N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 marzo 1993

                                N. 234
 Ordinanza  emessa  il  18  marzo  1993  dal  pretore  di  Treviso nel
 procedimento civile vertente tra Garbin Raffaele e I.N.P.S. ed altro
 Previdenza e assistenza sociale - Pensioni I.N.P.S. - Pensione di
    anzianita' - Criteri di calcolo - Mancata previsione, che dopo  il
    raggiungimento  dell'eta'  pensionabile  la  pensione debba essere
    ricalcolata sulla base della sola contribuzione  obbligatoria  ove
    comporti   un  trattamento  piu'  favorevole  per  l'assicurato  -
    Previsione di una integrazione contributiva figurativa  anche  nei
    casi  in  cui  essa  comporti  un  pregiudizio  sotto  il  profilo
    pensionistico e mancata previsione che il calcolo  dei  contributi
    figurativi  si applichi solo se risulti favorevole al lavoratore -
    Ingiustificata disparita' di trattamento di  situazioni  omogenee,
    attesa  la  diversa  disciplina,  per effetto della sentenza della
    Corte  costituzionale  n.  421/1991,  di  situazione   analoga   -
    Incidenza sul principio della assicurazione di mezzi adeguati alle
    esigenze  di  vita  e  in  caso  di  vecchiaia  - Riferimento alla
    sentenza della Corte costituzionale n. 307/1989.
 (Legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma; legge 30 aprile
    1969, n. 153, art. 15, terzo comma).
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
(GU n.22 del 26-5-1993 )
                              IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva che  precede,  ha  pronunciato  la  seguente
 ordinanza  di  rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, nella
 causa civile iscritta  al  r.g.l.  n.  891/1992  promossa  da  Garbin
 Raffaele  (avv.  B.  Barel), ricorrente, contro l'I.N.P.S. - Istituto
 nazionale della previdenza sociale, in  persona  del  suo  presidente
 pro-tempore,  convenuto,  e con la chiamata in giudizio dello SCAU in
 persona   del   presidente   pro-tempore   avente   ad   oggetto   la
 determinazione del trattamento pensionistico.
    1.  -  Con  ricorso  depositato  il 16 luglio 1992, il sig. Garbin
 Raffaele, nato a Ponte di Piave (Treviso), il 30  aprile  1928,  gia'
 dipendente  della  Cassa  di  Risparmio della Marca Trevigiana dal 17
 gennaio 1955 al 31 luglio 1985 in qualita' di impiegato di  concetto,
 titolare  della  pensione  cat.  VO  n. 10024984 con decorrenza dal 1
 maggio 1988 per l'importo lordo, a decorrere dal 1 novembre  1988  di
 L. 1.555.600 mensili, ha convenuto in giudizio l'I.N.P.S.
    Assume  il  ricorrente  di  avere  prestato  la  propria attivita'
 lavorativa alle dipendenze  della  Cassa  di  Risparmio  della  Marta
 Trivigiana  in  qualita' di impiegato di concetto dal 17 gennaio 1955
 al 31 luglio  1985,  epoca  in  cui  il  rapporto  di  lavoro  veniva
 consensualmente risolto.
    Cessato  il  rapporto  di  lavoro  presso la Cassa di Risparmio il
 ricorrente non aveva piu' svolto attivita' lavorativa,  ad  eccezione
 di  una brevissima collaborazione prestata, a solo scopo ricreativo e
 senza vincolo di  subordinazione,  all'azienda  agricola  S.  Giorgio
 s.a.s.  di  Maserada durante il periodo di vendemmia negli anni 1985,
 1986 e 1987 rispettivamente per 17,20 e 16 giornate lavorative.
    L'azienda agricola,  peraltro,  all'insaputa  del  ricorrente,  lo
 aveva  assunto  alle  proprie dipendenze e inquadrato come bracciante
 agricolo a tempo determinato, con i connessi  adempimenti  in  ordine
 alla posizione assicurativa e previdenziale.
    L'inquadramento tra i braccianti agricoli per gli anni 85-86-87 ha
 comportato  l'applicazione, in sede di determinazione della pensione,
 della norma di cui all'art. 15 della legge 30 aprile 1969, n. 153, la
 quale prevede una sorta di integrazione  contributiva  a  favore  dei
 lavoratori  agricoli  cui risulti accreditato un numero di contributi
 inferiore ad un anno di contribuzione, integrazione rapportata ad una
 contribuzione "convenzionale" annualmente stabilita.
    Sulla base del  combinato  disposto  della  citata  norma  di  cui
 all'art.  15  della  legge  n. 153/1969 e di quella che stabilisce il
 modo di calcolo della pensione - l'art. 3, ottavo comma, della  legge
 29  maggio  1982, n. 297 - l'I.N.P.S. calcolava la pensione dovuta al
 ricorrente basandosi sulla retribuzione corrispondente, per due anni,
 a quella percepita in qualita' di impiegato  di  concetto  presso  la
 Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana e, per tre anni, sulla base
 della retribuzione media di un bracciante agricolo avventizio.
    Il  danno  che  cosi'  subisce  il  ricorrente  risulta di palmare
 evidenza in termini economici poiche' la  pensione,  calcolata  sulla
 retribuzione  delle  ultime  260  settimane  di lavoro in qualita' di
 impiegato  di  concetto  sarebbe  superiore  di  molto  rispetto   al
 trattamento pensionistico di cui attualmente gode.
    Su queste premesse il ricorrente cosi' concludeva:
       a)  in  principalita': accertato che la collaborazione prestata
 dal ricorrente alla s.a.s. San Giorgio non  configurava  rapporto  di
 lavoro    subordinato   e   conseguentemente   che   il   trattamento
 pensionistico spettante al ricorrente  va  rideterminato  sulla  base
 degli  ultimi cinque anni di lavoro alle dipendenze della Cassamarca,
 determinare l'importo cosi' spettante  e  condannarsi  l'I.N.P.S.  al
 pagamento  di  quanto  dovuto,  con interessi legali - semestralmente
 capitalizzati  dalla  domanda  -  e  svalutazione   monetaria   dalla
 maturazione al saldo, previa deduzione di quanto finora corrisposto;
       b)   in  subordine:  accertarsi  il  trattamento  pensionistico
 spettante al ricorrente sulla base degli ultimi cinque anni di lavoro
 subordinato effettivo  e  condannarsi  l'I.N.P.S.  al  pagamento  del
 dovuto,  con  interessi  legali  - semestralmente capitalizzati dalla
 domanda - e svalutazione monetaria dalla maturazione al saldo, previa
 occorrendo dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 3,  ottavo  comma,  della legge 29 maggio 1982, n. 297, per contrasto
 con gli artt. 3 e 35 ss. della Costituzione.
    L'I.N.P.S. si costituiva in giudizio e chiedeva  la  reiezione  di
 entrambe  le  domande proposte, ritenendole giuridicamente infondate.
 Chiedeva, comunque, l'autorizzazione alla chiamata in giudizio  dello
 SCAU quale Ente competente a gestire i contributi agricoli unificati.
    2.  - Cio' premesso, il pretore ritiene che all'accoglimento delle
 domande sub a) e sub b) si opponga il disposto combinato degli  artt.
 3,  ottavo  comma,  della  legge n. 297/1982 e 15, terzo comma, della
 legge n.  153/1969,  come  modificato  dall'art.  7  della  legge  n.
 638/1983.
    La  norma  dell'art.  3, ottavo comma della legge 297/1982 prevede
 infatti che, per le pensioni liquidate con decorrenza  successiva  al
 30  giugno  1982,  la  retribuzione  annua pensionabile e' costituita
 dalla quinta  parte  della  somma  delle  retribuzioni  percepite  in
 costanza   di   lavoro  risultante  dalle  ultime  260  settimane  di
 contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione.
    La norma dell'art. 15,  terzo  comma,  della  legge  n.  153/1969,
 stabilisce  che  qualora  in  uno  o  piu'  anni  che concorrono alla
 determinazione  della  retribuzione   pensionabile   dei   lavoratori
 agricoli,  il  numero  dei  contributi  giornalieri  obbligatori e di
 quelli figurativi per disoccupazione agricola  accreditati  nell'anno
 agrario  risulti  inferiore  ad un anno di contribuzione, deve essere
 computato, per ciascuna settimana  di  contribuzione,  un  numero  di
 contributi  giornalieri  pari  a  quello equivalente ad un contributo
 settimanale sulla base degli anzidetti rapporti.
    Dall'effetto combinato delle  citate  disposizioni  di  legge  non
 risulta  dunque  possibile  l'accoglimento  della domanda attorea, di
 tenere conto ai fini pensionistici unicamente del periodo  di  lavoro
 svolto presso l'Istituto di credito.
    3.  -  La  parte ricorrente ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale:
       a) dell'art. 3,  ottavo  comma,  della  legge  n.  297/1982  in
 riferimento  agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, nella parte in
 cui  non  consente  l'utilizzo  per  il  calcolo  della  retribuzione
 pensionabile  della  sola  contribuzione  di  per  se'  sufficiente a
 radicare  il  diritto  a  pensione, maturata in un rapporto di lavoro
 cessato prima del raggiungimento dell'eta' pensionabile, tralasciando
 le  successive   (eventuali)   contribuzioni   volontarie   o   anche
 obbligatorie;  e cio' tutte le volte in cui detto calcolo, effettuato
 utilizzando anche le successive contribuzioni comporti  un  risultato
 pensionistico  inferiore  a  quello che si otterrebbe, al momento del
 raggiungimento  della  eta'  pensionabile,  per  effetto  della  sola
 contribuzione maturata nel precedente rapporto di lavoro;
       b)  dell'art.  15,  terzo  comma,  della  legge n. 153/1969 per
 contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione nella parte  in
 cui  non  prevede  che il calcolo "figurativo" sia utilizzato solo se
 comporti un risultato piu' favorevole al lavoratore.
    Nei  termini  in  cui  sono  poste,  le  questioni  appaiono   non
 manifestamente infondante.
    Nel  caso di specie, come si e' visto, il ricorrente, contribuente
 obbligatorio per 30 anni in qualita' di impiegato di concetto  presso
 un  istituto  di  credito  e  per 3 anni convenzionali in qualita' di
 lavoratore agricolo a tempo determinato,  ha  ottenuto  una  pensione
 nettamente  inferiore  a  quella  che  avrebbe  conseguito in assenza
 dell'ultimo impiego salariato.
    E' palese che l'applicazione  dell'art.  3,  ottavo  comma,  della
 legge  n.  297/1982  e  dell'art.  15,  terzo  comma,  della legge n.
 153/1969 e successive modifiche porta nella fattispecie  concreta  ad
 una  situazione  paradossale e ad un risultato diametralmente opposto
 agli intendimenti del legislatore sottesi alla normativa richiamata.
    Entrambe le  normi,  infatti,  sono  chiaramente  ispirate  ad  un
 principio  di favore per il lavoratore, riconducibile agli artt. 35 e
 ss. della Costituzione.
    La prima, imponendo un riferimento alle ultime  260  settimane  di
 attivita',   risponde   all'intento   di  assicurare  il  trattamento
 pensionistico almeno teoricamente piu' elevato,  in  quanto  rapporto
 alla  retribuzione  goduta  -  e  alla  contribuzione  maturata - dal
 lavoratore nel periodo di maggiore anzianita'.
    La seconda, prevedendo un meccanismo di integrazione  contributiva
 a  carico  dell'ente  previdenziale, intende garantire un trattamento
 pensionistico minimo anche a quei  lavoratori  agricoli  che  abbiano
 prestato la loro attivita' in modo precario e discontinuo.
    L'applicazione  congiunta delle due norme nella fattispecie qui in
 esame comporta uno stravolgimento  della  loro  ratio  e  risulta  in
 contraddizione    con   l'intero   assetto   normativo   in   materia
 previdenziale.
    E' opportuno ricordare che con la sentenza 18-26  maggio  1989  n.
 307  la  Corte  Costituzionale  ha gia' censurato il medesimo art. 3,
 ottavo comma, della legge n. 297/1982, nella parte in cui non prevede
 che, in caso di prosecuzione volontaria nel versamento dei contributi
 da parte del lavoratore  dipendente  che  abbia  gia'  conseguito  in
 costanza di rapporto di lavoro la prescritta anzianita' contributiva,
 la  pensione  liquidata  non possa comunque essere inferiore a quella
 che sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta'  pensionabile  sulla
 base  della  sola  contribuzione  obbligatoria. In quell'occasione la
 Corte ha  avuto  modo  di  affermare  che,  nell'ipotesi  in  cui  la
 contribuzione  obbligatoria  sia  di  per se' sufficiente ai fini del
 diritto a pensione, il paradossale risultato, per  cui  i  contributi
 volontari ridurrebbero, anziche' aumentare, la pensione e' certamente
 irrazionale  e  privo  di  ogni  giustificazione: cio' che ridonda in
 irragionevolezza della norma impugnata".
    Nella medesima censura di irragionevolezza ai  sensi  dell'art.  3
 della Costituzione incorrono le stesse norme, nella misura in cui non
 consentono  di tenere conto del periodo lavorativo in cui si e' avuto
 il maggiore apporto contributivo ed anzi  impongono  di  tener  conto
 anche di un periodo di lavoro fittizio.
    Come  infatti  la  Corte  ha dichiarato in una successiva sentenza
 relativa  ad  una  fattispecie  non  dissimile  da  quella  in  esame
 (sentenza  18-22  novembre  1991,  che ha dichiarato l'illegittimita'
 dell'art. 4, primo comma, della legge n. 152/1968,  che  imponeva  il
 calcolo  della  liquidazione del premio di servizio Inadel sulla base
 della retribuzione ridotta, corrisposta negli ultimi dodici  mesi  di
 servizio, senza tenere conto della maggiore retribuzione percepita in
 precedenza),  il  principio  di  razionalita'  "implica l'esigenza di
 conformita' dell'ordinamento a valori di giustizia ed equita'".
    Anche nel  caso  di  specie  le  norme  censurate  conducono  alla
 liquidazione   di   una   pensione   palesemente   non  proporzionata
 all'effettivo sforzo contributivo  compiuto  nella  parte  conclusiva
 dell'attivita'   lavorativa  della  persona,  considerata  nella  sua
 globalita', e quindi si pongono in contrasto anche con gli artt. 36 e
 38 della Costituzione, giacche', avendo il trattamento  pensionistico
 -  alla  luce  del  consolidato  orientamento  della  Corte  - natura
 retributiva, esso deve essere  proporzionato  alla  qualita'  e  alla
 quantita'  del  lavoro  prestato  durante  il  servizio  attivo dalla
 persona.
    Nel caso di specie, invece, per effetto del descritto automatismo,
 se il ricorrente avesse prestato la propria attivita'  di  bracciante
 ancora per due anni, si sarebbe verificata una situazione ancora piu'
 assurda,  anzi aberrante. Egli avrebbe, infatti, lavorato inutilmente
 come impiegato di concetto per  36  anni  e  altrettanto  inutilmente
 avrebbe versato i relativi contributiÝ
                               P. Q. M.
    Visto  l'art.  134  della  Costituzione e l'art. 23 della legge 11
 marzo 1953, n. 87;
    Vista l'istanza formulata dalla difesa di parte attrice;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3, ottavo comma, della legge 29
 maggio  1982,  n.  297,  in  riferimento  agli artt. 3, 36 e 38 della
 Costituzione, nella parte in  cui  non  consente  l'utilizzo  per  il
 calcolo  della retribuzione pensionabile della sola contribuzione, di
 per se' sufficiente a radicare il diritto  a  pensione,  maturata  al
 raggiungimento  dell'eta'  pensionabile, indipendentemente dalle suc-
 cessive contribuzioni; e cio' tutte le volte in  cui  detto  calcolo,
 effettuato    utilizzando   anche   la   contribuzione   obbligatoria
 successiva, comporti un trattamento pensionistico inferiore a  quello
 che  si  otterrebbe  per effetto della sola contribuzione maturata in
 precedenza;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge 30
 aprile  1969,  n.  153,  nella  parte  in cui prevede un'integrazione
 contributiva figurativa anche  nei  casi  in  cui  essa  comporta  un
 pregiudizio   al   lavoratore   sotto   il  profilo  del  trattamento
 pensionistico,  nella  parte  in  cui  non  prevede che il calcolo di
 contributi figurativi si  applichi  solo  se  risulti  favorevole  al
 lavoratore;
    Dispone la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  alla  cancelleria di notificare la presente ordinanza alle
 parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' di
 comunicarla ai Presidenti della Camera  dei  deputati  e  del  Senato
 della Repubblica;
    Ordina  alla  cancelleria  di  trasmettere  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale, unitamente alla prova delle avvenute notificazioni  e
 comunicazioni.
      Treviso, addi' 18 marzo 1993
                         Il pretore: FERRETTI
    Depositato   nella  cancelleria  della  pretura  circondariale  di
 Treviso il 18 marzo 1993.
         Il collaboratore di cancelleria: (firma illeggibile)

 93C0531