N. 268 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 1993
N. 268 Ordinanza emessa il 21 gennaio 1993 dalla corte d'appello di Genova nel procedimento civile vertente tra Fresia Elsa e il comune di Savona Espropriazione per pubblico interesse - Espropriazione per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici - Determinazione dell'indennita' di esproprio per le aree edificabili in base alla media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento - Esclusione dell'applicazione di detta disciplina ai procedimenti per i quali l'indennita' predetta sia stata accettata dalle parti o sia divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della norma impugnata - Ingiustificato deteriore trattamento dell'espropriato che agisce giudizialmente rispetto a quello che ricorre alla cessione volontaria del bene espropriato, con conseguente incidenza sul diritto di difesa in giudizio - Violazione del principio, affermato nella giurisprudenza della Corte, che l'indennizzo debba costituire un serio ristoro dell'espropriazione - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 5/1980 e 223/1983. (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis, primo, secondo, quinto, sesto e settimo comma). (Cost., artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 42, terzo comma).(GU n.24 del 9-6-1993 )
LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile iscritto al n. 1125 r.g. 1987, promossa da Fresia Elsa, residente in Savona, rappresentata e difesa dal proc. avv. Francesco Massa e presso di lui elettivamente domiciliato in Genova, via Corsica, 21/20, attrice in opposizione, e nei confronti del comune di Savona, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dal proc. avv. Luigi Fante e presso di lui elettivamente domiciliato in Genova, corso A. Podesta', 5B/1, convenuto in opposizione; Letti gli atti; Udito il relatore; Premesso che con atto di citazione notificato in data 21 ottobre 1987 Fresia Elsa ha convenuto in giudizio davanti a questa corte di appello il comune di Savona, proponendo opposizione, a norma dell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, avverso la determinazione, effettuata dalla competente commissione provinciale in L. 118.560.000, dell'indennita' dovuta all'attrice per l'espropriazione degli immobili di sua proprieta', siti in territorio del comune di Savona e rappresentati dalle particelle catastali n. 599 e 600 nel foglio 67 del n.c.t., della superficie complessiva di mq 7410, disposta con decreto del presidente della giunta provinciale di Savona 18 ottobre 1986, n. 24430; che il comune di Savona si e' costituito in giudizio resistendo alla domanda di Fresia Elsa e chiedendone la reiezione; che nel corso del giudizio e' stata disposta consulenza tecnica estimativa, volta ad accertare, ove risulti la destinazione ad edificazione dei beni espropriati, "il giusto prezzo dell'intero im- mobile al libero mercato alla data del decreto di esproprio" nell'ipotesi di espropriazione totale, ovvero, nell'ipotesi di espropriazione parziale, "la differenza fra il giusto prezzo dell'intero immobile prima dell'occupazione e il giusto prezzo della parte residua dopo l'occupazione", secondo i criteri di cui agli artt. 39 e 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, ritenuti applicabili (secondo costante giurisprudenza) per le aree a vocazione edificatoria, in virtu' del loro carattere generale in seguito alla caducazione dei criteri derogatori fissati dalle successive norme dichiarate costituzionalmente illegittime con le sentenze della Corte costituzionale n. 5/1980 e n. 223/1983; che in esito alle indagini esperite il c.t.u. ha accertato la destinazione edificatoria delle entita' immobiliari oggetto dell'espropriazione e ne ha determinato il valore in L. 821.900.000; che nell'intervallo di tempo intercorrente tra la precisazione delle conclusioni e l'udienza collegiale e' entrato in vigore l'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, il cui contenuto normativo assume la rilevanza dello jus superveniens ai fini della decisione della causa, e in ordine al quale peraltro sono state peraltro sollevate dall'attrice in opposizione eccezioni di illegittimita' costituzionale; O S S E R V A 1. - L'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, dispone: "(I) Fino all'emanazione di un'organica disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, e degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilita', l'indennita' di espropriazione per le aree edificabili e' determinata a norma dell'art. 13, terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 e segg. del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. L'importo cosi' determinato e' ridotto del 40 per cento. (II) In ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato puo' convenire la cessione volontaria del bene. In tal caso non si applica la riduzione di cui al comma primo. (III) Per la valutazione della edificabilita' delle aree si devono considerare le possibilita' legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio. (IV) Per le aree agricole e per quelle che, ai sensi del comma terzo, non sono classificabili come edificabili, si applicano le norme di cui al titolo secondo della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni e integrazioni. (V) Con regolamento da emanare con decreto del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti i criteri e i requisiti per l'individuazione dell'edificabilita' di fatto di cui al comma terzo. (VI) Le disposizioni di cui al presente articolo in materia di determinazione dell'indennita' di espropriazione non ai applicano ai procedimenti per i quali l'indennita' predetta sia stata accettata dalle parti o sia divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. (VII) Nella determinazione dell'indennita' di espropriazione per i procedimenti in corso si applicano le disposizioni di cui al presente articolo". 2. - Non e' manifestamente infondato il dubbio prospettato dall'attrice in opposizione circa la compatibilita' del criterio valutativo dettato dal primo comma dell'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, con il principio enunciato dal terzo comma dell'art. 42 della Costituzione secondo cui "la proprieta' privata puo' essere nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale". Il dettato costituzionale e' stato interpretato e precisato dalla Corte costituzionale nel senso che "l'indennizzo assicurato all'espropriato dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, se non deve costituire una integrale riparazione per la perdita subita - in quanto occorre coordinare il diritto del privato con l'interesse generale che l'espropriazione mira a ralizzare - non puo' essere tuttavia fissato in una misura irrisoria o meramente simbolica ma deve rappresentare un serio ristoro" e che "perche' cio' possa realizzarsi occorre far riferimento, per la determinazione dell'indennizzo, al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso" perche' "solo in tal modo puo' assicurarsi la congruita' del ristoro spettante all'espropriato ed evitare che esso sia meramente apparente o irrisorio rispetto al valore del bene", "onde" per le aree destinate all'edificazione, in quanto poste in zone gia' interessate dallo sviluppo edilizio, deve ritenersi essenziale tale destinazione e di essa occorre tener conto della determinazione della misura dell'indennita' di espropriazione. Non sembra che le riferite indicazioni trovino adeguata attuazione nella norma in esame, nella quale l'incidenza del valore effettivo del cespite, come tale sensibile alla potenziale utilizzazione edificatoria di esso, e' ridotta alla meta' matematica nell'ambito del procedimento valutativo dell'indennita', restando per la residua meta' la determinazione dell'indennita' affidata ad elementi del tutto estranei alla valenza economica di una realta' edificatoria, quantitativamente poco piu' che simbolici, e bene spesso anche azzerati per espressa previsione di legge, dovendosi ricordare al riguardo che l'art. 24 del t.u. delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. n. 917/1986, modificato con art. 23 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, stabilisce che "il reddito dominicale e' costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio delle attivita' agricole di cui all'art. 29" e che "non si considerano produttivi di reddito dominicale i terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani, quelli dati in affitto per usi non agricoli nonche' quelli produttivi di reddito di impresa di cui alla lett. c) del secondo comma dell'art. 51". In misura altrettanto pesante il principio di adeguatezza e di congruita' dell'indennizzo, implicito nel disposto dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione e come sopra sviluppato nel suo contenuto dal giudice delle leggi, appare vulnerato dalla decurtazione in misura del 40% che introduce un elemento riduttivo del tutto astratto, svincolato da ogni riferimento a esigenze correttive specificamente apprezzabili, non ancorato ad alcuna giustificazione razionale nella sua particolarmente elevata dimensione quantitativa, e traducentesi in concreto in una diminuzione dell'indennita' che va ben oltre quel margine di discrasia, tra il "serio ristoro" dovuto a chi subisce l'espropriazione ed il pieno "valore vanela" del bene espropriato, che la Corte costituzionale ha riconosciuto congruente con la natura dell'istituto dell'espropriazione. E' agevole infatti constatare che l'indennita' di espropriazione, calcolata in conformita' ai criteri di cui all'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, si riduce in pratica a circa un terzo del valore reale del bene. 3. - Non infondatamente viene inoltre dedotta la illegittimita' costituzionale del settimo comma dell'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, che prevede la immediata applicabilita' della nuova disposizione ai procedimenti in corso. Il problema esige di essere ampliato con riferimento alle previsioni del secondo comma che esclude dalla riduzione del 40% le fattispecie di cessione volontaria del bene, e del sesto comma, che esclude dall'applicazione della nuova normativa i casi di avvenuta accettazione dell'indennita', di conseguita inoppugnabilita' della determinazione di essa, e di accertamento giudiziale con efficacia di guidicato. Sotto un primo profilo, non si puo' non osservare che la disparita' del trattamento introdotta tra chi ecceda alla cessione volontaria del bene (ritenendosi soddisfatto del risultato conseguibile in via convenzionale) e chi invece intenda adire l'autorita' giudiziaria a tutela del proprio diritto alla "giusta" indennita', a danno di quest'ultimo, rappresenta una grave precostituita penalizzazione che si traduce in buona sostanza in un ostacolo all'esercizio di un diritto soggettivo, che non trova alcuna giustificazione razionale, e che appare in definitiva rispondente all'unico scopo di creare un deterrente alla proposizione della domanda di accertamento giudiziale dell'indennita', operante mediante il meccanismo psicologico della consapevolezza, nell'attore, che il "prezzo" del riconoscimento del proprio diritto sara' costituito da una riduzione automatica, di notevole entita', della sua dimensione pecuniaria; per contro, ne risulta collocato in posizione di altrettanto ingiustificato vantaggio l'ente espropriante il quale, nel conflitto di interessi che lo contrappone al proprietario del bene destinato ad espropriazione, ha la possibilita' di determinarsi, in sede di offerta dell'indennita', tenendo conto degli elementi che potranno verosimilmente condizionare l'atteggiamento della controparte, riducendo la determinazione unilaterale dell'indennita' in funzione di un limite di convenienza, prescindendo da un parametro di giusta valutazione. Ne consegue una grave limitazione al principio espresso nell'art. 24, primo comma, della Costituzione secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. E il trattamento deteriore riservato a chi siasi avvalso dei mezzi di tutela giurisdizionale predisposti dalla legge, con cio' esercitando un diritto costituzionalmente garantito, risulta caratterizzato da particolare gravita' nei casi in cui la nuova normativa venga applicata, come prevede il settimo comma dell'art. 5-bis, ai giudizi pendenti, aventi ad oggetto la valutazione dell'idennita' relativa a espropriazione gia' intervenuta, in quanto in siffatte ipotesi la retroattivita' della nuova normativa (in se stessa astrattamente non confliggente con alcun principio costituzionale) comporta l'applicazione dell'effetto riduttivo dei nuovi criteri valutativi con incidenza su un diritto acquisito in quanto risalente a un momento genetico anteriore - coincidente, come e' noto, con l'emanazione del provvedimento ablatorio - ponendo a carico dell'attore in opposizione le conseguenze derivanti dalle situazioni del tutto estrinseche e occasionali (e comunque estranee al contenuto sostanziale del diritto) inerenti alla durata del processo. Le considerazioni suesposte pongono altresi' in evidenza una problematica di compatibilita' con il principio di uguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione, in quanto conducono ad intravvedere diversita' di trattamento tra posizioni non caratterizzate da estremi differenziali idonei a giustificare razionalmente tale diversita': si consideri, al riguardo, il raffronto tra le posizioni di diversi soggetti che, avendo subito l'espropriazione sotto l'impero delle norme precedentemente in vigore e avendo proposto tempestiva opposizione, siano stati coinvolti in vicende processuali di diversa durata; si consideri, ancora, il raffronto tra la posizione di chi al momento dell'entrata in vigore delle nuove norme abbia gia' subito l'esproprio e non possa quindi piu' convenire la cessione volontaria del bene, e quella di chi, non essendo ancora stato emesso un provvedimento ablatorio, puo' accedere alla cessione volontaria senza subire la riduzione del 40%. 4. - Ed infine, merita di essere sottoposta al vaglio del giudice delle leggi anche la questione relativa alla legittimita' costituzionale del quinto comma dell'art. 5-bis, il quale rinvia a un regolamento, da emanarsi con decreto ministeriale, della definizione dei criteri e dei requisiti per la individuazione della edificabilita' di cui al terzo comma: la previsione normativa in esame puo' essere fondatamente sospettata di incostituzionalita' sotto due aspetti: per conflitto con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione, perche' la riserva di legge ivi contenuta non sembra rispettata da una norma la quale, autorizzando (legittimamente) l'esercizio di una potesta' regolamentare ministeriale, prescinde peraltro da qualsiasi indicazione dei principi direttivi ai quali il potere esecutivo deve uniformarsi, e lascia invece al Ministro una assoluta discrezionalita' nella classificazione delle aree che costituisce il presupposto dell'applicazione dei criteri estimativi che possono essere dettati solo per legge; e per conflitto, ancora, con gli artt. 42 e 24 della Costituzione, per la mancata prefissione di un limite di tempo entro il quale il detto regolamento debba essere emanato, e cio' con effetto illimitatamente dilatorio del concreto soddisfacimento del diritto all'indennita'.
P. Q. M. Visti l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359 (primo, secondo e quinto comma in relazione al terzo, sesto e settimo comma), con riferimento agli artt. 3 (primo comma), 24 (primo comma) e 42 (terzo comma) della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Genova, addi' 21 gennaio 1993 Il presidente: PICCARDO Il collaboratore di cancelleria: DI COSMO 93C0582