N. 250 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 1993
N. 250 Ordinanza emessa il 14 aprile 1993 dal giudice dell'esecuzione del tribunale di Spoleto nel procedimento esecutivo promosso dal Banco di S. Spirito contro Luciani Luciana Procedimento civile - Processo di esecuzione - Mancata comparizione delle parti all'udienza - Obbligo per il giudice di fissare altra udienza per poi dichiarare l'estinzione del processo - Inapplicabilita' di tale disciplina nel caso in cui la parte com- pare all'udienza ma solo per chiedere rinvio senza allegare giusti motivi - Lamentata disparita' di trattamento (data la ritenuta sostanziale identita' delle situazioni) con ulteriore lesione dei doveri di solidarieta' sociale. (C.P.C., art. 631, primo comma). (Cost., artt. 2 e 3 cpv.).(GU n.23 del 2-6-1993 )
IL GIUDICE DELL'ESECUZIONE Nel processo esecutivo n. 44/1986 r.g., promosso dal Banco di S. Spirito (avv. Stefano Sciannameo) di Terni nei confronti di Luciani Luciana ha pronunciato la seguente ordinanza. Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza 12 marzo 1993; R I L E V A Premesse di fatto e termini della questione (art. 631 del c.p.p.). Dopo la presentazione dell'istanza di vendita in data 4 luglio 1986 il processo esecutivo si e' articolato in una serie di udienze finalizzate prima all'acquisizione della documentazione ipocatastale, poi all'espletamento di consulenza tecnica per la valutazione del terreno pignorato; si sono quindi disposti due esperimenti di vendita con incanto, risultati entrambi deserti. Con ulteriore provvedimento del 25 settembre 1992 e' stata ordinata nuova vendita con incanto per il 12 marzo 1993, disponendosi forme particolari di pubblicita' degli avvisi. In detta ultima udienza il procuratore di parte procedente ha chiesto rinvio (non si e' potuta dichiarare deserta l'asta non pubblicizzata in quanto il creditore procedente non ha depositato la somma occorrente, ne' ha provveduto a sua cura agli adempimenti, come ormai abitualmente avviene nella pratica). Cio' posto, e' evidente che, ove venisse accolta la questione incostituzionalita' di cui appresso, il giudice dovrebbe fissare altra udienza ex art. 631, primo comma, del c.p.c. per poi pervenire, eventualmente, alla declaratoria di estinzione del processo esecutivo ex secondo comma (anziche' fissare tout court altra udienza in attesa di determinazione della parte procedente). Al fine di evitare questa seconda alternativa (stasi di fatto del processo), non sono seriamente utilizzabili gli strumenti di cui agli artt. 590-591 del c.p.c. e per la mancanza del presupposto formale (incanto dichiarato deserto) e perche' si e' gia' avuta prova che nessuno ha interesse all'assegnazione del bene, mentre l'amministrazione giudiziaria - istituto, come si sa, di rarissima applicazione - non avrebbe apprezzabili probabilita' di successo rispetto a un immobile come quello pignorato. Non c'e' ragione, infine, di fissare altra vendita a prezzo base inferiore. Concludendo, il processo e' inceppato per mera inerzia della parte "procedente". Rilevanza; legittimazione. Gia' quanto precede da' intuitivamente conto della rilevanza della questione e spiega anche la legittimazione a sollevarla da parte del giudice della esecuzione, quale organo dell'ufficio giudiziario dotato, nel caso, di poteri (non soltanto ordinatori e direttivi, ma anche) giurisdizionali: e' certo espressione di questi l'ordinanza (di estinzione) che definisce il processo e che e' riservata, appunto, all'organo monocratico. Non manifesta infondatezza. Non sembra razionale - secondo i noti parametri desumibili dall'art. 3 della Costituzione - la scelta del legislatore quando di fatto consente al procedente di sottrarsi, al tempo stesso, all'onere (delle spese di) pubblicita', nelle forme e nei tempi disposti dal giudice, e di tenere (talora indefinitamente) in vita il processo esecutivo col semplice espediente della richiesta di rinvii, senza neppure prospettare un giusto motivo. A differenza che nel processo di cognizione (nel quale il giudice dispone almeno di qualche strumento acceleratorio, come da artt. 175 e 187), nel processo esecutivo l'imperium iudicis e' concetto privo di ogni significato, non offrendo il sistema mezzi che consentano di fronteggiare in qualche modo gli atteggiamenti dilatori di una delle parti. Ne derivano intuitive lesioni ai principi di effettivita' - efficacia - efficienza della giurisdizione, aumenti ingiustificati di costi (in senso lato) a danno della collettivita', ingiusti aggravi economici per l'esecutato (nei confronti del quale decorrono almeno gli interessi legali), carichi di lavoro e dispersioni di attivita' di uffici giudiziari che finiscono col trovarsi a gestire, per fatti addebitabili a inerzia di privati, l'inutile, e anche indecoroso, trasferimento di materiale cartaceo da un'udienza all'altra, in totale assenza di ogni interesse meritevole di qualche tutela (questo processo - privo di ogni profilo di complessita' - penda da circa sette anni e non e' tra i piu' remoti). Dal differente trattamento normativo di situazioni sostanzialmente uguali - (creditore che non compare all'udienza - creditore che, comparendo, chiede rinvio senza allegare giusti motivi) nasce il sospetto che l'art. 631, primo comma, del c.p.c. sia appunto in contrasto con l'art. 3 del cpv., della Costituzione. Non solo, ma, potendo per effetto delle richieste di rinvio di pura forma, il patrimonio del debitore (o una parte considerevole dello stesso) restare indefinitamente vincolato al mero arbitrio del soggetto creditore, sembra da ravvisare nella specifica normativa in esame la ulteriore lesione dei doveri di solidarieta' sociale (art. 2 della Costituzione - 29 dichiaraz. Univers.). Diritti dell'uomo, ratificata con legge n. 848/1955) che non debbono essere inutilmente sacrificati neppure nel rapporto tra due parti davanti al giudice. In questo senso, anzi, la presenza di un giudice privo di sostanziali poteri puo' esporre a maggiori rischi la posizione del debitore che si assoggetta - reputando inutile qualsiasi difesa - alla procedura, facendo (anche) affidamento sulla vigilanza effettiva e su poteri reali dell'organo terzo (si sa che nella quotidianita' - della quale pure va tenuto conto nell'affrontare certi problemi giuridici - il debitore esecutato non compare affatto davanti al giudice o la fa solo alla prima udienza fissata per la vendita). Sorte dell'art. 631 capoverso. Questo giudice non puo' investire la Corte costituzionale della ulteriore analoga questione sul secondo comma dell'art. 631, la cui applicazione oggi appartiene alla categoria delle mere eventualita'. Sara', se necessario, la stessa Corte pronunciarsi ex art. 27, seconda ipot. della legge.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 1; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto con gli artt. 3 del cpv., e 2 della Costituzione - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 631, primo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non e' prevista l'applicabilita' quando il creditore, comparso, chieda rinvio senza giusti motivi; Sospende il processo in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Spoleto, addi' 14 aprile 1993 Il g.e. in sostituzione: LEONASI 93C0556