N. 205 SENTENZA 21 - 29 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - G.I.P.  -  Ipotesi  di  sentenza  di  non  luogo  a
 procedere  per  "infermita'  psichica"  -  Preclusione  al giudice di
 valutazione delle attenuanti e di comparazione con le  aggravanti  ai
 fini  dell'applicazione  della determinazione della durata minima del
 ricovero  in  ospedale  psichiatrico  giudiziario  -  Richiamo   alla
 sentenza  della  Corte n. 233/1984 - Richiesta di sentenza additiva -
 Pregiudizialita' della sottoposizione a verifica di costituzionalita'
 dell'art. 425 del c.p.p. (cfr.    sentenza  n.  41/1993  dichiarativa
 dell'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  425, primo comma, del
 c.p.p.) - Carenza del presupposto normativo sul quale le censure sono
 fondate - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 426, lett.  c)).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.19 del 5-5-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 426, lett.  c),
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13
 giugno 1991  dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di Colli
 Antonio, iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1991 e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  34,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  10 marzo 1993 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 13 giugno 1991, il giudice per le  indagini
 preliminari  presso  il  Tribunale  di Reggio Emilia, all'esito della
 udienza  preliminare  celebrata  a  carico  di  persona  imputata  di
 parricidio, riconosciuta totalmente incapace di intendere e di volere
 e   giudicata  socialmente  pericolosa,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita', in riferimento agli artt. 3 e  24  della  Costituzione,
 dell'art.  426,  lett. c) del codice di procedura penale, nella parte
 in cui tale norma - in caso di sentenza di non luogo a procedere  per
 infermita' psichica - preclude al giudice per le indagini preliminari
 di  tener  conto  delle  circostanze  attenuanti  e  di effettuare il
 giudizio di comparazione di cui all'art. 69  del  codice  penale  tra
 queste  e  le circostanze aggravanti, ai fini dell'applicazione della
 misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario
 o della determinazione della sua durata minima ai sensi dell'art. 222
 del codice penale;
    L'ordinanza di rimessione si fonda sulla sentenza di questa  Corte
 n.  233  del  1984, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 384, n. 2, del codice abrogato - che si  as-
 sume  essere corrispondente alla norma del nuovo codice impugnata dal
 rimettente - negli stessi termini  che  costituiscono  oggetto  della
 questione  ora  sottoposta all'esame della Corte. Rileva in proposito
 il rimettente che il giudice della  udienza  preliminare  non  ha  il
 potere  di  interloquire  sulle  circostanze,  come  e' dimostrato da
 quelle disposizioni che eccezionalmente conferiscono un simile potere
 a fini particolari (cfr. art. 4 d.P.R. 12 aprile 1990 n. 75  in  tema
 di  amnistia).  Da  qui l'integrale rinvio alle considerazioni svolte
 dalla  Corte  nella  richiamata  sentenza  n.   233/1984,   del   cui
 dispositivo,  dunque,  si domanda la estensione alla pertinente norma
 del nuovo codice di rito;
    2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  non  fondata.  Ha
 osservato  in  proposito l'Avvocatura che la sentenza di questa Corte
 n. 233/1984 fu determinata dalla giurisprudenza  dell'epoca,  secondo
 la quale era inibita la valutazione delle circostanze attenuanti e il
 relativo  giudizio  di  bilanciamento  con le circostanze aggravanti.
 Tuttavia, afferma la difesa dello Stato, anche se il nuovo codice non
 ha risolto espressamente tale aspetto, e' da ritenere  che  la  norma
 impugnata  non  precluda  al  Giudice  per le indagini preliminari di
 tener conto delle circostanze attenuanti  ai  fini  dell'applicazione
 della  misura  di  sicurezza,  tanto  piu'  che la norma non potrebbe
 essere diversamente interpretata  alla  luce  della  citata  sentenza
 della Corte;
    3.  - Con ordinanza n. 378 emessa il 9 luglio 1992 e depositata il
 27 luglio 1992, la Corte, nel disporre la  sospensione  del  giudizio
 introdotto  con  l'ordinanza  pronunciata dal Giudice per le indagini
 preliminari presso  il  tribunale  di  Reggio  Emilia,  ha  sollevato
 davanti   a  se',  in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  76  della
 Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 425,  primo  comma,
 del  codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che il
 giudice pronuncia sentenza di non luogo a  procedere  quando  risulta
 evidente che l'imputato e' persona non imputabile;
    Definendo il giudizio sulla questione pregiudiziale, questa Corte,
 con   sentenza   n.  41  del  1993,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 425, primo comma, del  codice  di  procedura
 penale,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  il giudice pronuncia
 sentenza di  non  luogo  a  procedere  quando  risulta  evidente  che
 l'imputato e' persona non imputabile.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Reggio  Emilia impugna, per "contrasto con i principi' costituzionali
 del diritto di difesa e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla
 legge", la disposizione dettata dall'art. 426, lett. c),  del  codice
 di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui  preclude  al  giudice,
 nell'ipotesi di sentenza di non luogo  a  procedere  "per  infermita'
 psichica",  di  valutare le circostanze attenuanti e di effettuare il
 giudizio di comparazione con le eventuali circostanze aggravanti,  ai
 fini  della  applicazione  o della determinazione della durata minima
 della misura di  sicurezza  del  ricovero  in  ospedale  psichiatrico
 giudiziario  a  norma  dell'art. 222 del codice penale. L'assunto del
 rimettente  si  ispira  ai  principi'  ed  alle  considerazioni,  cui
 integralmente  rinvia, posti a fondamento della sentenza n. 233/1984,
 con  la  quale  questa  Corte  ebbe  a  dichiarare   l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.    384,  n. 2, del codice abrogato, proprio
 nella   parte   in   cui   tale   norma,    secondo    l'orientamento
 giurisprudenziale  dell'epoca,  precludeva  al  giudice istruttore di
 tener conto, in caso di sentenza di  proscioglimento  per  infermita'
 psichica, delle circostanze attenuanti e di effettuare il giudizio di
 "bilanciamento"  ai  fini di quanto previsto dall'art. 222 del codice
 penale. Postulando, dunque, l'equivalenza tra  la  norma  del  codice
 abrogato  gia' dichiarata costituzionalmente illegittima e quella del
 nuovo codice di rito  oggetto  di  impugnativa,  e  sul  rilievo  che
 identica   preclusione   sussisterebbe  per  il  giudice  chiamato  a
 pronunciare sentenza di non luogo a procedere per evidente difetto di
 imputabilita', il rimettente non vede quindi altra via che quella  di
 sollecitare  una  pronuncia  additiva che nella sostanza riproduca il
 dispositivo  della  declaratoria  di  illegittimita'  adottato,   con
 riferimento  al  previgente  codice,  nella  richiamata  sentenza  n.
 233/1984;
    2. - La questione non e' fondata. Come innanzi ricordato, infatti,
 nel  delibare  l'oggetto  del  presente  giudizio,  questa  Corte  ha
 ritenuto   di   dover  pregiudizialmente  sottoporre  a  verifica  di
 costituzionalita' l'art. 425  del  codice  di  procedura  penale,  in
 quanto,  essendo  ivi  stabilito  il  potere  del giudice di definire
 l'udienza  preliminare  con  sentenza  di  non  luogo   a   procedere
 nell'ipotesi  in  cui  l'imputato  fosse  risultato  in modo evidente
 persona non imputabile, rappresentava la previsione  che  fungeva  da
 necessario presupposto della norma impugnata dal giudice a quo, avuto
 riguardo  al  petitum che questi mostrava di perseguire. La questione
 sollevata da questa Corte ha  cosi'  condotto  alla  pronuncia  della
 sentenza   n.   41/1993,   con   la   quale   e'   stata   dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  425,  primo  comma,  del
 codice  di  procedura  penale,  proprio nella parte in cui tale norma
 consentiva la pronuncia della sentenza di non luogo a  procedere  per
 evidente difetto di imputabilita', essendosi ritenuto che la relativa
 disciplina  fosse  in  contrasto  con  gli  artt.  3,  24  e 76 della
 Costituzione, quest'ultimo in riferimento all'art. 2, n.  52),  sesto
 periodo, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81;
    Caducata, dunque, la possibilita' per il giudice a quo di adottare
 la  sentenza  di  non  luogo a procedere "per infermita' psichica", e
 venuto quindi meno il  corrispondente  potere  di  applicare  in  via
 definitiva   la   misura   di  sicurezza  del  ricovero  in  ospedale
 psichiatrico  giudiziario,  i  dedotti  profili  di  violazione   del
 principio di uguaglianza e del diritto di difesa si rivelano privi di
 fondamento,  in quanto carenti del presupposto normativo sul quale le
 censure stesse si sono alimentate.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 426, lett. c), del codice di procedura  penale,  sollevata,
 in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice per
 le indagini preliminari presso il  Tribunale  di  Reggio  Emilia  con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 29 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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