N. 193 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 marzo 1993

                                N. 193
       Ordinanza emessa il 3 marzo 1993 dal pretore di Bergamo,
  nel procedimento civile vertente tra Medusa S.n.c. e Glamour S.a.s.
 Processo civile - Incompetenza per territorio - Preclusione per il
    giudice di rilevarla d'ufficio fuori dei casi  previsti  dall'art.
    28 del cod. proc. civ. - Compressione del diritto di difesa (anche
    personale)   del   convenuto   -   Violazione   dei   principi  di
    precostituzione per  legge  del  giudice  competente  e  del  buon
    andamento della p.a.
 (C.P.C., art. 38).
 (Cost., artt. 24, 25 e 97).
(GU n.19 del 5-5-1993 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
 al numero 1450/1992,  promossa  da  Medusa  S.n.c.,  col  procuratore
 domiciliatario  avv.  G. Galante, del foro di Bergamo, contro Glamour
 S.a.s., contumace.
    Sciogliendo la riserva adottata nell'udienza 20 gennaio 1993.
                             O S S E R V A
    Con atto di notificato ritualmente il 14 marzo 1992,  la  societa'
 in  nome  collettivo  Medusa,  con  sede  in Miramare di Rimini (gia'
 provincia di Forli'), citava  la  societa'  in  accomandita  semplice
 Glamour,  di  Palazzari  P.  &  C.,  con sede in Gubbio (provincia di
 Perugia) a comparire avanti il pretore di Bergamo,  per  ottenere  la
 condanna  al  pagamento  della fornitura di merce (spille, collane ed
 altro) meglio elencata nella fattura n. 1328  emessa  il  5  dicembre
 1989.
    Nel  fascicolo  attoreo,  venivano  prodotte,  oltre alla predetta
 fattura, le copie delle bolle di accompagnamento della merce, firmate
 dal destinatario, e le copie conto ritorno insoluti.
    Dichiarata, con ordinanza  6  maggio  1992,  la  contumacia  della
 convenuta,   non   comparsa   alla   prima  udienza,  veniva  ammesso
 l'interrogatorio formale del legale rappresentante della medesima.
    All'udienza 20 gennaio 1993, il pretore si riservava di provvedere
 sulle ulteriori istanze dell'attrice.
    D'ufficio,   infatti,   deve   essere   sollevata   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 38 del c.p.c., in riferimento
 agli artt. 24, secondo comma, e 25, primo comma,  nonche'  97,  della
 Costituzione.
    Al  riguardo,  deve  osservarsi che ne' l'attrice ne' la convenuta
 risultano avere sede entro il circondario di questa pretura;  che  la
 prestazione,  per  la  quale  l'attrice  chiede il corrispettivo, non
 risulta eseguita nel predetto circondario di Bergamo; ne' deve essere
 eseguita in Bergamo la prestazione  di  pagamento  del  prezzo  delle
 merci compravendute; che, infine, non vi sono, in atti, elementi tali
 da giustificare, anche solo sommariamente, l'ipotesi che il contratto
 di compravendita in discorso sia stato concluso in Bergamo.
    Il  pretore  di  Bergamo, insomma appare assolutamente estraneo al
 rapporto sostanziale dedotto in giudizio, poiche' la  sua  competenza
 non  appare fondata ne' sull'art. 19 del c.p.c., ne' sull'art. 20 del
 c.p.c.
    D'altro  canto,  l'attrice  neppure  prospetta  l'esistenza,   nel
 circondario  di  Bergamo,  di uno stabilimento o rappresentante della
 convenuta ex art. 19, primo comma, ultima parte; e neppure adombra la
 circostanza che l'obbligazione sia sorta in tale circondario.
    L'attrice, insomma, ha scelto arbitrariamente un  foro,  e  vi  ha
 radicato  la  lite, confidando da un lato sulla improbabilita' che la
 convenuta,  costituendosi  o  anche  solo  comparendo  personalmente,
 eccepisse   alcunche'  al  riguardo;  e  dall'altro  lato  sulla  non
 rilevabilita' d'ufficio del difetto di competenza per territorio.
    Al  riguardo,  va  sottolineato  che,  se  la  difesa  e'  diritto
 inviolabile  in ogni stato e grado del procedimento, non e' possibile
 pretendere che essa venga sistematicamente esercitata col  patrocinio
 di  un  procuratore  legale,  specie  nei casi in cui la prova il cui
 onere grava sull'attore sia stata soddisfatta sul filo del rasoio.
    Per chiedere tale argomento, non e' inopportuno  considerare  che,
 per  risolvere una situazione di semiplena probatio legittimamente il
 giudice ricorrera' alla presunzione di cui all'art.  232  del  c.p.c.
 (come  appunto dovrebbe ricorrere in questo caso, da cui la rilevanza
 della questione ai fini della decisione di questa controversia).
    Ma non v'e' dubbio che la ficta  confessio  di  cui,  per  rendere
 l'interrogatorio  formale, dovrebbe affrontare spese non indifferenti
 di viaggio, oltre che impiegare tempo piu' utilmente  destinabile  ad
 altre attivita', ha ben scarso significato confessorio.
    Del  resto,  anche  solo  le  libere  dichiarazioni,  che la parte
 convenuta,  comparendo  spontaneamente,   e   senza   necessita'   di
 costituirsi,  potrebbe versare nel processo, potrebbero consentire al
 giudice di diversamente inquadrare la fattispecie sottopostagli.
    E' pur vero che,  qualora  tra  i  fori  alternativi  previsti  ad
 esempio  dall'art.  20  del  c.p.c.,  ve ne sia uno comunque idoneo a
 paralizzare,  o  rendere  inutilmente  dispendiosa  la   comparizione
 personale   del   convenuto,   ci   si  imbatterebbe  nelle  medesime
 difficolta', ma e'  altrettanto  vero  che,  in  tal  caso,  il  foro
 alternativo non sarebbe comunque rimesso al puro arbitrio dell'attore
 (come pare esser invece accaduto nel caso presente).
    Ne    segue   che   la   mancanza   di   rilevabilita'   d'ufficio
 dell'incompetenza  per   territorio,   nel   caso   in   cui,   dalla
 prospettazione  attorea,  nessun elemento emerga che possa suffragare
 la sussistenza, almeno, di uno dei criteri alternativi, comporta  una
 sostanziale neutralizzazione del diritto costituzionalmente garantito
 alla  difesa  del  convenuto,  il  quale,  talora, specie in cause di
 modestissimo valore, come  appunto  la  presente,  potrebbe  ritenere
 economicamente  piu' vantaggioso non difendersi, anziche' sobbarcarsi
 gli oneri di una costituzione in  giudizio  i  quali,  aggiunti  alla
 normale  alea  di  soccombenza,  renderebbero  assolutamente  inutile
 "vincere" la causa nel merito.
    Insomma, l'art. 38 del c.p.c., nella parte in cui non consente  al
 giudice di rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio,
 anche  nei  casi  diversi  da quelli previsti dall'art. 28, appare in
 contrasto con l'art. 24, secondo comma,  della  Costituzione  dacche'
 impedisce,  e comunque rende inutilmente difficoltoso, l'esercizio di
 difesa (anche personale) della parte convenuta.
    Non  solo:  la  mancanza  di  rilevabilita'  d'ufficio   di   tale
 incompetenza,  consente  all'attore  di  citare la parte avanti ad un
 giudice diverso da quello naturale precostituito per legge, senza che
 tale giudice possa far nulla per verificare la propria  competenza  a
 decidere  nel  merito, e violando cosi' anche l'art. 25, primo comma,
 della Costituzione.
    Ancora, va considerato che la possibilita', rimessa  all'esclusivo
 arbitrio  dell'attore,  di  scegliersi  il  foro competente, comporta
 lesione del principio di efficienza e buon andamento  della  pubblica
 amministrazione,  sancito dall'art. 97 della Costituzione. Invero, se
 gli uffici (giudiziari) sono organizzati in relazione  a  ragionevoli
 criteri di distribuzione del lavoro, e' chiaro che l'esistenza di una
 variabile  indipendente  cosi'  sfuggente,  quale e' costituita dalla
 rimessione ad una parte di scegliersi l'ufficio di suo gradimento, da
 un  canto  perviene  al  risultato  di  sovraccaricare   un   ufficio
 (altrimenti  non  esposto a tale ulteriore carico), e dall'altro alla
 rarefazione del lavoro nell'ufficio che sarebbe stato competente.
    Infine, l'osservazione che l'art. 232 del c.p.c.,  nel  consentire
 all'istruttore     di     disporre     per    l'assunzione    altrove
 dell'interrogatorio formale, potrebbe ripristinare  quel  diritto  di
 difesa,  che qui si assume compromesso dalla disposizione denunciata,
 appare neutralizzata dall'altra osservazione, ossia dal fatto  che  -
 secondo  l'esegesi  ordinaria - tale facolta' presuppone che la parte
 interroganda abbia addotto giustificazioni (il che, nuovamente,  puo'
 esser  precluso dalla distanza tra l'ufficio avanti al quale e' stata
 promossa la causa, e la sede della parte  convenuta).  Inoltre,  tale
 facolta'  non risulta attribuita anche in relazione alla comparizione
 personale delle parti di cui all'art. 185 del c.p.c., col che restano
 immutati gli argomenti svolti in precedenza.
    Pertanto, in questa fase, unico potere legittimamente esercitabile
 dal  giudicante,  dopo   la   prospettazione   della   questione   di
 legittimita' costituzionale, e' quello di sospendere il processo.
    Gli  atti vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la
 relativa decisione; il presente processo deve essere sospeso; a  cura
 della  cancelleria  vanno  inoltrate  le  prescritte  comunicazioni e
 notificazioni alle parti.
                               P. Q. M.
    Letti ed applicati gli artt.  134  della  Costituzione,  23  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata  e  rilevante ai fini del
 decidere la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38 del
 c.p.c., in  riferimento  ai  parametri  costituzionali  rappresentati
 dagli  artt.  24, secondo comma, e 25, primo comma, nonche' 97, della
 Costituzione, nella parte in cui non consente al giudice di  rilevare
 d'ufficio la propria incompetenza per territorio anche fuori dai casi
 previsti dall'art. 28 del c.p.c.;
    Sospende la causa civile fra Medusa S.n.c. e Glamour S.a.s.;
    Dispone   che   tutti   gli   atti  del  presente  giudizio  siano
 tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 immediatamente notificata al Presidente del Consiglio  dei  Ministri,
 nonche'  comunicata  al  Presidente del Senato della Repubblica ed al
 Presidente della Camera dei deputati della Repubblica.
      Bergamo, addi' 3 marzo 1993.
                          Il pretore: PERTILE
                                                Il cancelliere: ROMANO
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