N. 234 SENTENZA 3 - 13 maggio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro  (rapporto di) - Lavoratrici ultracinquantacinquenni - Proroga
 del rapporto fino al limite di eta' previsto per i lavoratori  uomini
 relativamente  alla stabilita' contemplata dall'art. 18 dello statuto
 dei lavoratori - Irrilevanza della questione nel giudizio   a  quo  -
 Inammissibilita'.
 
 (Legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.21 del 19-5-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 9
 dicembre 1977, n. 903 (Parita' di trattamento tra uomini e  donne  in
 materia di lavoro), promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1992 dal
 Tribunale  di  Civitavecchia  nel  procedimento  civile  vertente tra
 Carratu' Bianca e la S.p.a. Phenix Soleil, iscritta  al  n.  225  del
 registro  ordinanze  1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 19, prima serie speciale dell'anno 1992;
    Visti gli atti di costituzione di Carratu' Bianca e  della  S.p.a.
 Phenix  Soleil  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1993 il  Giudice  relatore
 Francesco Greco;
    Uditi  l'avv.  Giulio  Prosperetti  per  la S.p.a. Phenix Soleil e
 l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Tribunale di Civitavecchia, in sede di rinvio nella causa
 tra Carratu' Bianca e la S.p.a.  Phenix  Soleil,  con  un  numero  di
 dipendenti  non  superiore  a 15, avente ad oggetto la reintegrazione
 nel  posto  di  lavoro  dell'attrice  licenziata  al  compimento  del
 cinquantacinquesimo  anno  di  eta',  con  ordinanza del 6 marzo 1992
 (R.O. n. 225  del  1992),  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  4  della  legge n. 903 del 1977, il quale,
 secondo l'interpretazione della Corte di Cassazione, disporrebbe, per
 il rapporto  di  lavoro  delle  lavoratrici  ultracinquantacinquenni,
 anche  ai  fini  previdenziali,  la  stabilita' prevista dall'art. 18
 dello  Statuto  dei  lavoratori   quale   che   sia   la   dimensione
 dell'impresa.
    Secondo il giudice remittente, risulterebbe violato l'art. 3 della
 Costituzione,  in  quanto  si creerebbe una disparita' di trattamento
 tra le suddette lavoratrici e i lavoratori della stessa  azienda  che
 svolgono  la  loro  attivita' nello stesso periodo (55-60 anni) senza
 godere di stabilita'.
    In punto di rilevanza il giudice remittente ha osservato che  solo
 la   eventuale   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  lo
 esonererebbe dalla applicazione del principio  di  diritto  affermato
 dalla Cassazione.
    2. - Nel giudizio si sono costituite le parti private.
    La  Carratu'  ha eccepito la irrilevanza della questione in quanto
 essa aveva invocato l'applicazione della legge n. 903 del 1977 e  non
 subisce   alcuna  discriminazione.  Nel  merito  ha  dedotto  che  il
 contenimento della liberta' di recesso del datore di lavoro attiene a
 valutazioni discrezionali del legislatore cosi' come la previsione di
 favore  delle  donne  lavoratrici rispetto ai lavoratori. Ha concluso
 per la inammissibilita' o, quanto meno,  per  la  infondatezza  della
 questione.
    2.1.  -  La  difesa  della Societa' ha svolto argomenti analoghi a
 quelli del giudice remittente rilevando la necessita' di  non  creare
 ulteriori disparita' in quanto le donne gia' godono del privilegio di
 andare  in pensione a cinquantacinque anni e che la ratio della norma
 impugnata e' quella di prolungare la durata del rapporto di lavoro in
 regime di parita' con gli uomini.
    2.2.  -  L'Avvocatura  Generale  dello   Stato,   intervenuta   in
 rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso
 preliminarmente per l'inammissibilita' della questione per difetto di
 rilevanza in quanto: a) non risulta precisato l'oggetto specifico del
 giudizio a quo; b) la questione e' sollevata in termini astratti, non
 essendo  stata presa in considerazione la dimensione dell'azienda; c)
 la  dedotta  discriminazione  non  ha  effetti  perche'  il  giudizio
 riguarda la prestazione di una lavoratrice.
    Nel  merito  ha  concluso  per  la infondatezza perche' il diverso
 trattamento  della  donna  in  ordine  all'eta'  pensionabile   trova
 adeguata   giustificazione   nelle  peculiari  sue  condizioni  e  la
 sottrazione, dopo il raggiungimento dell'eta' pensionabile,  all'area
 di  libera  recedibilita' del datore di lavoro dal rapporto che a lei
 fa capo, e' necessaria per assicurare l'effettivita'  del  diritto  a
 lei    riconosciuto    di    continuare    a    lavorare   oltre   il
 cinquantacinquesimo anno di eta'.
    3. -  Nella  memoria  presentata  nell'imminenza  dell'udienza  la
 difesa  della  Societa'  ha  osservato  che  l'interpretazione  della
 Cassazione risente degli effetti di quella dell'art. 6 della legge n.
 54 del 1982, che ha previsto, sia per gli uomini  che  per  le  donne
 fino   a   sessantacinque   anni,   l'opzione  per  il  proseguimento
 dell'attivita' lavorativa in regime di  stabilita'  e  che  l'art.  4
 della legge n. 108 del 1990 ha chiarito, invece, che il prestatore di
 lavoro,  uomo  o  donna,  conserva lo stesso regime di tutela cui era
 assoggettato prima dell'opzione. Tuttavia, cio' riguarda il  rapporto
 che si svolge successivamente agli anni sessanta.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 4 della legge 9
 dicembre 1977, n. 903, nella parte in cui, secondo la interpretazione
 della Corte di Cassazione (sentenza n. 11311 del 23  novembre  1990),
 dispone che il rapporto delle lavoratrici ultracinquantacinquenni che
 prosegue  fino  al  limite  di  eta'  previsto  per i lavoratori, con
 l'applicabilita' anche delle altre disposizioni della legge  604  del
 1966  in  deroga  all'art. 11 della stessa legge, nonche' delle norme
 modificatrici o integratrici  della  legge  suddetta,  sia  assistito
 dalla  stabilita' prevista dall'art. 18 dello Statuto dei lavoratori,
 quale che sia  la  dimensione  dell'impresa,  violi  l'art.  3  della
 Costituzione per la ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
 ai  lavoratori  ultracinquantacinquenni,  cui non e' concessa analoga
 tutela.
    2. -  Va  esaminata  per  prima  l'eccezione  di  inammissibilita'
 sollevata dalla parte privata e dall'Avvocatura generale dello Stato.
 Si  e'  rilevato  che  la  discriminazione  lamentata  non  ha alcuna
 incidenza nel giudizio a quo che ha per oggetto il rapporto di lavoro
 di una donna.
    2.1. - L'eccezione e' fondata.
    Si   osserva   che  la  discriminazione,  concretante  la  dedotta
 violazione dell'art. 3  della  Costituzione,  deriva  dalla  ritenuta
 stabilita'  del  rapporto  di lavoro di una lavoratrice alla quale e'
 stato riconosciuto il diritto a continuare a lavorare  nonostante  il
 raggiungimento del cinquantacinquesimo anno di eta'.
    Della  suddetta  hanno  titolo  a dolersi solo i lavoratori che ne
 risulterebbero danneggiati.
    Essi, pero', non possono assolutamente  ottenere  alcun  risultato
 utile    dall'esito    del    presente   giudizio   di   legittimita'
 costituzionale, non essendo parti del giudizio a quo.
    Pertanto, la questione sollevata difetta di rilevanza.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  inammissibilita'  della  questione  di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  4  della  legge  9  dicembre  1977, n. 903
 (Parita' di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro),  in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Tribunale di
 Civitavecchia con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: GRECO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 13 maggio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0517