t.a.r. non sono affatto determinati i presupposti. L'art. 3 del decreto in esame, infatti, si limita ad affermare che il procuratore regionale puo' - non "deve" - "proporre ricorso .. in vista dell'interesse generale al buon andamento e all'imparzialita' di esse". Quindi, da una parte non sono fissati i presupposti per l'esercizio di questa strana azione del procuratore regionale; tuttavia, e cio' e' altrettanto grave, non sono fissati nemmeno i confini entro cui tale azione puo' essere esercitata. Infatti, l'ottavo comma prevede che il giudizio, in caso di intervento del procuratore regionale, debba essere definito con una sentenza sulla legittimita' dell'atto o del comportamento impugnato, anche quando il ricorso della parte privata sia irricevibile, inammissibile o improcedibile, e persino quando il ricorrente abbia dichiarato di voler rinunziare all'impugnazione: e' da evidenziare come quest'ultima previsione si traduca in un serio ostacolo al pacifico componimento dei conflitti, che e' una delle piu' importanti estrinsecazioni del principio di buon andamento, di cui all'art. 97 della Costituzione; d'altro canto, una tale previsione non si accompagna nemmeno ad una cautela analoga a quella del secondo comma dell'art. 363 del cod. proc. civ., che per l'ipotesi di ricorso per cassazione proposto dal procuratore generale "nell'interesse della legge", in caso di assenza o di rinuncia delle parti all'impugnazione, prevede che dell'eventuale accoglimento del ricorso le parti private non possano giovarsi. 4. - Occorre infine lamentare che lo Stato abbia inteso adottare con le forme del decreto-legge delle misure che vengono a fortemente incidere sugli assetti istituzionali, e che per di piu' violano illegittimamente la sfera di autonomia speciale della ricorrente regione, assumendo la ricorrenza dei presupposti della "necessita'" (qualificata nelle premesse del decreto addirittura come "straordinaria") e dell'"urgenza"; misure che, per di piu' sono di dubbia idoneita' per il perseguimento dello scopo dichiarato, e lasciano anzi il dubbio di essere finalizzate alla ricerca di consensi dietro la spinta emozionale di recenti episodi. Quanto all'incidenza del contenuto normativo del decreto, si puo' utilmente richiamare quanto rilevato a caldo da un autorevole costituzionalista in un intervento sulla stampa non specializzata: si tratta di " .. previsioni che alterano la natura stessa di istituti di tradizione secolare, come la giurisdizione amministrativa e la Corte dei conti". Mancando appunto la situazione di necessita' ed urgenza, a torto evocata nella premessa, il decreto impugnato viola - oltre tutto - il precetto dell'art. 77 della Costituzione, che fa divieto al Governo di emanare decreti che abbiano valore di legge.
Si chiede pertanto: piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale del d.l. 8 marzo 1993, n. 54 (Disposizioni a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 56, del 9 marzo 1993, ed in particolare dei suoi artt. 1, 2 e 3, per violazione degli artt. 77, 113 e 116 della Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della regione autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 43, 44 e segg., e 46, primo comma, con ogni relativa conseguenza e con ogni connessa pronuncia. Roma, addi' 7 aprile 1993 Avv. prof. Gustavo ROMANELLI 93C0400